[FREE ROLE] Fiori in cerca di luce

Shikaku & Eas

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    Un figuro oscuro, incappucciato, camminava sotto il pallido sole di un tardo mattino invernale, facendo da contrasto al verde rigoglioso e luminescente della foresta. Si aggirava tra le tombe in pietra di quel cimitero abbandonato, a pochi chilometri ad est di Nimthor. Proprio da qui, una volta all’anno, dipartiva un importantissimo pellegrinaggio commemorativo che giungeva sino ad Estelthia, un evento che avrebbe dovuto render omaggio alle vittime della Grande Battaglia, sebbene, nonostante fosse appena passata una decade da quel tragico capitolo della storia, sotto l’influsso imperiale tale evento avesse preso una piaga leggermente diversa e fosse diventato una sorta di festival espositivo delle bellezze arcadiane. Un qualcosa di meno simbolico e più commerciale insomma.

    Tra le tante tombe di pietra che sbucavano dal terreno, ve n’era una che spuntava su tutte, non tanto perché fosse più pregiata, quanto perché era certamente più curata e si trovava in una posizione diversa, distaccata ed isolata da tutte le altre, quasi fosse gelosamente nascosta e custodita. La sua bianca lapide era completamente liscia, priva di nome, ed era illuminata da un caldo raggio di sole che si faceva largo tra le fitte fronde degli alberi. Era contornata da tanti fiori variopinti e sgargianti, delicatamente appoggiati alla stele, come se qualcuno non avesse mai smesso di prendersene cura ogni giorno.

    Il figuro emblematico, a passo lento, puntava proprio verso questa tomba. Tra le sue mani teneva un mazzo di fiori composto da trenta rose bianche ed altrettanti fiori dai colori più disparati che ne facevano da ornamento. Un fiore per ogni giorno di lontananza, un fiore per ogni giorno da farsi perdonare. Eppure, se qualcuno avesse visto quella tomba per la prima volta, mai avrebbe pensato che fosse stata abbandonata per quasi due mesi, soprattutto se comparata con tutte le altre. Probabilmente il suo custode l’aveva curata così amorevolmente e così tanto a lungo che due mesi parevano un lasso infinitesimale di tempo.

    In effetti quella era stata la prima volta dopo tempo immemore che aveva osato lasciarla, o forse sarebbe meglio dire che lui era riuscito a distaccarsene. Perché per un decennio intero aveva passato ore interminabili della propria vita accanto a quel pezzo di pietra, attaccato ai ricordi che ella gli suscitava, ricordi che gli riempivano il cuore ma che contemporaneamente gli svuotavano di lacrime gli occhi. Mai si era allontanato per più di un giorno e quei due mesi gli erano parsi un'eternità. Si sentiva in rimorso per averla lasciata lì, sola ed esposta alle intemperie della foresta. E anche se il suo volto era occultato dal cappuccio, tale sentimento era chiaramente percepibile dal suo respiro affannoso ed amareggiato. Forse stava persino piangendo qualche lacrima, sia per i sensi di colpa sia per l’emozione di rivederla, mentre dolcemente si apprestava a coricargli i fiori innanzi.

    Mi sei tanto mancata mia cara..





    Edited by mrxxx - 29/1/2018, 14:14
     
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    So easy
    ~ As expected

    « Proseguo a piedi, grazie. » Non era facile con il vestito che avevo scelto, ma dato che stavo andando in quello che era stato allestito come cimitero per le vittime di Nimthor non potevo presentarmi con l'ultimo dei vestiti o con quello con cui mi svegliavo la mattina che, comunque, era sempre più elegante e raffinato di quelli che vedevo addosso alla maggior parte di quei poveri che come me venivano qui per piangere.
    O per festeggiare.
    O per mettere in mostra qualche avere: una sorta di mancato rispetto che mi faceva anche quasi tanto rebrezzo quanto quei nomi scritti sulle lapidi che non sapevo proprio come considerarli. Credetemi quando vi dico che non mi sono mancati per niente tutti i miei familiari ma vederli scritti tutti su pietra e vedere che oltre me non c'è rimasto nessuno fa sempre un certo effetto. Forse ho addirittura sprecato un vestito buono, mi aspettavo ci sarebbe stato più decoro in un posto come questo.
    Almeno avevo avuto la classe di presentarmi qui con una signora carrozza che mi aspettava fuori e non mi interessava nemmeno che in tanti si fossero voltati in mia direzione: non avevano mai visto una signora presentarsi qui? Il vestito, oltretutto, è uno di quelli che mi ha regalato il signor Kirch durante uno dei nostri primi incontri: una persona talmente semplice tanto quanto prevedibile, è bastato veramente poco per farlo cadere a terra e fargli lustrare il pavimento dove camminassi ma quando gli ho detto che mi trasferivo a Florentia ha quasi avuto un mancamento. Ogni tanto mi tocca nacora scrivergli per ringraziarlo della compagnia.
    Avete presente uno di quegli enormi vestiti antichi con tanto di gonna gigante sotto e pieni di merletti bianchi? Di quelli che si potevano usare due o trecento anni fa---ecco, è esattamente uno di quelli che porto adesso con tanto anche di un simpatico cappello nero con velo sopra: non sono così insensibile da non mostrare un po' di rispetto per quelli che stanno sepolti qui. Il sole è quasi fastidioso e l'ombrello che mii apro sopra la testa per farmi ombra è decisamente una manna dal cielo, anche se non fa caldo ma non mi piace quando c'è troppa luce: mi espone troppo ed io beh, non voglio.
    Camminando tra la ghiaia e rischiando diverse storte mi faccio largo in quella grande esposizione di successi dell'Impero, così mi piace chiamarla, cercando qualcosa in particolare: non ci volevo credere quando ho sentito le notizie, non volevo credere di essere praticamente una delle ultime rimaste con il sangue che mi porto e presumo che vederlo con i miei occhi fosse una delle mie priorità, che fosse ciò di cui avessi bisogno per rendermene conto.

    « Molto gentile da parte loro recuperare le loro vittime e metterle in ordine. »
    Chissà quanto se la saranno tirata con l'aver sterminato il mio clan. Gli hanno addirittura dedicato un angolino così come per tutti gli altri, chissà se anche lui...
    Il pensiero mi muore quando mi fermo di fronte ad una lapide bianca come tutte le altre ma con il nome coperto da qualche filo d'edera: Hina, mia madre. Mi chino appena in avanti usando il guanto per togliere un po' di polvere dal nome e dalle date per verificare che sia lei e mi trovo a sospirare quando mi devo togliere i residui dalle dita con un lieve soffio, realizzando che sia davvero lei. « Non sei mai stata una grande combattente... » Non so come sentirmi, davvero. Sono spaesata, sono una figura nera in mezzo al nulla.
    « ...ma almeno hai avuto il coraggio di dirmi che mi volevi bene almeno una volta. Almeno tu. Immagino che papà abbia venduto cara la pelle, probabilmente difendendoti per quei quattro o cinque secondi prima che venisse travolto: sappiamo tutti che--- » Mi guardai intorno appena, sorridendo melliflua sotto il velo. Davvero mi potevo permettere di parlare così in mezzo alle persone dopo esser stata tanto tempo nascosta?
    Immagino che sia l'avvilimento per non aver riconosciuto nemmeno una persona in mezzo alla massa che mi faccia sentire così, questo però significa che nessuno può riconoscermi e mettermi in una posizione scomoda.
    Sapete, mi sento quasi sollevata nell'essere qui in piedi: dove vi hanno portato i vostri ideali? Io almeno ci ho provato mentre voi avete preferito l'onore alla vita, per tanti di voi potrebbe esser la giusta punizione, voi ed i vostri stupidi concetti. E poi lo sappiamo tutti che nella famiglia quella più talentuosa ero io ed il fatto che sia sopravvissuta lo dimostra, anche senza i vostri poteri: una persona forte è quella che vive per arrivare al domani, sapete? « Ripasserò. Forse. »
    Girai i tacchi, riaprii l'ombrello e feci per incamminarmi verso l'uscita: avevo una carrozza che mi aspettava ed avevo anche un paio di persone che mi aspettavano, non valeva la pena farle aspettare solo per far crescere il mio disprezzo nei confronti di qualcuno che non c'era più e che non meritava la mia considerazione.
    Se avessi saputo che la mia visita sarebbe stata così breve, mi sarei messa qualcosa di più comodo che non mi avrebbe distrutto le caviglie.
    Poi ero stata costretta a fermarmi perché qualcosa aveva catturato la mia curiosità, un'altra lapide con solo il nome, la data di nascita e quella di morte. Una un po' più isolata ma sempre nel loro settore, una lapida che mi sorprende di trovare qui assieme a tutti gli altri.

    Eas Setsuna.
    La mia.
    « Huh, molto comodo. »
    Ecco perché probabilmente nessuno mi aveva cercato in tutti questi anni e la cosa mi tornava comoda anche adesso come non mai, mi dava una libertà di movimento davvero incredibile. « E conveniente, si sono liberati di me in fretta. » Particolare anche vedere come avesse anche le tracce di qualche fiore alla base, non me lo sarei mai aspettato: probabilmente il secondino ogni tanto si diverte a portare dei ricordi a chi vuole. Mi piegai sulle gambe e feci per sedermi sui talloni, appoggiando il fondo del vestito in basso sulla terra impolverandolo un po': avrei dovuto lavarlo più tardi. Questa per me era una visione davvero, davvero ironica. « Forse nemmeno te la meriti, sei sempre stata una cattiva ragazza Eas. »




    Si ringrazia Coralia per il layout.
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    Non erano in molti a passare da quelle parti e lui lo sapeva bene visto che praticamente aveva risieduto lì sin dalla nascita del cimitero. Aveva sempre avuto l’accortezza di non farsi mai vedere da nessuno. Quelle poche volte che era stato sorpreso a girovagare qua e là, tra una tomba e l’altra, aveva detto di essere il custode del terreno e nessuno aveva mai osato indagare oltre, sia perché si dileguava nel nulla poco dopo e sia perché quel suo volto avvolto nell’oscurità più totale aveva sempre destato grande paura. Che poi era vero in effetti, era proprio quello che faceva: vegliava sui morti. Eppure si sa che la gente ama travisare i racconti ed incupire le storie. Così nel corso degli anni, dato che nessuno aveva capito chi fosse ne da dove venisse, c’era chi lo aveva scambiato per un fantasma, chi diceva che apparisse solo durante le notti di luna piena e chi altri sosteneva fosse un semplice profanatore di tombe come tanti altri. Erano nate vere e proprie leggende circa la sua figura misteriosa, ma vi era un fondo di verità in esse: chiunque osasse profanare o anche solo recar offesa alla memoria di quei defunti, faceva una brutta fine. La faceva per davvero.

    Nascosto all’ombra delle piante, dopo aver cautamente posato il grande mazzo di fiori simbolo di purezza ed aver pregato per la pace dell’anima da lui tanto amata, sarebbe rimasto a scrutare in silenzio quelle poche persone che erano giunte ad omaggiare i propri antenati. E tra questi anziani forestieri, non poteva di certo passare inosservato l’ampio e sgargiante vestito di quella che molto probabilmente doveva essere una donna raffinata e di alto borgo. Tenne i suoi occhi puntati su di lei, curioso di sapere cosa o chi cercasse.

    ..Interessante..

    Nessuno si era mai interessato a quel settore o comunque nessuno si era mai soffermato più di troppo su una di quelle tombe. E se ve lo state chiedendo la risposta è sì: ormai ricordava quasi a memoria dove si trovassero tutti. Aveva pregato per l’anima di ognuno, perché per ognuno di loro si era sentito responsabile. Per ognuno di loro si era sentito morire. E di certo non poteva dimenticare i membri di quello che un tempo era considerato uno dei clan più forti ed influenti non solo della sua terra, ma anche di tutto il continente. In molti avevano cercato di accaparrarsi i loro occhi e in molti erano tornati da dove erano venuti senza mani per poterglieli strappare e senza lingua per poter raccontare ciò che gli era successo, sebbene i loro occhi conservassero e testimoniassero il timore e la sofferenza delle torture a cui erano stati sottoposti.

    Quella donna però sembrava essere mossa da un sincero interesse per quelle persone. Forse scambiare due parole poteva essere illuminante, sia per lui che per lei. Se fosse passata due mesi fa, il nostro becchino incappucciato avrebbe continuato a nascondersi e scrutarla sin quando non se ne sarebbe andata. Tuttavia, da quando aveva mosso i suoi primi passi al di fuori del recinto del cimitero e da quando aveva parlato con quella serpe instigatrice di Subuza, stava nascendo in lui la necessità di trovare un nuovo ruolo ed un nuovo posto all’interno del nuovo mondo. Parlare con qualcuno che in qualche modo fosse connesso al vecchio mondo avrebbe forse potuto aiutarlo ulteriormente a lasciarsi il passato alle spalle.

    Mi perdonerai vero..

    Stare isolato per così tanto a lungo aveva logorato la sua sicurezza personale e le sue capacità di socializzazione. Per questo non avrebbe potuto presentarsi a mani vuote da quella donna e per questo si era voltato verso la tomba a lui tanto cara, prendendo da essa due delle bianche rose facenti parte del mazzo da quindici appena posato. Una per la donna ed una per il defunto che ella compiangeva. E poi si sa che un numero di rose pari porta sfortuna.

    Te ne raccoglierò delle altre più tardi. Più fresche.

    Promise, per poi avviarsi verso la donna, non prima di essersi asciugato gli occhi dalle lacrime versate poco addietro. Non le sarebbe andato subito incontro, voleva darle il suo legittimo spazio per pregare, ma avrebbe atteso il momento opportuno prima che se ne andasse. Sarebbe arrivato dal lato, con le mani dietro la schiena, ed una volta abbastanza vicino si sarebbe chinato in avanti con delicatezza, porgendole le due rose.

    Mi permetta di omaggiarla con due rose. Una per lei ed una per il suo caro.

    Esordì con tono basso ed un pochino insicuro, ma estremamente gentile. Non guardò il nome inciso sulla lapide. Per il momento era concentrato a scrutare quel volto coperto da un velo nero trasparente. Non che gli importasse più di tanto chi vi fosse sotto, in fondo nemmeno lei avrebbe potuto vedere i connotati del suo viso, se non i lineamenti e i grandi occhi azzurri che brillavano da sotto il cappuccio.



     
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    It's been so long
    ~ Did you know her?

    Ammetto che il mio non fosse proprio un vestito fin troppo convenzionale per questo posto ma volevo pensare di aver fatto bella figura di fronte a chi non c'era più per dimostrare loro che fossi diventata qualcosa che sicuramente non avrebbero apprezzato: il come ho ottenuto tutto probabilmente gioca contro qualsiasi valore che ci venisse inculcato da bambini.
    Quasi mi potrebbe mancare il vedere i maestri prendere da parte le nuove generazioni e traviarli con quei concetti che ho sempre detestato come la rivalità e la superiorità del nostro sangue: avete visto dove vi ha portato ciò che millantavate in confronto a come mi comportavo io? Non posso che continuare a pensare di aver ragione ogni secondo che passa, ogni secondo che mi permetto di respirare l'aria che a voi non è più concessa.
    Eppure ho una strana e sgradevole sensazione che mi pervade il petto e che sale piano piano dalla bocca dello stomaco, passando dalla bocca per lasciarmi un lieve retrogusto amaro ed un pensiero fin troppo malinconico solo per mia madre: si dice che la mamma è sempre la mamma, non posso non voler bene a chi mi ha dato la vita ed esserle un minimo riconoscente anche se nella faccenda con Shak non ha esitato a darmi le spalle. Forse perché era il primogenito ma quella è stata una decisione che è andata oltre le mie abilità.
    Forse perché ho ancora i suoi occhi a casa---che sensazione strana mi fa chiamare un posto diverso da questo come tale, evidentemente dieci anni non sono ancora bastati. Inizio anche a sentire fin troppi occhi addosso, a quanto pare questo posto si è impoverito anche nei modi di fare e non è più consueto portare rispetto ai morti con la giusta apparenza anche se qui dentro non proprio tutti erano morti: ho la mia lapide davanti, ma sono ancora viva e la cosa sotto il velo mi fa davvero, davvero ridere perché senza volerlo mi hanno fatto il regalo più grande che potessero.
    Disprezzandomi mi hanno dato una vita serena.

    « Non dovrei ridere. »
    Perché non è posto di farlo ma è quasi più forte di me. Tanti potrebbero pensare che sia inopportuno ma sarei capace di rigirare anche questa frittata poi portandomi le mani al volto: non sarebbe la prima volta che reciterei così e non sarebbe di certo nemmeno l'ultima, ma sarebbe davvero come dire---controproducente? Anche se credo che il fatto che io mi trovi qui sia un indice di interesse più alto del normale, in pochi visitano le tombe del mio clan e se lo fanno vengono di sicuro osservate ed additate come conoscenti. Non voglio che mi facciano domande anche se potrei dire che qualcuno di loro fosse un mio vecchio amico a cui ho solo voluto portare una visita.
    Parole che mi morirebbero di sicuro in gola e la cosa mi lascia confusa, davvero.
    Da un lato vorrei dimenticare tutti quei dogmi e ricordarmi solo delle ramanzine, dei limiti e degli sguardi contrariati ogni volta che passavo ma dall'altra non posso che provare nostalgia: tutti quelli che conoscevo sono morti ed io sono l'ultima. Ti rendi conto di quanto un cambiamento sia grande solo quando ti si palesa davanti e questo silenzio mi ha colpita come il più pesante dei pugni. Si viene in posti come questi per onorare il passato e perché probabilmente non siamo capaci di lasciarlo andare.

    Anche se a volte il passato ritrova noi.

    Quel tono di voce era strano, così come quegli occhi che non mi trasmettevano niente se non un grande senso di familiarità che rievocavano una strana sensazione che credevo di aver dimenticato da oltre dieci anni. Avete presente quando qualcosa vi stuzzica la fantasia e rimanete a ricordare cose trascorse evidentemente senza motivo? Era ciò che mi stava accadendo adesso.
    « Grazie. »
    Principiai momentaneamente spiazzata, non mi aspettavo che qualcuno mi si avvicinasse proprio qui dove pochi addirittura si avventuravano. Allungai una mano verso la rosa che l'uomo incappucciato mi aveva allungando cercando di prenderla con la stessa leggerezza con cui una piuma si poggiava per terra dopo una luna planata, portandomela poi in prossimità del velo: adoravo i fiori, mi portavano alla memoria dei bei ricordi. Provai ad annusarla, doveva esser stata colta da poco o ben conservata perché emanava ancora un lieve aroma di nuovo e di fresco. « Sono sicura che l'avrebbe adorata. » Parlavo di me, sì, e lo dissi guardando il nome sulla lapide. Potevo esser ben più che certa, conosco bene i miei gusti
    Però ora ero curiosa, terribilmente curiosa.
    Cosa spingeva un apparente sconosciuto a portarsi qui in questa zona e di fronte a questa tomba? Magari era solo un caso, non mi sorprenderei di vedere che sia qui per altro: conosco persone che sono state capaci di tentare di abbordare delle belle ragazze persino al giorno del funerale del compagno, il dolore spesso e volentieri porta delle brecce fin troppo grandi da non notare e di cui non provare ad approfittare. « La terrò fresca anche per lei. La conosceva? » Oppure era una persona a cui piaceva dare una spalla su cui piangere?
    Da sotto il parasole mi voltai di tre quarti verso di lui, concedendogli uno dei migliori sorrisi dolci che fossi in grado di regalare. Non so quanto avrebbe visto con quel velo che avevo - che in realtà era quasi fastidioso - ma so che questa è una delle armi migliori per ottenere un po' di onestà da qualcuno: quando le spiazzi, le persone non sanno organizzare scuse sul momento.
    Cosa mi ero messa a fare uno dei rossetti più costosi che avevo se nemmeno potevo farlo apprezzare a pieno? Per fortuna era un bel colore, un rosso vivo come quegli occhi: era il mio particolare modo di lasciare un tributo forse non voluto.




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    ..Eas Setsuna..

    Sillabò sottovoce, leggendo il nome sulla lapide, mentre lentamente prendeva posto seduto accanto alla giovane donna. Lei gli mostrò un tenero sorriso da sotto quel suo velo, un sorriso contornato da splendide labbra rosse. Labbra che non passarono inosservate: per un infinitesimo attimo i suoi occhi, ammaliati, si fermarono a fissarle. Da molto non parlava con una donna, men che meno con una che usava un rossetto dello stesso colore che soleva adoperare la sua amata.

    Si ricompose quasi subito. Lo sguardo da rapito tornò ad essere distaccato, mentre la fronte corrugata lo aiutava a riflettere. Ci pensò su qualche minuto. Quel nome, ora come ora, proprio non gli diceva niente. Non era la prima volta che lo sentiva, certo, ma non riusciva a connetterlo all’immagine di una persona o a dei ricordi più o meno nitidi. Sospirò. Cercate di capirlo: un tempo era a capo di un’intera Nazione. I nomi di tutti quanti almeno una volta erano passati sotto le sue mani per una ragione o per un’altra.

    Sono certo che fosse una ragazza in gamba.

    Non rispose ne sì ne no, ma si limitò a fare un’affermazione più di circostanza che di verità. Gli sembrava brutto dire che non si ricordasse di nulla. Nel corso degli anni aveva dovuto cancellare dalla testa i volti di molte persone per non annegare nel rimorso di non essere riuscito a salvarle. Il solo fatto di tornare indietro con la mente a frammenti di ricordi antecedenti la Grande Guerra, recava lui grande dolore e pena.

    Mi dispiace.

    Sbiascicò a capo chino, per poi riformulare la frase con più sicurezza.

    Mi dispiace non essere riuscito a salvarla.

    Era come una liberazione per lui dire finalmente a qualcuno quello che era stato il suo più grande tormento per tutti quegli anni. In cuor suo sperava solo che quella donna fosse rimasta qualche altro minuto per poter ascoltare la sua voce mansueta, così diversa dalle urla strazianti che tutte le notti rimbombavano nella sua testa. Non ne aveva mai avuto bisogno in vita sua sino a questo momento, ma si rendeva conto di aver toccato il fondo del baratro e che per poter raggiungere quel minuscolo spiraglio di luce che scorgeva in superficie necessitava di una corda. Necessitava di una speranza. O forse solo di calore umano. Anche da una sconosciuta qualunque.

    Ci tenevi molto a lei, vero?

    Quando tornò a posare i suoi occhi su di lei, divampò in lui il desiderio di scorgere quel viso nascosto. Se solo avesse saputo che Eas era in carne ed ossa davanti a lui, se solo avesse saputo che era riuscita a sfuggire alla morte, forse avrebbe trovato un pizzico di sollievo nel suo animo e forse sarebbe anche riuscito a rievocare qualche ricordo lontano.





    Edited by mrxxx - 30/1/2018, 11:30
     
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    ~ Flight

    Una ragazza in gamba. Questo sarebbe stato un buon momento per iniziare a ridere dato che negli ultimi dieci anni non ricordo una persona che mi abbia detto una cosa del genere se non anche prima, da quando ho deciso di fare la cattiva ragazza e le parole mi causarono un innalzamento nel senso dell'ironia che adesso dovevo trattenere. Mi concentrai sul fiore che avevo in mano, scuotendo appena il capo ed inclinando il parasole all'indietro in modo da scoprirmi un po' di più il volto: avevo già il velo, che motivo c'era di nascondermi ulteriormente?
    « Nessuno dentro il clan ha mai detto di lei che fosse una brava ragazza. »
    Esternai con sincera naturalezza, ricordandomi tutt'ora gli sguardi, le parole ed i sussurri che mi arrivavano lo stesso. « Ha fatto qualche errore che non le hanno mai perdonato. »
    Come innamorarmi di uno Hyuga, quello è ciò che tutti reputano il mio peccato più grande considerando com'è andata a finire l'intera faccenda e che se non fosse stato per il capo adesso mi troverei sepolta sotto terra probabilmente davvero qui e questa tomba sarebbe veritiera. Dicevo che non era normale per una persona trovarsi qui, almeno per una persona con un minimo di conoscenza della storia del mio clan, evidentemente questo non sapeva mol-aspetta aspetta aspetta.

    Si dava la colpa per non essere riuscito a salvarla? Doveva essere...qualcuno che ai tempi sapesse il fatto suo: che fosse uno di loro? No, ne dubitava: quel dolore non era tipico di quelli del mio clan e poi mi conoscerebbe e non avrebbe mai detto qualcosa del genere. Ma non poteva non essersi accesa un a leggera vena di curiosità nei miei occhi, nei miei nervi e nel mio corpo in generale.
    La curiosità era sempre stato il mio punto debole perché si dice che uccide il gatto, quante volte mi hanno detto di essere appunto una gatta morta? Cavoli, ero intenzionata ad andarmene ed ora mi trovavo di fronte ad un uomo che si dava delle colpe di fronte alle lapidi del mio clan. « Cosa vuoi dire? » Non essere riuscito a salvarla...
    Non potevo essere salvata dieci anni fa. « Come avresti potuto? » Erano le parole di una persona che forse si dava fin troppe colpe e che teneva dentro di sé un dolore non immaginabile ma fin troppo percepibile: non c'è bisogno di scavare troppo a fondo per arrivare di fronte a quella brutta pozza nera che stava poco sotto la sua pelle. Era fin troppo facile vederla ed approfittarne per ottenere delle informazioni: avevo bisogno di sentire cosa fosse successo in tutti questi anni e quest'uomo era l'unico aggancio che avessi con quella piccola speranza. Allungai la mano sinistra cercando di appoggiarla sul dorso della sua con puro fare consolatorio avendo imparato in tutto questo tempo che le persone, per sopravvivere al dolore, hanno bisogno di qualcosa, di sostegno e gesti come questi erano necessari ed al contempo sufficienti.
    Senza premere, senza forzare: appoggiandomi e basta come se non ci fossi. Avevo iniziato a giocare anche con lui come facevo con tutti? Forse, ma adesso la motivazione di fondo era ben'altra.

    Mi mancava il tocco finale, un leggero contatto per confortare non bastava.
    « Potrei raccontarti qualcosa di lei, se vuoi. » Non avevo nemmeno motivo di apparire come qualcosa che non fossi, potevo essere gentile ora davvero e non credevo di trovarmi a sorridere così tanto in un posto come questo ed in una situazione come questa. Evidentemente il tempo passava anche per me.
    Mi trovai a non trattenere una risatina nell'avanzare quella proposta, soprattutto considerando che non avessi finito. « A patto che tu mi dica il tuo nome o mi faccia vedere il tuo volto: in questo posto i volti corrucciati sono naturali, non c'è motivo di nasconderlo. Se ti promettessi di fare altrettanto potrebbe essere il giusto incentivo? »
    Si diceva che la curiosità uccide il gatto, ma anche che è donna. Non mi piaceva non avere un riferimento per le mie parole, speravo che acconsentisse senza trovarmi eccessivamente invadente. Non era una richiesta così tanto folle, no? Magari questo poteva essere quel punto conclusivo che mi mancava per aprire anche questo lucchetto. « Prometto di non mordere. » Rovinerei il rossetto e contando quanto costa non è proprio nelle mie priorità.




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    Seduto a terra con le ginocchia chiuse al petto e le braccia che le cingevano, avrebbe risposto alle domande della fanciulla nella maniera più onesta e serena possibile. Non sapeva nemmeno perché si stesse aprendo con una sconosciuta di cui nemmeno conosceva nome ne provenienza ne connotati del viso. Forse perché era l’unica che non fosse scappata via quando lo aveva visto: con quella sua corazza nera così spaventosamente intimidatoria e misteriosa recava timore a chiunque. O forse perché aveva raggiunto il limite oltre cui non avrebbe più potuto tenersi dentro e reprimere certe emozioni. Sì, forse dieci anni erano il suo limite massimo di sopportazione.

    Voglio dire che la maggior parte delle tombe qui presenti sono state scavate per colpa mia.

    Ecco cosa voleva dire cara Eas. E lo disse tutto d’un fiato, con grande fatica e rabbia, esibendo un disprezzo assoluto per se stesso, tanto che nel pronunciare quelle parole sprofondò il volto tra le ginocchia, quasi volesse nascondersi dalla vergogna. Nascondersi da se stesso. Potevi anche solo lontanamente immaginarti cosa volesse dire avere sulle proprie spalle il peso disumano e schiacciante di tutte quelle anime che avevano fatto affidamento su di te? Quel peso lo aveva piegato, anzi spezzato. Logorato, distrutto, straziato, svuotato della sua stessa essenza.

    Se solo mi fossi accorto di essere una lama al servizio dei loro sporchi interessi.
    Se solo mi fossi reso conto delle conseguenze catastrofiche che una guerra comportava.


    La sua voce era tremante, esprimeva grande rimpianto. Aveva persino il fiatone. Probabilmente si era incolpato troppo ed ingiustamente. Se anche allora avesse avuto la stessa consapevolezza che possedeva adesso, avrebbe comunque potuto far ben poco per placare la guerra visto che ad essere corrotto era tutto il sistema di cui faceva parte e lui, che ci crediate o meno, era poco più che una pedina. Una pedina più preziosa ed importante delle altre, ma pur sempre una pedina. Da usare e sacrificare a proprio piacimento. Molti altri, che avevano avuto le sue stesse responsabilità ricoprendo ruoli politici di ugual spicco, si erano fatti scivolare addosso tutto quanto, dimenticandosi presto di tutte le morti che la loro noncuranza o il loro stupido idealismo avevano scatenato. Perché non vi è idealismo che tenga confronto dinnanzi all’oblio più totale portato dalla morte. E lui lo sapeva bene visto che per proteggere futili idealismi e tradizioni aveva sacrificato ciò che amava più al mondo.

    Avrei dovuto scappare da lì e portare con me quanta più gente possibile.

    Fu davvero sul punto di alzarsi ed andarsene, perché tutte quelle parole cariche di amarezza stavano facendo riemergere sgradevoli sensazioni e frustranti sensi di colpa, se non che fu una mano a tenerlo lì ancorato. Il tocco delicato ed impercettibile di quella bianca mano che si appoggiò sul suo nero guanto, un tocco che nella sua semplicità e disinvoltura era più forte di una catena di acciaio. E poi quella richiesta, giusta e doverosa, che sapeva sarebbe prima o poi arrivata.

    Si voltò a guardarla e per un attimo rimase in silenzio, indeciso sul da farsi. Ma sì, in fondo che paura c’era nel mostrare il proprio volto? Era passato così tanto tempo, era così diverso. Se anche per assurdo lei fosse riuscita a riconoscerlo o a scorgere una somiglianza, avrebbe potuto inventarsi qualcosa, una parentela o un qualche altro tipo di legame. E poi chi mai avrebbe creduto possibile che Shikaku Nara fosse ancora vivo? Chi l’avrebbe creduta? Eppure era comunque titubante, forse perché da dopo quegli eventi non si era mai mostrato a nessuno, mai così da vicino.

    Si portò la mano al cappuccio, tremava, ma lentamente se lo sfilò, scoprendo il viso e lasciando che la luce lo illuminasse. Ah quale miscuglio di strane sensazioni. La luce era così calda sulla rosea pelle ma così fastidiosa per i chiari occhi che fu costretto a strizzarli per qualche secondo prima di riuscire ad aprirli. Quegli occhi rimasti azzurrissimi ma non più sognatori, come se le tante lacrime riversate avessero scavato due grandi solchi sotto ad essi. Si passò una mano tra la bionda e folta chioma, quasi volesse rendersi presentabile. Respirò a pieni polmoni, quasi fosse stata una liberazione uscire allo scoperto. Era rimasto indubbiamente un bell’uomo, con lineamenti regali, labbra carnose ed un viso immacolato, su cui non vi era segno di cicatrici a differenza del resto del corpo. Restò calmo, fissando la sua interlocutrice, sebbene fosse tradito da un leggerissimo tremolio al lato del labbro, che di conseguenza faceva vibrare leggermente anche le sue parole.

    Certo, mi piacerebbe molto sentire qualcosa riguardo a lei.

    Già, sentire la storia della povera Eas lo avrebbe aiutato a mettersi a suo agio ed a distrarsi. Ancora non sapeva come avrebbe reagito la donna alla sua vista.



     
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    « Parli come una persona che aveva un sacco di responsabilità. »
    E che aveva il potere per fare effettivamente qualcosa in un posto dove ormai di spazio per agire ce n'era sempre meno: me n'ero andata proprio perché sapevo che sarebbero andate a finire così le cose e lui sembrava esser stato un individuo abbastanza influente da quello che mi diceva, proprio come una persona che conoscevo e che in fondo, in cuor mio, per quello che aveva fatto in poco tempo non avevo mai dimenticato. Sono anche convinta che non abbia ricevuto la mia lettera, ma al momento non ho nemmeno l'ombra di un dubbio perché non ho motivo nemmeno di pensarci.
    Da quando mi sono messa a consolare le persone?
    Forse da quando ho deciso di intraprendere un determinato lavoro che comprende anche l'uso dell'arte oratoria, cosa mai scontata nemmeno in un ruolo come il mio dove si pensa che basti fare determinate cose. Mi voltai verso il resto delle tombe, scuotendo appena il capo. « Come sono convinta che tanti non pensano che sia stata colpa tua, la guerra è stata...inevitabile. Di sicuro non lo pensava lei. »
    Mi riferivo a me stessa anche perché non ero "morta" per colpa sua, ma solamente per colpa mia e quella paradossalmente era stata la mia salvezza.

    Mi faceva sempre uno strano effetto sentire le persone sul punto di piangere o vicine al loro punto di rottura, probabilmente perché essendoci passata non avevo voglia di rivivere quei momenti anche se non ero propriamente io. Mi lasciava un certo senso di malinconia repressa che mi rievocava brutti ricordi anche se in questo posto era davvero inevitabile rivivere brutte memorie, davvero brutte e tristi.
    « Lei lo aveva capito e me l'aveva detto. Di andarmene dico. »
    Perché non mascherare un po' la verità con un velo di menzogna? In fondo quel pezzo di marmo era la più grande bugia che ci fosse qui di fronte a noi, potevo reggere il gioco senza troppi problemi. Cosa importantissima ai fini della conversazione e per ottenere più informazioni era che non stavo togliendo la mano, non fino a quando non avesse avuto necessità di farlo per acconsentire alla mia richiesta di farmi vedere come fosse fatto in volto. Avevo una gran curiosità che non volevo lasciar correre ed avrei fatto di tutto, anche se forse il mio obiettivo era molto più vicino ed era bastato davvero poco per raggiungerlo. « Cosa te lo ha impedito? »
    Se non l'ha fatto è perché c'è stata una qualsiasi cosa che lo abbia tenuto fermo ed ancorato al posto, a quella che un tempo era casa mia e le motivazioni potevano essere molteplici, chissà quale fosse quella veritiera. Come detto però la mia curiosità sarebbe rimasta affamata ancora per poco perché tempestivo come non mai, quell'uomo si tolse il cappuccio con fare estremamente titubante e timoroso. Doveva aver paura di qualcosa, forse del suo ricordo o di vedere il suo stesso riflesso: le persone non si nascondono se non hanno paura di vedere sé stesse oppure se non hanno paura di qualcuno ma contando dove si trovava, volli scartare la seconda ipotesi.

    In quel caso tolsi la mano quando la portò al cappuccio e non avevo la minima ombra di dubbio sul fatto che si sarebbe potuto alzare e se ne sarebbe potuto andare, non sembrava ma osservandolo potevo dire di aver suscitato un pizzico di attenzione in lui. Era rimasto a parlare, era rimasto qui accanto a me ed era segno che ne avesse bisogno così come il mio dargli modo di parlare era stato sufficiente a farlo cadere nella rete che avevo piazzato in un paio di minuti e non di più.
    Il fatto che mi avesse lasciato a bocca aperta era secondario anche se lo avrebbe potuto vedere ed era stata davvero una delle poche volte dove mi ero trovata spiazzata perché aveva un'aria terribilmente familiare anche se c'erano tanti dettagli del suo viso che non riuscivo a riconoscere. Ho visto poche persone con questo colore di capelli e questa tonalità di occhi nonostante siano comuni ma nel mio girovagare non ne ho trovate molte: tra quelle incontrate così ce n'era una che portavo tutt'ora nel cuore e questo individuo me la richiamava anche se con indifferenza. « Chiedo scusa. »
    Mi ricomposi scuotendo il capo. « Mi ricordi una persona a cui tenevo molto. Gli somigli. » Cercai di tornare a sorridere per provare a consolarlo, a confortarlo perché ora che avevo di fronte un volto bastava guardarlo anche da lontano per capire che avesse paura o che non stesse male. Se prima gli tenevo la mano, ora la feci scivolare per portargliela aperta e distesa sulla guancia prendendomi forse troppa libertà ma era una libertà necessaria: nulla mi vietava di ottenere informazioni adesso e so che rispondendo a quello che voleva---anche se qualcosa non mi tornava. Perché mi stava tornando in mente l'occasione in cui ero stata vista piangere per l'ultima volta in quella stanza d'ospedale? Forse perché stava per farlo lui. « Non trattenerti. » Piegai appena il capo di lato, facendo per togliere lentamente la mano dando a lui libertà di dire se voleva la riportassi lungo le mie gambe o meno, solo poi per girarmi verso la mia pietra tombale.
    « Non è mai stata a genio a quelli del clan, non ha mai voluto ubbidire o dimostrarsi degna di portare il cognome che aveva sulle spalle anche se dal punto di vista dell'efficacia era probabilmente una delle migliori della sua generazione. » Potevo permettermi di darmi delle arie? Certo che potevo, che diamine: nell'uso del nostro occhio ero quasi senza rivali. « E proprio per questo i suoi comportamenti erano quasi sempre stati perdonati, sapevano che per come si comportasse avrebbe portato onore al loro sangue guerriero. Tuttavia non le hanno mai perdonato la il fatto che con il tempo si fosse innamorata di uno Hyuga, immagino tu possa capire perché: sembri conoscere la storia della città. »
    Sospirai. « A maggior ragione considerando che lo stesso Hyuga, un giorno, l'ha quasi uccisa e si è salvata per miracolo grazie all'intervento di un uomo che poi ha sempre portato nel cuore. Me ne parlava sempre: "è arrivato come un cavaliere con l'armatura scintillante sul suo cavallo bianco e mi ha portata in salvo, mi ha trattata come nessuno aveva fatto". Me lo ripeteva ogni giorno, confessandomi però che quel cavaliere non l'avrebbe mai potuta guardare come lei guardava lui. Purtroppo le sue attenzioni sono andate altrove. »
    Abbassai il tono della voce lasciandola un po' più malinconica. Non mi era piaciuto ciò che avevo fatto ma era stato necessario per la mia sopravvivenza: o io o lui ed onestamente parlando non avevo la minima intenzione di essere punita per quello che avevo sempre voluto fare e perché non stavo ad un'etichetta davvero stupida che non avrebbe portato da nessuna parte se non qui. « Suo fratello ha cercato di farla uccidere per questioni di famiglia, ma è accaduto il contrario: da lì il clan si è spaccato a metà, è un episodio abbastanza famoso nei ranghi interni. A causa di questo episodio e della guerra che incombeva, mi ha detto che se ne sarebbe andata ma... »
    Indicai con una mano la tomba, sospirando di nuovo. « ...non so come sia successo, non l'hanno mai divulgato. »
    Questo dovevo inventarmelo.

    Ma non mi ero dimenticata della mia promessa, quella di mostrare il volto se lui lo avesse fatto: continuava ad essermi quasi familiare, continuava a stuzzicare qualche ricordo nascosto che non so come mai mi stava sussurrando qualcosa che non riuscivo a sentire bene. Appoggiai l'ombrellino a terra.
    « Prima di andarsene aveva scritto una lettera per quella persona, posso dedurre che non sia mai arrivata a destinazione e voglio essere sincera, per come me lo aveva descritto tu...non so come dire, mi lasci una sensazione strana. Forse voglio solo credere di avere l'occasione di farla arrivare adesso, non so nemmeno se tu possa essere quella persona o meno ma so che cominciava così... »
    Posai le mani alla base del velo per tirarlo lentamente su, per portarlo sopra il cappello e mettere ben in evidenza il mio volto che nel corso degli anni era cambiato relativamente poco e forse era stata una fortuna da parte mia. Potevo dire di aver mantenuto il mio fascino in fondo.
    « Scusa se te lo dico così, Shikaku, ma so che se ti incontrassi e tu mi chiedessi di rimanere non saprei dirti di no. »
    Il tempo passa, il ricordo delle cose più importanti no: mi faceva quasi rabbia pensare che l'avessero buttata via o bruciata.
    Lo guardai ed allungai la mano verso di lui: non so perché ma adesso quella che aveva bisogno di un contatto ero io. « Vorrei davvero potergliela ripetere a voce adesso ma non so nemmeno che fine abbia fatto. Me lo ricordi. »




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    In effetti ne aveva avute molte di responsabilità: formalmente era stato il capo di un’intera Nazione. Dico formalmente perché nella pratica lui era un semplice attuatore di decisioni che venivano prese in altre sedi, lontano dalla sua presenza. Le istituzioni che infatti credeva essere libere, giuste ed eguali in realtà erano alla mercé di poche famiglie di oligarchi il cui unico scopo era proteggere il proprio patrimonio ed accrescere i propri interessi economici. Per saziare tale smania di potere erano persino arrivati a sacrificare migliaia, che dico, milioni di vite innocenti. Peccato però che il buon giovane Shikaku si fosse accorto di tutto questo troppo tardi, a guerra inoltrata, quando la sete di vendetta per le perdite subite aveva ormai sovrastato ogni barlume di lucidità e saggezza.

    A quel tempo credevo di combattere per una giusta causa e che la guerra fosse un male necessario per proteggere ciò che di buono e grandioso vi era nella nostra Nazione.

    Si limitò a dire sconsolato e con i lacrimoni agli occhi. Probabilmente era troppo giovane ed inesperto per ricoprire il ruolo di capo supremo. Non che mancasse di morale o di capacità intellettive, ma per certe posizioni ci vuole anche una sana dose di spietatezza oltre che un subdolo intuito per leggere congetture e sotterfugi. E lui non possedeva ne l’uno ne l’altro: era stato scelto da loro proprio per questo, perché era un volto pulito che si fidava senza fare troppe storie dei Consiglieri più anziani, anch’essi venduti ai Daymio.

    E se per caso, una volta arrivato a comprendere gli oscuri intrighi che vi stavano dietro la guerra, avesse deciso di ribellarsi al sistema, se solo per puro caso avesse osato opporsi ad una guerra che lui stesso aveva propagandato, nessuno lo avrebbe seguito e loro, i Daymio, lo avrebbero semplicemente sostituito con qualcun altro. Avrebbero potuto dire tranquillamente che si era venduto al nemico o qualche fandonia del genere, ma di sicuro nessuno dei suoi compatrioti si sarebbe ribellato a quelle istituzioni che per secoli avevano fatto parte della loro cultura e che li avevano protetti. Così, il suo senso del dovere gli aveva comandato di restare e combattere, in silenzio, per proteggere quante più persone possibili da quello scempio. Ma, col senno del poi, nel profondo del suo animo si malediva ogni santo giorno per non essere riuscito a capire prima come stavano veramente le cose e per non aver agito in maniera differente. Non c’è nulla di glorioso nella guerra. Non per chi l’ha vissuta sulla propria pelle.

    Devo trattenermi. Ho fatto una promessa con me stesso e non intendo più piangere per ciò che non può essere recuperato.

    Anche se a volte è così difficile lasciarsi il passato alle spalle. Chiuse gli occhi, appoggiando maggiormente la guancia del suo viso sul palmo della mano di lei. Era così rassicurante e così liberatorio sentire il calore di una mano sfiorare la propria pelle. Era come se quella mano lo aiutasse a sorreggere il peso immondo che per tutto quel tempo si era portato appresso. Respirò profondamente un paio di volte. Non voleva lasciarsi sfuggire nemmeno una lacrima, nonostante fosse tremendamente difficile tenerle confinate negli occhi. Ed alla fine, vinta la sua battaglia personale, con calma li avrebbe riaperti, tornando ad osservare quella donna con un profondo senso di gratitudine.

    Lo rincuorava sapere che almeno qualcuno non pensava che la guerra fosse stata tutta colpa sua. A dire il vero mai nessuno gli era venuto a puntargli il dito contro, ma si sa che la propria mente è il più terribile dei nemici quando si convince di qualcosa di profondamente sbagliato. Così come lo aveva rincuorato il fatto che non lo avesse riconosciuto anche se per un attimo aveva esitato ed aveva mostrato un palese stupore, come testimoniavano le sue parole.

    ..Eas Setsuna Uchiha..

    Bisbigliò guardandola. Più raccontava circa la sua storia e più quel nome gli ritornava familiare. Non apparteneva ad un clan come tutti gli altri e le persone che ne facevano parte erano costantemente sotto la lente di ingrandimento. Per questo motivo, sebbene ci mise un po’ a recuperare tutte le scene chiuse nei meandri della sua mente, non poteva essersi dimenticato di una storia tanto particolare accaduta ad una sua esponente di spicco. Ma la stangata finale fu sentire il proprio nome fuoriuscire da quelle labbra, pronunciato con una naturalezza ed una disinvoltura a cui non era più abituato.

    Le ciglia dei suoi occhi si corrugarono, inarcandosi all’insù, sino a toccarsi al centro della fronte, dando vita ad un’espressione che era un insieme di stupore, smarrimento e sbigottimento. Era come se fosse stato appena denudato davanti al mondo intera e non c’era proprio modo di nascondere tale emozione dal suo volto. Era chiaro ed evidente che le parole di questa storia lo avessero toccato nel profondo: era stato lui a dare il permesso ad Eas di allontanarsi dal villaggio per cercare il suo amato ed era stato lui successivamente a salvarla da una morte certa. Sapere che quella ragazza fosse morta considerandolo il suo eroe aveva l’effetto di ricevere una pugnalata al cuore ed una medaglia al valore nello stesso momento. Perché lontani erano quei giorni dove con benevolenza cercava di aiutare il prossimo nella convinzione di poter aiutare il mondo intero con una buona azione alla volta.

    Forse aveva sopravvalutato un po’ troppo quell’uomo, quello Shikaku dico.

    Deglutì. Cercava di non far trapelare la sua emozione più del dovuto e di ricomporre la faccia ad un’espressione più mansueta e tranquilla, ma era palese che fosse inquieto, tanto che si alzò per cercare di non destare ulteriore sospetto, prendendo al contempo quella mano che lei gli tendeva. L’avrebbe aiutata ad alzarsi. Era giovane, molto giovane. E molto rassomigliante a colei che diceva di compiangere.

    Ti prego va avanti, cosa vi era scritto in quella lettera?

    Con gli occhi a poca distanza l’una dall’altro, avrebbe scrutato ogni curva, ogni dettaglio ed ogni bellezza presente sul viso di lei. Era incredibile come si potesse rimanere, tutto d'un tratto, rapiti da una sconosciuta.



     
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    Me lo stavo domandando in quei secondi: e se avessi avuto una fortuna sfacciata proprio adesso? Se avessi modo sin da subito di rimediare e dirgli quelle parole che la me di dieci anni fa non era stata in grado di esternargli? Era davvero una serie di dettagli troppo puntati: l'aspetto che non era uguale ma nemmeno così lontano da quella figura sfocata che aveva negli occhi della memoria, il suo modo di addossarsi colpe come se avesse avuto un sacco di responsabilità---purtroppo avevo visto troppe persone per ricordarmi con assoluta precisione una figura così importante e spesso me ne vergognavo.
    Perché invece quegli occhi bianchi ancora non li avevo dimenticati? Forse perché erano una particolarità?
    Mi faceva strano comportarmi in questo modo di fronte alle tombe dei miei antenati e dei miei defunti parenti, gettare la mia rete profumata e far sì che una persona ci cadesse con tutte le scarpe. Mi avrebbero guardato con sdegno anche adesso e forse è proprio per questo che mi stavo comportando così, l'idea di fargli vedere che me la passassi relativamente bene mi stuzzicava in maniera incredibile. Almeno fino a quando non mi ero messa a parlare di quell'uomo che mi aveva dato così tanta fiducia, devo ammettere che da parte mia è stata una pessima mossa perché mi ha rabbuiato.
    Un pizzico di naturalezza può solo far bene.
    « Hai fatto come me, ho promesso di non piangere più di fronte a nessuno. »
    Da quel giorno in ospedale, da quando mi guardava rannicchiata e da quando avessi realizzato di essere molto meno di quello che credessi e quando è bastato così poco a farmi chiudere gli occhi che mi ha fatto crollare qualsiasi certezza avessi dentro la testa, dentro le ossa e dentro il cuore: solo la preveggenza di una persona mi aveva salvata e non solo.

    Fece uno strano effetto sentir bisbigliare il proprio nome ma immagino che prima o poi sarebbe successo qualora qualcuno si fosse avvicinato alla mia lapide per leggere chi vi fosse "sepolto". Immagino che anche per lui l'effetto fosse stato...
    Presi diversi secondi per realizzare quest'ulteriore stoccata che il destino mi stava lanciando e non parlavo del sole che ora mi colpiva sul lato sinistro del volto donando una scintilla di luce bianca sui miei occhi neri, mettendo in evidenza gran parte della mia vanità: adoravo qualsiasi cosa mi facesse risaltare gli occhi od i capelli bianchi, erano i punti forti del mio viso. Ma abbandonando un attimo la vanità mi trovai sorpresa di trovare sul suo volto la mia stessa espressione nel sentir pronunciato il nome, anzi lui forse era stato meno discreto di me e la sua reazione mi lasciò un attimo spiazzata ma in questa piccola partita ero sempre stata quella con la mano migliore, non mi potevo permettere di perderla adesso nemmeno se mi avesse detto che fossi stata la donna più bella che avesse mai visto (il che poteva anche esser vero).
    « Forse ha creato delle aspettative, ma le ha dato fiducia. » Mi scappò una lieve risata, una di quelle che si potevano sentire ad un qualche tipo di festa con persone di un certo livello: in genere funzionava, ma davvero mi uscì spontanea. « Avrebbe dovuto pensarci prima di salvarle la vita, per alcune ragazze è un gesto fin troppo efficace. » Non ero un genio delle interpretazioni, ma erano parole che facevano effetto. O era una persona che ci somigliava, o lo conosceva bene bene bene, oppure era lui ed avevo tutta intenzione di scoprirlo.
    Ai tempi non era mai stato così sensibile a...me, ma il tempo passava per tutti ed i gusti cambiano.
    Oppure ero migliorata in maniera esponenziale io con il mio approcciarmi agli uomini.

    « Solo perché me l'hai chiesto in questo modo. »
    Mi concessi quest'altra battuta nel tirarmi in piedi e da ferma trovarmi vicina a lui senza aver mosso un dito o una gamba. Forse mi stava mettendo alla prova, forse invece era il contrario. Mi trovai a guardare di nuovo verso la mia lapide, facendo attenzione a non far cadere il velo di nuovo sugli occhi. « Anche se sembra che potrebbe farti male. »
    Ci sono cose talmente evidenti che sono impossibili da nascondere, tesoro. Il tempo non mi aveva aiutato e qualcosa me lo sarei dovuto inventare ma nella situazione in cui eravamo poteva solo andare come volessi.
    « Ho paura.
    E non è bastato nemmeno che tu arrivassi sul tuo cavallo bianco a soccorrermi dal drago per darmi fiducia, per farmi credere in me nonostante tu l'abbia fatto. Mi hai detto che sei stato tu a mandarmi in missione ma andiamo, avresti potuto dirmi di no? Sarei andata lo stesso, sarei morta lì e tu non sapresti nemmeno chi sono: la tua colpa è stata il farti abbindolare da me.
    Ma se così non fosse stato non avrei mai scoperto di essere meno forte di quanto avessi mai pensato e non avrei scoperto quel terrore che provi quando stai per perdere la vita, quando scopri che c'è qualcosa che potrebbe spegnere la tua fiamma con un soffio senza nemmeno sudare.
    Certo che su quel tetto te la sei presa comoda prima di portarmi via, eh?
    »
    Sorrisi quasi furbetta in quella piccola provocazione che gli avrei lanciato in quella lettera. Credevo sarei morta dissanguata nell'aspettare che facesse il suo bel discorsetto con quella persona, avevo resistito solo perché beh, non volevo morire come tutte le persone di questo mondo.
    « Ed ora che ho realizzato questo, ho guardato cosa sta arrivando. Ti chiedo scusa se ti ho creato difficoltà con la faccenda di mio fratello ma capiscimi, o io o lui e come non avevo voglia di morire ad Ame, non l'avevo nemmeno allora con la differenza che qui potevo agire prima che diventasse un tormento per me. Involontariamente ti ho passato il fardello e non mi aspetto che tu capisca cosa scorre nel nostro sangue.
    In realtà non ti auguro di scoprirlo mai. Eppure ci ho provato nonostante quest sai? A dir loro di venire con me perché so che la guerra prima o poi si abbatterà su casa nostra con una furia senza precedenti e di noi rimarrà poco o niente.
    Voglio vivere, dunque andrò al nord. Non so dove ma me la caverò: sarà difficile mantenere un basso profilo considerando che io sono io, ma sto imparando a recitare. Funzionerà.
    » Questo era il momento perfetto per sanare un dubbio, un interrogativo che era stato lui stesso ad instillarmi in testa con il suo aspetto ed il suo modo di fare. Magari mi stavo sbagliando, magari avrei solo irretito uno dei tanti che mi sarebbe venuto a trovare a Florentia nei giorni precedenti ed anzi era probabile che mi sbagliassi, lo era davvero tanto.
    Purtroppo sono sempre stata famelica e viziata.
    Mi voltai verso quel biondo a cui non avevo lasciato la mano mostrandomi intenerita e malinconica: se era diventato questo allora aveva bisogno di qualcosa. Di una piccola motivazione che lo spingesse a tornare quel cavaliere. « Mentre ti scrivo, ho realizzato di aver aspettato per troppo tempo il cavaliere sbagliato. Strano come bastino un mazzo di fiori ed un paio di belle parole, non credevo funzionasse anche su di me.
    Ed è per questo che non te la consegnerò di persona, anche per non illudermi perché so che non mi chiederai di restare e so che se lo farai, non sarà per quello che voglio io così come non ti dirò nemmeno di venire con me: non accetteresti per tante ragioni, una su tutte che il villaggio ha bisogno di te.
    La mia famiglia invece no, sono brutte parole ma ho realizzato che nessuno ha bisogno di una come me.
    Eppure mi piace immaginare, da ragazzina sognatrice quale sono, che guarderai alla luna leggendo questa lettera chiedendoti dove sia finita e nascondendola in un cassetto per poterla rileggere nelle sere di solitudine: sarebbe fin troppo romantico, non credi? Ma probabilmente fra qualche settimana non ti ricorderai di me se non per le brutte voci che circolano al clan.
    »
    Strano come mi stessi inventando solo dei dettagli, il resto era davvero quello che c'era sulla lettera a grandi linee: in dieci anni non posso ricordarmi le virgole, tuttavia il contenuto quello era e speravo di vedere qualcosa, di smuoverlo. Di ottenere un qualsiasi indizio che confermasse una qualsiasi teoria in questo posto dove non si può far altro che ricordare.
    « Spero non mi biasimerai per aver preferito vivere che morire per qualcuno che nemmeno mi vuole più.
    Prometto, però, di ritornare: è pur sempre casa mia. Non vedo l'ora di vedere come avrai risolto la situazione, magari potrai dire di aver sentito la mia mancanza. Fino ad allora...
    Tua, Eas.
    »
    Tra le ultime due parole lasciai passare davvero tanto, tanto tempo. Era come se volessi imprimergliele bene in testa per causare qualcosa: una qualsiasi cosa. Ed anche quando terminai lasciai scorrere un paio di secondi prima di abbassare il capo con fare - ovviamente falso - imbarazzato. « In dieci anni ci si dimentica di tante cose, pare. Sarebbe bello potergliela riferire di persona anche se è un po' imbarazzante. »

    Sono sempre stata una persona falsa come tutti gli Uchiha, avendo solo questa cosa in comune con loro.
    Anche adesso lo ero ma solo in parte.
    Cercare di smuovere una persona solo per un po' di curiosità personale era un gesto ignobile da parte mia ma solo così avrei ottenuto informazioni e poi diciamocelo, sarebbe stato davvero bello se il destino fosse stato poco infame questa volta.
    Anche se avrebbe potuto scegliere un posto migliore e meno tetro.




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    Ascoltò. Nel silenzio più totale e profondo. Il suo volto cercava di restare impassibile ma i suoi occhi continuavano a tradire il miscuglio di strane sensazioni che si stavano attorcigliando nella sua testa. Da un lato si sentiva appagato di aver portato conforto ed aiuto: era bello sapere che le azioni positive che aveva fatto erano state apprezzate e che qualcuno credeva ancora in lui, soprattutto in un periodo di profonda oscurità e depressione come quello che stava passando e da cui stava cercando di uscire. Dall’altro era dispiaciuto nel sapere che la ragazza avesse frainteso i suoi atteggiamenti o comunque che si fosse infatuata della persona sbagliata. Un amore non corrisposto poteva essere letale quanto un amore perduto.

    Eppure non le aveva riservato un trattamento di favore. Forse aveva leggermente preso la sua faccenda più a cuore rispetto alle altre, ma tra l’interessarsi e l’innamorarsi ne passava di acqua sotto ai ponti. Che poi nemmeno si era accorto degli effetti che aveva provocato nel cuore di quella fanciulla o comunque non ci aveva dato più di tanto peso, credendo che quello fosse il suo modo normale di agire ed interloquire. Insomma, non provava alcun piacere nel giocare con i sentimenti delle persone. Ma non si potrebbe dire altrettanto di te, cara Eas, visto che la prima volta che ti eri presentata a lui avevi subito cercato di affascinarlo e provocarlo nella speranza che cadesse alle tue lusinghe e ti concedesse il permesso di andare in missione per conto tuo, a svolgere i tuoi interessi personali. Il tuo giochetto, se così possiamo definirlo, ti si era ritorto contro alla fine.

    Oh sì, cominciavano a riaffiorargli alla mente altri dettagli. Tutta la faccenda si stava facendo più nitida e chiara. Le aveva fatto quella concessione speciale nella speranza di garantirsi la sua fedeltà e devozione come compagna d’armi. Ma a volte essere troppo magnanimi e gentili non ripaga mai del tutto, sebbene lasci una traccia indelebile nel cuore delle persone. Infatti Eas era fuggita, lasciandolo solo con quella lettera, all’alba di una guerra.

    Si arrabbiò molto per quella lettera sai.
    Sia con lei che con il suo clan.
    Particolarmente con il suo clan: gli sembrava assurdo che con una guerra incombente, quelli fossero in grado di scatenare pure una guerra in famiglia. Gli Uchiha erano soliti incappare in questo genere di faide fraterne, per questo non gli interessò chi avesse ragione e chi avesse torto.
    Era troppo preoccupato per la guerra: iniziava a rendersi conto di cosa volesse dire farsi carico della vita delle persone di una Nazione intera.
    Sta di fatto che fu molto duro quella volta e volle chiudere la questione insolitamente in fretta, senza prendere le parti di nessuno.
    Credo sia per questo motivo che non mandò nessuno a cercare la ragazza.


    Beh non poteva ricordare tutto a puntino, ma il succo era quello. Da notare che finalmente era stato fermo e duro nelle sue parole, forse perché a suo tempo la questione lo fece mandare su tutte le furie. Era stata veramente una faccenda triste e spiacevole, per tutti. Anche per lui.

    Lui le aveva lasciato piena libertà di movimento e lei era venuta meno al loro patto fuggendo nel momento in cui lui aveva più bisogno della sua forza. Lo considerò al pari di un tradimento.

    Scosse il capo. Restò per un attimo pensieroso. Forse aveva esagerato con quell’ultima esternazione.

    Ma non riuscì mai ad essere completamente arrabbiato con lei.
    Mai.
    Era arrabbiato per il modo improvviso in cui se n’era andata, era arrabbiato perché non ne aveva parlato con lui come aveva sempre fatto, perché era sicuro che ragionandoci insieme avrebbero potuto trovare una soluzione alternativa che contentasse tutti e riportasse la pace.
    Ma non era arrabbiato con lei. Quando aveva parlato con il suo clan, si era reso conto di quanta inutile gelosia serpeggiasse nei suoi confronti.
    E se quest’oggi avesse ricevuto la stessa lettera, posso affermare con assoluta certezza che avrebbe appoggiato la sua scelta di andarsene il più lontano possibile, lontano dalla guerra. Avrebbe dato lo stesso consiglio a molti altri.


    Fece una pausa, voleva dare enfasi a ciò che stava per dire e farle capire che lui ricordava Eas non per le dicerie del suo clan ma per il rapporto di fiducia che era intercorso tra di loro.

    Perché in fondo quella ragazza era uno spirito libero ed aveva solo voglia di evadere da quel luogo che reputava opprimente.
    E’ un peccato che non si sia salvata.


    Davvero un peccato. Le mollò la mano, le voltò le spalle e fece quattro passi, per poi fermarsi passarsi le mani sul volto come quando la mattina ci si sciacqua con l’acqua fredda per svegliarsi. Sarebbe poi tornato a guardarla, mostrando un gentil sorriso come quello che soleva imperare sul suo volto tanto tempo orsono.

    Alla fine ci è riuscita. Alla fine è riuscita a far si che anche a così tanta distanza di tempo io pensi a lei.

    E ci era riuscito nel modo migliore assoluto, ossia facendolo sorridere dopo anni di piagnistei e smarrimento. Nemmeno il caro vecchio Subuza era riuscito nell’impresa di riscaldargli così tanto il cuore e rendergli dolci ricordi che sino a quel momento aveva reputato tristi e malinconici.

    Perché se ho tutte queste certezze riguardo quella lettera, è perché io stesso ne sono il destinatario..

    Fece un paio di passi in sua direzione per tornarle più vicino. Se con Subuza aveva risvegliato il suo animo assopito, con Eas avrebbe potuto caricarlo della forza necessaria per farlo volare verso nuovi orizzonti. Alzò leggermente il mento.

    Io sono Shikaku Newgate del clan Nara!

    Era commosso, ma quel nome lo disse con una fierezza ed un orgoglio che aveva completamente dimenticato.
    E allora un grazie profondo Eas Setsuna per questa sensazione di rinascita che gli stavi facendo vivere.
    Un grazie dal più profondo del cuore.




     
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    After all this time
    ~ Finally

    L'intuito femminile si dice sia un'arma eccezionale ed una delle cose da seguire con più precisione possibile, mi piace vedere come queste cose siano perfettamente veritiere e che dovessi ascoltarlo sin da quel bisbiglio che miera arrivato all'orecchio. Non mi mossi di un muscolo e solo quando lui si distanziò io ebbi la forza di alzare lo sguardo con aria un po' colpevole perché sarà vero che in genere degli altri non mi interessasse, ma per quello che mi passava in testa all'epoca sapere che avessi deluso una persona che non volessi deludere mi faceva un po' male e mi trovai costretta a mascherarmi agli altri riaprendo il parasole e mettendomelo sulle spalle. Almeno un paio di cose mi consolavano, il fatto che la faccenda fosse stata chiusa davvero in fretta ma, la più importante, anche che quella lettera fosse arrivata e non fosse stata bruciata.
    « Avrei dovuto immaginarmelo, le cose non vanno mai come desidero. » Mormorai tra me e me, ascoltando poi le sue parole fino alla fine e passai dal mordermi il labbro con fare nervoso al trovarmi un po' più sollevata perché grazie al cielo! Per una volta il destino aveva voluto tendermi una mano e farmi ritrovare una persona che credevo non avrei più rivisto in vita mia: quello che avrei sempre considerato come il mio cavaliere dall'armatura scintillante che, però, adesso di bianco aveva forse solo il ricordo.
    « Quel posto era davvero opprimente. » Tornai a guardare per terra, forse il ricordo di quei giorni non era proprio andato e non lo rievocavo tutt'ora con piacere: non è bello quando la mattina ti svegli ed a volte sei costretta a passare per la finestra perché in casa tua non vogliono vederti e questo per cosa? Perché ti mettevi a pensare con la tua testa e volevi essere una persona con un po' più di libertà. Quanto avevo odiato il mio sangue.

    A far sì che io pensi a lei.
    Se fossi stato un cagnolino, avrei rizzato le orecchie ma ora mi trovai a tornare con gli occhi su quel biondo che ora collegavo, era come se i tasselli mancanti si fossero messi al loro posto senza troppi problemi ed il quadro che stavo cercando di dipingere nella mia testa prendeva la forma più chiara che potesse prendere. Era lui! Era davvero lui! Sciolsi la tensione accumulata, aprii la valvola che stava sulla nuca per far uscire il vapore e mi appoggiai la mano al petto tirando un evidentissimo sospiro di sollievo e poi sorrisi sollevata. Rincuorata.
    Verso Shikaku, sì. « Sicuro che ti convenga urlarlo così ai quattro venti? » Se lui si era allontanato io mi riavvicinai di un paio di passi facendo roteare il parasole nero sulle mie spalle. « Forse ti eri affezionato più di quanto credessi ma sono davvero contenta che alla fine te l'abbiano fatta avere, pensavo l'avessero gettata via. »
    Già mi immaginavo papà leggere la lettera, urlare che fosse oltraggiosa e bruciarla nel camino per alimentare il calore in una sera d'inverno anche se non ricordo nemmeno quando me n'ero andata di preciso: ricordo che era una bella serata, forse troppo, ma non quanto freddo o caldo facesse. Ero contenta, ero felice di non trovarmi da sola in un mondo che era stato proiettato dieci anni avanti mentre io mi trovavo con un gap da colmare di almeno otto o nove, se non proprio tutti e dieci: ogni tanto mi pentivo di essere tornata a Florentia perché dove stavo, stavo davvero bene ma questo era l'incontro che per me poteva cambiare tutte le cose. Poteva darmi un motivo per rimanere, che fosse un motivo qualsiasi.

    Presi la rosa che mi aveva allungato prima e la guardai pochi secondi, chiudendo gli occhi per respirarne ancora il profumo.
    « Ci sono voluti dieci anni perché tu mi regalassi una rosa, dieci anni. Se lo avessi saputo prima mi sarei risparmiata la fatica, è un periodo lunghissimo. »
    Volevo parlargli così tanto che avevo paura che qui non sarei riuscita a trattenermi, che mi sarei lanciata in una conversazione davvero poco consona per il posto dove ci trovavamo e quel piccolo calore che sentivo in petto era probabilmente una goccia di commozione nel realizzare un paio di cose: non mi aveva giudicata fin troppo, aveva appoggiato il mio gesto dopo aver visto che non avevo sbagliato nel volermi preservare. Non si era dimenticato di me.
    Cioé all'inizio sì, ma adesso ricordava.
    Quando scopri di vivere ancora nel ricordo di qualcuno, riprendi ad essere vivo anche fuori. « Anche se il risultato è stato quasi passabile,
    puoi ancora migliorare...Shikaku.
    » Mi passai un guanto poco sotto un occhio credendo quasi con terrore di essermi commossa troppo ma no, non mi succedeva da tanto né sarebbe successo adesso. Ma che fossi contenta, che fossi felice poteva notarlo senza troppi problemi perché come per lui era stato difficile trattenere tutta quella sorpresa, lo era adesso anche per me. « Avresti potuto scegliere un altro luogo. » Lo guardai dal basso perché sì, era sempre stato più alto di me. Avrei voluto dirgli o fare tantissime cose, ma so che questo non fosse proprio il posto più adatto: stavo tirando di nuovo il freno a mano per causa loro ed onestamente non volevo. Mi voltai verso le tombe di tutti quanti, la mia compresa ridendoci di scherno appena sopra.
    « Ti va di seguire un bel fantasma per parlare un po'? Ho un carro qui fuori che mi aspetta, non so dove devi andare ma sarà meglio lì che qui: l'idea che possano rovinarmi questo momento anche da morti mi da leggermente fastidio. » Lo puntellai al petto con un dito, ritraendolo subito. « Dopo tutto questo tempo mi sono bastati due minuti per farti sorridere, pensa se mi dessi cinque minuti. » Non intendevo dire niente di che, non c'era nessuna intenzione nelle mie parole.
    E magari togliersi più di un peso dalle spalle gli avrebbe di sicuro fatto bene. « Anche perché... » Non sapevo se avesse colto - ma che diamine speravo di sì, non poteva essere così denso! - ma volli dare l'ultima conferma bisbigliando. Mi parai anche la bocca da un lato con la mano, avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire solo da lui. Poco importava che mi sarei dovuta alzare sulle punte ed appoggiare un po', l'altezza non era mai stata il mio punto forte. « ...non so te, ma mi fa strano parlare di fronte alla mia lapide. »
    E poi mi sarei potuta mettere a sedere su qualcosa di comodo per togliermi queste dannate scarpette, rischiavano di spezzarmi le caviglie da un momento all'altro e che ci crediate o meno quelle mi servono. Camminare è una cosa meravigliosa.




    Si ringrazia Coralia per il layout.
    Vietata la copia, anche quella parziale.
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    Cosa assai bizzarra ed imprevedibile il Destino. C’è chi lo ha paragonato ad una scatola di cioccolatini, chi ad una piuma trasportata dal vento, chi ancora ad una cometa errante nel profondo spazio. C’è chi pensa che sia immutabile, chi crede che possa essere cambiato in ogni istante. C’è chi lo maledice continuamente e chi invece lo ringrazia per avergli cambiato la vita. Qualunque cosa esso sia, so solo che il Destino non può tenere troppo a lungo due anime affini separate. Prima o poi queste si ritrovano, si intrecciano, si riscoprono. Anche a distanza di dieci lunghi anni. Forse era pura coincidenza quell’incontro o forse era già stato deciso, ma a prescindere da entrambe, era un incontro illuminante tanto quanto un raggio di sole che squarcia il cielo tempestoso.

    E’ sempre bello quando ritrovi qualcuno contento di averti avuto accanto e a cui hai lasciato piacevoli ricordi, perché ti sembra che la tua vita abbia avuto un senso. Ti senti sereno, realizzato, pieno di pace. Ma soprattutto ti senti vivo. Gli mancava così tanto vivere, sentiva il bisogno umano di ripartire da capo, di trovare un posto in questo mondo. E farlo assieme a.. assieme ad una amica, un’amica che mai avrebbe creduto di poter ritrovare, un’amica capace di comprenderlo e di condividere dispiaceri e gioie, sarebbe stato ancor più allietante.

    Gioia e commozione riempirono il cuore di Shikaku. Il sorriso prima accennato ora aveva completamente conquistato il suo volto, scavando due simpatiche fossette sugli zigomi mentre gli occhi si assottigliavano e lasciavano in evidenza le prime rughette. Il tempo era passato anche per lui, i suoi anni migliori buttati a piangersi addosso, ma non era ancora tutto perduto. Nulla è mai perduto per sempre. Nulla. Basta solo fare una scelta, la scelta giusta, la scelta più adeguata per se stessi, ossia quella di tornare a vivere, dando il meglio di quello che la vita ti ha donato, lottando costantemente per migliorarsi. E la risata sincera e spensierata che gli uscì con una spontaneità fanciullesca, era una prova più che grossolana della felicità che stava provando.

    Mia cara Eas, sarebbe un privilegio per me poter condividere altre sincere risate con te.

    La galanteria non l’aveva dimenticata. Gli pareva per un istante di esser ritornato bambino. Quanto è potente il calore umano. E’ la più grande medicina contro ogni genere di male. Sembra stupido e scontato dirlo, ma se gli uomini imparassero ad amare di più ed odiare di meno, probabilmente il mondo sarebbe un luogo migliore. Ed anche se Shikaku non era il mondo, quel calore gli aveva fatto dimenticare in un istante tutto il dolore che si portava dentro.

    E magari chissà, lungo la strada potrei trovare degli altri fiori che valga la pena di raccogliere per donarteli.

    Dolcezza e gentilezza erano le due qualità che più lo attraevano ed Eas sembrava disporne in abbondanza. Avrebbe voluto tanto ascoltare qualcosa di nuovo, avrebbe voluto chiederle cosa avesse fatto, dove era stata, chi avesse incontrato. Sarebbe rimasto per ore intere ad ascoltarla. Ma non lo fece, non chiese niente. Forse perché temeva che se lei gli avesse posto le stesse domande lui non avrebbe saputo cosa rispondere. E non voleva rovinare quel momento portando alla memoria spiacevoli ricordi. No, quel momento di pura e genuina spensieratezza andava goduto il più a lungo possibile.

    Porse la mano verso di lei, non prima di averle fatto un leggero inchino per invitarla a prenderla. Se la sarebbe tenuta a braccetto, bella stretta a sè, aiutandola a camminare per quei vialotti poco consoni a delle scarpe alte. Forse non aveva più "l’armatura scintillante", come diceva lei, ma qualcosa che brillava ce l’aveva ancora, stampato sulle labbra. Quel sorriso non lo avrebbe abbandonato, non quel giorno.



     
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    Avrei tanto, tanto voluto abbracciarlo sul posto o coglierlo di sorpresa togliendomi una soddisfazione che mi tenevo dentro da dieci anni ma questo non era il momento, non era il posto. Ecco, il posto non era corretto perché il momento poteva rivelarsi fin troppo eccezionale, adatto. Ma inutile che mi sorzassi adesso di fronte ad un sacco di persone, avevo tutta l'intenzione di riscuotere il premio di qualcosa di positivo che mi era successa dopo tanto tempo che non potevo permettermi nemmeno di sorridere davvero.
    Non mi si fraintenda, adesso non mi lamento assolutamente della mia vita perché nonostante il mio lavoro non fosse uno dei più apprezzati, non mi faceva mancare niente dato che lo facevo talmente bene che sarei potuta andare avanti a sopravvivere solo dei regali che mi facevano i signori più abbienti che mi facevano visita. Mi ero davvero davvero impegnata in questi anni per farmi un certo tipo di nome, di reputazione e quasi mi sorprendeva che ancora non si fosse sparsa la voce. Magari era il mio comunque basso profilo perché non mi piaceva millantare ai quattro venti ciò che facessi.
    « Se speri che ti dica che non sei cambiato scordatelo perché non è vero. »

    Se mi aveva fatto piacere ritrovarlo? Certo che lo aveva fatto! Mi aveva anche riempito di gioia il fatto che si ricordasse di me e che fosse - da quel che potevo vedere - felice addirittura di rivedermi, una reazione che ultimamente vedevo spesso ma non per gli stessi motivi che accompagnavano Shikaku e che lo avevano forgiato in passato. Arrivai a domandarmi perché lo fosse così tanto dato che alla fine il tempo che avevo trascorso con lui era davvero ridotto, probabilmente si trattava del riavere davanti una persona conosciuta dopo tanto tempo e perché diciamocelo, ai tempi ci sapevo fare e nemmeno poco.
    Ero una dei migliori mentre adesso non sono altro che una delle tante: vi dirò che non combattere e starsene in santa pace a divertirsi è davvero rilassante. Quello che invece non era cambiato di me era il fatto che mi piacesse essere sfacciata, in un modo o nell'altro: con l'indice gli puntellai un angolo della bocca senza nemmeno esitare. « Questi non c'erano ed anche il volto è cambiato: non ti tratti bene, potrei insegnarti qualcosa. Rischi di dimostrarti fin troppo vecchio, potresti non trovare nessuna signora...come hai detto? Newgate? »
    E che non pensasse mi stessi proponendo, mi stavo solo prendendo tutta la confidenza che non mi ero potuta prendere in questi anni ma che invece avrei tanto volto avere in mano. Io---non avevo un granché da raccontare e probabilmente ciò che avrei potuto dire non sarebbe stato preso con tanta benevolenza ma che mi interessava? Io ero io e se a qualcuno non andava bene ciò che avevo scelto per me e che avevo dimostrato mi piacesse, allora non si meritava di starmi vicino: poteva essere un bel test per lui, per vedere se davvero si sarebbe messo a giudicare o no. E poi era una sorta di moneta di scambio: informazioni da me, informazioni da te.
    « Ho tante domande da farti. »
    Gli dissi togliendo il dito, compiendo un passo indietro per tornare a coprirmi il volto con gran parte del parasole.
    Almeno coprirmi dalla vista delle altre persone, in questo momento volevo farmi vedere solamente da Shikaku e da nessun altro. « E non ti salverai, ho imparato ad essere particolarmente convincente. Più di prima. » Ma sorrisi, non credevo che avrei cercato di mettere in atto le mie tecniche su di lui. Non dopo così tanto tempo che non lo vedevo.

    Mi lasciai prendere sotto braccio senza troppi problemi, riabbassando il velo ed intenzionata ad andare verso il carro che mi aspettava fuori e che avrebbe avuto un passeggero in più per...non lo so, magari pochi chilometri. Tuttavia era il posto perfetto per scambiare un'amichevole chiacchierata: il cocchiere non avrebbe dato fastidio e le finestre erano chiuse con vetro e tende che solo dall'interno potevano essere sposati o aperti: quando lo usavo mi permettevo anche di riposarci ogni tanto.
    « Oh se il tempo ha avuto il suo corso su di te. Tempo fa avresti trovato altri modi per farmi un complimento differenti dai fiori, dovrò insegnarti un paio di cose. Conosco un sacco di persone che potrebbero fare al caso tuo ma preferisco occuparmi di te personalmente. »
    Soprattutto dopo tutto questo tempo. Per fortuna il mio carro era un posto isolato ma oggi non credo che avrei potuto essere più felice di come fossi adesso per aver ritrovato una persona che mi potesse ricollegare al passato che, da quel che si sa, è sempre difficile da dimenticare e da lasciare alle spalle. Puoi andare avanti ma non puoi farlo tutto in una volta sola, hai bisogno di qualcuno che te lo faccia fare per gradi. Come potevo essere io per lui, così poteva capitare anche il viceversa.
    Chissà come mi ricordava Shikaku, se era tanto differente da come sono adesso o meno.
    Prima di camminare lo guardai e sorrisi come più potevo, questa era più forte di me. « Così potrai spiegarmi perché mi guardavi in quel modo e non far finta di non capire di cosa stia parlando. »
    Ma appunto per le risposte avrei aspettato di salire sul carro, iniziando a camminare piano piano reggendomi a lui. Questo non era il posto.
    Ma la compagnia era la migliore che mi potesse capitare.
    « Andiamo. »




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    Bella role di iniziazione per Eas e anche per il buon vecchio Seph. Che dire ragazzi, mi sembra di tornare indietro di 5-6 anni.

    E' inutile che vi sto a dire cosa ho gradito di più. Entrambi siete stati un esempio di post curati, scrittura egregia ma soprattutto immedesimazione nei personaggi. Ruolata intima tra vecchi conoscenti, lunga al punto giusto e mai tediosa. Vi do un punticino bonus per l'impegno e la passione messa, nonché la velocità con cui avete scritto la scena.

    Mrxxx: 5 exp
    Ace: 5 exp

    {Scrittura: 2; Interpretazione: 2; Strategia: 0; Bonus: Puntualità +1}
     
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