Rimpatriata

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  1. Scaar
     
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    Un corvo sorvola le montagne Ephioresi. Una vista insolita per i monaci che contemplano il cielo intenti in meditazioni. Di corvi non se ne vedono mai su quelle montagne. Eppure un corvo volava, nero sullo sfondo azzurro, recante una pergamena legata alla propria zampa.

    Macerie a cielo aperto, luogo di ritrovo di bastardi randagi e avvoltoi. Alla fine di tutto, giacevano al suolo a decine, i coprifronti fieramente indossati sul capo. Glieli avrebbero tolti poco dopo, strappati dai loro freddi cadaveri. Era una sorta di trofeo per i loro carnefici, la testimonianza che l'epoca dei ninja era ufficialmente finita.

    Chi ha visto quell'orrore sa che non erano vittime. Se l'erano guadagnata tutta quella distruzione. L'avevano alimentata loro la guerra, avevano ucciso loro stessi i propri simili, altri ninja come loro, per il dolce sapore della vendetta. Avrebbero dovuto fermarsi, quando le cose avevano cominciato a mettersi male. Centinaia di vite cancellate da una sola bomba a Suna. Il villaggio del fuoco dato alle fiamme, intorno a donne e bambini. Un intera flotta di Kiri affondata assieme ai propri marinai intrappolati. Oto cancellata da ogni mappa geografica.

    Non era stato l'impero a fare tutto quello. Erano stati i ninja come loro ad uccidersi l'uno con l'altro.

    Chi ha visto quell'orrore sa la verità. Continuerà a mentire a sè stesso comunque, dando la colpa di quella distruzione a qualcun altro.
    Mentirà, solo per poter continuare a vivere.


    E Ame?

     
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    Chiostro
    Il monastero dove Rain era ospite si chiamava Xian Du. C'erano tanti monasteri ad Ephiora, più di ogni città o villaggio. Erano un microcosmo interessante e pieno di vita, pieno di tradizioni e speranze. Xian Du era un monastero tra i più piccoli, posizionato ad ovest del paese.
    I monaci che vi vivevano erano dediti a tre cose: la prima era la coltivazione di erbe medicinali, uniche e rare, che venivano poi distribuite in città ed altri monasteri. Ce ne stavano di tutti i tipi e Rain si stupì dell'amore e della cura che i monaci mettevano nel coltivare piante così piccole ed anonime, trattandole non solo come esseri viventi ma come amiche, come salvatrici.
    Questo era possibile nel giardino del monastero, che fungeva da orto botanico per ogni genere di fiori colorati e piante dalle forme curiose.
    La seconda attività di Xian Du era la conservazione di antichi testi. Era una cosa peculiare di quasi tutti i monasteri e quello non faceva certo eccezione. Nella biblioteca erano conservati centinaia di testi, tomi, manuali e atlanti di ogni genere scritti chissà quando. Venivano catalogati e messi in ordine e a volte ricopiati in calligrafia migliore o rilegati se le loro condizioni erano proprio disastrose.
    Per la prima volta, Helen aveva trovato un impiego vero e proprio. Era lei la bibliotecaria del monastero e ciò rendeva felice sia la ragazza che Rain. Nata e cresciuta tra pagine e poesie, stare nella quasi costantemente deserta biblioteca era qualcosa di speciale per Helen, che sfogliava volumi su volumi, guardava illustrazioni su illustrazioni, leggeva racconti su racconti. A volte monaci da altri monasteri venivano a consultare un tomo particolarmente raro o a prendere in presito un volume per ricopiarlo ed era compito di Helen scrivere e fare queste piccole mansioni. Il suo lavoro era apprezzato dai monaci e Rain era contento di vederla felice. Ogni tanto anche lui andava in biblioteca a leggere qualcosa e a farle compagnia, assicurandosi che i troppi libri non la portassero via dal mondo reale.
    Riguardo la terza attività del monastero c'è poco da dire: era il combattimento. I giovani monaci venivano addestrati per anni e gli anziani perfezionavano le loro tecniche. Ed è proprio qui che Rain entrava in gioco. La sua esperienza in combattimento e le sue conoscenze della guerra gli avevano fatto guadagnare un titolo prestigioso ed impossibile da ottenere per uno straniero, ovvero l'insegnante.
    I monaci sapevano combattere, ma il Kaguya era sopra di loro e questo i monaci lo sapevano. Spada, arti marziali, tecniche, tattiche e strategie di sopravvivenza: Rain padroneggiava completamente queste cose, avendo svolto tantissime missioni al tempo degli shinobi ed avendo vinto innumerevoli battaglie. I monaci, al contrario, mai uscivano di quelle montagne e poco sapevano su come sopravvivere fuori da Ephiora.
    Saggi ed umili, offrirono a Rain ed ad Helen un posto nel monastero se lui avesse accettato di insegnargli l'arte della spada. E ovviamente accettò. Riguardo le preghiere, le forme, i saluti, tecniche e le posizioni tipiche del loro stile Rain non poteva fare nulla e per quello c'erano i monaci più anziani; ma quando si parlava di spada e strategie era proprio lui ad insegnare.
    E in tutta sincerità, era molto divertente come attività. I monaci erano le persone più umili della terra: mai interrompevano le spiegazioni, mai mettevano in dubbio le sue parole. Qualsiasi cosa il ragazzo diceva loro la eseguivano con diligenza. Rain li rispettava molto e loro rispettavano molto lui ed il suo passato.
    Diciamo che si era creato un clima di serenità e convivenza.
    Come i due erano finiti proprio lì, però, è un'altra storia.




    ***





    Rain fece qualche passo sul piccolo sentiero di pietre del giardino. Scostò il ramo di un albero dalla sua faccia e continuò con calma a camminare.
    Regnava un silenzio magico, rotto solo dal costante e forte vento tipico di Ephiora. Non faceva freddo, ma comunque bisognava coprirsi, altrimenti il mal di gola era assicurato anche per i guerrieri più temprati.
    Gli ricordava Iwa, in un certo senso. Quanto tempo era passato da quando lui ed Helen vivevano tra le montagne del vecchio Paese della Terra? Tantissimo, forse troppo. Era un ragazzino pieno di sogni allora, pieno di speranze, eppure quel periodo era stato tra i più felici della sua vita senza dubbio. Ora quella zona era il fulcro dell'Impero, ormai espansosi come una piaga incurabile.
    Non qui però, non tra queste ventose montagne.
    Fece qualche passo, per poi fermarsi.
    Non ci sono corvi ad Ephiora, sei stato forse tu a portarne, ragazzo?
    Rain sorrise.
    Non ne vedrai più, quello era il primo e l'ultimo, prometto.
    Tong Pang stava sempre lì, seduto sulla stessa pietra. Ogni parola che diceva sembrava essere detta dopo anni, millenni di riflessione. La sua voce era calma e piatta come una pianura, i suoi modi lenti e aggraziati. Stava macinando alcuni semi con un piccolo mortaio di pietra, circondato dalle sue amate piante. Rain aveva grande stima di lui, ma a volte lo reputava un po' bizzarro. Si diceva venisse da lontano e che fosse anzianissimo, ma Rain in tutta la sua permanenza a Xian Du non era mai riuscito a vedergli il volto completamente scoperto. Non che non ci dormisse la notte, ma ora iniziava ad essere curioso su di lui. I monaci raramente parlano e ancor più raramente parlano di loro stessi quindi Rain non era solito chiacchierare con loro.
    Nonostante questo però, erano di buona compagnia. Il loro silenzio ed il loro rispetto dava l'impressione di sacralità ed umiltà, elementi che il Kaguya reputava ormai perduti per sempre.
    Tornerai?
    Rain camminò fino ad arrivare davanti a Tong Pang ed annuì.
    Certo che tornerò, starò via meno di una settimana. Ho faccende da sbrigare qui!
    Tong Pang riprese a macinare i semi e non proferì più parola.
    Poi, dopo alcuni istanti, interruppe quel silenzio.
    Sta proprio lì dietro. E' una bella giornata per stendersi su un prato.
    Rain fece un piccolo inchino e continuò a camminare superando altre piante dai colori impossibili, superò una manciata di alberi e si ritrovò nel piccolo prato sul retro del giardino. Era un piccolo spiazzo di una decina di metri quadrati, ma era l'unico posto dove potersi stendere e prendere un po' di sole; il resto del giardino era più una serra che altro, a dirla tutta.
    Ce ne hai messo di tempo! Insomma, cos'è questa storia della partenza?
     
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    Partenza
    Wangyuanji_dw8art
    Sdraiata sull'erba fresca con lo sguardo verso il cielo. Rain fissò Helen come la fissava sempre, come l'aveva guardata la prima volta, la seconda volta, la terza volta e la millesima volta. Mille cose erano cambiate nella sua vita, ancora di più erano cambiate nel mondo circostante.
    L'unica cosa che non cambiava era quella sensazione indescrivibile che è in grado di unire due persone attraverso mille intemperie e problemi. Quella forza infinita che ti fa stare calmo di giorno e sveglio di notte, che non ti fa dormire ma che ti dà la forza per alzarti dal letto.
    Era lì, a ricordare a Rain come tutti i fallimenti della sua vita non fossero che nulla e come l'unico successo che contasse veramente nella vita lui l'aveva conquistato. Il come rimaneva un mistero per lui; se lo chiedeva in continuazione: cosa aveva fatto uno scemo come lui per meritarsi così tanto? Non era capace a fare nulla nella vita se non osservare in silenzio lo scorrere inesorabile degli eventi. Mai una volta aveva sentito di essere fondamentale per qualcosa, mai una volta aveva sentito con solidità il potere e la stabilità. Solo brevi boccate d'aria, brevi momenti di tranquillità, che non riusciva neanche a godersi perchè anche lui conscio della loro rapidità.
    E poi si trovava a fissare i panorami per ore senza dire nulla, ricordando vecchi episodi, chiedendosi cosa fosse successo se avesse fatto o non fatto qualcosa, dove sarebbe quest'oggi e cosa ne sarebbe stato del mondo intorno a lui.
    Poi però c'erano momenti come quello, in cui bastava guardare lei per acquietare la sua testa. E basta, tutto si azzittiva e lui si rimbambiva. Come quando era un adolescente.
    Starò via per qualche giorno, non è nulla di preoccupante. Tornerò presto, tranquilla.
    Lei sospirò e ricominciò a guardare il cielo.
    Vorrei ben vedere..
    Borbottò, chiudendo gli occhi.
    Rain si sedette dietro di lei, le sollevò la testa e la poggiò sulle sue ginocchia, poi non disse nulla. Rimasero così per un po' senza che nulla che non fosse il vento facesse rumore, tanto che il ragazzo pensò che Helen si fosse addormentata sulle sue gambe e questo lo fece sorridere.
    L'aria era fredda e per tutto il giardino si respirava un forte odore balsamico dato dalle decine di piccole piante. Rain la guardò e le scostò pian piano i capelli fino a vederle la fronte. Con l'indice sfiorò la fronte, il naso, le labbra e scese fino al collo. Helen aprì gli occhi, come se si fosse svegliata all'improvviso.
    Dove andrai?
    Chiese bisbigliando.
    Ad Ame
    Lei si alzò, si girò e si mise seduta di fronte a lui.
    E che diavolo devi fare lì? Non troverai nulla lì, se non brutti ricordi e tanta pioggia.
    Lui si alzò, le diede una carezza sulla testa e iniziò a camminare verso l'uscita del giardino. Aveva ragione, in effetti. Ma la ragione era un'altra, di certo non andava lì in pellegrinaggio. Era una zona imperiale ormai, dopotutto.
    Devo andare a trovare un amico!


    Edited by Gh0st - 1/3/2015, 19:47
     
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  4. Scaar
     
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    Pioveva, tanto per cambiare. Nome appropiato paese della pioggia sebbene non brillasse certo per originalità. Originariamente patria dei peggiori figli di puttana del paese, poi presidio imperiale, poi muretto per pisciare. Tre scrollate e non di più. Alla quarta te lo stai ufficialmente menando e lui non avrebbe raggiunto l'entusiasmo necessario per il lavoretto. Era ormai zuppo ma non ci faceva caso piu di tanto. Le dita delle mani le sentiva a malapena a causa del freddo, ma stranamente la cosa gli piaceva. Così come gli piaceva aprirsi le ferite ricucite delle braccia con un pugnale molto affilato, quando si annoiava. Erano sensazioni che sentivi solo se eri vivo, e lui aveva giocato a poker con la morte tante di quelle volte da sentire il bisogno di ricordarselo di tanto in tanto.

    Di culo ne aveva avuto a respirare ancora. A fatica a causa di mezzo polmone perforato, ma lo faceva ancora. Si trascinò sulle pietre lisce e divelte della strada principale, quasi del tutto dissestata. Sorpassò un vicolo che gli suscitò un ricordo familiare. Solitava sostare una ragazza che vendeva mele caramellate. Lui andava pazzo per le mele e quelle lì erano forse la cosa più buona che mangiava da decenni. Per farla breve, ne prendeva sempre una di tanto in tanto, allargando sempre una somma spropositata alla giovane che nonostante la propria gentilezza, non riusciva a nascondere un orrore velato nel guardarlo in faccia. Guadagnava bene all'epoca, Dihadori era molto generoso oltre che schifosamente ricco e pagava bene i suoi bracci destri. Ma lui non sapeva che farsene del denaro e la parte che non gettava giu da un tetto per ridere dei poveracci che si azzuffavano per la pioggia ricca e miracolosa la teneva per la sua razione di mele caramellate. Una volta, la giovane, forse imbarazzate o forse terrorizzata dal fatto di essere all'oscuro del motivo per cui Scaar gli mollasse tutti quei soldi, gli disse che con tutto quello che lui le aveva dato s'era guadagnato una fornitura a vita, per cui da quel momento lui si limitò a ritirare il suo gustoso spuntino ogni mattina.

    Ripensandoci, qualcosa nel sorriso falso della ragazza lo disturbava. Era stato particolarmente buono con lei. Cercava di essere meno sgradevole del solito ed evitava persino le parolacce in sua presenza. Eppure lo vedeva sempre, quel velato orrore con cui lei lo accoglieva. Quell'orrore non sarebbe mai sparito, ma lo capì solo alla fine. Un giorno uccise due tizi che la importunavano, così senza dargli nemmeno il tempo di capire che stavano morendo, ma lei invece di ringraziarlo era scappata. Non la rivide mai più.

    Ecco cosa aveva guadagnato tornando lì. Ricordi di merda di momenti di merda di un periodo di merda.

    ..Merda.

    Ne aveva appena pestata una.

    Ah dimenticavo. Rain avrebbe trovato Scaar su di un cumulo di rovine alto circa 10 metri, una specie di piramide di detriti, resti di un grosso palazzo crollato. Era il rifugio segreto di Dihadori, dove Rain gli aveva dato l'estremo saluto. Sedeva sotto la pioggia in silenzio, guardando verso ovest dove si poteva avere una visuale più o meno estesa della restante desolazione.


     
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    Pioggia

    Bastò la pioggia a far venire in mente a Rain una valanga di cose, veramente troppe da elencare. Il tempo passato era un'infinità ed Ame ora non era che rovine di una città un tempo baluardo di libertà e nuove speranze.
    Dentro di lui vorticavano un'immensità di emozioni: tristezza, dubbi, rimpianti. Perchè era andata a finire così? Dove aveva sbagliato? Cosa avrebbe potuto evitare una fine così amara?
    Poi si riprendeva e si diceva che no, non era colpa sua. Ame mai era stata felice come quando c'era lui e mai lui avrebbe potuto arginare una minaccia immensa come l'impero; dopotutto era solo un ragazzo.
    Lui odiava Ame. Era giunto lì a causa di Dihadori, a causa di quello stronzo che poi aveva abbandonato ogni progetto e speranza per lasciarsi ammazzare come un maiale. E poi aveva vomitato un mare di responsabilità enormi su di lui, un povero Kaguya che non desiderava altro che starsene in pace ed in tranquillità. No, questo non gliel'aveva ancora perdonato, vivo o morto che fosse quell'anarchico rivoluzionario.
    Tante cose aveva fatto fare ad Ame, tante piccole migliorie. Ogni edificio aveva una sua storia, passata attraverso vari periodi felici o tristi, e vissuta attraverso gli sguardi di una popolazione stanca ma forte, malinconica ma speranzosa.
    Ora però non regnava che silenzio e macerie, morte e distruzione. Nulla era rimasto di quella città così speciale ed unica in tutto il mondo.
    Tranne la pioggia, ovviamente.
    Che tristezza. Che schifo.
    Ma chi glielo aveva fatto fare di fare tutto quel viaggio solo per deprimersi? E poi tra tutti i posti, proprio quello? Non bastavano gli incubi ed i pensieri che mai lo abbandonavano a ricordagli quanto aveva già vissuto? Perchè farsi ancora del male di proposito?
    Scaar gli doveva delle spiegazioni. Su molte cose.
    Non era colpa sua, ma Ame non poteva che mettere tristezza a chiunque.
    Insomma, amico mio, hai scelto un posto niente male per una rimpatriata.
    Non potevi venirmi a trovare ad Ephiora? Si sta molto meglio lì.

    Fece qualche passo. Voleva rendere la situazione meno pesante di quanto già non fosse ma era difficile. Scaar era imprevedibile, avrebbe potuto girarsi ed attaccarlo, confessargli i suoi segreti più intimi o mettersi a dire qualche scemenza. Non aveva la più pallida idea di cosa stava per succedere.
    Lo vedeva, appollaiato come un corvo su un cadavere e per molti aspetti era proprio così. Ci viveva qualcuno un tempo sotto quelle macerie, qualcuno che ora giustamente è stato dimenticato e cancellato da ogni libro e foglio.
    Ora c'era altro, nuovi nomi, nuove battaglie, nuove storie.
    Quale sarebbe stata quella di Scaar?
     
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  6. Scaar
     
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    C'era qualcosa in Rain. Una sorta di moralismo residuo nonostante il mondo fosse appena andato a puttane. Qualcosa a cui riusciva ad aggrapparsi anche se il pavimento era crollato e sogni e speranza erano finite nel cesso. Un senso di quel che era giusto e ciò che non lo era che rimaneva saldo fuori dall'acqua e non veniva mai sommerso dai disastri che lo circondavano. Questo lo aveva spinto a seguirlo quando i soldati arrivarono a Iwa e la rasero al suolo. No aspetta, furono gli shinobi a sommergerla di terra, sperando di seppellire la città insieme ai suoi invasori e gli innocenti. Ah, ecco cos'era quella sensazione. Non sapeva perché, li faceva venire un formicolio ai piedi.

    Dejavù. Si voltò verso Rain con uno sguardo stranito.

    Tu... noi. L'abbiamo già... cioè tu eri lì proprio dove... no?

    Accompagnava ogni parola con un gesto della mano. In effetti le situazioni erano molto simili. Loro due che emergevano dal fango e sedevano sulle macerie della città. Solo che questa volta sotto di loro c'erano le macerie del mondo. Rimase a fissarlo qualche secondo con le mani sospese in un movimento lasciato a metà, poi fece cenno con la mano destra del tipo "lascia perdere" e ritornò a voltarsi verso la città deserta.

    E no, non aveva ignorato il commento dell'amico. Infatti..

    La tua ragazza non te l'ha detto? Non posso più tornare ad Ephiora, non dopo quello che è successo a Louyhong.

    Le braccia erano poggiate sulle ginocchia, mani giunte e mente altrove.

    E poi non credo faccia per me.

    Poi si voltò di scatto, sopracciglia agrottate come nello sforzo di ricordare qualcosa.

    Tu te la ricordi la tipa delle mele caramellate? Quella che si metteva sempre laggiù, là sotto quell'insegna spezzata. Magra, mora, fossette... Diavolo di un demonio, non riesco proprio a... No, aspetta! Non me lo dire!

    Chinò il capo strizzando gli occhi e rimase così rivolgendo la mano per fermare Rain, anche se effettivamente l'amico non stava per niente parlando.

     
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    Pioggia

    Rain si tolse il cappuccio per mostrarsi meglio a Scaar. Socchiuse gli occhi a causa del vento e della pioggia, ma non era nulla di tragico il tempo. Ci si era abituato anni prima.
    Scaar sembrava nostalgico, malinconico e questo fece preoccupare il Kaguya. Non aveva mai visto un simile atteggiamento da parte dell'invincibile guerriero nero e questo voleva dire che era stato ferito nel profondo da qualcuno o qualcosa.
    Realizzò che tutti si legano a qualcosa: luoghi, persone, abitudini, mele caramellate.
    Ah si. A proposito, ti ringrazio per quella storia.
    Basta poco tempo per cambiare una persona, a volte basta un singolo avvenimento per sconvolgere una vita intera. E in questi cinque lunghi anni quante cose sarebbero potute accadere a Scaar? Quante cose aveva pensato? Quanti legami si erano spezzati?
    Rain abbassò lo sguardo in maniera malinconica e si mise a fissare le rovine. Polvere e rocce, non rimaneva altro. Pensando a tutti i sogni che si erano spezzati nel giro di pochi mesi per tutti gli abitanti di Ame venne colpito da una fitta al cuore.
    Che spreco...di vita, di energie, di speranze.
    Ti piacciono veramente quelle cose? Sono troppo dolci.
    E poi ti si attaccano i denti...

    Disse piano, immaginandosi il sapore caramelloso e dolciastro. A lui piacevano i dolci, ma le cose esagerate non gli piacevano proprio. Ci vuole la giusta misura a tutto.
    Venivi qui per le mele o per lei? Te lo sei mai chiesto?
    Scaar era un essere umano e questo Rain lo sapeva. Tutti hanno bisogno di compagnia e di qualcuno, anche un pazzo come l'Otoano. Non si sarebbe stupito se gli avesse risposto con una parolaccia o un gestaccio, ma sapeva che in fondo aveva ragione lui.
    Magari all'inizio gli piacevano le mele, ma poi si era abiutato a quella routine, a quel gesto, all'incontrare quella ragazza. E anche lei aveva fatto lo stesso. Con calma si era formato un legame assurdo formato da manciate di soldi e mele caramellate che per quanto poco significativo era qualcosa a cui sia Scaar sia la ragazza avevano fatto l'abitudine.
    Era una bella cosa, in teoria.
    Ricordava tanti posti di Ame ma ora tutto sembrava diverso, sembrava proprio un'altra città. A stento capiva dove si trovava, vista la deformazione inarrestabile che le rovine ormai muschiate avevano.
    Allora Scaar...immagino che ne abbiamo di cose da dirci, non è così?
     
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  8. Scaar
     
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    ...perso il post.

    Insomma, Scaar chiede a Rain se dopo "quel giorno" fosse più tornato ad Ame.

    Quindi parte un flashback di Ame 2 anni prima. La città era deserta e le strade piene di uomini del Butai che, avendo la città alla loro mercè e avendo incontrato pochissima resistenza, se la spassano in tranquillità.

    Rain è tenuto in un posto anonimo, una vecchia stalla. Lui è nel seminterrato, il luogo è scarsamente sorvegliato.

    Scaar appare nel vicolo di fianco alla stalla, affacciandosi sull'apertura a livello del terreno, finestrella del seminterrato.

    Esordisce con un battuta da cazzone, come al solito.

    Edited by Scaar - 5/3/2015, 21:15
     
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    Rain ci aveva preso riguardo la ragazza, o almeno questo aveva capito dalla risposta di Scaar. Fece un piccolo sorriso compiaciuto mentre ormai la sua testa si inzuppava completamente di pioggia.
    Da quel giorno..?
    Ripetè piano, prima che una lunghissima serie di ricordi entrasse nella sua testa con una velocità rapidissima.
    Oh, quel giorno!
    ..no
    Concluse. Ma che domanda era? Per quale motivo sarebbe dovuto tornare qui? Avanti, Scaar.
    Dopo tutto quello che era successo, poi.

    ***




    Ad essere onesti era stato in prigione svariate volte ed ovviamente ogni volta era evaso con una certa facilità. Anche questa volta sarebbe andata a finire così, probabilmente, ma quel giorno c'era qualcosa di diverso.
    Una volta evaso, dove diavolo sarebbe andato? Casa sua era proprio quella, non aveva un posto dove rifugiarsi.
    I nemici brulicavano ovunque nelle vie di Ame, ormai persa per sempre. Lui cosa avrebbe fatto? Dove diavolo sarebbe andato? Ormai il mondo era diventato irriconoscibile nel giro di pochi mesi e lui non sapeva cosa fare. Era ricercato, possiamo dire, e l'impero aveva occhi ovunque.
    Ancora una volta sarebbe dovuto fuggire, scappare, trovare un posto, ricominciare. Tutto da capo, ancora, ancora ancora.
    Che palle, non ce la faceva più.
    Avvicinò le ginocchia al petto e si mise la testa tra le mani.
    Basta. Cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo? Perchè finiva sempre così?
    Sentì la voce di Scaar e si sorprese di non esserne troppo felice. Sapeva che lui sarebbe sopravvissuto, ma perchè era venuto a salvarlo? Avrebbe potuto evadere anche da solo, in teoria, ma non era quello il punto.
    Se proprio ci tieni, le guardie sono meno di una decina, le ucciderebbe persino un genin.
    Fece una piccola pausa.
    Mi porti a mangiare fuori dopo? No perchè vorrei farti notare che l'Impero ha conquistato l'intero continente
    La sua voce era tagliente e delusa, anche se Scaar non c'entrava nulla.
    Dentro quella cella aveva realizzato che era arrivata la fine del mondo degli shinobi; si era appena conclusa un'epoca millenaria e lui ne avrebbe vissuto gli effetti e le conseguenze in prima persona. Cosa sarebbe successo? Gli faceva paura perfino pensarci. Il mondo si sarebbe trasformato in qualcosa di abominevole, vuoto, senza speranza.
    Lascia perdere, tirami fuori da questo e vediamo di andarcene in fretta.
    Lui aveva provato a cambiare la storia, ma aveva fallito.
    Ancora una volta.
     
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  10. Scaar
     
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    Sebbene Scaar fosse un folle, di certo non era stupido, e in occasionali momenti di lucidità risultava persino perspicace. Di fatto non gli sfuggì la nota di amarezza nel tono di Rain che, nonostante lui fosse lì per tirarlo fuori, non sembrava per niente felice di ciò. E lui che si era pure preso il disturbo. Valle a capire certe persone.

    Anche io sono contento di vederti.

    Commentò mostrando tutto il suo disappunto, certo era che non si sarebbe fatto ripetere due volte l'invito a tirarlo fuori. C'era solo da decidere in che maniera andasse fatto. Sappiamo tutti che lui moriva dalla voglia di piombare in mezzo alle guardie e fare piazza pulita nella maniera più rude e pirotecnica possibile ma, come sottolineato dall'amico in cella, la città e il mondo erano appena caduti in mano a Butai. O impero.

    Ah sì, quella era la novità del giorno. Avevano cambiato nome.

    Dammi giusto un minuto per fare le cose in maniera ninjosa, altrimenti qua ci ritroviamo il mondo alle calcagna.

    Disse per congedarsi e la sua faccia sarebbe sparita dall'apertura della cella di Rain, facendo piombare i dintorni nel più totale silenzio.

    Mentre raggiungeva di nuovo i tetti, si rese conto di quanto avessero scelto male la prigione improvvisata. La strada su cui affacciava era stretta e le case alte, luogo perfetto per imboscate dall'alto. Le due file di edifici erano collegate attraverso travi, sebbene marcie, che potevano essere utilizzate usando un attimo di accortezza nel salirci sopra. L'illuminazione non era delle migliori il che era perfetto per lui che poteva rendersi completamente nero tramite uno strato di fibre. Insomma, guardava giù osservando lo scenario come un bambino nel paese dei balocchi.

    ..da chi cominciare. Dunque, dunque... Decisioni, sempre decisioni!

    Ripetè in preda all'emozione. Due avevano appena girato l'angolo imboccando l'inizio della strada. Altre due erano di turno davanti alla porta. Una era di vedetta poco più in là dalla parte opposta. E il chakra sensing gli diceva che dentro all'edificio ce n'erano altre due. Non poteva permettersi che le guardie più lontane si accorgessero di qualcosa e dessero l'allarme quindi avrebbe cominciato da loro. Basi elementari dell'infiltramento, insomma. Maledetto addestramento ninja che si rivelava utile sempre più spesso.

    *Craa* *Craa*

    Le guardie alzarono il capo al richiamo del sinistro augello. La sagoma nera difficilmente distinguibile contro il cielo scuro e nuvoloso svolazzò sopra le loro teste accompagnato da un inconfondibile sbattere d'ali. La coppia di gendarmi che aveva appena imboccato il vicolo era ad almeno 40 metri, non si sarebbe accorta di nulla. Quello in solitaria dall'altra parte invece sarebbe stato distratto al punto giusto da poter permettere a due tentacoli neri di avvinghiargli il collo e trascinarlo nel vicolo buio lì di fianco. Giusto un gemito strozzato coperto dal gracchiare del corvo. Scaar fu scosso da un fremito: i due versi erano talmente simili da farlo gongolare per aver pensato alla copertura giusta (sebbene fosse l'unica che gli fosse venuta in mente).

    Ciò nonostante le due guardie alla porta erano dei tipi attenti e scrupolosi e ci misero giusto un paio di secondi per rendersi conto dell'assenza del loro compagno. Si voltarono in quella direzione non ancora allarmati, ma abbastanza all'erta da essere pericolosi.

    Gokua.

    Chiamarono ma ovviamente non vi fu risposta. Si guardarono insospettiti mentre uno dei due già batteva con il dorso della mano sulla porta della casa, cinque colpi con cadenza precisa, segnale di allerta concordato.

    Sto pisciando.

    Rispose la voce di Gokua da dentro al vicolo. Era un poco più rauca del solito, ma fu sufficiente a far rientrare l'allarme.

    Porca miseria, avvisa almeno. Falso allarme.

    Avvicò l'interno la guardia, alchè le due guardie dentro l'edificio che già avevano estratto la propria arma per giustiziare il prigioniero si tranquillizzarono, rimanendo comunque in piedi in caso il pericolo fosse reale. Avevano ricevuto l'ordine di uccidere Rain al primo tentativo di fuga/liberazione.

    Lascialo in pace, ti pare che per una pisciata debba chiedere il permesso?

    Hai ragione. E' che non sono tranquillo, sento che le cose potrebbero andare storte da un momento all'altro e sai che in genere ci azzecco su queste cose. Fortuna che il nostro cambio è arriva..

    Le altre due guardie all'inizio del vicolo erano sparite a loro volta. Adesso le due guardie alla porta avevano la certezza che stava succedendo qualcosa di strano ma questa volta furono come paralizzate dal terrore di aver commesso un grave errore. Si voltarono verso la porta ma nel farlo scorsero una figura nera appollaiato proprio sopra l'arcata. Un urlo allarmato fu tutto quello che riuscirono a fare perché due lame nere trapassarono il loro collo prima ancora che potessero estrarre la loro spada.

    Quello, assieme al rumore dei due corpi che cadevano fu tutto quello che le guardie all'interno avevano bisogno di sentire per far scattare il piano B. Scaar si rese immediatamente conto che le due fonti di chakra si stavano spostando, quindi si precipitò dentro spalancando di colpo la porta aperta. La stanza interna era vuota. Voltò rapidamente la testa in tutte le direzione cercando di individuare le scale per il seminterrato.

    Trovate!

    Rapido si decise ad imboccarle, ma le guardie erano ormai da Rain...


     
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    Si rimise seduto, appoggiato al muro, avvolto nell'ombra della cella. Aspettò qualche minuto, immaginandosi Scaar che faceva fuori nemici a destra e a manca, ma la sua preoccupazione era sempre la stessa: dove sarebbe andato?
    A Rain faceva molta paura ciò che il mondo stava diventando e non era certo che lui avesse potuto avere un posto. Lui la sua occasione l'aveva già avuta.
    L'aveva sprecata, ma l'aveva già avuta.
    Dal vicolo iniziò a sentire dei rumori e capì che Scaar stava facendo un gran baccano.
    E' sempre il solito..
    Rain era ammanettato e le sue mani erano unite dietro la schiena. Le manette non erano molto robuste a dire il vero, ma non pensava di riuscire a romperle semplicemente aprendole con tutta la forza che aveva. Scaar aveva fatto troppo rumore e presto lui ne avrebbe pagato le conseguenze.
    Sospirò, affranto.
    Nel giro di pochi attimi la porta della sua cella venne aperta con foga e due Imperiali entrarono scapicollandosi. Sembrava avessero visto il demonio.
    Tu! Hai chiamato aiuto non è così?
    Rain alzò piano la testa e li guardò con la faccia più innocente che potesse avere.
    Io?
    Disse con voce assonnata, quasi come se si fosse appena svegliato.
    Una guardia lo prese con forza e lo fece alzare in piedi.
    Non ci incanti!
    Gli urlò in faccia prima di colpirlo con un pugno. La testa del Kaguya si mosse ed il ragazzo traballò, ma senza dare evidenti segni di cedimento.
    Uno dei due soldati sfoderò un coltellaccio e si avvicinò a Rain, lo afferrò per un braccio e lo trascinò via con forza.
    Rain oppose resistenza per qualche secondo, poi decise che ne aveva abbastanza. Dalle braccia, dalla schiena e dal petto fuoriuscirono delle ossa appuntite e robustissime, il tutto senza che Rain muovesse un muscolo.
    La mano che la guardia aveva appoggiato sul braccio di Rain venne bucata e subito il soldato si mise a gridare. Il Kaguya roteò di 360°, strappando via la mano al nemico e ferendolo con le ossa che gli erano fuoriuscite dietro la schiena.
    L'altro soldato ci mise qualche secondo per realizzare l'accaduto, e subito iniziò a scappare via dalla cella. Rain però riuscì ad anticiparlo, mettendosi davanti alla porta. In un istante gli diede un calcio frontale nella zona dell'addome e la guardia stramazzò morta al suolo.
    Non tanto per il calcio, quanto per l'osso che Rain aveva fatto fuoriuscire dalla pianta del suo piede mentre stava per colpire il nemico.
    Rimase fermo per alcuni istanti ad osservare i corpi dei due Imperiali. Ora sì che lui e Scaar erano veramente nei guai! Tutte le ossa rientrarono diligentemente al posto, mentre una punta ossea uncinata e robusta fuoriuscì dal suo osso sacro, spaccando in due la catena delle manette.
    Dio, quanto odio le manette.
    La punta ossea rientrò e Rain corse fuori dalla vecchia prigione in un baleno. Vide Scaar affrettarsi verso di lui ma appena l'otoano vide il ragazzo rallentò la sua corsa e gli andò incontro.
    Ora dovevano solamente fuggire dalla città. "Solamente" era ironico, ovviamente.
    In realtà tutti e due conoscevano molto bene le strade di Ame, quindi non sarebbe stato particolarmente difficile eludere le guardie imperiali, ma comunque avrebbe richiesto un po' di tempo.
    Trasfomati in una delle due guardie, veloce.
    Ordinò all'amico, per poi fare la stessa cosa anche lui.
    Da quel momento in poi i due strisciarono per i vicoli più bui della città, evitando con il chakra sensing qualsiasi tipo di contatto visivo con il nemico. Alcuni imperiali erano shinobi, quindi nel caso avessero eluso il loro sensing i due avrebbero finto di essere due semplici guardie in pattugliamento.
    Questo, almeno teoricamente, era il piano.
    Erano nella zona centro-ovest di Ame, e per uscire avrebbero dovuto raggiungere la zona Sud. Quella era l'unica via per poter tentare di fuggire attraverso le foreste indisturbati. Fuggire per andare dove? Questa era un'altra bella domanda. Rain era riuscito a far fuggire grandissima parte della popolazione, compresa Helen, ma non aveva idea su dove fossero andati tutti quanti. Aveva posto molti soldati alla guida dell'evacuazione, dicendogli di portare la gente a Sud, verso il Paese del Thè, per poi farli dividere e farli andare in tutti i paesi possibili.
    Nessuno avrebbe accolto un'intera città, ma se il gruppo si fosse diviso allora c'erano più possibilità di trovare riparo.
    Ce l'avevano fatta? Erano riusciti a mettersi in salvo? Ed Helen?
    Era meglio non pensarci, altrimenti non sarebbe riuscito più a fare nulla.
    Arrivarono alle mura ad Ovest della città e da lì proseguirono costeggiandole fino ad arrivare più a sud possibile. Gli imperiali brulicavano nella città, ma nessuno veramente si preoccupava di chiedere a quei due tizi dove stessero andando. Erano due apparenti soldati ed in quella città ce ne stavano a centinaia come loro. Ormai Ame era presa, perchè preoccuparsi?
    Probabilmente altre guardie avevano notato i cadaveri e l'evasione di Rain e già erano sulle sue tracce, ma in ogni caso il Kaguya e Scaar non potevano mettersi a correre o andare di fretta o avrebbero destato sospetti.
    Preparati perchè a breve dovremmo fare un po' di casino, io ti avverto.
    Arrivarono alla piazza del mercato, che si trovava giusto davanti al cancello Sud della città.
    Dove prima c'erano banchetti di frutta (importata), di pesce (importato) e di spezie (importate) ora non c'era più nulla. Al centro della piazza ardeva un gigantesco fuoco, alimentato da pezzi di tetti, di banchi, di sedie, di mobili. La vita di Ame stava bruciando per riscaldare le mani a qualche soldato che non si era ancora abituato al clima della città.
    Il mercato, cuore di ogni città, vita dell'economia e dei rapporti internazionali, luogo dove centinaia, migliaia di storie erano iniziate ora non era che un enorme cimitero deserto. Alcuni soldati stavano accanto al fuoco a bere, mentre altri erano seduto sotto una tettoia per ripararsi dalla pioggia.
    Rain e Scaar superarono il gruppo di imperiali e si ritrovarono davanti al cancello sud, dove una decina di guardie faceva la guardia in maniera abbastanza distratta.
    Uno armato di lancia si alzò per avvicinarsi a loro.
    Dove andate, soldati?
    Rain tacque. Ad essere sincero, non sapeva che diavolo dire. Il cancello era socchiuso, quindi ci si poteva passare senza doverlo aprire, ma proprio davanti all'apertura c'erano le guardie. Forse avrebbe potuto trovare una scusa convincente per poter uscire, ma non la trovò. Era troppo pensieroso, distratto e preoccupato. E poi era un Kaguya.
    Sfruttando l'elemento sorpresa, loro unico alleato, Rain balzò sulla guardia, trafiggendola con due ossa fuoriuscite dai suoi palmi. Subito si scagliò contro altre due guardie, trafiggendone una al petto e tirando un fendente orizzontale ad un'altra.
    Altre tre guardie si alzarono, due sfoderarono le armi e si scagliarono contro di lui, la terza invece tirò un corno e si mise a suonarlo.
    Cazzo!
    Ma c'era ancora qualcuno in quel mondo che aveva dei corni? Andiamo! Tutti gli imperiali della piazza nel giro di pochi secondi sarebbero piombati su di loro, quindi non c'era tempo da perdere.
    Roteò su sé stesso e fece partire delle falangi d'ossa contro i due imperiali che si erano alzati. Le corazze attutirono il colpo, ma comunque caddero a terra.
    Si girò e vide una quindicina di soldati avvicinarsi a loro di gran carriera. Due soldati stavano già mirando con arco e frecce.
    Impastò il chakra e sputò dalla bocca un getto di fango. In un secondo si innalzò davanti a loro un enorme muro di solida pietra che non solo avrebbe bloccato le frecce, ma avrebbe anche costretto i soldati a dover fare un giro più lungo per arrivare da loro.
    Poi basta, ne aveva abbastanza. La guardia con il corno si era già armata di spada e scudo, ma lui non aveva voglia di perdere tempo. Saltò in avanti verso il nemico che istintivamente mise lo scudo sopra di lui a protezione. Rain atterrò proprio su quello, e da lì si diede una forte spinta in avanti per fare un altro salto.
    E via, era sulla soglia del cancello. Sentiva l'aria provenire da fuori, sentiva la puzza di erba bagnata, sentiva la libertà.
    Corse subito via, fuori, avviandosi verso le foreste a Sud. Prima però, si girò un'ultima volta a guardare Ame, quella città maledetta in cui era sicuro che non avrebbe mai più rimesso piede.
    Città di speranze distrutte, di libertà incatenate, di sogni spezzati.
    Impastò il chakra e battè un piede a terra: un torrente di fango travolse il cancello ed i soldati che stavano tentando di uscire.
    Questo li avrebbe decisamente rallentati un bel po'.
    Si girò verso Scaar e gli fece cenno di correre.
    E così i due corsero tra le foreste, non sapendo neanche dove andare, perchè andarci, e come andarci. Corsero e basta, perchè sapevano solo dove NON potevano più stare, cioè a casa loro.


    ***





    I due si fermarono, esausti. Avevano seminato gli imperiali ed ora si trovavano nella parte ovest di Konoha, circa. I nemici potevano essere ovunque, ma ormai non aveva più importanza. Non sarebbero mai riusciti a catturarli, non più almeno.
    Rain decise di dover andare a Sud, verso il Paese del Thé, perchè aveva detto ad Helen di aspettarlo lì. Era una zona dove gli imperiali non erano ancora arrivati grazie al cielo, anche se c'erano pericoli anche lì. Avrebbe dovuto farsi dire come stavano gli altri profughi, ammesso che fossero sopravvissuti.
    Ammesso che avesse mai trovato Helen.
    Un piccolo dolore al petto lo colse. Durò un istante, ma gli scombussolò tutta la vita.
    Io devo andare a sud, amico mio.
    Tutto era successo così in fretta che Rain non aveva ancora realizzato cosa diavolo fosse successo. Poco male comunque, ci avrebbe pensato da quel giorno in avanti ogni dannata notte.
    Verrai con me? Dove andrai?
    Chiese, guardando Scaar. Lo guardò e per la prima volta si rese conto che quello era il suo unico vero amico. Molti ne aveva avuti, ma tutti erano scomparsi, inghiottiti dal mondo, dagli impegni.
    Lui invece no. Per quanto pazzo, stravagante, malato, lui c'era. Era addirittura andato a salvarlo! Rain si maledì per essere stato così stupido. Voleva davvero rimanere a marcire in quella prigione? Ma cosa gli era saltato in mente?
    Aveva voglia di dare una pacca sulla spalla a Scaar, di abbracciarlo, ma non lo fece. Voleva ringraziare quel suo unico amico che sempre gli era stato accanto.
    Quel suo unico amico.
     
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    Si incrociarono a metà strada, lui e Rain, al che Scaar sfoderò una frenata poderosa mentre il compagno lo sorpassava. Diceva di cammuffarsi da guardia. Imprecò dentro di sè: a quanto pare la sessione ninjosa sarebbe andata ancora per le lunghe, suo malgrado. Così conciati si ritrovarono a sgattaiolare tra i vicoli deserti, praticamente sotto al naso di diversi posti di blocco che non bloccavano nulla perché la maggior parte degli invasori brindava con la birra trafugata dalle cantine vuote.

    Figli di...

    Lo aveva riconosciuto. Quel cosciotto veniva dalla sua riserva segreta di prosciutto. Dovette dominarsi e anche tanto per evitare di andare strapparglielo dalle mani. O a strappargli le mani proprio. Non era però il momento per svagarsi, era il momento di correre via. O meglio camminare dato che, finchè mantenevano un profilo basso e quelle mentite spoglie, potevano star tranquilli che nessuno avrebbe fatto caso a loro.

    Si andava a Ovest, per andare dove non sapeva. Seguiva Rain senza fare domande, come suo solito. Non per questioni di fiducia incondizionata, era proprio che in genere non gli interessava. Finché riusciva a vincere la noia gli stava bene, ed era consapevole che Rain sapeva sempre quello che faceva. Circa.

    Era riuscito a far evacuare un intera città, a bluffare con gli imperiali fottendoli sotto il loro naso e adesso avrebbe portato entrambi fuori da quel bordello. Una volta fuori avrebbero organizzato le idee e sarebbero riusciti a riprendersi la loro città. Tutto nella maniera più splatter possibile, incrociando le dita. E parlando di splatter, eccoli che si trovavano di fronte alle porte della città, posto di blocco che questa volta bloccava davvero e un tizio in vena di fare domande stupide. Guardò Rain titubante chiedendosi se avrebbero nuovamente intrapreso la strada ninjosa o se il travestimento fosse ufficialmente concluso. L'amico parlò di casino da fare e Scaar quasi si commosse. Casino era il suo secondo nome, nei giorni dispari del mese.

    Poi all'improvviso Rain scattò come una molla lasciando Scaar con un palmo di naso. Tutte le guardie presero ad agitarsi come formiche quando gli pestavi il formicaio. Scaar le guardava disorientato, non riuscendo a decidere come attaccare e chi attaccare fino a quando il rumore del corno non gli riempì le orecchie.

    HA!

    Esclamò rompendo finalmente l'indugio e chiudendo una posizione magica per rilasciare un ondata di chakra Raiton che serviva a fermare il gruppetto di guardie che gli si stava facendo troppo vicino. Quindi si slanciò in avanti, producendo un tentacolo di fibre che, usato come frusta, si avvinghiò al collo del tizio col corno, strozzandogli il fiato in gola. Quindi diede un pesante strattone facendolo cadere e tirandolo a se. Con un acrobazia gli fu sopra, lo avvinghiò con un secondo tentacolo, quindi lo sollevò per usarlo come scudo umano e con esso infranse il blocco delle guardie, sbigottite dalla carica impazzita di quel folle che teneva davanti a sè il loro amico compagno avvinghiato e urlante. Qualche arma riuscì comunque a ferirlo, ma le fibre avrebbero ricucito tutto a tempo debito e al dolore ormai aveva fatto tanti di quei calli da far invidia ad un maratoneta veterano.

    Alla fine con una rotazione, scagliò lo scudo umano contro il gruppetto di guardie che già lo inseguivano una volta fuori dal cancello, rallentandole a sufficienza da guadagnare distanza e seguire Rain che correva a perdifiato verso la foresta. Non se ne rendeva conto a causa del vento che gli fischiava forte nelle orecchie, ma stava ridendo come un idiota pensando alle facce stupide fatte dalle guardie mentre il loro amico urlante gli finiva contro terrorizzato. Impagabile.

    * * * *

    Ok, gli animi erano decisamente più calmi adesso. Troppo. Camminavano in silenzio lasciandosi alle spalle kilometri di foresta umida e nebbia random. Rain non parlava e lui sapeva che questo significava che stava pensando. Pensando al da farsi, certo, c'era da pensare alla prossima mossa. Forse doveva pensarci anche lui, due menti erano meglio di una, si sa. Quindi si mise a pensare a sua volta, pensare a maniere ninjose per riprendersi la città.

    Non perché pensasse occorresse un piano per coglierli alla sprovvista, ma perché sapeva che Rain non era tipo da attacchi frontali a testa bassa e non gli andava di fare brutta figura proponendo un piano stupido e suicida. Per quanto il tutto ne avrebbe perso in divertimento, a suo avviso. Era lì intento in queste riflessioni quando Rain si voltò, annunciando il risultato del suo pensare. Troppo presto, porcodiunporco, lui stava ancora scegliendo il nome per il suo di piano.

    A sud?

    Si fermò. No, un momento, cos'era sta storia? Fece la faccia di chi non solo non ha sentito bene, ma desidera di aver capito male. Guardò Rain con uno sguardo pericoloso. Qualcosa dentro di lui indovinò tutto sebbene non capisse come. Rain stava mollando, così senza motivo. E voleva che lui facesse lo stesso. Non rispose alle ultime due domande, continuando a fissarlo come chi aspetta che l'altro, prima o poi, rivelasse lo scherzo.

    No, non stava scherzando. Rain aveva la faccia del "sono serio perché il mondo è cattivo".

    Non c'è tempo di andare a Sud. A quest'ora i ragazzi saranno radunati da qualche parte a organizzare la ripresa della città. Dobbiamo tornare, trasformarci in una di quelle facce di cazzo, infiltrarci in qualche fogna, rapire, ricattare, tagliargli i viveri e le comunicazioni, qualsiasi cosa. Non esiste che vincano così, Rain. Non glielo lasceremo fare.

    Si scaldava ad ogni parola di più come una pentola a pressione, mentre gesticolava animatamente agitando il braccio e puntando il dito verso il basso per enfatizzare. Alla fine si trovò ansimante, preso da un ansia che non capiva. Era forse perché aveva a cuore quel cesso di città? O perché per la prima volta, se davvero Rain la pensava così, si sarebbe trovato a pensare solo con la propria testa?

    Rain? Lo sai anche tu, no? Lo sai che non possiamo lasciarlela vinta così.

    Con sopracciglia aggrottate lo guardava ancora, incredulo e su di giri senza motivo. Prima ancora che Rain potesse rispondergli, rivolse le braccia verso di lui, come per fermarlo.

    Ok. Capito. Hai ragione, la tua donna. Vai a sud. Va da lei. Sistema quel che ti pare. Io torno indietro, cercherò gli altri.

    Fece qualche passo incerto all'indietro, poi all'improvviso cambiò di nuovo espressione, questa volta cupa e seria. Metteva quasi paura. Gli occhi corvini fissi su Rain.

    Ci riprenderemo Ame, Rain. Con o senza il tuo aiuto.

    Quindi si voltò, riprendendo a correre verso la direzione in cui era venuto, ma fermandosi dopo nemmeno dieci passi. Senza voltarsi, avrebbe detto un ultima cosa.

    Aspetteremo te, poi attaccheremo. Non metterci troppo.

    E sparì, nel folto della foresta.



    * * * *




    Quella era stata l'ultima volta che Scaar e Rain si incontrarono. Beh, l'ultima prima di oggi. Scaar si voltò, diversi rivoli d'acqua e rancore a rigargli il volto.

    Ma non sei mai tornato.


    Edited by Ryuk* - 8/3/2015, 13:16
     
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    Rain non disse nulla, facendo calare un immenso ed infinito silenzio rotto, neanche a dirlo, dall'onnipresente pioggia.
    Certo che non era tornato. Tornato dove? Non c'era nessun posto in cui tornare. Ma Scaar non capiva, non capiva mai niente.
    Il tono con cui l'Otoano pronunciò quelle parole infastidì non poco Rain, che sbottò.
    E' bello vivere nel tuo mondo Scaar, in cui si può fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi delle conseguenze e degli altri.
    Disse infastidito.
    Davvero bello...
    Un colpo basso quello di Scaar, proprio se lo poteva risparmiare. Non aveva forse passato tutte le notte della sua vita a rigirarsi nel letto, Rain? A pensare a come sarebbe andata se avesse preso decisioni diverse, a come la sua vita sarebbe potuta essere migliore?
    Ormai non faceva altro, nonostante la sua età, che torturarsi nei ricordi e nei rimorsi, nella tristezza e nella malinconia.
    No, certo che non era tornato.
    Arrivato nel Paese del Thè, la situazione per i profughi di Ame era tremenda. Molti erano dispersi e molti erano rimasti feriti. Non avevano un posto dove andare e non è stato facile elemosinare udienze in ogni paese per poterne sistemare piccoli gruppi per volta.
    Fece una pausa e fissò Scaar intensamente negli occhi.
    Ma immagino che a te di questo non importava, giusto? Era meglio mettere ancora una volta a rischio vite di innocenti per combattere un nemico invincibile, dico bene?
    Nessuno poteva sconfiggere l'impero, figuriamoci Ame. Poi con una popolazione decimata ed una città occupata, come diavolo avrebbero potuto vincere contro un esercito illimitato? Semplicemente non potevano e questo Rain l'aveva capito.
    Era stato meglio salvare chi si era salvato piuttosto di rischiare ancora una volta vittime in missioni folli ed inutili. Perchè Scaar non riusciva a capirlo? Oh, ormai non importava più. Ormai nulla importava più.
    Una volta ci avevano provato a sfidare il Butai, è vero. Ma non era andata molto bene.


    ***




    Le montagne di Iwa erano bellissime e Rain ebbe un tuffo al cuore a poter camminare ancora una volta al loro cospetto. Così maestose ed immortali: certi panorami non te li dimentichi facilmente.
    Così il Kaguya tornava al posto doveva aveva vissuto tanto tempo e di cui conservava bellissimi ricordi. Non ci stava andando lì per farsi una vacanza o per comprare qualcosa, era lì con un esercito dietro di sé, per una campagna militare.
    Dovevano riconquistare Iwa, liberarla, epurarla. Rain aveva diviso le forze di Ame in quattro squadroni che viaggiavano a rombo. Ogni squadrone aveva ovviamente un capo, e lui era a capo dell'ultima delle quattro forze, quella più arretrata.
    Di notte i quattro squadroni rimanevano separati e si accampavano nella stessa formazione in cui marciavano, il tutto per evitare che un'incursione notturna potesse prendere l'intero esercito alla sprovvista.
    A dirla tutta, quello non era neanche un vero e proprio esercito: Ame era piccola e aveva pochi abitanti in confronto alle altre nazioni. Però i suoi shinobi erano forti e provenivano da tutto il mondo, per questo Rain aveva radunato i migliori per poter creare questa spedizione. E, sorprendentemente, stava andando anche bene.
    Non avevano trovato quasi nulla davanti a loro ed i villaggi si arrendevano dopo piccole battaglie. Le forze del Butai sembravano essere "addormentate" da qualche parte, o nascoste.
    E ciò preoccupava non poco Rain.
    La quinta notte dopo che la spedizione era partita da Ame, lo squadrone Sud di cui il Kaguya era capo ricevette una notizia shockante.

    Il messaggero arrivava direttamente da Ame, dove Rain aveva lasciato giusto qualche soldato per mantenere l'ordine.
    Immediatamente il Kaguya mandò a chiamare gli altri suoi comandanti: Datsu, Scaar e Svart.
    Tutti i soldati si fermarono, capendo che era successo qualcosa di grosso, di molto grosso. Il Kaguya guardò tutti negli occhi, senza dire parola, senza capire cosa fare. Erano arrivati fino a lì...ma ora?
    Konoha è caduta.
    Annunciò. Alcuni non batterono ciglio, altri cambiarono totalmente espressione. Datsu, che in realtà era l'unica persona ad avere le capacità di poter guidare una forza armata, prese subito parola.
    Era un bravo ragazzo, uno dei migliori Jonin di Ame, aveva assistito Rain molte volte ed il Kaguya era felicissimo di averlo al suo fianco in questa spedizione.
    Era bravo in ogni gioco, bello e molto bravo con le ragazze, insomma, un tipo fortunato. E sì sa che stare vicino ad un tipo fortunato infonde entusiasmo, no?
    Quando è successo? Ne siamo certi?
    Ieri notte. Ma non è tutto: l'esercito del Butai, rinforzato dalle forze di Oto, sembra essere in marcia verso Ame.
    Ora sì che tutti andarono nel panico. Ad Ame, a casa! E chi c'era a difenderla? Esatto, nessuno. Loro erano ad Iwa a conquistare piccoli villaggi e a far fuggire gli imperiali mentre un esercito enorme stava per piombargli giusto in casa, pronto a sfasciare tutto.
    Dobbiamo tornare indietro ed organizzare le difese.
    Scaar non disse nulla. Svart neanche. Era un ex criminale, non c'era molto da aspettarsi da lui.
    Non possiamo difendere la città: se è caduta Konoha, cosa potremmo fare noi?
    Datsu aveva ragione, come sempre tra l'altro. Cosa diavolo potevano fare loro?
    La città ormai era persa e su questo c'era poco da discutere. Una resistenza armata avrebbe causato più danni che altro, ed il nemico avrebbe semplicemente assediato Ame per poi entrarci dentro e dare fuoco a qualsiasi cosa.
    Il Butai non distrugge a caso città o villaggi: prima chiede la resa. E lo farà anche con Ame.
    Disse, per poi prendere una breve pausa.
    Già sentiva dei mormorii: arrendersi? Senza neanche combattere? Il Kaguya non ne poteva più, qualsiasi decisione non andava bene a qualcuno.
    Cercheremo di prendere tempo con gli ambasciatori del Butai mentre faremo evacuare tutta la popolazione.
    Guardò Scaar e fece un cenno con la testa.
    Tu sarai con me: porteremo pochi soldati per mostrare che siamo ben disposti a non causare ulteriori vittime.
    Poi si avvicinò a Datsu e gli appoggiò una mano sulla spalla.
    Tu farai evacuare tutti. Tutti quanti nessuno escluso. L'intera popolazione di Ame dipende da questo tuo compito: prima fai scappare le donne ed i bambini e falli scortare da quanti più soldati possibile. Poi manda via gli anziani, i commercianti, i borghesi, tutti ed infine vai via anche tu con chi rimane.
    Ogni gruppo deve avere dei soldati a protezione, ma la priorità deve averla il primo gruppo.

    In cui c'era Helen ovviamente.
    E dove diavolo andranno?
    Rain non lo sapeva. L'intero mondo era crollato e non c'era più nulla a cui appoggiarsi. Il Butai veniva da Nord, questa era l'unica cosa che era certa. Andando a Sud le tracce del nemico si dissolvevano e gli abitanti di Ame avrebbero potuto trovare un posto nascosto dove fermarsi per qualche tempo.
    Portali a Sud, verso il Paese del Thé e Suna. Appena trovate un posto nascosto e grande dove non c'è nessuno fermatevi lì ed accampatevi: sarà quello il punto in cui radunarsi per tutti gli sfollati.
    Guardò Svart.
    Affido a te il compito di guidare il primo gruppo di sfollati, trova un posto adatto per loro e sistemali come puoi. Poi aspetta che gli altir gruppi arrivino con calma.
    Sarà fatto.
    Si limitò a dire quello, ed il Kaguya ne fu contento. Avrebbe ubbidito ai suoi ordini. Era un criminale un tempo, ma ad Ame aveva cominciato una nuova vita. Non poteva che affidare a lui questo delicato compito. Delicatissimo, perchè in pratica gli stava affidando la vita di Helen.
    Decisero così e poi si organizzarono. Rain, Scaar ed un piccolo gruppo di soldati tornò ad Ame passando però per il Nord ed arrivando ad Est della città, dove avrebbero aspettato i nemici.
    Datsu, Svart e tutto il resto dell'esercito invece passò da ovest e si fermò a sud della città, da dove avrebbero iniziato ad organizzare l'evacuazione e da dove i gruppi di sfollati sarebbero partiti.
    I quattro comandanti si divisero giusto all'entrata del Paese della Pioggia. Rain diede le ultime istruzioni e salutò con rispetto Svart e Datsu. Ringraziò il biondo Jonin e lo ringraziò per essergli vicino anche in questo momento.
    Era grato di avere un sottoposto come lui.
    Datsu gli sorrise e lo tranquillizzò: gli abitanti di Ame sarebbero scappati incolumi.
    Il Kaguya lo abbracciò e poi andò via insieme a Scaar.
    Quello che il capo di Ame non sapeva era che non avrebbe mai più rivisto Datsu, perchè l'ultimo gruppo non riuscì mai a fuggire dal Paese della Pioggia.

    ***



    Rain e Scaar vennero formalmente invitati nella tenda del comandante delle forze del Butai. Anche se a dire la verità il Kaguya non era certo che fosse il comandante. Forse era UNO dei comandanti. O forse un generale? Boh, non ci capiva davvero niente di gradi militari.
    Comunque era uno che contava molto.
    Mentre venivano scortati tra le forze dell'Impero, Rain si rese conto di quanto sterminato fosse l'esercito nemico. Uomini di ogni nazione, razza, ed etnia erano presenti nell'esercito. Persone dall'aria arcigna, cattiva, cupa, i soldati sembravano aver affrontato decine di battaglie e non vedevano l'ora di continuare a farlo. E di distruggere Ame.
    Ogni tanto si scambiava uno sguardo con Scaar, ma non dicevano una parola.
    Se il nemico avesse scoperto il loro piano, non c'era assolutamente via d'uscita da lì. Erano al centro dell'accampamento nemico, circondati da migliaia di soldati. Stavano giocando con la morte per l'ennesima volta e se ne rendevano conto.
    Entrati nella tenda del comandante, finalmente lo videro. Era un uomo anziano, ma sembrava un guerriero dall'infinita esperienza. Il suo sguardo era di ghiaccio, i suoi occhi vitrei. Aveva dei lunghi capelli ormai bianchi, legati con una coda di cavallo.
    Al suo fianco, una lunghissima spada giaceva nel suo fodero.
    Rain si chiedeva sempre se i comandanti dei grandi eserciti combattessero per davvero. Proprio non riusciva ad immaginarsi quel tizio al centro della mischia sporcarsi le mani e uccidere senza decine e decine di soldati a fargli da scorta.
    Quindi quella lunga spada a che serviva? Quando mai avrebbe dovuto usarla?
    Forse aveva paura di Rain e Scaar?
    Il Kaguya sorrise al solo pensarci.
    Io sono Renha. Tu devi essere Rain Kaguya vero?
    Il ragazzo annuì.
    Sì, sono io.
    Renha si mise seduto ed invitò i due a fare altrettando, indicando due sedie.
    Ne abbiamo di cose su cui discutere, prego.

     
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  14. Scaar
     
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    La campagna organizzata da Rain per conquistare Iwa lo teneva su di giri. Era da quando erano dovuti scappare da Mara dopo che gli shinobi avevano sepolto la città insieme ai suoi invasori che desiderava fargliela pagare a quelli di Butai. Non perché fosse particolarmente legato a quella città o a Iwa in generale. Era semplice libido repressa che non vedeva l'ora di sfogarsi senza vincoli.

    Una volta li aveva affrontati a viso aperto, quelli di Butai, quella volta in cui aveva visto cadere il Raikage sotto i suoi occhi. Quella volta non potè far nulla per arginare la marea nera dal Nord e alla fine fu costretto a ritirarsi insieme all'esercito dell'alleanza ninja. Da quel giorno, l'ultimo scontro che aveva avuto col Butai fu al congresso a Kusa, concluso con il più terribile attentato ad un intera città che il paese avesse mai visto (fino a quel momento). Quella volta aveva avuto più soddisfazioni, riuscendo a tener testa a ben tre dei loro palloni gonfiati. Certo, aveva ricevuto una mano dagli altri, ma questo per lui era un dettaglio insignificante.

    La spedizione stava andando bene, avevano già conquistato diversi villaggi minori e lui cominciava ad innervosirsi. Poche insulse pattuglie erano a difesa di quei luoghi di minore importanza e in genere tutti si arrendevano ancor prima che lui potesse entrare in azione. Stava sul punto di fare le proprie rimostranze a Rain sulla faccenda, quando arrivò l'annuncio.

    Konoha era caduta.

    Non disse nulla dopo che Rain ebbe comunicato la notizia, ma dentro di se stava montando un emozione talmente forte che si poteva avvertire il suo chakra vibrare dalla lunga distanza. Quando poi Rain annunciò che tornavano indietro ad Ame per contrastare il Butai, trattenne a stento un urlo di approvazione dato che vedeva negli altri facce cupe e preoccupate e lui sinceramente non capiva molto il perché. Si stavano dannando da settimane per addentrarsi nel territorio nemico e riconquistare un intera regione, e ora si spaventavano se una fetta più piccola del loro esercito era venuta a far casino sotto casa.


    * * * *


    Come c'era finito lì? Si era appena seduto, gambe e braccia incrociate con un espressione scazzata in volto. Sapeva che doveva far buon viso a cattivo gioco, far sembrare che si trattasse di una negoziazione di resa in piena regola, ma si rompeva troppo i coglioni di star lì a far nulla mentre gli altri tenevano il divertimento per sè. I suoi compagni a quest'ora erano intenti a radunare gente per l'evacuazione della città.

    I messaggeri silenziosi passavano di casa in casa, avvertendo le persone di prendere i propri beni di prima necessità e di uscire senza dare nell'occhio, ritrovandosi tutti alla porta Sud. Non era un piano particolarmente rischioso perché l'esercito del butai arrivato da Nord era tutto accumulato su quel lato della città (avevano controllato) e non aveva ancora fatto la propria mossa perché avvisato precedentemente dell'arrivo di Rain in città e della sua volontà di negoziare per evitare inutili spargimenti di sangue.

    Mentre Rain e Scaar erano seduti al tavolo delle trattative col nemico, l'intera città di Ame si svuotava silenziosamente, sgombrando il campo per la vera battaglia che di lì a poco avrebbe avuto luogo.

    Siete dunque qui per negoziare la resa? In genere, l'invasore è colui che detta le condizioni e queste, generalmente, sono tutt'altro che piacevoli. Ma, per dimostrare la nostra buona volontà e magnanimità, siamo disposti ad ascoltare quel che avete da dire, con la fedele promessa che da parte nostra non ci sarà alcun tipo di ostilità fin quando voi dimostrerete di cooperare per la pace di questa transazione. Quali sono le vostre condizioni? Se ne avete ovviamente.

    Lo stomaco di Scaar fu messo a dura prova. Se c'era una cosa che odiava, era l'ipocrisia. Non poteva credere a una sola delle parole recitate da quel bastardo dopo aver visto il modo in cui avevano gestito le cose a Kusa. Se si stava trattenendo, era solo per Rain. In quel momento si voltò per guardare l'amico. Era indispensabile in questo caso mantenere i nervi saldi ed essere convincenti, cercando di protrarre le trattative il più a lungo possibile per permettere agli altri di terminare il loro lavoro. Non sapeva poi come ne sarebbero usciti, ma per il momento la priorità era liberarsi delle palle al piedi e dei civili per poter scatenare l'inferno su quei figli di puttana.

    Un momento!

    Nella tenda fece il suo ingresso un uomo in armatura, sembrava avere un alto grado, seguito da altri due soldati corazzati, armati di naginata. Il primo sguainò una lunga scimitarra mentre gli altri due si diressero verso Rain e Scaar, afferrandoli in malo modo per i capelli e spingendoli a terra, puntando la lama della naginata ai loro colli.

    Questi cani randagi hanno fatto il doppio gioco! I loro uomini stanno evacuando la città, la trattazione era solo un modo di prender tempo.

    Rivolse al generale più anziano mentre mollava un bel calcione alle costole di Scaar che lo stava guardando molto male. Il mukenin rantolò mentre si accasciava al suolo tossendo. Oh, se l'avrebbe pagata.

    Il generale però non sembrò nè sorpreso, nè contrariato, si limitò a nascondere male un sorrisetto saccente mentre riprendeva in mano la propria katana riposta in un fodero in madreperla e si metteva in piedi.

    La disperazione può giocare brutti scherzi, specie in coloro che mancano evidentemente di genio tattico. Come avete potuto escludere la presenza di sentinelle lungo tutto il perimetro della città? Qual'era lo scopo di questo piano insulso? Anche se foste riusciti ad evacuare la città, i pochi uomini a vostra disposizione non potevano nulla contro la guarnigione di soldati accampati qui fuori.

    Li guardò come commiserandoli e fortuna volle che Scaar non vide quegli occhi colmi di superbo compiacimento altrimenti avrebbe decretato la propria fine con un gesto rabbioso e stupido.

    Portateli via.

    Le due guardie in armatura afferrarono i due per le braccia e li trascinarono via, mentre l'altro soldato faceva un inchino al proprio superiore per congedarsi.

    Ah, Dalshin. Un minuto solo.

    Il generale mosse qualche passo verso di lui al che le due guardie corazzate che tenevano i prigionieri indugiarono.

    Soldati, potete andare voi.

    I due si guardarono disorientati, ma Dalshin gli fece cenno positivo con la testa.

    Andate. Assicuratevi che i prigionieri siano ben custoditi e che nessuno dei loro provi a liberarli.

    E quindi Scaar e Rain furono portati via fuori dalla tenda dai due corazzati, un istante prima che la katana del generale dai capelli bianchi affondasse la propria lama nel torace di Dalshin.

    * * * *

    Rain e Scaar erano ormai di nuovo ad Ame, i due corrazzati tolsero l'elmo, rivelandosi uomini di Rain. Scaar continuava a guardare male quello che gli aveva mollato il calcio, meditando vendetta. I due erano visibilmente preoccupati per le sorti del terzo.

    Non è ancora tornato.

    Chi era? Scommetto che era Svart.

    Uno di loro scosse la testa. Datsu.

    Scaar si voltò verso Rain, sapeva che lui e Datsu erano molto amici.

    Avranno scoperto tutto a quest'ora. Rivolse all'amico, preoccupato per come l'avrebbe presa. Sapevano tutti che Datsu era spacciato, il problema ora era capire come giocarsi bene le ultime carte a disposizione. Rivelare appositamente il proprio piano in quel modo era il modo migliore per far credere al generale che la situazione fosse già sotto controllo. Sapevano che il butai si sarebbe aspettato qualcosa del genere e delle sentinelle appostate. Avevano fatto fuori le sentille fuori Ame e con l'intervento del finto Dalshin potevano star sicuri di tirare fuori rain e Scaar dalla tenda e concedere il tempo extra agli altri per evacuare. Anche se una cosa non gli tornava: se il generale aveva capito tutto fin dall'inizio, perché lasciar andare via lui, Rain e gli altri due?

    Una cosa era certa, la situazione puzzava troppo. Forse era il caso di andare a Sud e controllare come stava andando l'evacuazione.


     
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    Ame era deserta. Non era rimasto più nessuno in quella che ormai era diventata a tutti gli effetti una città fantasma.
    Datsu era riuscito a far evacuare tutti i gruppi, donne e bambini compresi, ed ora Ame era quasi deserta. Quasi, perchè alcuni avevano deciso di non voler fuggire ma di rimanere lì.
    Scelta loro, comunque: Rain cosa poteva farci? Ammirava la loro determinazione e l'attaccamento a quella strana terra. Ma il Butai aveva scoperto il loro piano proprio quando sembravano avercela fatta.
    Il nemico aveva dato al Kaguya la possibilità di parlare, di contrattare. La possibilità di chiarire, di pianificare, di evitare i danni, di salvare il salvabile. Era un dono immenso che lui aveva deciso di far fruttare in ogni modo possibile.
    Tutto ciò era una rappresentazione davvero emblematica della vita umana. Sfruttare la più piccola concessione per poter salvare tutto il possibile, per limitare i danni. Il Kaguya avrebbe ringraziato ogni notte il destino per avergli dato quella possibilità, quella preziosa occasione.
    E se il Butai non gli avesse concesso quella chance? Avrebbe dovuto accettare impotente il suo destino, aprendo le braccia ed aspettando la più dolorosa delle pugnalate. E invece no. Persino un nemico spietato e invincibile come il Butai concedeva al nemico la possibilità di parlare.
    Veramente un gesto onorevole che Rain non avrebbe mai dimenticato.
    Andrò io a controllare. Scaar, tu rimani qui.
    Era meglio che qualcuno di fidato rimanesse a controllare la città. Anche se ormai non c'era quasi più nulla da controllare.


    ***




    A meno di una decina di kilometri a sud di Ame, Rain trovò ciò che stava cercando. Era in quel punto che l'ultima carovana era stata sorpresa dal Butai ed attaccata. Tre carrozze cariche di oggetti e rifornimenti erano ribaltate ed i cavalli erano rimasti schiacciati sotto il peso. Erano tutti morti, tranne uno che ancora cercava di divincolarsi sotto il peso della carrozza, nitrendo e scalciando. C'erano una decina di cadaveri di soldati di Ame. Cinque o sei erano intorno alle carrozze a faccia un giù: chi immerso in una pozza di sangue, chi con ossa fratturate.
    Il silenzio era spettrale, la pioggia cadeva debolmente, accompagnata solo dal rumore del cavallo che ancora cercava disperatamente di divincolarsi.
    Rain si avvicinò all'animale e lo guardò. Si dimenava come se fosse posseduto; i suoi occhi erano vitrei, la sua mascella costantemente aperta che annaspava. Dal palmo del Kaguya uscì fuori un osso di una decina di centimetri che il ragazzo affondò tra gli occhi del cavallo immediatamente. In un istante tutta quella foga disperata venne placata, la lotta per la vita venne persa e l'animale finalmente poté ricadere e riposare in pace per sempre.
    A testa china il Kaguya continuò a passeggiare intorno ai cadaveri, cercandone uno in particolare. Ma non lo trovò.
    Proseguì dritto e vide che tra gli alberi c'era un passaggio in cui la terra sembrava essere stata letteralmente bruciata. Dei rami erano carbonizzati e l'erbetta era nera, tanto che sembrava di pestare foglie secche se ci si camminava sopra. Rain fece una smorfia.
    Datsu usava solo tecniche di fuoco. Andando avanti gli alberi bruciati erano sempre di più, finché il ragazzo si ritrovò in una piccola radura.
    Lì di erba non c'era proprio traccia e gli alberi erano stati tagliati direttamente a metà. Tre corpi giacevano lì: un tizio con un elmo ed una lunga katana era appoggiato con la schiena ad un tronco d'albero e si reggeva con la mano libera il busto colante sangue. L'elmo era di cuoio rigido e copriva buona parte della faccia, mentre la spada era così lunga e ben fatta che a Rain quasi venne la voglia di prendersela. L'altra persona era un omone tutto muscoli e niente armi. Giaceva a tre metri di distanza dall'altro ed era riverso a terra prono. Indossava solo un paio di pantaloni, mentre il resto del suo corpo un tempo vigoroso era ormai rosso e viola in alcune parti, mentre la sua testa era completamente piena di croste nere tanto da rendergli il volto irriconoscibile.
    Era stato bruciato vivo.
    Datsu..
    Rain bisbigliò, affrettandosi nell'avvicinarsi al terzo corpo. Datsu era steso di lato, così il Kaguya lo girò per vedere in che condizioni fosse. Appena mosse il suo corpo notò che aveva un profondissimo taglio orizzontale sull'addome, talmente profondo che quasi aveva toccato la colonna vertebrale.
    Lo vide, con i suoi capelli biondi lunghi e i suoi occhi azzurri ormai chiusi per sempre. Si era affidato a lui, Datsu, come tutte le altre persone avevano fatto. Avevano posto la loro fiducia in un ragazzo qualsiasi, sfortunato ma determinato, pensieroso ma deciso. Ed ecco qual'era il compenso.
    Datsu era morto seguendo le istruzioni di Rain, mettendo in salvo delle persone e salvando migliaia di vite, ma non era riuscito a salvarsi comunque.
    Mi dispiace..
    Mille emozioni si agitavano dentro il Kaguya. Per un attimo aveva sperato che tutto sarebbe andato nel verso giusto, che tutti si sarebbero salvati e che il Butai sarebbe rimasto con niente in mano. Aveva sperato di poter ricominciare nuovamente da qualche parte, con gli stessi amici, con gli stessi affetti.
    Ma non sarebbe andata così. La vita aveva bussato alla sua porta ed aveva richiesto un pagamento troppo, troppo salato. Ancora una volta il Butai aveva preso tutto, aveva rubato case e persone, aveva distrutto sogni. Perchè doveva sempre finire così, perchè?
    Il Kaguya non ragionava più ed era ormai completamente accecato dall'ira. Aveva capito che era caduto in una trappola, ma ormai non gli importava più.
    Con la mascella serrata ed i pugni chiusi tornò dove la carovana era stata sorpresa appena in tempo per vedere un contingente del Butai aspettarlo ad armi spianate.
    Arrenditi! Ormai sei circondato.
    Rain non rispose, non mosse un muscolo. Dentro di lui stava crescendo una rabbia che nessuno era riuscito a scatenargli da ormai tantissimo tempo. Una furia accecante, che non ragiona, che ha come solo obbiettivo lo sfogo e la violenza. Ogni respiro era più profondo, ogni secondo i muscoli sempre più contratti. Il soldato che aveva parlato si avvicinò a lui e sfoderò la sua wakizashi.
    Allora?
    Il cuore batteva fortissimo nonostante Rain fosse rimasto immobile per tutto questo tempo. Sentiva qualcosa scorrere dentro di lui: se la rabbia fosse stata una sostanza, le sue vene in quel momento ne sarebbero state pienissime.
    Poi esplose.
    Fece un salto in avanti e diede una spallata al soldato, che venne sbilanciato all'indietro e cadde a terra. Nello stesso istante delle ossa uscirono violentemente dal suo corpo, provocandogli un dolore piacevolissimo. Dai palmi, dai gomiti, dalle ginocchia e dalla schiena: lunghissime e appuntite ossa uscite con il solo scopo di prendere vite. Rain si ritrovò in monta sopra al nemico steso sotto di lui. Il Kaguya era seduto sul suo petto ed era ormai questione di attimi prima che quello sfortunato soldato del Butai morisse. Affondo le ossa dei palmi nei due occhi del soldato che vennero bucati come se fossero fatti di burro. Rain penetrò così in profondità che le sue braccia dovettero fermarsi perchè era arrivato a toccare il terreno dietro la testa.
    Tirò indietro le braccia e schizzi di sangue e cervella sporcarono il vestito del ragazzo ed il terreno circostante. Un altro attacco, gratuito, nuovamente nelle ormai vuote orbite, giusto per sentire com'era la sensazione al tatto. Quella volta fu come affondare le ossa in una poltiglia, in un sugo viscido ed oleoso. Il cervello del nemico era ormai spappolato e ne era rimasta soltanto una densa sostanza biancastra mista a sangue.
    Tirò nuovamente indietro le braccia e due frecce lo colpirono: una all'addome ed una al petto. Penetrarono solo di alcuni centimetri, poichè un robusto strato sottocutaneo di ossa proteggeva Rain da qualsiasi ferita profonda.
    Furibondo si alzò e vite tutti quei soldati, tutte quei fantocci pronti a morire per mano sua. La rabbia gli donava un'energia smisurata e la sua mente era ormai completamente offuscata. Non c'era nessun razionale dentro al suo cervello, solo voglia di uccidere. Roteò su sé stesso appena in tempo per parare con la schiena un fendente di spada, seguito da un affondo con l'osso del palmo destro. Sentì prima i rigidi e duri muscoli bucarsi, poi sentì l'intestino, più morbido, poi fu come affondare la lama nel vuoto. La punta dell'osso fuoriuscì dalla schiena del nemico, giusto tra due vertebre.
    Il soldato stramazzò a terra morto e Rain si sentì pervaso da una sensazione meravigliosa. Aveva appena bevuto un sorso d'acqua purissima, ma la sua sete ancora doveva essere placata.
    Uccise un nemico, un altro, poi un altro ancora. Gli arrivarono addosso altre frecce, venne ferito più volte dalle lame dei nemici, ma la verità è che non gli importava. Era un dolore insignificante, quasi piacevole. Nessun essere vivente, in quel momento, sarebbe stato in grado di fargli provare qualcosa.
    Anzi, qualcuno c'era, ma era decisamente troppo distante in quel momento.
    I nemici piano piano arretravano, terrorizzati.
    Andate a chiamare rinforzi, presto!
    Urlò un tizio ad un soldato che subito si mise a correre verso Est. Ah, era fortunato lui a potergli sfuggire! Non gli andava di inseguirlo ed ucciderlo, né di fare un attacco dalla lunga distanza per fermarlo. Non ne era più in grado ormai, Rain.
    Per tutta risposta corse verso il soldato che aveva dato l'ordine. Correva a testa bassa, deviando e parando colpi come se fossero stati portati da dei bambini. Poi gli arrivò davanti: lui guardò Rain e capì.
    Capì che era la fine della sua vita, dei suoi progetti, dei suoi sogni. Non avrebbe mai comprato una casa più grande, non sarebbe mai tornato a casa per vedere il settimo compleanno di sua figlia. Il Kaguya gli affondò un osso in gola a pochi centimetri di distanza dal pomo d'adamo. Il soldato emise un rantolo disgustoso e con le mani cercò di toccarsi il collo.
    Rain alzò il braccio e sollevò il nemico di una decina di centimetri dal suolo. I suoi occhi si spalancarono e la sua bocca si aprì emettendo dei versi patetici e schifosi. Quale sarebbe stata l'ultima immagine che avrebbe visto in vita sua? Rain era il volto della morte, arrivata in gran fretta a reclamare la sua parte. Scagliò via il soldato, tirandolo contro un paio di altri suoi commilitoni che caddero goffamente a terra.
    Poi il Kaguya si fermò ed a mani nude estrasse le frecce che gli si erano conficcate in corpo.
    Che schifo.
    I nemici lo circondarono approfittando di quella pausa. Puntarono lance e spade contro di lui mentre l'unico arciere rimasto incoccava una freccia che comunque sia avrebbe avuto lo stesso effetto delle altre.
    Rain attese un secondo, due, aspettò che tutti fossero ben raggruppati intorno a lui.
    Poi spalancò le braccia e guardò il cielo.
    La terra iniziò a tremare, come scossa dalle fondamenta. Un soldato scattò in avanti e cercò di colpire Rain, ma qualcosa lo fermò. Dal terreno emerse un gigantesco aculeo d'ossa che gli divise a metà una gamba per poi staccargli un braccio. Poi un osso uscì obliquamente bucandogli il petto ed innalzando in aria il corpo ormai martoriato del nemico.
    Rain chiuse gli occhi.
    Poi fu l'inferno.
    I soldati si scomposero e scapparono in tutte le direzioni, non capendo dove potessero trovare riparo. Chi si vide il proprio corpo venire tranciato a metà, chi venne direttamente decapitato dagli enormi aculei, chi sentì la punta aguzza degli aculei entrare nel proprio ano, dividere a metà il corpo e fuoriuscire dalla bocca. Impalati come animali, come bestie da macello. Le urla erano agghiaccianti, i rumori spettrali.
    Una foresta altissima di ossa si innalzava con una ferocia ed una velocità impossibile, uccidendo tutti e non risparmiando nessuno. Non si riusciva più a vedere nulla, perchè gli aculei d'osso erano talmente alti da oscurare completamente la visione dell'ambiente circostante.
    Quando Rain aprì gli occhi, in quella zona era ormai calato nuovamente il silenzio.
    Il Kaguya entrò in uno degli aculei d'osso e si rannicchiò come un bambino.
    Non c'era più rabbia, non c'era più voglia di vendetta, c'era solo un'immensa ed infinita tristezza.
    E la consapevolezza, ancora una volta, di aver fallito.
    In quel posto così impensabile, chiuso come in una tomba con le ginocchia strette al petto Rain, dopo un tempo infinito, pianse.


    ***



    Poi arrivarono i rinforzi e mi feci catturare.
    Tagliò corto rivolgendosi a Scaar. Il resto della storia si sapeva
     
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