[FREE ROLE] Il Tempio degli Antichi

1° Parte

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    Mentre il cielo infuriava, promettendo tempesta, lui guardava con disprezzo e fierezza quella carcassa, orgoglioso di essersela conquistata tutto da solo. Chissà se per una volta anche quello strafottente da strapazzo avrebbe apprezzato il suo eroico sforzo. Abbandonando lì sulla neve la sua conquista, si sarebbe apprestato ad entrare, facendo leve su quella maniglia tutta scassata. Non poteva crederci che a distanza di tutti quegli anni non si fosse ancora degnato a sistemarla.

    Per la barba di Odino che mi venga un colpo! Da dove cazzo spunti!?

    Un coltello da cucina partì dalle mani rugose e ruvide di quel vecchio pazzo. Un coltello diretto verso il faccione del nostro caro Ukon. E dire che era entrato con “garbo” da quella porta, non si era permesso di buttarla giù come quando soleva fargli scherzi poco divertenti da ragazzino. Certo, aveva fatto rumore, molto rumore, ma ciò era giustificabile se si considera la stazza che ben tutti conosciamo del nostro amichevole pelatone ed il fatto che quella porta di legno fosse talmente antica da essere marcia e scricchiolante come poche. A dire il vero tutta quella catapecchia di casa era su per miracolo. Ma forse fu proprio questo inatteso rumore fastidioso e stridulo, capace di squarciare con irruenza il silenzio più totale di una fredda notte di fine inverno, a far sobbalzare in quel modo il vecchio barbone.

    Ingobbito dall’età che aveva superato l’ottantina e con una barba talmente lunga che rischiava di calpestarsela ogni volta che faceva un passo, non aveva per niente mutato quel suo atteggiamento squilibrato ed irruento. Solo le divinità potevano sapere quante volte Ukon da giovincello avesse scampato la morte per mano sua. E a distanza di anni nulla sembrava essere cambiato, nonostante non si vedessero praticamente da prima della guerra.

    Ah, se vi state chiedendo che fine aveva fatto quel coltello lanciatogli addosso a tutta velocità, sappiate che fece appena in tempo a muovere la testa quel tanto che bastava per farselo sfilare davanti agli occhi, lasciando che si conficcasse nel legno della porta aperta alle sue spalle. In effetti era impressionante constatare che quel barbone avesse ancora abbastanza lucidità e forza nelle ossa per scagliare oggetti con così tanta accuratezza e veemenza.

    Vecchio bastardo! Ti sembra questo il modo di accogliere qualcuno che non vedi da anni!?

    La risposta altrettanto burbera ed irruenta da parte del nostro amico con poco temperamento non si fece di certo attendere. Conoscendo con chi aveva a che fare però, prima di entrare in quella casa come se nulla fosse, come quando era bambino, avrebbe dovuto bussare. Perché sì, da bambino viveva proprio lì, e quel vecchio era praticamente colui che lo aveva cresciuto sino al momento in cui il pelato si era deciso ad andarsene di casa, arruolandosi nell’esercito della Regione. Cominciavate a capire da chi avesse preso certi atteggiamenti?





    Edited by mrxxx - 7/2/2018, 17:34
     
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    Se ancora non fosse palese, vi dico che quel vecchio trasandato non era mai stato un uomo raffinato ne dalle buone maniere. Anzi, queste a lui erano completamente sconosciute. In compenso però aveva insegnato ad Ukon molti precetti della tradizione varyag, compreso l'orgoglio e la spietatezza guerriera, facendogli apprezzare la loro cultura di fatica e sudore. In particolare gli aveva impresso nella mente l’importanza di custodire la libertà selvaggia che vigeva nelle loro terre. E poi a modo suo ci aveva sempre tenuto a quel batuffolo rompiscatole ora trasformatosi in una montagna di muscoli. Quel vecchio non gli aveva mai fatto mancare nulla.

    Faccio quel cazzo che voglio a casa mia! E tu non sei il benvenuto! Ignorante!

    Sembrava di vedere il bue che da del cornuto all’asino. Persino ora, dopo anni che non si vedevano, entrambi non avevano perso quel vizio di perdere le staffe con poco. Eppure, anche se tenevano un’espressione incazzosa l’uno nei confronti dell’altro, in cuor loro erano felici di constatare come certe cose restassero sempre le stesse. Sbraitarsi addosso come animali, sino ad arrivare alle mani, era il loro modo per mostrarsi affetto.

    Tsk! L’ignorante qui presente si è fatto chilometri interi per portarti la fottuta carne di Bufalo che hai sempre voluto assaggiare!

    Posteggiata fuori casa del vecchio infatti si trovava una grossa carcassa di Bufalo delle Nevi. Se l'era trascinata per chilometri tra la neve e lungo i pendii perchè sapeva che quella testa dura non gli avrebbe mai creduto altrimenti. Non era un caso che avesse ancora il fiatone e che si sentisse completamente spossato, sebbene si ergesse retto ed in volto non presentasse il minimo segno di fatica, se non il grondante sudore che si raggelava a contatto con il freddo vento. Ukon non era certo tipo che si lamentava o che si prostrasse davanti alla fatica, ma doveva ammettere a se stesso che portarsi appresso più di due tonnellate lo aveva distrutto. Per fortuna aveva avuto la brillante idea di sventrare la bestia e liberarsi di alcune sue parti di corpo, altrimenti sarebbe stata ancor più pesante. Aveva infatti deciso di tornare al suo villaggio natio portando al vecchio un dono che lui avrebbe sempre voluto catturare durante la sua vita, ma che per un motivo o per un altro non era mai riuscito a farlo, nonostante gli fosse capitato più volte di imbattersi in essa durante le battute di caccia.

    Sai che fatica catturare un Bufalo! Cosa credi, che catturare una bestia ti assolva dall’aver perso una guerra!? Vergognati! Con che coraggio, da morto, incontrerò i miei pari sapendo di aver lasciato in questo mondo un incapace a proteggere ciò che loro si erano conquistati versando sangue?

    Evidentemente la vecchiaia doveva avergli fottuto il cervello. Non si poteva spiegare in altro modo il suo mancato apprezzamento, soprattutto perchè Ukon aveva catturato la temibile e leggendaria creatura tutta da solo. Rinfacciargli la guerra, dopo tutto quello che aveva passato e dopo aver perso così tanti valorosi compagni d'armi, lo fece letteralmente infuriare sino al midollo. E finirono veramente per prendersi a sberloni sul muso, creando un vero e proprio concerto di schiaffi, sino a quando, tra una manata e l’altra, ci scappò un lungo, sincero, sterminato abbraccio. Erano felici di essere ancora vivi.



     
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    Un grosso pezzo di carne, filetto presumibilmente, cuoceva sul fuoco ardente del camino, spargendo un gradevole odore in tutta quella catapecchia puzzolente. Aspettando che la pietanza fosse pronta, masticavano come due animali affamati da giorni le gustose e succulenti costine. La scazzottata era stata liberatoria ed rappacificatrice. E poi il cibo li aveva sempre uniti.

    Sono anche meglio di quello che mi aspettavo! Talmente tenere che le ossa si sfilano senza alcuna difficoltà! Ancora non posso crederci che tu abbia avuto la fortuna di imbatterti in un Bufalo delle Nevi e di essere riuscito a catturarlo da solo!

    Disse il vecchio tra un boccone e l’altro, masticando a bocca aperta, mentre alcuni brandelli che non riusciva del tutto a mandare giù di ungevano la barba. Grugnì positivamente il pelatone, con le mani tutte sporche del grasso della carne e la bocca talmente piena che non riusciva nemmeno a spiccicare una parola. Se qualche fighetto imperiale li avesse visti probabilmente gli sarebbe passata la fame.

    Sbaglio o sei più affamato del solito vecchio?

    Riuscì infine a chiedere il grosso Ukon dopo aver ingurgitato famelicamente un intero boccale di birra che lo aiutasse a deglutire tutto quel ben divino che aveva in bocca. Si passò il braccio sulla bocca per pulirsi dalla bevanda che gli era travasata addosso e poi sparò un rutto capace di far tremare le instabili pareti di legno. Si sarebbe quindi alzato a girare e controllare la carne posta sulla pietra ardente.

    Colpa di quei fottuti imperiali. Circa tre anni fa hanno arrestato il figlio del vecchio Bartolo che all’inizio di ogni mese portava scorte e provviste via nave da Florentia e da Niethlung. Da quel momento il villaggio ha vissuto di stenti. Cerchiamo di mettere via del cibo durante l’estate, ma ormai il più giovane di questo villaggio è il figlio di Ygrid che ha 46 anni se non sbaglio. Siamo un villaggio di vecchi, i pochi giovani che come te erano qui sino ad una decina di anni fa, se ne sono giustamente tutti andati da questo posto inospitale. Pertanto cacciare non è più così semplice, mancano braccia forti.

    Ukon per un attimo si fermò rattristito, guardando contemporaneamente il vecchio per la sorprendente e frustrante rivelazione. Poi avrebbe continuato a girare i bistecconi scuotendo la testa con disappunto: non poteva credere al fatto che l’impero fosse arrivato a mettere i bastoni tra le ruote anche al suo fottutissimo villaggio natio sperduto tra le valli di Vaygrjord. La situazione si era aggravata più di quello che immaginava.

    Al diavolo quei fottuti imperiali! Bastardi! E per quale diamine di ragione lo avrebbero arrestato?

    Era ovvio che la questione lo facesse arrabbiare, ma il vecchio con un gesto della mano lo invitò ad abbassare il volume della voce. Anche se erano appena le dieci di sera tutti quanti nel piccolo villaggio erano a dormire da almeno un’ora o due. Sarebbe bastato pochissimo per squarciare più del dovuto il profondo silenzio della notte ed allarmarli. Non era il caso di svegliargli ne di aver ospiti armati di ascia alla porta, soprattutto perché si sarebbero uniti al loro banchetto, e il vecchio non aveva assolutamente intenzione di privarsi dei pezzi più saporiti di quella bestia. Avrebbe condiviso la carne gentilmente portata da Ukon, ma lo avrebbe fatto l’indomani, donandogli gli scarti che non era riuscito ad infilarsi nello stomaco. In fondo con tutta quella carcassa l’intero villaggio, avrebbe tirato avanti per almeno un paio di mesi.

    Dicono che commerciasse anche merce di contrabbando proveniente da Haven.

    Ma Ukon temeva che in realtà questa fosse solo una scusa per farlo fuori. Non potendo conquistare in maniera diretta la sua Vayrjord, terra assai impervia ed inospitale, l’Impero aveva pensato bene di isolarla economicamente, tagliandogli i viveri che provenivano dall’esterno. Ecco perchè tutti odiassero l'Impero: avevano tolto il pane dalla bocca anche a chi come il vecchio non aveva combattuto e desiderava vivere in santa pace come aveva fatto per una vita intera nella sua amata terra.



     
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    Brutta storia l’isolazionismo imposto dall’impero, ma non abbastanza per togliergli l’appetito. Avrebbero continuato a mangiare sin quando non si fossero trovati pieni come buoi spaparanzati di fronte al fuoco.

    A dire il vero negli ultimi tempi la situazione è leggermente migliorata.

    Avrebbe ripreso il vecchio, con voce assai provata dallo sforzo culinario appena compiuto. Ukon intanto aveva provveduto a disfarsi degli scarponi per piazzare i suoi piedoni accanto alla viva fiamma.

    Circa quattro mesi fa infatti, sono giunti tre forestieri al nostro villaggio. Ma a differenza del solito non erano cacciatori di passaggio provenienti da altri villaggi nei dintorni ne milizie imperiali che perlustravano il territorio. Non ci crederai mai se ti dico che erano tre comuni cittadini imperiali, provenienti da nord, proprio da Neagora o Aethernia, non ricordo bene onestamente. Da allora non se ne sono ancora andati, vivono qui.

    Ukon sobbalzò dalla sedia sgangherata, cadendo all’indietro e picchiando la nuca, mentre dei tizzoni di cenere ardente gli finirono sulla pianta del piede, scottandolo assai. Eppure nonostante la rovinosa caduta, balzando su una gamba e tenendosi con una mano la nuca, avrebbe impugnato saldamente la sua ascia pronto ad andare all’assalto dei tre sconosciuti imperiali che avevano osato entrare nel suo villaggio natio.

    Ti ho detto di non far baccano idiota!

    Lo rimproverò il vecchio facendogli segno di stare zitto. Ukon tuttavia lo guardò stupefatto. Si era forse rincoglionito? Da quando in qua i suoi compaesani erano diventati accoglienti con i forestieri? Per di più con gente dell’Impero! Quando era bambino e per puro caso osava calpestare l’orto di qualche suo vicino, finiva sempre per essere preso a bastonate.

    Quando arrivarono qui per la prima volta, si portarono con loro un carro con viveri di ogni genere che condivisero con tutto il villaggio, accaparrandosi così la fiducia e le simpatie di molti, nonostante, come potrai ben immaginare, fossimo inizialmente tutti scettici circa le loro intenzioni.

    Ukon abbassò l’ascia e tornò a sedersi, senza smettere di massaggiarsi il piede ed il capoccione.

    Io non presi un accidente di quello che loro offrivano, conosci come sono. Tuttavia comprendo chi come la vecchia Ada abbia visto in quel carro un vero e proprio segno della provvidenza divina. Questo appena passato è stato uno degli inverni più rigidi degli ultimi anni e le nostre scorte estive erano già terminate da settimane quando quei tre individui fecero la loro comparsa. E’ dura ammetterlo, ma se non fosse stato per loro mezzo villaggio sarebbe morto di fame. E la fame non distingue se a porti una pagnotta sia un varyag o un imperiale.

    Grugniva il pelatone, in effetti non gli si poteva dar torto. Sapeva bene quanto la fame fosse deleteria per la mente e per il corpo, per questo non si sentiva di condannare i suoi concittadini per aver accettato i doni portati dagli imperiali. Tuttavia il suo sospetto ed il suo odio per qualsiasi cosa che fosse anche minimamente filo imperiale lo portò a trarre una conclusione immediata.

    Vi hanno comprati. Secondo me avevano un piano ben prestabilito sin dall’inizio ed hanno atteso il momento opportuno per attuarlo: prima vi hanno tagliato i rifornimenti, lasciandovi morire di fame, e poi si sono presentati alle vostre porte come dei salvatori, portandovi del cibo ed accaparrandosi così la vostra fiducia. Mi chiedo solo quali sino i loro sporchi piani e cosa potrebbero volere da voi per restare così a lungo in un posto sperduto come questo. Che cosa hanno fatto per tutto questo tempo?

    Il vecchio si accese la pipa e ne fece un lunghissimo tiro, quasi come se stesse pensando alla fattibilità della congettura sollevata dal suo figlioccio.

    Forse questa volta stai correndo troppo con i complotti. Come ti ho già detto, non sono soldati. Pensa che erano persino disarmati e dotati di indumenti completamente inadatti alla sopravvivenza in questi luoghi. Quando arrivarono, erano talmente consumati dall’ipotermia che a stento riuscivano a parlare. Folle da parte loro inoltrarsi in queste zone senza una guida.

    Peccato non fossero stati sbranati da uno da un predatore pensò quel sadico di Ukon.

    E’ anche per questa ragione che dopo qualche giorno tutti hanno accettato passivamente la loro presenza, vedendo quanto fossero innocui. Si sono sempre dimostrati cordiali e gentili, non hanno mai piantato alcuna grana o mancato di rispetto a nessuno. Si sono presentati dicendo di essere dei.. ricercatori se non sbaglio, degli studiosi.. intenzionati a conoscere le bellezze del nostro territorio e le usanze della nostra cultura. Passano infatti la maggior parte del loro tempo ad osservarci o a porci delle domande inerenti al nostro stile di vita, annotando tutto quanto su dei libri. Annotano persino i nostri racconti popolari o le leggende che ci tramandiamo di generazione in generazione. Ecco, hanno detto anche di essere degli scrittori e che una volta che se ne andranno pubblicheranno un libro per far conoscere a tutto il mondo la grandiosità del nostro popolo.

    Erano stati abili pure a far breccia nei loro cuori: parlate della grandiosità delle loro genti ed infervorerete l’animo di un varyag facendovelo amico. I guerrieri varyag adoravano alimentare il proprio ego.

    Alle volte poi fanno delle escursioni di un paio di giorni massimo nei territori circostanti, ma di certo non sono andati oltre le montagne ad est ne oltre il fiume a sud. Dicono che vanno in cerca della fauna locale e tornano con campioni di neve raccolte in provette oppure di frammenti di roccia. Ancora non ho capito a cosa possano servirgli.

    Eppure questi atteggiamenti assolutamente normali per dei ricercatori scientifici da Ukon erano guardati con sospetto e diffidenza. Il fatto che esplorassero il territorio per lui significava che stavano cercando delle vie abbastanza grandi e sicure da cui far passare il loro esercito. Il fatto che facessero domande era per cercare informazioni riguardo qualcosa, anche se non poteva sapere cosa esattamente, ma..

    Non sono arrivati fin qui per niente! Voglio scoprire quali sino le loro intenzioni! E voglio scoprirlo questa notte stessa!



     
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    Con un’espressione tremendamente incazzosa stampata in volto e la sua fida ascia tra le mani, era sul ciglio della porta pronto ad andare a fare a pezzi i tre intrusi. L’adrenalina gli scorreva in corpo e già pregustava il momento in cui gli avrebbe spezzato tutte le ossa sin quando non avrebbero rivelato i loro sporchi sotterfugi. Tuttavia il vecchio, che nel tempo era divenuto meno impulsivo, ancora una volta gli ordinò imperiosamente di fermarsi.

    Fermo lì testa dura! Non avrai mica intenzione di fare irruzione in casa della signora Ada a quest’ora della notte vero!?

    Digrignò i denti per la rabbia e si girò verso il vecchio, puntandogli l’ascia sul muso.

    Che intendi dire vecchio!? Spiegati meglio!

    Gli sbottò in faccia minacciosamente. Ma quello, continuando a fumare la sua pipa e contraccambiando l’occhiataccia ricevuta, avrebbe messo un dito sul filo della lama per poi abbassargliela. Ukon, per rispetto, non fece alcuna resistenza, ma si vedeva chiaramente che fremeva dalla voglia di spaccare la testa a qualcuno.

    Vedi di levare quest’affare da davanti la mia faccia se non vuoi che ti prenda a calci in culo come quando eri un moccioso! Siediti ed ascolta tutta la storia prima di prendere una decisione sul da farsi. Cosa credi, testa vuota, che tutti abbiano perso il senno in questo villaggio!?

    Ukon si rincuorò nel sentire che per lo meno non era l’unico a nutrir sospetto e, anche se a malincuore, si tolse di nuovo gli scarponi e si rimise seduto accanto al focolaio.

    Sappiamo perfettamente che quei tre hanno una qualche sorta di obiettivo e che se sono rimasti qui è perché ancora non l’hanno raggiunto. Ma a differenza tua non credo che il loro scopo sia quello di invadere il nostro territorio. Non ci ricaverebbero nessun genere di profitto dal portare faticosamente delle truppe in questo luogo arido e sterile. Inoltre se davvero avessero voluto farlo, quanto credi che ci avrebbero messo ad appropriarsi di un villaggio di vecchi incapaci di difendersi?

    Aveva ragione su tutta la linea. Ukon non era mai stato un fine stratega. Le parole del vecchio gli fecero rizzare le orecchie, catturando completamente la sua attenzione.

    No, Ukon, gli imperiali ragionano in maniera differente dai varyag. Il loro scopo non è semplicemente quello di saccheggiare e distruggere per il puro piacere di farlo e per esibire la propria forza. L’idea che mi sono fatto sentendo i racconti delle persone e parlando proprio con uno di quei tizi, è che l’Impero abbia come scopo quello di appropriarsi di più risorse sfruttabili possibili.

    Ukon lo interruppe, allargando confuso le possenti braccia.

    Ma allora se sapete che cercano qualcosa perché non vi siete ribellati a loro!? Perché non gli avete chiesto nulla a riguardo? Come fai ad essere sicuro che lavorino per l’Impero? Che cosa ti ha detto quel tipo? E poi che c’entra la vecchia Ada!?

    Presto la sua impazienza sarebbe stata soddisfatta.



     
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    Il vecchio fumava a pieni polmoni, cercando di dare ordine ai propri pensieri. Doveva essere più chiaro possibile per non deludere le aspettative alle domande.

    Dunque.. La signora Ada è stata la prima ad accoglierli e a prestargli cure mediche quando arrivarono qui tutti malconci ed infreddoliti. In fondo è conosciuta da tutti, essendo stata la moglie del capo villaggio. Inoltre è un ex infermiera, nonché la più istruita: era indubbiamente la più adatta a questo compito. Suo marito, ahimé, è morto sei anni fa, i suoi due figli maggiori sono periti in guerra mentre quello più piccolo è partito alla volta di Florentia per lavorare. Ma è un paio di anni che non si hanno più sue notizie e in molti temono sia finito in qualche guaio o peggio..

    Disse facendo il segno dello sgozzamento con il dito.

    Vivere da sola in una grande cascina mentre il suo campo appassiva anche d’estate, l’ha gettata in un profondo stato di depressione. Ma da quando quei tre sono arrivati sembra una donna completamente rinata. Prima si è presa cura di loro e poi li ha aiutati nello smistamento delle provviste che si erano portati dietro a tutto il villaggio. La sua vita ha rincominciato ad avere un senso, ha rincominciato a sorridere e a riallacciare i rapporti con tutti, sentendosi di nuovo importante. Non la biasimo affatto per aver concesso a quei tre di restare a vivere nelle stanze un tempo occupate dai suoi figli.

    L’espressione del vecchio si fece severa.

    Tuttavia lei stesso qualche settimana fa mi ha confessato che è sicura che quei tre cerchino qualcosa, sebbene non sia riuscita a capire cosa esattamente. Quello stesso giorno che l’andai a trovare, ebbi l’occasione di vedere da vicino quei tre e di parlare con uno di essi, il più anziano.

    Si fermò pensieroso toccandosi la lunga barba con la mano che non impugnava la pipa.

    Avrà avuto più o meno la tua età, sulla quarantina. Mentre gli altri due sono un ragazzo ed una ragazza tra i venti e i trenta. Persone molto gentili ed esili di corporatura. Abbiamo parlato del più e del meno. Sembrano nascondere molto bene le loro vere intenzioni. Credo però che quello che cerchino non sia nocivo per il villaggio, ma sia solamente importante per loro e per il loro status sociale. E’ come se qui cercassero qualcosa per impressionare quelli che stanno nel loro Paese, capisci?

    Ukon fece un cenno positivo. Era come quando lui andava a caccia di animali e lo faceva non perché questi costituissero un pericolo per lui, ma semplicemente per misurare la propria forza e potenziare il proprio ego alla faccia degli altri.

    Posso però dirti che sono in costante contatto con qualcuno. Li ho osservati molto da dietro la finestra ed almeno due volte alla settimana la ragazza manda un falco con allegata una lettera. Se la lettera sia indirizzata agli imperiali oppure ai loro familiari questo non lo so. Ma di certo non sono qui isolati dal mondo dal quale provengono.

    Sospirò. Ukon ancora lo guardava perplesso ed anche un po’ scocciato.

    So che tu li avresti subito torturati per cavargli ogni minima informazione, ma vedi, a volte con la pazienza si ottiene molto di più che con la rabbia. Osservarli a lungo è stato essenziale per capire quali siano le loro vere intenzioni. Se li avessi torturati subito probabilmente avrebbero potuto rispondere qualsiasi cosa e non avresti mai avuto la prova di ciò che dicevano. Invece adesso abbiamo degli elementi per dire che ci ritengono molto importanti e soprattutto sappiamo su cosa far leva. E qui veniamo alla reale motivazione per cui bene o male tutti i membri del villaggio, anche i più sospettosi, li hanno accettati passivamente, abituandosi alla loro presenza..

    Il discorso del vecchio si stava facendo dogmatico ma Ukon era sempre più ansioso di sapere quale sarebbe stata la grande rivelazione.



     
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    Sino ad ora, quei tre, ci hanno fatto tremendamente comodo.

    Disse storcendo con disappunto la bocca. Ecco qual’era la bruciante verità. Ukon si accomodò sulla sedia pensieroso, contemplando con rammarico il fuoco. Gli dispiaceva tremendamente constatare come i membri del suo villaggio natio fossero ridotti. Se solo la guerra non avesse strappato tante braccia giovani, forti e valorose probabilmente sarebbero riusciti a metter via abbastanza cibo per sopravvivere tutti quanti senza problemi, come avevano sempre fatto.

    Più o meno all’inizio di ogni mese infatti, se ne vanno a nord-ovest con il carretto vuoto con cui erano venuti e quando se ne ritornano indietro dopo un giorno o due il carretto è pieno di cibi e vivande di ogni genere che condividono generosamente con tutti gli abitanti del villaggio.

    Vivevano sotto la soglia di povertà, sopravvivendo grazie agli aiuti che dei forestieri piombati dal nulla avevano la grazia di offrirgli. Se quelli se ne fossero andati, sarebbero tutti deperiti di fame e freddo, morendo di una morte lenta ed agonizzante. Ukon cominciava a pensare che, sebbene l’Impero avesse la sua responsabilità in tutto questo, doveva anche incolpare se stesso per non aver minimamente pensato alla sorte del suo villaggio in tutti questi anni. Se solo si fosse interessato di più alla vita del suo vecchio e si fosse lasciato accecare di meno dalla sete di vendetta, probabilmente non lo avrebbe trovato così debole e raggrinzito.

    E’ duro ammetterlo ma siamo caduti in basso. Dipendiamo da loro, dipendiamo dall’Impero. Non posso credere infatti che tutta quella scorta di cibo venga pagata con i soldi delle loro tasche. Se anche provenissero da famiglie ricche o se il lavoro che svolgono qui gli fruttasse uno stipendio degno di nota, dubito fortemente che spenderebbero i loro soldi personali per fare della beneficienza a dei poveri cristi come noi che spesso e volentieri li guardano con diffidenza.

    A ciò andava aggiunto l’ovvio fatto che coloro che gli davano il cibo da portare a villaggio non potevano essere dei commercianti qualunque di una nave mercantile, dato che l’Impero aveva praticamente arrestato l’unico commerciante che gli portava merci sin lì. No, era chiaro che quei tre facessero parte di una organizzazione che dava loro fondi e viveri, garantendogli una sussistenza più che dignitosa e garantendogli pure un inserimento nella loro chiusa e ristretta società. Restava da capire quanto questa organizzazione fosse intrallazzata con l’Impero ed in definitiva quanto direttamente l’Impero incidesse con le ricerche che stavano compiendo nel villaggio. Questo lo capì immediatamente Ukon, senza bisogno che il vecchio glielo spiegasse.

    Sin quando sfameranno le bocche di tutti, nessuno oserà chiedergli nulla circa il loro operato ne si sogneranno di cacciarli. E se andrà avanti così col tempo si accaparreranno la fiducia di tutti. Pensa che persino quel barbone di Oswilght l’ultima volta che sono andati e tornati con il carretto pieno di viveri, ossia tre o quattro giorno fa, prima che venissi tu-

    Una lampadina si accese improvvisamente nel testone di Ukon il quale, quasi fosse stato scongelato dalla fiamma del camino, ruotò improvvisamente gli occhi verso il vecchio.

    Hai detto che se ne sono andati pochi giorni fa e che erano diretti verso nord-ovest vero!?

    Il vecchio, interrotto nel suo discorso, si limitò a fare un cenno positivo del capo, sebbene gli girassero i cosiddetti che quella testa dura non lo avesse lasciato finire di parlare.

    Ma è chiaro! Quei tre sono in contatto diretto con l’Impero!

    Come era arrivato a quella conclusione? Semplice. Qualche giorno fa anche lui e Brann erano sbarcati sulle coste di Vaygrjord per andare a caccia del Drago, proprio a nord-ovest rispetto dove si trovavano ora. Sempre a nord-ovest, dopo essere sbarcati, si erano imbattuti in un accampamento imperiale. Era chiaro che quei tre fossero andati a rifornirsi proprio all’accampamento imperiale, che distava appunto un paio di giorni di cammino. Tutto tornava nella sua testa, ma per spiegare al vecchio tutta la faccenda doveva partire da più lontano..





    Edited by mrxxx - 8/2/2018, 16:01
     
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    Se da un lato il vecchio, dopo tempo passato ad osservare i tre ricercatori, sospettava che questi potessero essere in qualche modo a diretto contatto con l’Impero, Ukon invece ne era più che certo. E presto lo sarebbe stato anche il suo vecchio, dopo ciò che gli avrebbe spiegato. Ukon infatti avrebbe iniziato una lunga digressione che andava dal giorno in cui lui e i suoi compagni d’armi avevano perso la guerra ad Aethernia, ai lunghi anni in cui si era nascosto dagli imperiali covando odio e vendetta, sino ad arrivare al giorno in cui si era imbattuto in Brann per aiutarlo nella ricerca del Drago.

    Un Antico!?

    Il vecchio aveva ascoltato in silenzio tombale, per lunghissimo tempo, tutta la storia. Aveva insegnato ad Ukon tutto quello che un varyag doveva sapere: gli aveva insegnato a cacciare, gli aveva insegnato a combattere, gli aveva insegnato a sopravvivere. Era così orgoglioso che fosse riuscito a sopravvivere alla guerra e che fosse divenuto un uomo fiero e forte. Nei suoi vecchi occhi rugosi, si poteva intravedere emozione e commozione, tant’è che ad un certo punto fu costretto a passarsi una mano sul volto per asciugarsi una lacrima farabutta che tradiva il suo onore di uomo imperturbabile. Fece finta che un tizzone ardente gli fosse finito in un occhio ovviamente e riprese a fumare con più ardore di prima per far finta di nulla, ma la verità è che quel cuore di vecchio si stava sciogliendo davanti all’uomo che aveva sempre sperato di creare. Il fatto poi che Ukon, oltre a tutto quello che aveva passato, fosse persino riuscito a vedere un Antico ed essere rimasto in vita per raccontarlo, lo mandò in estasi sia per sorpresa che per la boria.

    Si esatto un Drago. Gli imperiali che si sono accampati a nord-ovest e da cui quei tre sono andati a rifornirsi, sono giunti a Vaygrjord per seguire le tracce di un Antico che aveva attaccato nelle loro terre. Se è come dici tu, ossia che l’Impero non si muove mai se non per cercare risorse sfruttabili, sono convinto che quei tre siano stati mandati qui per cercare informazioni riguardo i Draghi. In fondo tra di noi girano parecchi racconti e leggende che li riguardano. E se riuscissero in qualche modo a comprendere come catturare e controllare un Drago, avrebbero dalla loro parte un’arma ineguagliabile capace di cambiare le sorti del mondo.

    Sarebbe andato avanti ancora per una buona ora raccontando per filo e per segno tutta l’avventura passata con Brann, compresa la fuga dalla leggendaria Necropoli, sino a quando la stanchezza portata dalla notte fonda prese il sopravvento sulle loro menti e sui loro corpi, inducendoli lentamente ad addormentarsi assieme alla fiamma sempre meno viva scoppiettante nel camino.

    […]

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    L’indomani mattina, un freddo sole squarciava i banchi nebbia posti tra le case del villaggio. Forse, più che di villaggio vero e proprio, si dovrebbe parlare di agglomerato di case. Quello dove era nato Ukon e dove viveva il vecchio era infatti un tipico paesello sperduto ai piedi delle montagne. Le case, rustiche ed antiche, fatte di pietra e legna, sembravano a malapena reggersi in piedi ed erano per lo più abbandonate. Ormai erano rimasti solo poco meno di una trentina di persone ad abitare quel posto. E se un tempo ognuno aveva un compito ben preciso, che consisteva principalmente nell’allevare e cacciare le bestie per gli uomini e nel costruire utensili da casa per le donne, ora chiunque cercava di sopravvivere come poteva, coltivando patate e legumi nei pochi mesi primaverili ed estivi in cui la neve si scioglieva.

    Ukon venne svegliato di buon ora dall’ululato dei lupi che riecheggiò in lontananza tra le vette delle montagne, unito al russare fragoroso del suo vecchio. I galli purtroppo non sopravvivevano a quelle rigide temperature. Così approfittò del fatto che il vecchio stesse ancora ronfando per uscire alla volta della casa della vecchia Ada. Era più che mai intenzionato a far civettare quei tre. Poco importava che il vecchio lo aveva ammonito impedendogli di fare irruzione nell’abitazione della vecchia signora. Infondo non lo aveva mai ascoltato nemmeno da ragazzino, non vedeva perché avrebbe dovuto dargli corda adesso che era quarantenne. La tortura era l’unico metodo che considerava efficace e poi, come diceva il vecchio, adesso aveva più di un elemento su cui poteva far leva.



     
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    Sebbene fosse determinato, rabbioso e camminasse a passo svelto, ogni vialotto di neve che attraversava faceva crescere in lui un po’ di nostalgia per il passato, per l’ingenuità e la spensieratezza che in quei vicoli aveva lasciato. Ukon era conosciuto da tutti come un vichingo cattivo, un barbaro spietato, un guerriero impassibile dall’animo di ferro, ma aveva anche lui un cuore e, come tutti, era stato anche lui un bambino giocoso e sereno. La vita lo aveva incupito ed imbestialito più di altri probabilmente, ma sotto quel manto di muscoli e tenacia, vi era lo stesso cuore che un tempo batteva ad un bambino dispettoso e giocherellone. Nella sua mente scorrevano molte immagini di quando da piccolo soleva attraversare quelle vie. Era angosciante vedere come quella cittadella un tempo fervida e vivace nella sua piccolezza, ora fosse un luogo spettrale. Nessuna bottega aperta, nessun rumore di casse spostate e lame sotto affilatura. Una volta a quell’ora erano già tutti in piedi, a sfruttare le poche ore di luce prima che il buio tornasse ad incombere. Ora invece i cittadini sembravano volersi nascondere dalla luce e sparire nel buio. Forse per vergogna, forse per stanchezza. Scosse il capo. La guerra , seppur indirettamente, era veramente arrivata sin lì. Solo uno sciocco avrebbe potuto negarlo.

    Arrivò infine davanti a quella che era la porta di casa della vecchia Ada. Ella abitava in una sorta di cascina, sebbene di asini, buoi o altro bestiame non vi fosse traccia. La fattoria era in uno stato di abbandono completo. Ma di certo non era l’unica casa a mostrare i segni della noncuranza e dello sfacelo. Prima di sfondare la porta però, sentì provenire da dentro rumori di percosse ed una voce canticchiante. Ada era sveglia. Optò dunque per bussare con quel suo manone pesante. Batté talmente forte da spaventare la donna, disturbata ad un’ora in cui nessuno da anni osava disturbarla, sebbene credeva si trattasse semplicemente di qualche vicino che necessitava di una medicazione o qualcosa del genere.

    Chi è!?

    Sicuramente, una volta aperta la porta, mai si sarebbe aspettata di trovarsi di fronte un gigante bruto, pelato e dallo sguardo incazzoso. Un vero e proprio armadio a due, che dico, quattro ante. Si era fatta gobba e con i capelli grigi la signora Ada. Se la ricordava molto più giovane e soprattutto molto più forzuta.

    CHI DIAVOLO SEI!? COME OSI ENTRARE IN CASA MIA!?

    Gli sbraitò contro, mentre lui spostandola senza troppi complimenti con una manata si faceva largo nel corridoio di casa sua. Ovviamente lei non lo aveva riconosciuto, ma senza perdere quell’audacia di valchiria che l’aveva sempre contraddistinta, pur trovandosi davanti un omone che avrebbe letteralmente potuto schiacciarla con una mano, cercò di picchiarlo con il mattarello per stendere la pasta che aveva in mano. Si era alzata di buon ora per stendere la farina infatti. Probabilmente quello era lo stesso mattarello con cui la signora Ada aveva picchiato Ukon molto tempo addietro, lasciandogli segni rossi indimenticabili. Ukon ricordava che una volta aveva osato liberare un suo asino per cavalcarlo e giocare a fare il guerriero. Ada non l’aveva presa bene, soprattutto perché l’asino si era fatto male, e gli aveva lasciato tanti segni rossi sulle chiappe. E’ paradossale come invece ora quello stesso mattarello non gli facesse nemmeno il solletico.

    Le grida di Ada comunque non servirono a mutare lo sguardo sanguinario del pelatone, il quale stava facendo quello che stava facendo anche per proteggere l’incolumità della vecchia. Tuttavia quelle urla svegliarono i tre ricercatori che ancora stavano dormendo nella stanza affianco e soprattutto, rimbombando nel silenzio del mattino, destarono praticamente mezzo villaggio.



     
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    Trovare i ricercatori non fu difficile, la casa di Ada era rimasta sempre la stessa e Ukon sapeva dove si trovava lo stanzone dei suoi figli, suoi vecchi amici. Due di questi avevano persino combattuto la guerra accanto a lui. Erano morti accanto a lui. Se ora avessero saputo che sua madre era stata ingannata da quelle tre canaglie imperiali, probabilmente si sarebbero rivoltati nella tomba. Di certo quei tre non erano abbastanza degni per coricarsi sui loro letti.

    Quando il grezzo Ukon entrò nella stanza, i tre, già svegliati dalle grida della padrona di casa, furono immediatamente investiti da una sensazione di panico vedendo il barbaro tremendamente furioso nei loro confronti. Paura e confusione si delinearono repentinamente sui loro volti. Non sapevano che fare o che dire, ne sapevano cosa quel primitivo potesse volere da loro. Era più che comprensibile il loro shock visto che si trattava di tre mingherlini al cospetto di un gigante. Il più anziano di loro, visibilmente scosso, deglutendo fece un passo in avanti con le mani alzate, ma prima che fosse in grado anche solo di aprire la bocca per dir qualsiasi cosa, venne investito da un cazzotto in pieno volto, finendo rovinosamente a terra con il naso sanguinante.

    Tsk.

    E dire che Ukon si era pure trattenuto. La giovane ragazza andò subito ad accertarsi delle condizioni del suo compagno steso a terra, mentre l’altro ragazzo si mise in un angolo, accovacciandosi tremante. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Occhi che comunque non mostravano un minimo di pietà ne di clemenza.

    Codardo.

    Nella sua mente guerriera, vedere che un ragazzo in età d’armi si ritirava senza combattere pregando il proprio aguzzino di risparmiarlo, era segno di disonore e debolezza. Era ovvio che quindi se la sarebbe presa con lui, anche perché non gli sembrava il caso di alzare le mani su una ragazza. E poi non era forse lì per imparare le usanze del posto? Dunque si diresse verso di lui, alzandolo letteralmente per un orecchio, per poi portarlo fuori di peso, mentre lui urlava dolorante e pregava di risparmiarlo. Lo avrebbe trascinato sino al centro della piazzetta antistante la casa della signora Ada, laddove si trovava un tronco di legno mozzato che faceva da ripiano.

    Nel frattempo, tutt’attorno, i vicini erano usciti di casa allarmati e si erano radunati nella piazzetta, ignari di ciò che stava succedendo. Dal loro punto di vista c’era un omone cattivo che teneva in pugno la loro fonte di cibo. Un paio di vecchi, memori del loro antico passato di cacciatori, sfoderarono persino le loro armi arrugginite nel caso qualcosa fosse andato storto. Tuttavia vi era una vena di curiosità che serpeggiava in ogni abitante e che li indugiava ad attendere e guardare. Da tempo immemore infatti non capitava che un fiero e cazzuto guerriero del loro glorioso popolo passare da quelle parti. Quasi erano emozionati a tale vista. Ed il fatto che ce l’avesse proprio con quel forestiero proveniente dal continente dava da pensare.



     
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    Le urla, il brusio ed i rumori delle finestre scricchiolanti che si aprivano sulla piazzetta svegliarono pure Artlas, il vecchio di Ukon, il quale, prima ancora di fiondarsi fuori di casa, sapeva già che la causa di tutto quel trambusto fosse il grezzo nipote.

    Ukon, razza di imbecille! Ti avevo detto di non disturbare la signora Ada!

    A quelle parole gli abitanti iniziarono a fare un gran vociare. C’era chi si ricordava del nipote del vecchio Artlas ma che non riusciva a collegare il suo faccino fanciullesco con quello di quell’omone rozzo ed incivile, chi altri si chiedeva cosa stesse architettando Artlas in persona, chi infine era comunque dalla parte di quell’innocuo e giovane forestiero che mai aveva creato problemi. Fu Ukon in persona, con quel suo vocione profondo e tonante, ad intimare il silenzio.

    CHIUDENTE QUELLE FOGNE!

    L’orecchio del poveraccio intanto era diventato insensibile talmente era stretto tra le mani del gigante barbaro. Quest’ultimo lo aveva schiacciato con la testa sul ripiano in legno, tenendolo per capelli. L’altra mano libera avrebbe quindi strappato le sue vesti sulla schiena per poi impugnare l’ascia che lì aveva lasciato prima di fare irruzione da Ada. Le temperatura della lama, stando esposta alle rigide temperature, era divenuta talmente fredda da essere fumante.

    T-ti prego, non ho fatto nulla! D-d-devi avermi sca-mbiat-o per la per-s-na sbagliata!

    Si lamentava e dimenava il povero ragazzo, ignaro di quali fossero le sue colpe. Il viso era pervaso da lacrimoni di paura mentre il suo corpo tremava neanche fosse una corda di violino. Ma senza dare alcuna spiegazione, il bruto guerriero appoggiò la lama della sua arma sulla schiena di quello, provocandogli convulsioni e spasmi per via delle ustioni da freddo. E se nessuno era ancora intervenuto, era semplicemente perché tutti avevano timore di fare la stessa identica fine. Nessuno aveva la forza per opporsi a lui, ergo rimasero tutti in silenzio a guardare quella dimostrazione di crudeltà apparentemente ingiustificata. Ukon voleva far capire al moccioso che non scherzava, pertanto si sarebbe chinato in avanti, arrivando con la bocca accanto al suo orecchio, per poi sibilargli minaccioso.

    Se non vuoi essere il protagonista di un’esecuzione pubblica, ora tu mi dici cosa diavolo ci fate tu ed i tuoi due amichetti in questo posto. Bada che te lo chiederò solo una volta e se la risposta non mi piace ti mozzo la testa e poi passo a torturare gli altri due.

    Freddo e spietato. Avere in pugno le persone gli dava una scarica di adrenalina immensa. E nonostante avesse pronunciato quelle parole con voce sommessa, il silenzio era talmente esteso che praticamente tutti furono in grado di udirle in maniera nitida e distinta. Il ragazzo però non sapeva come rispondere, forse perché ancora sotto shock, e si limitò a balbettare frasi poco comprensibili.

    S-siamo qui per s-s-tu-diare la vo-stra grande civiltà e c-c-cultura. Vogliamo scr-ivere un libro sul vo-vostro popolo, per far capire an-che a coloro che vi considerano solo d-dei bar-bari quant-o di bello vi si-a in queste terre.

    Ma questo Ukon già lo sapeva e senza dargli ulteriore possibilità di replica caricò minaccioso l’ascia sopra la testa, pronto per menargli un fendente in grado di mozzargliela. E lo avrebbe fatto per davvero. Il ragazzo strizzò gli occhi, farfugliando le sue ultime preghiere…



     
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    TI PREGO FERMATI! TI DIRO’ TUTTO!

    Ad interrompere prontamente l’esecuzione fu una voce nuova, appartenente all’ometto che Ukon aveva steso con un cazzotto poco fa e che, ancora sanguinante ed in affanno, sorretto per un braccio dalla sua collega più giovane, si era trascinato fuori di casa per cercare di frenare la collera del pelatone. In effetti Ukon aveva frenato la sua ascia, ma vi assicuro che era ancora scettico circa le loro intenzioni.

    Quello che dice il ragazzo è vero, tuttavia.. siamo qui anche per cercare l’ubicazione del Tempio degli Antichi.

    Gli abitanti tornarono a mormorare e confabulare tra di loro. Alcuni si sentirono traditi da quei tre giovanotti, pensando che si fossero interessati ai loro racconti popolari solo per spulciare qualche informazione e non per sincera ammirazione verso i loro antichi valori, altri invece rimasero del tutto indifferenti visto che nemmeno credevano nell’esistenza di quel tempio. Una leggenda narrava infatti che a Vagrjord, in tempi antichi, quando l’uomo non era ancora al vertice della catena evolutiva e quando i clan che abitavano l’isola erano minacciati dalla presenza dei Draghi, furono costruiti in tre epoche diverse altrettanti templi che fossero un omaggio ai Signori dei cieli. Qui, spesso venivano portati beni o sacrificate persone per porre un freno alla collera degli avidi Antichi.

    Vi prego, lasciate che vi spieghi. Siamo ricercatori appassionati per gli usi e le culture differenti dalla nostra, convinti che i popoli debbano influenzarsi ed istruirsi a vicenda, apprendendo i pregi gli uni degli altri. Crediamo che in ogni civiltà ci siano degli aspetti positivi da cui anche la nostra, nonostante sia estremamente differente dalla vostra, dovrebbe imparare e trarne giovamento. Lavoriamo per la grande Accademia di Neagora. A qualcuno abbiamo già spiegato di cosa si tratta, ma per tutti gli altri, sappiate che è una grande università, ossia di un centro di studio dove si radunano intellettuali di ogni ramo per imparare e studiare cose sempre nuove.

    Fece una pausa, sembrava aver catturato l’attenzione di tutti quanti, anche di Ukon, nonostante lo squadrasse con fare per nulla amichevole.

    Era nostro interesse personale comprendere ed avvicinarci alla cultura del vostro popolo, estremamente differente da quella dei popoli che vivono nel continente. Non vi nego che la prima volta che siamo arrivati sin qui, abbiamo avuto un momento di grande ripensamento, la signora Ada può testimoniare quanto fossimo ridotti male. Ma con il tempo tutte le nostre paure, tra cui quella di non essere accettati e venire disprezzati solo perché non originari di qui, sono andate scemando. Ci avevano detto che avremmo dovuto scontrarci con un popolo di persone rozze, incivili, chiuse, fredde e solitarie. Invece, stando a contatto con tutti voi ventiquattro ore su ventiquattro, con mia grande gioia ho constata come onore per le proprie origini, rispetto e fiducia per chi ci sta affianco, resistenza alla fame, alla sete e all’ambiente ostile, capacità di adattamento e di soffrire senza lamentarsi, imperturbabilità nei sentimenti anche quando si tratta di aver perso uno o più figli, nipoti o amici, siano qualità di cui molto spesso ci si è dimenticati nel mio paese d’origine.

    Ukon lasciò la testa del povero ragazzo, abbassando la sua arma, sebbene il poveraccio non osasse comunque spostarsi da quella posizione prona con la guancia schiacciata. Le parole di quel tizio erano lusinghiere e sembravano convincenti, ma non voleva cascare nel tranello in cui erano cascati i suoi compaesani: sapeva parlare quel tizio, ma ciò non significava che le sue parole non nascondessero un doppio fine. Restò lucido e sospettoso, cercando di non farsi abbindolare.

    Tuttavia, lavorando come dipendenti dell’Accademia, l’Impero mai e poi mai ci avrebbe finanziato la nostra spedizione ne ci avrebbe concesso di restare qui per così tanto tempo se non gli avessimo promesso di portargli indietro qualcosa che ai loro occhi fosse utile.

    Lo interruppe Ukon.

    Dunque mi stai dicendo che voi siete stati in un certo senso obbligati a fare un patto con l’Impero pur di ricevere l'autorizzazione ad inoltrarvi sin qui?

    Avanzò sospettoso. Il ricercatore occhialuto fece un cenno positivo del capo.

    Esattamente.

    Ma Ukon scoppiò in una fragorosa risata.



     
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    Se tu credi che io mi beva questa storia,ti sbagli di grosso.

    E non era l’unico a pensarla così. Furono in molti, soprattutto quelli che avevano finito per credere alla loro buona volontà, a rimanere delusi dalle loro parole. Un brusio di sottofondo si alzò, mentre tra la folla serpeggiava la voce comune di fargliela pagare.

    Ti prego di credermi. Il nostro unico interesse personale è raccogliere quante più informazioni possibili sulla storia dei popoli di Kalendor. Non so come, ma l’Impero sapeva già dell’esistenza di questo Tempio, penso che l’abbiano appreso da qualcuno a Niethlung. Al posto di mandare delle milizie villaggio per villaggio per fare interrogatori sommari, hanno ritenuto che sarebbe stato più prolifico mandare delle persone innocue che potessero in qualche modo accaparrarsi la fiducia dei locali e ricavarne qualche informazione più approfondita circa il Tempio.

    L’antropologo era irrequieto e preoccupato per come si stava mettendo la situazione. I varyag erano difficili interlocutori. Tuttavia Ukon si quietò, nonostante tutti i sospetti che aveva sempre nutrito ora si stessero concretizzando.

    La nostra intenzione originaria comunque era solo quella di scrivere un libro sul vostro popolo ed eravamo disposti a tutto pur di ricevere un finanziamento per giungere sin qui. Tant’è vero che se entro due mesi non troveremo qualche informazione più che utile per raggiungerlo, i nostri finanziamenti verranno tagliati definitivamente e saremo costretti a tornare a Neagora.

    A questo punto fu il vecchio Artlas ad insinuarsi nel discorso.

    Se credete che andando al Tempio troverete il modo per imbrigliare un Drago, allora vi sbagliate di grosso.

    Il vecchio ci era stato in quel luogo e sapeva che se avesse spiegato la sua ubicazione ad Ukon, questo non avrebbe avuto alcun problema a trovarlo.

    Ukon vi farà da guida. Ma ad una condizione..

    Ukon ed il vecchio si scambiarono un cenno di intesa…





    Edited by mrxxx - 24/2/2018, 14:17
     
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    Vi condurrò al tempio solo con la promessa che ne andrete una volta per tutte da questo villaggio, lasciando in pace i suoi abitanti: voglio che l’Impero sappia quanto vi abbiano aiutati e come vi abbiano accolti. Ma soprattutto, voglio che libererete Mastro Rosvald Lursh Gibberlow, figlio di Bartolo Lursh Gibberlow, ossia il commerciante che sino ad un paio di anni fa riforniva queste terre di viveri e scorte. Dovrete far cadere tutti i suoi capi d’accusa contro l’Impero e sino a quando non avremo la conferma che è libero, vi terremo qui in ostaggio.

    Non avevano altra scelta quei tre se volevano portare a termine la loro missione, ma in ogni caso la richiesta gli pareva più che ragionevole. Avevano constatato di persona quanto quegli abitanti sopravvivessero di stenti ed erano certi che l’Impero avrebbe lasciato libero di buon grado un commerciante in cambio della possibilità di raggiungere la consapevolezza di come controllare un Antico. L’unica cosa che li preoccupava era che sarebbero dovuti restare per troppo a lungo una contropartita di scambio nelle mani di quel bruto. Visto come li aveva trattati, temeva che se l’Impero avesse ritardato la consegna del condannato, loro avrebbero fatto una brutta fine.

    Ma certo. Mi sembra un patto più che lecito e faremo di tutto per onorarlo. Anzi, oltre a ciò che chiedete, lasceremo a te e a tutti gli altri anche l’oro che ci rimane come ricompensa per il vostro servigio. Vi servirà per far ripartire la vostra economia quando Mastro Rosvald sarà liberato. A tal proposito, provvederemo immediatamente a mandare una massiva all’Impero che spieghi la situazione attuale. Quando avremo ricevuto la garanzia per le richieste che avanzate potremo partire, che ne dite? Allo stesso tempo vorremmo però delle garanzie da te circa il fatto che ci condurrai a destinazione. Posso avere la tua parola d’onore?

    Valerie, la più giovane delle ricercatrici, si apprestò in fretta e furia a redigere un contratto che avrebbe poi spedito tramite il suo falco all’Accademia di Neagora. Ukon, dal canto suo, senza dir nulla, alzò la sua ascia per poi passare il filo della lama sul palmo della sua mano, senza scomporsi minimamente. Vi ricavò un taglio non molto profondo ma piuttosto sanguinoso. Si sarebbe diretto verso il ricercatore.

    Dammi la mano.

    Egli, seppur titubante e tremante nel trovarsi di fronte ad un colosso che da vicino era ancor più mastodontico e grottesco, allungò spaventato il braccio che Ukon prese con violenza per il polso, stringendolo con forza per fargli aprire la mano. Tagliò anche il suo palmo e poi gli strinse la mano, costringendolo a guardarsi negli occhi. I due palmi insanguinati erano a contatto, scambiandosi i rispettivi liquidi vitali.

    Qui si usa così per onorare la parola data.

    Il supremo ed infrangibile Patto di Sangue era stato stipulato. Ukon avrebbe per la prima volta davvero collaborato con l’Impero. Lo aveva giurato, seppur con riluttanza, per il bene della propria gente.

    To be continued...



     
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    Bella ruolata d'intermezzo, molto dettagliata sulla vita del villaggio e finalmente abbiamo intravisto un pò di più sul passato di Ukon.

    CITAZIONE
    Scrittura 2 - Bello stile, scorrevole e diretto.
    Interpretazione 2 - Il rapporto tra Ukon e Artlas è reso molto bene, come la vita in quel villaggio sperduto nelle lande desolate. Il contesto in generale è molto credibile e traspare bene nella lettura; anche le emozioni di Ukon sono realistiche e danno molto spessore psicologico al personaggio.
    Strategia 0 - Niente combat.
    Bonus Lunghezza 1 - Meritato.
    Ambientazione 1 - Avevo espresso l'apprezzamento per gli innumerevoli dettagli spesi nella descrizione del villaggio natale di Ukon e secondo me hai prodotto una fotografia fedele della situazione in cui versano i vaygr dopo la sconfitta subita dall'impero.
    Originalità 1 - Una volta tanto non vedo Ukon andare in giro a spaccare tutto (stavolta si è contenuto) ed hai tirato fuori una bella ruolata d'intermezzo, ma molto carica di contenuti.

    Tot: 7 Exp

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