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Edited by doropuffo - 14/1/2017, 16:06. -
BretonSaga.
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La città di Koinchi era una gemma alla vista, con un misto delizioso di stili architettonici diversi e una folla di tutte le etnie conosciute che ne affolavano la largeh vie. L'ampio porto ospitava diverse navi, tutte con forme e dimensioni differenti. Uno vero spettacolo. Che Vanberk non dovesse essere lì però era tutto un altro discorso. In quel momento infatti stava minacciosamente rimproverando il comandante della nave che avrebbe dovuto portarlo a Benthus e che invece stava lentamente affondando all'ingresso della baia, sotto gli occhi di decine di passanti divertiti.
- Sono davvero dispiaciuto Thegn, ma non mi aspettavo di... - balbettava spaventato l'uomo, un arcadiano di mezz'età con la pancia gonfia per la birra. Si stava stroppicciando nervosamente le mani mentre cercava lo sguardo del fabbro, cercando di scorgere un qualche segno di perdono nel volto del colossale nordico. Il quale stava fissando la prua della nave calare lentamente nel mare, assieme al carico di armi che aveva recuperato per ordine della Ribellione. In quel momento infatti non era Vanberk Thyggorson, valente fabbro ed avventuriero della fortezza Vaygrjord, ma il Thegn Wolfund, ricco primogenito di una delle famiglie Nord alleate all'Impero. Grazie a quell'identità e alla carte sapientemente contraffatte dagli scrivani della Ribellione era riuscito a rubare armi destinate alle milizie Nord filoimperiali che controllavano Benthus ma ora...
- Le sue scuse sono inutili, capitano. Non credo che i pesci abbiano le capacità per usare al meglio una lancia nè siano interessati a combattere sulla terraferma quindi mi chiedo - e abbassò lo sguardo verso il terrorizzato capitano - che armi consegnerò ai soldati? Sgombro essicato al posto di spade e sardine salate come frecce? Sono addolorato per la perdita della sua nave ma quelle armi avevano un importanza vitale per la mia famiglia e le nostre truppe quindi si aspetti di ricevere una richiesta di compenso piuttosto... salata. Arrivederci. -
Si allontanò, seguito dalla sua guardia del corpo, un altro soldato al servizio della Ribellione, un uomo ancora più imponente di lui, armato con uno scudo di legno largo abbastanza per essere la ruota di un carro e una lunga spada, ben in vista sul fianco sinistro. Mentre passavano nel mezzo della folla lo sguardo del fabbro era serio e rabbioso ma, svoltato in un vicolo secondario privo di persone, l'espressione si rilassò e uno sguardo gentile e preoccupato affiorò tra le vistose cicatrici. - Povero uomo, mi sento davvero male per la sua sciagura. Impattare con una balena morta è davvero una sfortuna colossale ma che comunque ha giocato a nostro favore. Se non possiamo averle noi le armi, che arrugginiscano in fondo al mare! Dico bene, Gamr?. Il gigantesco guerriero sorrise e con una voce gracchiante aggiunse - Alle famiglie dei Traditori verrà un colpo! Ma ora che facciamo, Vanberk? - il suono, così sgraziato e innaturale, era stato causato da una lama imperiale diversi anni prima. Durante un assalto ad un accampamento imperiale di Ephiora un soldato aveva sorpreso alle spalle Gamr, ferendolo quasi a morte. Fortunatamente tra i prigionieri liberati vi era una guaritrice ephiorese che lo salvò in extremis, lasciandolo però con la voce uguale a quella di una cornacchia. Ciò non gli aveva impedito di riprendere le armi dopo neanche una settimana, con lo stupore di tutta l'armata.
- Mmm... Gamr ho bisogno che tu trovi una nave per Benthus e parta. Io resterò qui, alloggiato in qualche locanda da gran signori. In questo modo la gente crederà che tu sia andato ad avvisare la mia famiglia mentre io resterò in zona per pressare il capitano, ricordandogli giornalmente quanto sarà dura la sua punizione. Quello che farebbe un viziato bastardo, insomma! -. Il guerriero annuì e uscì dal vicolo, obbedendo immediatamente all'ordine. Assicuratosi che nessuno lo seguiva Vanberk decise di vagare per la città per un paio d'ore: potersi rilassare e prendere una pausa dall'odioso ruolo di Wolfund era davvero il massimo che poteva desiderare al momento. Vagò a caso per le vie di Koinchi quando, passando accanto ad una vecchia taverna, una possente voce maschile attirò la sua attenzione.
- Vada per il pesce e mi porti anche un boccale di birra. -. Il forte accento era tipicamente Nordico, riconobbe Vanberk, e sembrava quasi... entrò nel locale di scattò e al centro della stanza vide un uomo con il paio di baffi più vistoso che poteva esisere: Giancarlo! Sulla spalla del gigante riposava una strana massa di pelo bianco che per prima notò l'ingresso del fabbro. Nel mezzò di quell'abbondante pelo spuntarono due occhi neri e curiosi, che lo fissavano con attenzione. - Fanne pure due, oste. E non permettere a quest'uomo di pagare un centesimo. Sarò io, Wolfund, a coprire ogni spesa. Saluti, Giancarlo, sono felice di trovarti qui - e rivolto al creaturino - e questo chi sarebbe? Il tuo feroce guardiano? - chiese sorridendo.. -
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Due.
Uno e tre quarti.
Due, o puoi tenerli finché muffiscono.
Disse Darina in tono definitivo.
Sei proprio figlia di tuo padre!
La ragazza sorrise mentre l'uomo misurava i grammi con una bilancina piccolissima. Lei gli tese il denaro e lui le diede la bustina di carta che richiudeva la preziosa polverina gialla.
Se tutti i clienti fossero come te avrei già chiuso baracca. Si lamentò agitando le mani in aria.
Andiamo, ti ho anche portato delle stupende foglie di menta, così belle a Nasradeva ve le sognate. Sei tu quello che ha fatto l'affare qui.
E' incredibile come sei cresciuta. Cambiò argomento il giovane. Sembra ieri che tuo fratello ti ha costretta a dire quella parolaccia e le ha prese da tuo padre. Quanto abbiamo riso!
Darina non riuscì a trattenere un sorriso.
A proposito, il tuo come sta? chiese osservando il resto della merce.
Acciaccato. L'età è quella che è e portare pesi tutta la vita non aiuta la salute.
Chiacchierarono per un po', poi Darina perse il filo del discorso non appena vide una figura familiare camminare fra la folla.
Ehm...scusa, Tomek, devo andare. disse seguendola con lo sguardo, ancora incerta. Ciao! Salutami i tuoi se non ti rivedo! Salutò allontanandosi all'improvviso, quasi sicura di aver riconosciuto di chi si trattasse.
Ehi! Torna e salutali tu!
Darina cercò di non perdere di vista l'uomo, affiancato da un altro ancora più grosso, ma per evitare di inciampare di investire un bambino dovette fermarsi e controllare di non passare sopra la prole di qualcuno. Fu sufficiente per perdere la traccia. Si guardò intorno, perplessa. Eppure non era facile nascondere stazze così importanti. Il suo sguardo si soffermò sulle svariate case e casupole che non ce n'era una uguale all'altra. Di Koinchi era impossibile annoiarsi, vivace e varia com'era. Aveva dei bei ricordi di quel posto di quando viaggiava con suo padre e i suoi fratelli. Ma rimaneva quel dubbio: che quell'uomo fosse davvero...?
Rimase imbambolata in mezzo alla stradina senza decidersi su cosa fare. Stava per tornare verso il suo alloggio, quando da dietro un vicolo ricomparve la testa che ormai conosceva. Quello non poteva che essere lui. Visto lo strano, ricco abbigliamento e l'espressione...diversa, Darina per un attimo pensò si trattasse di un sosia, ma sembrava troppo assurdo. Con discrezione e ad una certa distanza seguì l'uomo, finché non lo vide entrare al "Pesce infangato". Aspettò che l'uomo entrasse e si fermò sotto il grande albero che ombreggiava la piazzetta. Che fosse lì per incontrare qualcuno? Non sapeva cosa fare. Da una parte avrebbe voluto salutare il suo compagno di avventure, ma dall'altra aveva paura di metterglisi fra i piedi.
Decise di aspettare un altro po' e poi entrare e valutare sul momento. Anche perché era davvero qualcosa di diverso da come se lo ricordava.. -
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Giancarlo lo riconobbe subito ma non colse il suggerimento del fabbro, chiamandolo col suo vero nome. Vanberk gettò un rapido sguardo nella stanza, per capire se qualche avventore avesse colto la discrepanza tra i due nomi: i pochi clienti presenti parevano troppo impegnati a fissare il fondo del boccale o a svuotare il proprio pasto il più velocemente possibile. Solo l'oste, con un espressione confusa, lo fissava: mentre Giancarlo si alzava dal banco verso un tavolo dove sedersi più comodo, Vanberk frugò nella borsa di cuoio che pendeva al suo fianco e depose una grossa moneta d'oro imperiale sulla trave di legno, mentre con l'altra mano si coprì la bocca. "Taci e sarai ben ricompensato."
L'oste si intascò la moneta più velocemente di una faina, sorridendogli sornione: avrebbe tenuto la bocca chiusa, per ora. il fabbro si domandò se era il caso di mandare Garm a parlare con l'oste, prima di ricordarsi che il guerriero, molto probabilmente, si era già imbarcato verso l'isola. Mentre all'esterno manteneva un espressione serena e cordiale, dentro di sè le imprecazioni fiorivano a sorgente a causa della situazione creatasi. Poteva solo sperare che niente e nessuno sottolineasse il problema...
"Darina? Sei tu?” esclamò improvvisamente Giancarlo, con voce stupita. Sulla porta della taverna stava la ragazza Temeriana con la quale Vanberk aveva vissuto già numerose avventure, e che poteva con sincerità chiamare "amica". "Vieni a sederti con me e V..." -MIA CARA DARINA! Che piacere rivederti in questa città! Unisciti a me e Giancarlo per celebrare questo incontro fortunato!- Il tono del fabbro coprì con forza le parole di Giancarlo, temendo per l'integrità della sua missione. Una volta seduti doveva per forza spiegar loro, con una scusa ragionevole, il perchè non poteva usare il suo vero nome: non poteva coinvolgere Darina in questioni private della Resistenza!
Sussurò a Giancarlo "Finchè non usciremo dalla città rivolgiti a me col nome Wolfund: gli osservatori imperiali mi conoscono con questo nome. Se iniziaste a chiamarmi in altro modo rischieremmo di attirare l'attenzione, capisci? Lo spiegherò anche a Darina, ma le dirò una bugia: si tratta del modo più sicuro per tenerci alla alrga dai guai".
Si sedettero al tavolo scelto da Giancarlo e Vanberk fece cenno a Darina di sedersi accanto a lui, mentre l'oste iniziava a portare quanto ordinato. Propose un brindisi "All'avventura!" e mentre cozzavano i boccali tra loro disse, a bassa voce, "Qui sono Wolfund. Non Vanberk. TI spiegherò più tardi. Reggimi il gioco.". Dopo aver bevuto metà in un unico sorso, si rivolse a Giancarlo - Quali affari ti hanno portato così lontano da casa, amico mio?-. -
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Darina? Sei tu?
La temoriana non aveva fatto in tempo ad addentrarsi nel locale che una voce tonante la chiamò dal bancone. Cercò con gli occhi l'origine della voce e vide i due Vaygr di sua conoscenza seduti fianco a fianco. Ebbene sì, a quanto pareva quello che aveva intravisto prima era proprio Vanberk.
Vieni a sederti con me e Van-berk. Stavamo giusto per incominciare a bere.
MIA CARA DARINA! Tuonò ancora più forte il fabbro. Che piacere rivederti in questa città! Unisciti a me e Giancarlo per celebrare questo incontro fortunato!
La ragazza non poté trattenersi dal sorridere visto quel calorosissimo benvenuto. Mentre si avvicinava cercò di dissipare un dubbio: dove aveva incontrato l'altro uomo di preciso? Non a Sumadea di sicuro, e nemmeno ad Arcardia...
Si avvicinò a loro e finalmente, mettendo bene a fuoco il volto dell'uomo, si ricordò della missione a Shal'aira, al tempio di Tayksa.
Giancarlo! Quanto tempo! Sei ancora tutto intero! Sorrise facendo cenno all'oste di portarle da bere. Quanto a te, si rivolse al fabbro, sembra che le stelle ci facciano inciampare continuamente l'uno sull'altra!
Scelsero un tavolo e Darina si sedette accanto a Vanberk, seguendo il suo gesto d'invito. Subito l'oste portò loro le ordinazioni e il fabbro alzò il suo boccale. All'avventura! brindò, e subito le sussurrò: Qui sono Wolfund. Non Vanberk. TI spiegherò più tardi. Reggimi il gioco.
Darina rimase per un attimo immobile e aggrottò appena le sopracciglia, incerta. Non sapeva in cosa Vanberk fosse invischiato, e non era certa di volerlo sapere. Scrollò le spalle e cercò di riappropriarsi del suo naturale senso pratico: non erano affari suoi. Per di più, di certe cose meno ne sai più è sicuro. Per il momento le bastava essere a bere con dei compagni di viaggio.
Quali affari ti hanno portato così lontano da casa, amico mio? proseguì il fabbro sotto mentite spoglie mentre Darina si dava un'occhiata intorno per decidere cosa ordinare da mangiare.. -
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L'accenno ad una caccia pericolosa attirò immediatamente l'attenzione del fabbro. Dopo giorni passati a fingere di essere qualcuno completamente opposto al suo vero io, potersi sfogare lontano da sguardi indagatori e gli ordini della Resistenza era davvero allettante. Mentre pensava trasognato al probabile scontro futuro, si accorse che l'ordinazione era finalmente giunta al tavolo: raccolse al volo il boccale in legno, facendolo cozzare, come gesto beneaugurante, con quello dei compagni e col tavolo, in memoria dei morti. Era un piccolo gesto tradizionale ma Vanberk ci teneva e compiere un azione così abitudinaria con quelle persone, di cui poteva sinceramente fidarsi, lo aiutò a togliersi dalle spalle lo stress accumulato nell'ultimo periodo.
- Intanto che ci pensate, ditemi cosa ci fate qua e cosa avete combinato dall’ultima vota che ci siamo visti. - Te pareva! La domanda di Giabcarlo lo riportò ferocemente alla realtà: anche se sedeva in compagnia del baffuto guerriero e della fida Darina, la sua copertura in pubblico doveva restare integra. Striracchiando le spalle ed il collo gettò un veloce sguardo attraverso al stanza: a parte loro tre, le uniche persone erano il proprietario, impegnato in un accesa discussione con l'unico avventore seduto (o per essere precisi - collassato) al bancone, che sciorinava le classiche lamentele da ubriaco e una giovane ragazza, forse coetanea di Darina, a qualche tavolo di distanza. Vanberk la guardò una seconda volta, velocemente: non sembrava una guardia imperiale, almeno dai vestiti che indossava, ma non si poteva mai essere certi. Comunque il suo tavolo era in fondo alla stanza, abbastanza lontano da impedirle di ascoltare i loro discorsi, se fatti con un tono normale e civile: - Ho passato l'ultimo periodo a mercanteggiare e litigare con gli abitanti di questa ridente cittadina. Sarà strano ma ho notato che più fa caldo, più le persone cercano di ingannarti, come se la cattiveria avvizzisse al freddo.- Sogghignò divertito, strizzando l'occhio al suo connazionale. - Ma la tua proposta mi interessa! Se devo scegliere tra un combattimento contro una belva selvatica e scucire uno sconto ad un Arcadiano, dimmi subito da che parte puntare la mia arma, amico! -. -
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Darina ascoltò gli uomini parlare e si gustò la sua birra, finché anche Giancarlo spiegò della bestia che doveva abbattere e chiese loro cosa avessero fatto dal loro ultimo incontro.
Vanberk, aka Wolfund, rispose con sicurezza: Ho passato l'ultimo periodo a mercanteggiare e litigare con gli abitanti di questa ridente cittadina. Sarà strano ma ho notato che più fa caldo, più le persone cercano di ingannarti, come se la cattiveria avvizzisse al freddo. Ma la tua proposta mi interessa! Se devo scegliere tra un combattimento contro una belva selvatica e scucire uno sconto ad un Arcadiano, dimmi subito da che parte puntare la mia arma, amico!
Darina si asciugò con la mano la schiuma rimastale sul labbro e sorrise a Giancarlo. Io vago qui e là, cerco di farmi le ossa, diciamo così. A proposito, mi unisco volentieri per quel gambero. Ci facciamo solo una zuppa o ci pagano anche qualcosa? E, per essere chiari, io non ho niente contro la zuppa.
La ragazza ripensò alle parole di Vanberk aspettando una risposta dell'altro uomo. Si fingeva un commerciante, dunque. Chissà di cosa.. -
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Giancarlo era felice che dei guerrieri affidabili avessero deciso di aiutarlo in questa caccia al mostro e Vanberk era felice di allontanarsi dalla città per un pò di tempo, almeno finchè Gamr non sarebbe tornato con i nuovi ordini dalla Resistenza, e ci sarebbero voluti almeno 6 giorni. Mentre il suo compatriota si allontava per chiedere informazioni all'oste sul pernottamento, si avvicinò a Darina, sussurandole "Sono Wolfund in questa città perchè qualche anno fa ha litigato con alcuni mercanti disonesti che cercavano di vendermi una lega scadente di metallo come acciaio marino e... beh li ho spediti per un mese nei letti della Casa di Cura. Da quello che ho capito c'è ancora una taglia di 150 gold sulla mia testaccia quindi meglio fingere di essere qualcun'altro, invece di spiegare alla guardia imperiale chi aveva ragione o torto in quel frangente." Strizzò l'occhio alla ragazza prima di finire la birra nel boccale.
Gli spiaceva mentire a Darina ma spiegarle che era un membro della Resistenza era un rischio che non poteva ancora permettersi: la ragazza gli era cara, come una sorella minore, e renderla partecipe del segreto poteva metterla in grave pericolo, se gli imperiali avessero scoperto la sua identità. Ma al momento, nella tranquilla clma dell'osteria, si sentiva ragionevolemente al sicuro tanto da dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia...
"Ciao, visto che saremo compagni di stanza pensavo fosse giusto presentarsi. Se vuoi puoi fermarti a bere qualcosa con noi." Vanberk rischiò di ribaltarsi per la sorpresa e riusci ad evitare la caduta sbaracciandosi vigorosamente in avanti. Rosso in volto per l'imbarazzo, ruotò il busto verso la voce di Giancarlo, impegnato a conversare con una ragazza dai corti capelli scuri e con un espressione tormentata. Qualcosa del suo volto fece risuonare un campanello nella testa del rosso Nord ma al momento era più interessato a capire cosa succedeva. Si alzò e raggiunse i due - Giancarlo, avevi detto che cercavi alloggio ma questa signorina non è l'oste, evidentemente! - sorrise, cercando di non mettere a disagio la ragazza. Anche Yogurt, l'animale da compagnia del suo amico, raggiunse il trio "Ecco una scena bizzara: tre creature del Nord che attanagliano una giovane ragazza del continente, come se non avessero mai visto nulla di più strano". Tuttavia, capire chi fosse quella ragazza era importante: non poteva certo abbassare la guardia e rischiare che la giovane di fronte a lui costituisse una minaccia alla sua missione segreta.. -
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Vanberk finalmente spiegò il perché della falsa identità:
Sono Wolfund in questa città perchè qualche anno fa ha litigato con alcuni mercanti disonesti che cercavano di vendermi una lega scadente di metallo come acciaio marino e... beh li ho spediti per un mese nei letti della Casa di Cura. Da quello che ho capito c'è ancora una taglia di 150 gold sulla mia testaccia quindi meglio fingere di essere qualcun'altro, invece di spiegare alla guardia imperiale chi aveva ragione o torto in quel frangente.
La temoriana si limitò a sorridere e annuire. Non dubitò neanche per un istante delle sue parole e riprese a bere. Subito dopo Giancarlo propose di cercare qualcun altro per la missione e infine chiese all'oste se ci fossero stanze per la notte, ma a quanto pareva non c'erano singole. Giancarlo allora si guardò intorno e poi si diresse verso la ragazza seduta lì vicino.
Ciao, visto che saremo compagni di stanza pensavo fosse giusto presentarsi. Se vuoi puoi fermarti a bere qualcosa con noi. le disse diretto e senza alcuna timidezza.
Subito Vanberk intervenne per limare l'entusiasmo di Giancarlo e alleggerire l'atmosfera con la ragazza buttandola sul ridere.
Giancarlo, avevi detto che cercavi alloggio ma questa signorina non è l'oste, evidentemente!
Darina, da parte sua, rimase per un attimo seduta a studiare la sconosciuta. Capelli corti, di bassa statura e con vestiti da viaggio. Sembrava anche lei un'avventuriera. Incuriosita, si alzò a sua volta e raggiunse il curioso trio, sorridendo per far capire che non erano dei malintenzionati, ma rimanendo appena in disparte.. -
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