[FREE ROLE] La Caduta

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    Una notte cupa, una notte tetra. Nuvole grigie si stanziavano in cielo, intervallate da lampi e tuoni che ruggivano nel silenzio tipico della quiete prima della tempesta. La pioggia battente cadeva incessante, picchiettando sulle armature dei soldati appostati lungo tutta la cerchia difensiva delle mura. Dall’alto, aspettavano che i nemici avanzassero abbastanza per poter far piovere su di loro una tempesta di frecce. Attendevano in silenzio, con il cuore irto di tensione, attendevano tremanti, avvolti dal freddo e dalla paura di incontrare l’Eterno Falciatore.

    Io mi aggiravo tra di loro, tra i miei soldati. Erano uomini di tutte le età, ninja e civili, rimasti a combattere per permettere alle loro donne e ai loro figli di fuggire il più lontano possibile da quel posto, verso Sud, verso le foreste di Nasradeva, in cerca di salvezza. Alcuni di loro probabilmente non impugnavano un’arma dai tempi della leva obbligatoria. Purtroppo era tutto quello che restava dell’esercito di Arcadia dopo anni di battaglie durissime e estenuanti.

    I loro sguardi erano spenti, timorosi, titubanti. Non avrebbero voluto trovarsi lì, non tutti per lo meno, perché si sa che più le guerre si prolungano nel tempo, più le cause e le ragioni “giustificatrici” delle stesse diventano incerte ed evanescenti, sin quando arriva a prevalere l’attaccamento alla vita all’interesse sovrannazionale.

    E come dargli torto. Al di là delle mura, a meno di un chilometro di distanza, vi era ad attenderli un esercito immenso, enorme, talmente numeroso che sembrava le sue legioni si estendessero sino all’orizzonte. Era l’esercito di quello che sarebbe diventato il futuro Impero, un esercito composto da persone arruolate in tutto il continente, inevitabilmente superiore per numero e per versatilità. Da circa un paio di settimane assediavano l’allora gloriosa capitale di quella che era sempre stata una nazione ricca, benestante e straordinaria, una nazione che io avevo cercato di guidare al meglio delle mie capacità e che avevo giurato di proteggere con tutto me stesso.

    Quella notte, anche se avevo provato ad evitarlo a tutti i costi, sarebbe divenuta famosa come la notte del giudizio, la notte nella quale i nostri nemici avrebbero terminato il loro assedio per sferrare un attacco diretto. La notte che avrebbe decretato i vincitori ed i vinti, la notte che avrebbe ribaltato l’organizzazione del mondo per come era conosciuto sino ad allora. La notte di sangue più lunga, tremenda ed atroce che la storia avesse mai conosciuto.





    Edited by mrxxx - 5/10/2017, 15:47
     
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    Perché eravamo arrivati sino a quel punto?

    Non saprei dirvelo nemmeno io.
    Io che avevo partecipato in prima persona a tutte le operazioni, che avevo deciso gli schieramenti tattici da adottare sul campo di battaglia, io che avevo provato a spegnere sul nascere quei focolai di rivolta nei villaggi più piccoli e poi divampati in tutto il continente.
    La verità era che avevamo perso su tutti i fronti. Probabilmente loro erano riusciti ad inserire delle spie tra le nostre linee: sapevano sempre con anticipo ogni nostra mossa, ogni nostro spostamento. Ero arrivato a non fidarmi più di nessuno, nemmeno dei miei collaboratori più stretti. Eppure, nonostante avessi messo sotto osservazione pure quest’ultimi, le indagini avevano sempre portato ad un nulla di fatto.

    La guerra cambia le persone ed io, senza accorgermene, ero divenuto più spietato, subdolo, calcolatore e cinico. Tuttavia ero ancora ero troppo giovane ed immaturo per capire che in realtà tutto il sistema nel quale mi trovavo era tremendamente sbagliato e che, anche se mi vestivo ed atteggiavo da capo, non ero altro che una pedina tenuto per le redini da avidi ed astuti oligarchi. Avevano fatto bene a scegliere me, ingenuo ed immaturo sognatore idealista, come inconscio procacciatore dei loro sporchi ed egoistici interessi personali.

    Perché signori, è inutile girarci intorno: questi signorotti feudali tenevano in pugno le istituzioni e decidevano le sorti della nazione da dietro le quinte, usando noi ninja come strumenti di controllo e sottomissione del territorio. Altro che protettori della pace, noi eravamo solamente protettori dei loro interessi economici. Infatti i grandi villaggi nascosti dove risiedevano questi vecchi ed avidi personaggi, chiamati Daymio, compivano costantemente atti di sottomissione e sfruttamento dei villaggi limitrofi più piccoli, facendoceli passare come messioni di pace che avrebbero migliorato la qualità di vita della popolazione e della nazione. Tutte palle. A migliorare era solo il loro status quo. E con il tempo i cittadini, stanchi e stufi di questa situazione, avevano cominciato a ribellarsi e ad appoggiare gli invasori del Nord che che si proclamavano come liberatori e portatori di valori illuminanti più giusti ed equi.

    Nonostante la mia ingenuità e la mia incoscienza, che mi avevano portato a fidarmi ciecamente di loro, rappresentanti delle istituzioni secolari su cui si fondava il nostro Paese, non voglio assolutamente giustificare i miei errori.
    Ho pagato e continuo ancora oggi a pagare amaramente i miei errori. Incubi strazianti mi affliggono e fiumi di lacrime non possono placare la mia pena ne il vuoto che porto nel mio cuore.
    Tuttavia, voglio semplicemente dire che a quel tempo credevo di stare dalla parte giusta e di difendere una giusta causa, di difendere le persone che amavo e tutti i miei concittadini che in quelle istituzioni avide e corrotte ci avevano sempre visto del bene. Se solo mi fossi reso conto prima che tutti quei valori che rappresentavano non erano altro che una facciata menzognera oltre cui si trovavano solamente meschinità, avidità e corruzione, probabilmente non si sarebbe arrivati a questo punto. O forse sì, ma avrei agito in maniera differente.

    Mi pento e mi vergogno della mia cecità.





    Edited by mrxxx - 31/10/2017, 16:14
     
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    L’esercito del futuro impero era stato furbo, scaltro e dannatamente abile. Aveva lasciato che noi ninja ci colpissimo e ci distruggessimo a vicenda per soddisfare le brame espansionistiche dei nostri Daymio. Quest’ultimi infatti inizialmente non avevano visto nelle varie ribellioni dei villaggi un pericolo imminente, credevano fossero cose da poco, ed avevano anzi deciso di sfruttare il periodo di caos e confusione per accrescere ancor di più il proprio dominio ai danni degli altri Paesi. Non avevano capito che dietro tutte quelle ribellioni vi era una mente sola situata ad Aldaresia che stava risvegliando nel cuore delle persone sentimenti assopiti e le stava aizzando contro di noi. Alla fine ci eravamo logorati talmente tanto tra noi ninja che non eravamo più in grado di tenere a bada i nuovi invasori.

    E a proposito degli invasori: non sempre riscuotevano immediato successo nelle popolazioni che conquistavano, tuttavia venivano favorevolmente acclamati soprattutto dalle nuove generazioni di scienziati ed accademici come “il futuro che avanza inesorabile”. L’esercito imperiale con un’opera di promozione sociale e finanziamento agli studiosi, stava passando come il liberatore dall’oppressione dei ninja, sebbene spesso non mancasse di sporcarsi le mani di sangue innocente. Si presentavano appunto come liberatori, come coloro che elargivano e mettevano a disposizione risorse a chiunque dimostrasse di essere meritevole e capace, a prescindere dal ramo sociale cui apparteneva. Soprattutto lasciava libertà di movimento e circolazione all'interno dei suoi territori. E queste promesse avevano riscontrato grande appiglio sebbene reputo non fosse proprio tutto rose e fiori e anzi c'era molta ipocrisia sotto questa facciata perbenista. Diciamo che però l'Impero sembrava essere un buon grande e giusto primo passo verso un cambiamento più consistente. Infondo chiunque sogna di scalare i ranghi della società per fare successo. Sembrava che l'Impero potesse offrire più prospettive sotto questo punto di vista e a dire il vero, col senno del poi, non posso far altro che confermare questa supposizione: la società ninja feudale era estremamente chiusa e riluttante al cambiamento. Le scalate sociali si potevano fare solo alla nascita o nel letto, oppure tramite insulsi sotterfugi o tramite sporco lecchinaggio del barone di turno. Shikaku in effetti era arrivato lì dov'era solo perchè quelli più in su di lui avevano visto una pedina da sfruttare. Questo è innegabile.

    Già. Alla fine eravamo diventati noi i “cattivi”, quelli da sconfiggere, quelli che non si erano adattati al cambiamento che stava subendo il mondo. Io da paladino di valori tradizionali, eccetto che nei territori benestanti attorno alla mia città, cominciavo ad essere considerato come un semplice barone desideroso di mantenere la sua posizione privilegiata ed i suoi vantaggi sociali.

    Questi invasori erano dei luminari nel modo di pensare. Stavano dando al mondo un’altra prospettiva e stavano usando strumenti innovativi nella lotta che andavano dal piano sociale al piano più propriamente tattico. Sì, la loro superiorità era anche sul campo di battaglia. Combattevano con tecniche innovative, come gli schieramenti a falange dove gli uomini formavano un’unica compagine unita e serrata, con armi innovative, come le catapulte, e facendo uso della cosiddetta.. tecnologia.

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    Edited by mrxxx - 31/10/2017, 16:41
     
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    Tornando a quella notte. Io camminavo tra di loro, tra i miei soldati, ed al mio passaggio loro mi facevano largo. Alcuni pregavano, altri guardavano per l’ultima volta le fotografie delle figlie, altri ancora cercavano di incoraggiarsi a vicenda. C’era chi prendeva pasticche calmanti per contenere l’incalzante terrore, chi al contrario si drogava per non pensare a ciò che sarebbe successo, chi invece preferiva respirare profondamente per rilassarsi e concentrarsi. Ognuno cercava di farsi forza a suo modo.

    Il mio sguardo era fiero, deciso, severo. Non sono così arrogante da dirvi che non provavo nemmeno un briciolo di paura per quello che di li a poco sarebbe successo, il mio cuore sussultava, sentivo su di me il peso della responsabilità, sentivo il peso delle vite di tutti i miei sottoposti e cittadini che su di me facevano affidamento. Dipendevano dalle mie capacità di organizzarli sul terreno di battaglia. Tuttavia non potevo permettermi di mostrare un minimo di cedimento ne un pizzico di insicurezza. Così, mentre a passo sicuro andavo verso ogni ufficiale per assicurarmi che tutti fossero pronti, davo pacche di incoraggiamento a quanti più soldati possibili, scambiavo con loro uno sguardo, una parola, e per qualche strana ragione sembrava che ogni mio minimo gesto valesse più di mille alleati.

    Mi sentivo importante si, ma anche in colpa: sapevo di mandare a morire gente onesta. Gente che avrebbe fatto a meno di combattere per quei valori di cui tanto mi riempivo la bocca. Non osate chiamarli codardi, perché erano gli uomini più coraggiosi che conoscessi, uomini che pur di dare una possibilità di salvezza ai propri cari e pur di proteggere la loro terra erano disposti ad affrontare la più grande paura che un uomo possa affrontare. La paura della morte. Ecco, forse a quel punto dei valori non importava più niente a nessuno a dire il vero, nemmeno a me. Forse a tutti noi importava proteggere l’identità nazionale ed il futuro libero dei nostri figli messo in pericolo da gente che con noi non condivideva alcuna tradizione ne interesse.

    Dico nostri figli perché anche io ero appena divenuto padre. Ebbene si. Durante la guerra mia moglie, la mia amata moglie Franxis, era rimasta incinta. E nove mesi dopo, nel pieno del progressivo disfacimento del nostro Paese, aveva dato alla luce la più bella creatura che io avessi mai visto. La piccola Namelie.

    La sua vista mi aveva ridato nuove forze per andare avanti nella lotta, per garantirle un futuro migliore come ogni genitore dovrebbe fare.

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    Edited by mrxxx - 5/10/2017, 15:48
     
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    UOMINI!

    La mia voce tuonò nel cuore della notte. Guardavo il nemico allinearsi oltre le mura e non potevo fare a meno di richiamare tutta l’adrenalina che avevo in corpo.

    So quale nodo attanagli le vostre gole e quali catene stringano i vostri cuori. Vedo nei vostri occhi la stessa paura che ottenebra la mia mente nel sapere che potrei lasciare sole a questo mondo la donna che amo e la figlia in fasce che crescerà senza l’amore di un padre. Eppure siamo tutti qui, a condividere lo stesso timore in questa notte di spade e sangue. Perché questo è il nostro destino. Siamo padri e protettori di questa terra e dei suoi figli, prima ancora che uomini, e come tali non possiamo sottrarci dal sacro compito di vegliare sui nostri cari e su ciò che ci è stato tramandato in passato dai nostri predecessori.

    Le mie parole rimbombavano nel silenzio prima della tempesta. Ah quanto forte batteva il mio cuore e quanto le lacrime avrebbero voluto solcare il mio viso al sol pensiero di poter perdere tutto. Eppure la mia faccia composta teneva un’espressione solenne, iraconda, statuaria.

    Loro non si fermeranno, non si sono mai fermati. E nel tempo distruggeranno ciò che i nostri antenati hanno costruito col sudore della fronte e con la dedizione del buon padre di famiglia. Distruggeranno la nostra cultura, le nostre bellezze naturali a cui dedichiamo tante cure ed attenzioni. Lo hanno già fatto. Hanno incendiato interi appezzamenti di foresta: se la sono presi con la natura innocente, contaminandola e sterminandola senza alcuna ragione. Hanno ucciso interi branchi di animali solo per piazzare un loro accampamento, senza minimamente curarsi di aver invaso il loro territorio e di aver rovinato un ecosistema. Hanno inquinato fiumi e laghi con maleducazione e menefreghismo per il prossimo. Hanno stuprato le nostre donne.

    Un brusio di sottofondo si alzò lungo tutte le mura. I miei uomini sembravano darmi ragione, sembravano cominciare a tirar fuori le palle. Sapevo toccare le corde giuste, sapevo come incitarli, anche perché queste cose facevano incazzare nero anche me. Noi eravamo un popolo che ci teneva moltissimo all’ambiente nel quale vivevamo. Cercavamo di preservarlo e migliorarlo a tutti i costi, vivendo in sinergia e completa armonia con tutti gli elementi faunistici e floreali della natura. Se “progresso” significava sterminio della natura, allora eravamo ben lieti dal tenerci lontani da quegli invasori. Come ho detto, per quanto sbagliato fosse il sistema oligarchico feudale, non vedo come quei bruti potessero autoproclamarsi portatori di civiltà usando atteggiamenti tanto irrispettosi quanto incivili, oltre che dannosi. E questo loro modo era uno dei motivi per cui infondo a quel tempo credevo di essere pienamente nel giusto.

    Se anche oggi ci arrendessimo alla loro arroganza e meschinità, tra molti anni, agonizzanti in un letto, siete sicuri che non avreste barattato tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi, per avere un’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui sul campo di battaglia per poter urlare a questa gente che potranno anche toglierci la vita, ma non potranno MAI toglierci la LIBERTA’!

    Era stato un crescendo la mia voce. E alle mie parole sarebbe seguito un urlo generale, un urlo che invocava la libertà. Perché se è vero che i nostri signori feudali erano degli ingordi, altrettanto non si poteva dire del nostro amabile e benevolo popolo. Anzi, eravamo una delle popolazioni più accoglienti di tutto il continente probabilmente, pertanto il trattamento che ci stava venendo riservato era barbaro ed immorale, oltre che sbagliato. Saremmo dovuti essere noi a cacciare i nostri Daymio, prima o poi ci saremmo arrivati, non dovevano essere delle persone esterne a limitare la facoltà di autodeterminazione che eticamente spetta ad ogni popolo in quanto tale. Questo era un vero e proprio abuso nascosto dietro l'uso inappropriato della parola "progresso". Gliel’avremmo fatta pagare. E mentre osservavo fiero e soddisfatto i miei uomini caricarsi e gridare dalla rabbia, sentii una mano poggiarsi delicatamente sulla mia spalla destra. Mi girai, spalancai gli occhi. Non potevo crederci.



     
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