Hataris

Scaar (Ryuk*) , Rain (Gh0st)

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    La pioggia di Sumadea cade scrosciante, arriva pesante sulla testa e sulle spalle, schiacciandoti contro il terreno infangato.

    Sommergendoti.

    Annientandoti.



    Un puntaspilli umano ansimava rocamente al centro della radura. Ai suoi piedi innumerevoli cadaveri, armature inzozzate di fango e sangue, visi deformati dagli ultimi dolorosi istanti di vita.

    Ecco, quel picco acuto di dolore quando inspirava.

    Un fascio di filamenti spinse contro la punta della freccia che gli perforava il polmone, richiudendo la ferita. Espellendo il dardo.

    I capelli gli minavano la visibilità. Era tutto cupo e confuso attraverso il velo di pioggia incessante, non riusciva a distinguere in quanti ora lo avevano accerchiato.

    Avevano smesso di caricarlo a testa bassa, c'era voluta una dozzina di loro compagni morti a terra per farglielo entrare in zucca.

    Lui si muoveva ormai per riflesso condizionato, il chakra colpiva ogni vittima a tiro, i tentacoli e le scariche elettriche facevano il resto. Sotto la pioggia sapeva essere ancora più letale.


    Ma sentiva che il momento si stava avvicinando. Respirare era diventato quasi impossibile, i muscoli meno reattivi, le palpebre incomprensibilmente pesanti.

    Quel giorno avrebbe trovato la pace. Quel giorno l'impero avrebbe cancellato la sua miserabile esistenza. Quel giorno tutta quella merda sarebbe finalmente finita.

    La sua attenzione fu catturata da un'ombra che si mosse dietro i loro ranghi terrorizzati. Le pesanti gocce lo costringevano spesso a chiudere gli occhi. Si passò il dorso della mano sul visto per cercare di distinguere di cosa si trattasse.

    Ora un bagliore baluginoso fu appena percettibile proprio nel punto dove l'ombra si era fermata.

    *SSHHBOCK*



    Il mondo si capovolse e i suoi occhi quasi rotearono completamente all'indietro.

    Doveva essere finito a terra, l'acqua cominciava a filtrargli nelle orecchie. Non sentiva più nulla, nemmeno le gelide gocce d'acqua sul viso.

    Il cielo grigio oltre gli alberi neri fu l'ultima cosa che vide.

    Finalmente....


    * * * * *




    ...fare effetto nel giro di un'ora. Non avevo mai visto un corpo in queste condizioni. Il battito è a malapena percettibile ma le funzioni vitali sono rallentate ma presenti. E' come una sorta di stasi, una...

    Frammenti di una conversazione.

    Non gli riuscì immediatamente di aprire gli occhi ma era praticamente di nuovo conscio. Mosse lievemente la testa e una mano, non rendendosi conto del lamento gutturale che gli brontolò in gola.

    Le voci cessarono, dopo qualche sussurro di assestamento.

    Qualcuno dalla distanza gridò qualche ordine indistinto.

    I polsi. Le caviglie. Persino il collo. Era legato.

    Avvertiva un bagliore instabile attraverso le palpebre chiuse, una fonte di calore lungo la parte destra del viso. Non osava ancora aprire gli occhi. Non riusciva ancora a metabolizzare quel flusso improvviso di informazioni.

    La tua resilienza è sbalorditiva. Una voce ferma e insopportabilmente superba esplose nella stanza ad un passo da lui.

    Inavvertitamente, Scaar aprì gli occhi, strizzandoli poi più volte per via della luminosità. Ci mise qualche secondo ad adattarsi, quindi lo vide. Era un generale dell'impero. Aveva imparato a riconoscerli al volo.

    Hai ucciso decine di miei uomini solo durante la tua cattura. Non oso immaginare quanti tu ne abbia uccisi durante la guerra. Solo per questo, la tua testa sarebbe dovuta essere sepellita in qualche fossa lontano dal tuo corpo da giorni ormai. E' così che si fa per uccidere quelli come te, no?


    Giorni? Da quanto tempo era lì? Non riusciva a ricordare nulla di immediatamente precedente a quella situazione. Sapeva solo di aver ripreso i sensi in quella sorta di cella.

    No, cella no. Una libreria. Toghe lunghe. Dove cazzo era?

    Qualcuno ha avuto un'idea migliore, ma aspetta a fare salti di gioia. Vivrai ancora. A lungo, come quelli del tuo lignaggio. Ma la tua vita d'ora in poi sarà un inferno vivente. C'era del sadismo spaventoso nel tono del generale, ma sortì un effetto minimo su Scaar. Quel che provava in quel momento era solo un terribile senso di dejavù. Non era la prima volta che finiva catturato o torturato.

    Prestava la minima attenzione al generale, continuando a guardarsi attorno in cerca di più elementi possibili. Il senso di smarrimento era più forte di ogni altro pensiero, in quel momento.

    Il generale cambiò espressione, disturbato dall'atteggiamento del prigioniero. Preparatelo, non voglio tenerlo nel mio avamposto un secondo in più del necessario.

    Scaar posò la testa contro la brandina su cui era sdraiato, sollevato. Gli tornarono in mente improvvisamente i suoi ultimi momenti coscienti. L'assalto all'avamposto. La ritirata nella foresta. L'accerchiamento. La fine.

    Doveva essere sopravvissuto e catturato, per l'ennesima volta.

    Restituì uno sguardo apatico al generale, preparandosi a qualsiasi cosa volessero fare. Posso suggerirvi di risparmiare le energie e disfarvi immediatamente di me? Non ricavereste alcuna informazione utile...

    Ne siamo consci. Rispose il generale con uno sguardo truce facendo poi un cenno con la testa prima di lasciare la stanza.

    Un cappuccio nero fu calato sul capo di Scaar che sospirò insofferente, mentre un numero imprecisato di operatori cominciavano a trasferirlo verso l'ignoto.


    * * * * *



    Cazzo sei?

    Mugugnò Scaar, tremando. Gli dovevano aver dato qualche sorta di veleno schifoso. Sentiva il cuore battergli all'impazzata, la stanza intorno a lui riempirsi di rumori agghiaccianti e la propria percezione disturbata.

    Dal fondo della stanza buia e vuota, si agitavano i contorni di una figura umana.

    L'orribile donna lo guardava, esitando per qualche motivo.

    Scaar provò ad agitare le braccia e le gambe. Non sarebbe mai riuscito a liberarsi.

    Quando guardò di nuovo la donna, questa era più vicina. I dettagli inquietanti del suo corpo fece sussultare Scaar.

    Per qualche motivo si sentiva terrorizzato dall'averla solamente vicina. Non era solito avere paura del dolore. Non aveva paura nemmeno della morte, anzi la bramava da ormai troppo tempo.

    Eppure, sentiva nel profondo del suo cuore che quella donna avrebbe potuto fargli qualcosa di peggio di qualsiasi altra tortura fisica provata in passato.

    Qualcosa di peggiore della morte.

    STA LONTANA! CAZZO VUOI DA ME!? VIA!!

    Il petto di Scaar era scosso da un ansimare convulso. Continuava ad agitarsi, i muscoli del collo e del corpo tesi oltre l'inverosimile nel tentativo di liberarsi.

    Non poteva sapere di essere stato drogato pesantemente, sviluppando paranoia e un terrore immotivato. Avevano bisogno di una mente indifesa, era l'unico modo.

    La donna esito nuovamente agli schiamazzi di Scaar, una voce fuori campo, tuonante e orribile come quella di un demonio esplose nella cella.

    HATARIS, AVANTI.

    La donna guardò un punto indistinto nell'oscurità, poi un bagliore l'avvolse, raggiungendo anche Scaar.

    La vista gli si annebbiò, le tenebre lo inghiottirono e nel mentre la figura della donna si deformò sempre di più fino ad assumere tratti grotteschi e insopportabili.

    Scaar urlò, con quanto fiato aveva in corpo.


    O1XN5di


    Questo è quanto. Commentò Scaar.

    Rain avrebbe dovuto compiere uno sforzo doppio, dato che lui a stento riusciva a trascinarsi in avanti, appoggiandosi all'amico.

    Quando mi svegliai... ero circondati da soldati. Un capitano si presentò a me, spiegandomi che da quel momento avrei lavorato sotto il suo comando. Mi spiegò che non avrei avuto mai più scelta se non ubbidere all'impero. Non mi sarebbe riuscito di compiere alcuna azione ai danni di un imperiale e tantomeno avrei mai potuto parlare della mia condizione ad anima viva.

    La resistenza opposta da Scaar si intensificò, un segno per Rain di fermarsi un secondo. Era quello che cercavo di dirti quel giorno alle rovine di Ame, ma mi fu impossibile.

    Abbassò il capo, pensieroso. La mia mente e il mio corpo devono essere talmente deboli a questo punto da rendere qualsiasi cosa mi abbiano fatto temporaneamente inefficace. Ho solo questo momento per spiegarti il resto della storia...

    Guardò Rain negli occhi, le mani ossute facevano presa saldamente sulle vesti dell'amico. E cosa dovrai aiutarmi a fare per liberarmi una volta per tutte da questa merda!


    Edited by Ryuk* - 1/3/2018, 15:12
     
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    Anni addietro, qualche ora prima che Rain e Scaar si incontrassero per l'ultima volta e poco prima che Rain quasi uccise l'unico amico che per tanti anni lo aveva sempre accompagnato, il ragazzo si era ritrovato a passeggiare, da solo, tra le rovine della città di cui era stato unico sovrano.
    Era stato un periodo assurdo della sua vita e mai, da piccolo, lo aveva anche solo sfiorato l'idea di fare il politico o di capeggiare qualche cosa.
    Era finito in quella situazione per delle circostanze a metà tra il casuale e l'assurdo ma ben presto si era reso conto di essere l'unica persona a poter capeggiare una nazione tanto sciagurata. Come lui, quel luogo era nato dalla cenere e arrancava per essere normale, per ritagliarsi un posto nel mondo facendo vedere a tutti gli altri il proprio valore.
    Quell'esperienza magnifica era stata il culmine della sua avventura picaresca che da bambino aveva perseguito con forte determinazione, ignaro del risultato che avrebbe portato.
    Poi, ad un certo punto, l'Impero si prese tutto. Il resto è storia, pensava Rain passeggiando tra gli archi diroccati e bagnati di pioggia.
    Il resto si studia nei libri, anche se alcuni sono proprio faziosi..
    Ammise a malincuore. Avevano dipinto quella città come un covo di briganti e ribelli impossibile da civilizzare e la loro resistenza era depennata da ogni possibile manuale scolastico.
    Era come se tutte quelle battaglie e tutti quei tentativi di salvare la popolazione che lui e Scaar avevano tentato non fossero, semplicemente, mai esistiti.
    Erano andate ben diversamente le cose, ma Rain era stanco di ricordarle ancora una volta. Aveva e avrebbe avuto tutta la vita, tutte le notti, tutti i giorni per pensare e ripensare a cosa fosse andato storto e come lui avrebbe potuto scongiurare la catastrofe.
    Quello che aveva provato a stabilire ad Ame, questo il nome dell'antica città ormai ridotta a macerie, era qualcosa di umile ma funzionale. Si intendeva poco o nulla di finanze e molto di guerra, poco di funzionari e tanto di persone. Radunò intorno a sé un consiglio di fidati: uomini onesti e un minimo dotti, e prese insieme a loro gran parte delle decisioni amministrative della nazione.
    Per quanto riguardava quelle belliche, invece, decideva da solo. Scaar era un guerriero formidabile e oltre lui Rain vantava anche altri eccellenti soldati, ma con pochi ebbe l'onore di condividere decisioni fondamentali. Questo, almeno, fino a che Ame non entrò in guerra con l'Impero.
    Lì Rain creò un suo concilio di guerra formato da quattro capi, due dei quali lui stesso e Scaar, con cui si consultava regolarmente. Tutto, ovviamente, si rivelò inutile nonostante l'ottima organizzazione e l'irraggiungibile motivazione di cui il suo piccolo esercito disponeva.
    Più che un sovrano era una sorta di sindaco e in città molti, non tutti, lo conoscevano anche solo di vista.
    Il periodo a governo di Ame fu uno dei momenti in cui Rain, allora appena sopra i vent'anni, conobbe più persone. A volte, non sapendo che fare, usciva insieme ad Helen a caso e finiva ospite di qualche locale o di qualche abitante che voleva fare una chiacchierata con lui.
    Realizzò come ad Ame gran parte della gente non ne poteva più di essere sotto l'egida di una grande potenza e volesse solo condurre una vita normale e onesta. Questo, fino alla fine, fu quello che Rain cercò di ottenere.
    In quel periodo diventò sempre più spigliato nel parlare e nel raccontare, ma la giocosità e l'infantilità che ogni tanto lo contraddistinguevano sparirono per sempre per non comparire mai più. Divenne un uomo, in qualche modo, sempre attento a quello che succede intorno a lui e sempre volenteroso nel capirlo. Beveva, mangiava, giocava a dama con soldati e uomini incontrati ovunque e in quel momento si sentiva leader, sentiva che tutto era sotto il suo controllo ottenuto con sangue e delusioni.
    Quando Rain e i suoi ultimi collaboratori sopravvissuti guidarono la fuga dei civili di Ame, non incrociò neanche uno sguardo che lo supportava e si affidava a lui. Tutti avevano facce disperate, erano certi che la fine fosse ormai imminente e le speranze che riponevano in Rain, umile uomo che aveva commesso errori come aveva avuto anche buone idee, erano nulle.
    Sentiva la gente urlare, bambini piangere e madri arraffare quante più cose possibile dalle proprie case prima di unirsi ai gruppi di profughi che piano piano, secondo le sue direttive, abbandonavano a turni la città per dirigersi lontano.
    Avrebbe voluto svegliarsi da quell'incubo, Rain, ma non ci riuscì. Dirigeva e dava ordini a caso mentre gli tremavano le gambe non tanto per cosa stesse succedendo, tanto per il fatto che da quell'evento non si sarebbe potuto mai più tornare indietro.
    Mai.
    Ancora adesso, a distanza di anni, allo spadaccino batteva forte il cuore pensando a quei tragici, terribili momenti. Si ricordava di particolari casuali come l'odore della pioggia, le urla dei bambini, lo sguardo severo di una ragazzina. Avrà avuto forse sette o otto anni e non indossava nient'altro che un vestitino un tempo bianco e in quel momento fradicio di pioggia. A differenza degli altri bambini lei non piangeva, ma anzi si ergeva, statuaria e sola, nel mezzo del primo gruppo di profughi. Quel primo trancio della popolazione ad evacuare la città fu, secondo indicazioni di Rain stesso, formato da donne e bambini ed era scortato da quello che rimaneva dei suoi migliori soldati.
    Svart, uno dei quattro capi del consiglio di guerra e guerriero abile ma criptico, avrebbe dovuto portare quel gruppo di persone più a sud possibile, idealmente a Shal'aria o ad Arcadia, per poi cercare un asilo.
    Anche Helen, amata di Rain, faceva parte di quel gruppo. Proprio per salutare lei, infatti, il ragazzo si era avvicinato al contingente e aveva notato quella bambina dallo sguardo gelido e dagli occhi meravigliosi.
    Non gli chiese 'ce la faremo?' o 'cosa succederà ora?' come tutti gli altri, disperati, gli chiedevano strappandosi i capelli. Lei era seria, fiduciosa, immobile.
    Baciò Helen con labbra tremanti e distratte mentre la bambina si avvicinò a loro.
    Dove sono i tuoi genitori?
    Helen chiese tempestivamente, subito apprensiva ed empatica verso ogni bambino e ragazzino.
    La bambina, per tutta risposta, fece no con la testa.
    I due, purtroppo, capirono l'amara risposta. Rain era mortificato, umiliato, devastato da quel responso tanto loquace.
    Tutto, tutto quanto era colpa sua.
    Verrai con me allora, contenta?
    Helen le prese la mano.
    Come ti chiami?
    La bambina li guardò.
    Mi chiamo come il cielo.


    ***



    Che storia assurda, Scaar. Risparmia le energie invece di vaneggiare, piuttosto.
    Il corpo dell'amico, nonostante il digiuno, era ingombrante e scomodo da trasportare. Fino a un certo punto lo trasportò da solo, poi incrociò Yazh, il quale aveva avuto ordine di aspettare a qualche centinaio di metri l'uscita di Rain dal rifugio dei criminali.
    Prendilo dall'altra spalla. Lo porteremo nel magazzino di Ioi.
    Ordinò.
    Ho già avvertito tutti, ci stanno aspettando.
    Rain sorrise, finalmente tornato sé stesso dopo quella strana performance nella grotta.
    Stasera riuscirai a dormire con lo stomaco pieno, Scaar, pensa un po'.

    ***



    I due nascosero Scaar nel magazzino di uno dei collaboratori di Rain, tale Ioi, il quale era un anziano e ricco commerciante. Non potendo combattere ma supportando con discrezione la causa del ragazzo, aveva fornito inizialmente un aiuto economico per l'importante missione segreta attualmente in atto dai collaboratori di Rain a Neagora, poi un paio di suoi vecchi locali in disuso.
    Uno di questi era un vecchio magazzino che Rain e gli altri usavano come punto di incontro per parlare e discutere sul da farsi. L'arredamento era praticamente nullo: un grosso tavolo al centro con qualche sedia intorno, un vecchio divano coperto da un telo e qualche cassa di cianfrusaglie.
    Scaar venne depositato sul divano polveroso che alla sua schiena sarebbe probabilmente sembrato il più comodo dei letti.
    Ad aspettarlo lì, c'erano tre o quattro persone di cui Scaar avrebbe potuto a malapena scorgere le fattezze a causa del suo stato confusionale e catatonico.
    Rain, nello svolgersi degli eventi, non sapeva cosa pensare. Il fatto che Scaar fosse vivo era di per sé una buona notizia, ma la perenne follia dell'amico e la condizione in cui versava adesso erano per lui un peso incredibile, soprattutto tenendo conto dei modesti mezzi che il ragazzo aveva radunato ad Haven.
    Insomma, che ha detto?
    Yazh era curioso. Si tolse il cappuccio e si avvicinò allo strano soggetto.
    Scaar avrebbe sentito un vociare indistinto, volti sconosciuti in un posto sconosciuto.
    Non sei stato per nulla chiaro. Ti hanno fatto un incantesimo di controllo quelli dell'Impero? E come speri che possa aiutarti io da qui?
    Rain chiese senza troppa affettività. La faccenda, come temeva, sarebbe diventata incredibilmente problematica.
    Forse non sa che siamo ad Haven.
    Aggiunse un'altra voce.
    Lo sa, lo sa.
    Siamo troppi, qui dentro.
    A queste parole calò il silenzio. Rain, il baccano, proprio non lo sopportava e questo i suoi nuovi aiutanti avrebbero dovuto impararlo prestissimo.
    Esco io?
    Vai a comprare un po' di roba da mangiare. Prendi del latte innanzitutto: se si mette a mangiare adesso dopo giorni di digiuno vomiterà tutto. Meglio iniziare gradualmente.
    Va bene Rain, vado e torno.
    La figura uscì e nella stanza, per qualche secondo, calò nuovamente il silenzio. Tutti si allontanarono da Scaar tranne Rain, che invece gli si avvicinò ancora di più.
    Il ragazzo sbuffò, pensieroso.
    Scaar.
    Che ruolo avrebbe potuto giocare, dopo tutto questo tempo, quell'uomo con cui aveva condiviso così tanto?
     
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    Per la maggior parte del tempo Scaar si trascinò più per riflesso che reale coscienza di quel che stava succedendo. Rain e Yahz non avrebbe avuto compito facile nel trasportarlo dato che incespicava ripetutamente e spesso si lasciava andare a peso morto mentre la punta dei piedi strusciava sulla ghiaia. Per loro fortuna pesava solo la metà della sua stazza abituale.

    Il cadaverico si afflosciò sul divano con gli occhi chiusi, ogni movimento era svolto a rallentatore, persino respirare.

    Gli astanti più sensibili sarebbero rimasti facilmente disgustati dalle condizioni in cui versava. Costole, zigomi, clavicola, gomiti: tutte le ossa più prominenti erano orribilmente in vista sotto una pelle tirata e macchiata dalla pesante disidratazione.

    Sembrava più a uno morto da qualche giorno che ad un essere umano vivo e vegeto.

    Le voci dei presenti sembrarono ridestarlo un poco mentre si raddrizzava lievemente e socchiudeva gli occhi.

    Guardò Rain con un'espressione catatonica di chi guarda un estraneo per la prima volta. Si concentrò poi su Yahz, in sottofondo dietro a Rain.

    Svart... che ci fai qui? Disse con un filo di voce e tono allucinato, mentre faceva peso sulle braccia per raddrizzarsi un minimo. Gli occhi tornarono chiusi per via dello sforzo, deglutì a fatica e la testa gli si piegò un poco di lato involontariamente.

    Ce l'avete una bella bistecca... Biascicò indistintamente. Doveva aver sentito parlare di cibo. La sua condizione assomigliava a quella di una molla tirata oltre la propria elasticità che era stata rilasciata troppo tardi. Il dolore lo aveva aiutato a rimanere vigile, ora provava solo un torpore e una debolezza assoluta.

    Riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre diverse volte, mentre rimetteva a fuoco la figura di fronte a sè. Quando le pupille glielo permisero, cambiò repentinamente espressione mentre fissava intensamente il volto di Rain.

    Rain... Sussurrò con un lampo di improvvisa lucidità. Aggrottò le sopracciglia, facendo una smorfia involontaria con la bocca. Fu pervaso da un'agitazione febbrile.

    Sollevò un mano protendendosi in avanti e i tremori si sparsero su tutto il corpo. Il movimento fu repentino ma lento per via della sua debolezza. Se Rain lo avesse permesso, la mano si sarebbe allungata fino a raggiungere il suo petto.

    A quel punto, Scaar avrebbe emesso un gemito sconvolto mentre la mascella veniva scossa da più fremiti. Forse aveva il timore di avere di fronte a sè l'ennesima allucinazione. Forse stava cominciando solo ora a realizzare di essere stato portato fuori da quella agonia infernale. Forse... aveva compreso di essere stato salvato dall'unico amico che gli era rimasto al mondo.

    Il suo volto fu deformato da innumerevoli emozioni diverse che si alternarono con rapidità disarmante. Lo sguardò si perse nel vuoto, gli occhi si muovevano febbrilmente mentre si ritraeva verso il divano, scoprendo per la prima volta il luogo dove si trovavano.

    Dove siamo.
    Chiese con un'espressione improvvisamente seria, tornando a guardare Rain. C'era qualcosa di pericoloso nel suo tono e ciò era un minimo comprensibile visto quello che aveva passato.

    Si passo le mani sui polsi martoriati: erano neri e deformati per via della posizione disumana in cui era stato tenuto fino a qualche ora prima.

    I suoi occhi erano bassi e per la sua mente sembrarono passare numerosi pensieri. Forse stava cercando di ricostruire cosa era successo fino a quel momento.

    Il momento in cui la sua mano aveva toccato la figura di Rain sembrava aver agito da catalizzatore per la sua ripresa di coscienza.

    Gli sarebbe servito diverso tempo prima di riprendere il controllo.

    Ammesso che fosse ancora in grado di farlo.

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    Hai proprio un bel nome!
    Rain guardò Helen e la bambina.
    Adesso dovete andare.
    Lo so...quando ci raggiungerai?
    Rain avrebbe voluto risponderle con sincerità, ma ora la cosa che più lo preoccupava era l'eventualità di non riuscire a raggiungerla mai più. Qualsiasi cosa fosse successa, chiunque avesse invaso quella città o attentato alla sua vita, lui non avrebbe avuto altro scopo che ritornare da Lei.
    Ovunque si trovasse, sempre.
    Poteva permettersi di perdere tutto il suo potere caduto nel nulla, il denaro a cui non dava importante, la nazione che aveva sostenuto, ma Helen non poteva essere persa in nessun caso. Era lei l'unica ragione di tutto quanto, dell'alternarsi del giorno e della notte, della pioggia e del vento.
    Presto.
    Le sorrise, timidamente e con dolcezza come era solito fare quando erano ragazzini.
    Tieniti al centro della colonna e poi segui le indicazioni di Svart. Non vi succederà nulla.
    Lei gli prese la mano e la accarezzò.
    Era una mano che aveva ucciso un numero mostruosamente alto di persone di ogni età e di ogni estrazione sociale. Per Helen, però, era la mano affusolata e calda del suo Rain che sempre la cercava durante la notte.
    Dove vai?
    Il ragazzo si avvicinò e cercò quanto possibile di assumere un'espressione dolce nei confronti della bimba.
    Io rimango qui per fare in modo che voi possiate andarvene in maniera sicura. Stai vicino ad Helen e andrà tutto bene!
    La bambina annuì, seria ma con gli occhi leggermente umidi.
    La scena era troppo patetica e tragica per durare ancora. Rain accarezzò di nuovo la mano di Helen, diede un buffetto alla bambina e se ne andò.
    A un paio di isolati da quel punto, Scaar e altri soldati stavano organizzando l'ultimo e disperato piano per prendere quanto più tempo possibile in attesa dell'evacuazione completa.
    E' andato via..
    Borbottò, delusa.
    Sì, ma tornerà. Quando si perde ogni speranza lui si riesce sempre a inventarsi qualcosa!

    ***



    Ti trovi ad Haven. Io sono Rain e queste persone sono mie alleate.
    Sei in un nostro capannone: ti abbiamo portato qui dopo averti tolto dalla prigione dei Luna Rossa in cui eri finito Dio solo sa come.

    Era disposto a fare il punto della situazione una volta sola, quindi o Scaar si impegnava a capire adesso o non avrebbe capito mai più.
    Era come se quell'enorme massa informe di cicatrici e sangue rappreso si fosse svegliata una seconda, ennesima volta. La situazione era strana e Rain non era per niente sicuro sul da farsi.
    Qualcuno gli passò una borraccia mezza vuota che lui subito mise in mano di Scaar.
    Intanto bevi. Poi devi raccontare tutto quello che sai.
    Rain sbuffò, il silenzio calò nuovamente nella stanza.
    Serve qualcuno che gli curi le ferite...
    Sì, anche.
    Entrambi parlavano piano.
    Yazh guardava Scaar come se fosse una bestia proveniente da un altro mondo. Non capiva come Rain potesse stargli così vicino e avere fiducia in lui come se stessimo parlando di un individuo normale.
    Quello che avevano trasportato fino a lì era ridotto molto peggio di un cadavere. I morti, solitamente, sono pallidi, seri, puliti. Scaar invece aveva il corpo di un vivo che lotta contro la morte senza però né prevalere né essere sconfitto.
    Rain, così serioso e metodico, era davvero amico di quel tizio? Come era possibile e cosa era successo?
    Non giungere a conclusioni affrettate, Yazh. Questa storia è inaspettata anche per me. I nostri progetti non saranno modificati per questo,
    stai tranquillo.

    Aggiunse infine, come se potesse leggergli nella mente.
    Yazh trasalì.
    Certo Rain, certo. Sono sicuro che hai fatto la scelta giusta.
    Questo, a dire il vero, lo avrebbero potuto scoprire solamente molto più avanti.
     
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    Scaar non rispose a quel primo resoconto di Rain, tenendo gli occhi bassi che vagavano confusi per la stanza. Rain non avrebbe saputo dire se avesse capito le sue parole ma aveva l'aria di uno che aveva bisogno di tempo per elaborare.

    Sollevò lo sguardo solo quando gli fu passato un bicchiere d'acqua. Guardò il vetro del bicchiere per un paio di secondi stranito, quindi allungò una mano con fare incerto per afferrarlo. Si concentrò sul bicchiere, diventando improvvisamente cupo e serio. I fremiti se non altro erano terminati e la sua espressione denotava qualcosa di diverso, come l'improvvisa realizzazione di una scomoda verità.

    Guardò di nuovo Rain per qualche istante poi portò il bicchiere alla bocca, surgendo avidamente il fresco liquido. Con tre grosse sorsate riuscì a buttarlo giù completamente, rilasciando un poco elegante sospiro di soddisfazione alla fine. Il capo rimase sollevato in maniera storta e gli occhi rimasero chiusi mentre un mormorìo gutturale fu appena percettibile all'interno della bocca semichiusa.

    Intanto i presenti nella stanza parlavano tra di loro mentre Scaar sembrava immerso in un momento tutto suo. Chissà da quanto è che l'acqua non gli bagnava la gola. Quelle insperate sorsate di acqua fresca gli donarono una sensazione di appagamento ch'egli sospettò di non aver mai provato.

    Rigirò il bicchiere freddo tra le mani mentre riabbassava lentamente il capo, tornando a guardare Rain e gli altri.

    Non potresti mai immaginare quel che mi hanno fatto quei figli di puttana...
    Furono le prime parole di Scaar, pronunciate con un tono roco e selvaggio e affilate dal risentimento più viscerale. Tenne lo sguardo fisso su Rain, come a voler capire la reazione del ragazzo a quelle parole. Insistette con quello sguardo, prima di riabbassarlo scosso da un'improvvisa risata soffocata e malsana.

    Gli occhi gli caddero sul bicchiere che teneva adesso tra entrambe le mani. Lo ripose sulla destra, sollevandolo e tenendolo con le dita strette attorno alla base. Lo rigirò pigramente, il sorriso storto gli era rimasto. Chissà cos'aveva da ridere.

    Alla fine ispirò ed espirò profondamente, tornando per l'ennesima volta a guardare l'amico. Grazie per avermi tirato fuori di lì. Credevo che... dopo quella volta ad Ame...

    Si interruppe, denotando un certo imbarazzo nel menzionare l'episodio. Le sopracciglia si aggrottarono, le mani tornarono basse e lui serio e pensieroso.

    Helen come sta? Chiese non osando rialzare lo sguardo. Quella domanda era il segno per Rain che finalmente era lucido e aveva capito tutto. Aveva capito dov'erano, aveva capito cosa comportava che Rain avesse deciso di scendere a patti coi Luna Rossa per tirarlo fuori (nonostante il tradimento) e aveva anche capito le possibili implicazioni delle sue azioni durante il loro ultimo incontro.

    Per quanto ne sapeva, dopo la sua fuga ad Ame Rain poteva essere stato catturato o lo poteva essere stata Helen. L'impero non gliel'avrebbe mai riferito, visto il legame tra i due. Era loro interesse tenerlo buono dopotutto. Il controllo esercitato su di lui gli impediva solo di non fare del male agli imperiali, ma esistevano mille altri modi per ribellarsi.

    Un giorno avrebbe spiegato a Rain quali erano state le sue vere intenzioni quel giorno ad Ame, tuttavia c'era una cosa che doveva assolutamente fare prima di quel giorno.
     
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    Ti ringrazio molto per il completamento della missione. Purtroppo questa tratta è piena di navi di pirati e la Compagnia ha dovuto pagare parecchi mercenari di scorta in questo periodo...
    L'uomo ridacchiò, sollevato, mentre guardava i suoi marinai trasportare casse e casse di materiali da sottocoperta a terra. Era un bel giorno di primavera, quello, così tutti erano imperlati di odoroso sudore nel compiere simili operazioni.
    Il mercenario esaminò l'attestato di completamento missione e se lo mise in un piccolo zainetto che teneva sulle spalle.
    L'importante è che sia andato tutto bene.
    Aggiunse poi, con calma e cordialità.
    Non siamo stati attaccati, grazie al cielo! In caso, comunque, avevamo te. Ormai sono mesi che lavori per la Compagnia: stiamo iniziando ad affezionarci.
    Anche io mi trovo bene. Il mare è così bello e calmo da queste parti..
    La figura si distrasse e si mise a osservare l'azzurro orizzonte. Molte altre navi stavano per attraccare a Florentia e tutti avevano molto lavoro da sbrigare. Era una zona con un frenetico movimento commerciale ma nonostante questo la natura si manteneva selvaggia e aspra.
    Scogli aguzzi, isole a strapiombo sul mare, pappagalli tropicali, vento salmastro.
    Era tutto bello, colorato, vivo.
    Noi marinai viviamo solo di mare: è una parte del nostro essere. Tu invece? Non sappiamo niente di te nonostante i nostri lavori insieme.
    Dove hai imparato a combattere?

    Il mercenario si appoggiò al bordo della nave e continuò la sua osservazione. Sul suo volto si dipinse un piccolo e delicato sorriso.
    Alcuni monaci scappati dalle montagne mi hanno insegnato tutto quello che so sul combattimento. Vivevo con una famiglia adottiva a Shal'Aria prima di unirmi a loro.
    Ormai non riesco a considerare casa mia nessun posto in cui mi fermo.

    Il capitano ascoltava con attenzione ogni parola. Tanto si parlava del mercenario di scorta ma nessuno sapeva in realtà nulla su quella delicata e graziosa creatura. Lui, con questo discorso preso un po' alla larga, voleva finalmente sapere la sua storia e spettegolarne tranquillamente con il resto della ciurma.
    Proprio come noi marinai. E dove sei nata?
    La ragazza, bella e dai lineamenti sottili, si girò verso il capitano e lo guardò con occhi penetranti. Aveva uno sguardo enigmatico ma tremendamente sicuro. Sembrava avere un'innata calma interiore che però celava un'enorme sensibilità e tanti racconti.
    Sono nata in uno dei paesi che non esistono più: Ame.
    L'uomo strabuzzò gli occhi e si grattò la barba incolta, come a meditare qualcosa.
    Povera ragazza, pensò. Sicuramente ne aveva passate tante e aveva visto cose che neanche molti uomini del suo equipaggio avevano mai avuto modo di immaginare. Nulla di quella decisa ma gentile persona avrebbe potuto far presagire un'origine simile.
    Si diceva tra l'equipaggio che fosse la figlia bastarda di un ricco mercante e che cercasse lavori lontana da casa per nascondere la sua identità, alcuni invece dicevano fosse una bambina prodigio addestrata al combattimento dall'Impero sin dall'infanzia e poi scappata dai suoi aguzzini.
    Queste e mille altre teorie ora cadevano nel vuoto, sostituite da una più semplice ma altrettanto dura realtà.
    La ragazza abbozzò un altro sorriso vedendo che l'altro non rispondeva.
    Non ha mai conosciuto nessuno di Ame, capitano?
    L'uomo, risvegliatosi dai suoi ragionamenti, rispose pensieroso.
    Ora che mi ci fai pensare...un po' di tempo fa abbiamo dato un passaggio a una coppia: un tipo un po' strano e una bella ragazza dai capelli biondi. Alcuni dei miei uomini hanno parlato un po' con la ragazza: ha detto di venire da Ephiora ma che molti anni fa avevano vissuto ad Ame.
    Chissà se è vero, poi. In certe faccende antiche io preferisco non mettere naso: mi basta fare il mio lavoro.

    La ragazza ascoltò le parole dell'uomo e si girò ancora una volta per osservare il cielo limpido e i gabbiani svolazzanti. Passarono una manciata di secondi prima che, nuovamente, si voltasse e con sguardo stupefatto interrogasse il capitano.
    Come si chiamavano? Dove stavano andando?
    L'uomo rimase stupito dall'atteggiamento della ragazza. Aveva posto le domande con una strana morbosa curiosità e questo era piuttosto inaspettato. Pensò che magari fossero dei suoi parenti scomparsi, ma ormai erano passati mesi dall'incontro con la coppia e non ricordava esattamente i loro dettagli.
    I nomi. Quelli, con un po' di sforzo, avrebbe potuto ricordarseli. Un marinaio, d'altronde, non si scorda certi dettagli.
    Mi pare stessimo trasportando un carico verso Yorke partendo dalla costa orientale di Ephiora.
    Di lui non mi ricordo molto: era gentile ma pareva avere la testa fra le nuvole e quindi non ha parlato molto. Lei invece era molto più solare e gioviale.
    Il nome...non è facile da ricordare. Elly? Allen? Elena? Qualcosa del genere, forse.

    La ragazza strabuzzò gli occhi, poi in un istante si ricompose, come imponendosi un certo tono.
    Forse si chiamava Helen?
    Esatto!
    L'uomo aprì le braccia e sorrise, contento di essere giunto all'arcano.
    Li conosci, per caso?
    Lei sorrise.
    Li cerco da tutta la vita.

    ***



    Più lo guardava e meno Rain riusciva a capire cosa diavolo gli stesse succedendo internamente.
    La comparsa di Scaar era un fatto assolutamente scioccante e imprevisto, ma nonostante questo il ragazzo avvertiva sentimenti contrastanti sul compagno. Difficile parlare di un perdono: Rain né allora né adesso aveva capito il gesto di Scaar, ma il tradimento fu una delle cose che più cambiarono il carattere dello spadaccino.
    Aveva pensato alle amicizie, ne aveva avute poche a dirla tutta, ed era giunto alla conclusione che forse avere legami forti con qualcuno era più uno svantaggio che altro.
    Helen, per esempio. Se lei era in pericolo lui impazziva e il cervello andava completamente in tilt. Il pensare che un giorno, chissà quando e chissà perché, lei si sarebbe potuta svegliare e gli avrebbe potuto dire di essersi stufata di lui, semplicemente, era una tortura.
    Era come essere l'uomo più ricco del mondo e vivere ogni giorno nel lusso più sfrenato, sapendo però che un giorno X, non si sa quando, tutti i tuoi averi sarebbero potuti svanire. Che fare allora? Rain probabilmente non sarebbe riuscito a sopravvivere e si disse, un po' scherzando un po' piangendo, che si sarebbe buttato da una scogliera.
    Rivelò questo pensiero ad Helen e quella gli disse giustamente, ridendo, che c'era una sostanziosa possibilità che Rain potesse sopravvivere benissimo da una caduta da una scogliera e che quindi oltre che solo si sarebbe trovato anche ferito e in mezzo al mare.
    Subito si pentì di aver rivelato tale debolezza, la sua unica debolezza a dirla tutta, alla sua compagna e questa la tranquillizzò dicendo che i due erano legati più per la morte che per la vita. Avevano condiviso insieme più sciagure che momenti felici e questo li aveva resi effettivamente una cosa soltanto.
    Rain pensò per giorni a quella meravigliosa affermazione.
    Il tradimento di Scaar riempì Rain di nuove domande a cui rispondere. Più si sforzava nel non legarsi a qualcuno e più effettivamente ci si legava.
    Le montagne di Ephiora con cui tanto si era amato e i silenziosi monaci erano stati la sua casa per anni e l'abbandonarli fu un colpo durissimo per lui. L'unica cosa che alleviò tale ferita fu il pensiero che, prima o dopo, sarebbe tornato lì e tutto sarebbe potuto essere come prima.
    Con Scaar, invece, niente poteva essere più come prima. O almeno questo pensava Rain.
    Sentiva che quell'essere strano che stava sdraiato di fronte a lui era completamente diverso da quello che aveva conosciuto anni fa. Non si sentì felice né triste per averlo ritrovato, si scoprì anzi stranamente apatico.
    Aveva desiderato tantissimo rivederlo e passare con lui qualche altra picaresca avventura ma averlo visto piovere così, a caso, davanti a lui aveva rotto ogni aspettativa.
    Si ripromise di ragionare a lungo su questi pensieri e di condividerli con Helen per un consiglio, ma per quello ci sarebbe stato tempo e occasione.
    Nonostante tutto Scaar andava per forza aiutato per quanto possibile.
    Helen sta bene. Non ha preso bene il fatto che tu abbia cercato di uccidermi vendendomi all'Impero, però.
    Calò un silenzio che avrebbe colpito Scaar come una mannaia.
    Chi le capisce, queste donne!
    Disse poi per sdrammatizzare Rain, abbozzando un sorriso. Yazh fece una risatina e Rain sperò anche Scaar potesse fare uno di quei suoi sorrisi ebeti che tanto lo facevano ridere millenni prima.
    Qualcuno bussò alla porta e Yazh andò ad aprire.
    Rain si girò e una nuova voce entrò nella stanza.
    Ehi, sono io. Ho portato un po' di roba da mangiare come mi aveva chiesto Rain. Posso entrare?
    Vieni dai, posa la roba sul tavolo. Non fate troppo casino però.
    Incitò Rain.
    Scaar avrebbe visto un nuovo individuo entrare in scena. Si muoveva con disinvoltura, segno che conosceva il luogo e gli altri due da un po' di tempo, anche se non troppo.
    Con l'arco a tracolla, posò un sacco di canapa sul tavolo e la aprì, tirando fuori un po' di cibo. C'erano due bottiglie di latte, svariati filoni di pane, un pezzo di formaggio giallognolo e un casco di banane.
    Rain si scostò da Scaar per esaminare gli acquisti, poi si piegò nuovamente verso l'amico.
    Mangerai dopo che ci avrai raccontato per bene cosa è successo.
    Yazh si appoggiò al tavolo.
    Sarebbe stato un racconto interessante.
     
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    Erano passate due settimane da quando Rain lo aveva salvato da una lunghissima e agonizzante morte di stenti. Nel frattempo era finalmente riuscito a mangiare e bere qualcosa, il che lo stava rimettendo gradualmente in forze. Il suo aspetto era comunque orribile, continuava ad essere visibilmente sottopeso e qualcuno avrebbe ancora potuto scambiarlo come un cadavere ambulante. Tuttavia riusciva a camminare da solo adesso anche se farlo per lunghe distanze lo affaticava non poco.

    Tornando a riflettere sull'ennesima esperienza quasi mortale con i Luna Rossa, Scaar realizzò che non avrebbe voluto andarsene in un modo tanto ignobile. D'accordo che aveva più volte tentato di farla finita e quella sensazione di noia e stanchezza generale continuava a farla da padrone nelle sue giornate. Ma sparire gradualmente consumandosi mentre il suo corpo avvizziva lentamente era un pensiero che scoprì lo turbava non poco.

    Realizzò che di morte ne avrebbe avuta una sola e, dopo tutto quel bordello quale era stato la sua vita, avrebbe voluto andarsene in maniera importante.

    Non aveva ancora chiaro in mente cosa intendesse per importante tra sè e sè, ma stabilì che quando sarebbe arrivato il momento, in qualche modo lo avrebbe capito.

    E in qualche modo, in quel momento lì, tutto sarebbe sembrato semplice.



    Scaar si voltò nuovamente ad osservare la ragazza.

    Aveva ormai capito di non piacerle affatto e probabilmente la sua semplice vista le provocava ribrezzo. Come darle torto, dopotutto. Niente di nuovo, niente di strano.

    Era comunque la prima volta ad essere lui, stavolta, tanto interessato ad un'altra persona. Rain era qualcuno di notoriamente diffidente, si circondava solo di persone estremamente serie e affidabili. Caratteri quadrati, simili al suo.

    Ecco perché la scelta di quella giovane donna lo lasciava interdetto. Non sembrava rispettare i canoni degli scagnozzi scelti dal suo amico. Doveva esserci qualcosa sotto e lui, che era un tipo curioso da far schifo, avrebbe voluto scoprirlo a tutti i costi.

    Forse forse...

    Naah, Rain non era il tipo da fare certe cose.

    Tuttavia...

    Tu e Rain fate sesso? Chiese a bruciapelo, con la disinvoltura di chi chiede "hai visto che bella giornata?" Il suo volto rimase smorto ed inespressivo mentre fissava la ragazza negli occhi.

    Erano a due metri l'uno dall'altro, appostati sopra la tettoia in fogliame e legno di un alta postazione di guardia. Sgombra, ovviamente.

    Sotto di loro si stagliava una squarcio di tipico sobborgo sumadiano. Le abitazioni si sviluppavano in verticale, anche ad una decina di metri di altezza. Una serie di ponti pensili collegavano le varie strutture. Durante la notte, turni di ronda mantenevano le persone al sicuro da animali feroci ed eventuali assalti.

    Beh, più la prima che la seconda.



    Insomma... lo so c'è Helen e tutto il resto, ma non ci ho mai creduto fino in fondo alla storia dell'amore eterno. Sapevo che prima o poi avrebbe ceduto alle tentazioni. Sembrò parlare quasi tra sè e sè anche se l'altra lo avrebbe potuto sentire chiaramente. Nel mentre ritornava ad affaciarsi per guardare le strutture sottostanti.

    Non aveva spiegato all'altra come mai erano arrivati fin lì nè per quale motivo se ne stavano appostati ad osservare l'ambiente circostante.

    In fondo non le era nemmeno tanto antipatica. Cercava solo di mascherare il fatto di essere rimasto offeso che Rain non avesse voluto accompagnarlo in quella missione ma avesse mandato una tizia qualunque. Nella sua mente, quella ragazza doveva significare tanto per Rain, non poteva accettare il fatto che lui potesse avergli mandato una persona qualsiasi dopo che gli aveva chiesto il suo aiuto.

    Anche se, dopo tutto quello che Scaar aveva combinato, Rain ne sarebbe stato in pieno diritto.
     
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    Nei giorni successivi all'arrivo di Scaar, Rain ebbe ampio modo di riflettere sul da farsi.
    La storia dell'amico era senza precedenti per implicazioni etiche, ma non era sicuro di volerci mettere più di tanto il naso. Tutto era diverso ora e nella situazione precaria in cui si trovava, Rain non poteva permettersi un'altra avventura in giro per il mondo rischiando la vita.
    Quello che provava verso Scaar era ancora incerto e nebuloso e quindi lo spadaccino rimandò la decisione per giorni e giorni.
    Tutti quelli che gli erano vicino non facevano altro che consigliargli di lasciar stare: Scaar era un traditore che aveva attentato alla sua vita e ora non era di nessun aiuto, anzi. Forse ancora una volta stava facendo un triplo gioco e avrebbe smascherato i piani embrionali che Rain stava ormai organizzando da settimane. Questo, andava da sé, non poteva essere permesso.
    C'era anche da dire però che era legato a quello strano individuo da un collegamento antico, sincero, oscuro ma solido. Non poteva lasciarlo così: almeno un tentativo andava fatto.
    Se fosse andato bene avrebbe potuto far aggiungere Scaar stesso alla causa di Rain e dare quindi un decisivo aiuto al nuovo gruppo di Haven. Ma come fare ad aiutarlo e chi mandare? Andare lui stesso era fuori discussione. Due dei suoi uomini migliori erano a Neagora e chi era rimasto lì con lui era troppo poco affidabile per essere mandato in una missione di questo tipo.
    Non posso affidare questo incarico a te, è troppo pericoloso. Se ti succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai.
    Le aveva detto.
    Fidati di me, andrà tutto bene.
    Non puoi continuare a portarti sulle spalle il peso di tutto il mondo, Rain. Devi condividerlo con qualcuno.

    Quella, come tante altre frasi che le aveva sentito dire, lo avevano colpito sin dentro l'anima. C'era qualcosa in lei, quando parlava, che proprio lo confondeva e lo lasciava senza parole.
    Non seppe che altro dire.
    Per questo, quindi, la sera stessa tornò al magazzino dove ormai tenevano Scaar. Pioveva a dirotto ma Rain, forgiato dagli anni della piovosa Ame, andava in giro senza alcun tipo di cappuccio od ombrello.
    Aprì la porta ed entrò. Subito dietro di lui un'altra figura entrò nella sala dall'aria pesante e chiusa.
    Ciao, Scaar. Lei è Blu.


    ***



    Lo sguardo delicato di Blu si posava ora su un dettaglio, ora su un altro, senza però soffermarsi troppo su nessun particolare del paesaggio che i due stavano osservando lì a Sumadea.
    Alla domanda di Scaar, la ragazza non si scompose più di tanto, ma anzi non rispose per qualche secondo.
    Poi si girò.
    No.
    Disse semplicemente.
    Se Scaar fosse stato una persona normale avrebbe capito che la ragazza non avrebbe mai potuto dire, in nessuna circostanza e a nessuno, nessun'altra risposta. Si limitò a fare un abbozzato ma delicato sorriso che avrebbe potuto voler dire qualsiasi cosa come nessuna ma che si manteneva coraggiosamente in vista come a voler sfidare il mondo.
    Ora che siamo qui, Scaar, come dobbiamo procedere?
    Blu pose quella domanda con gentilezza e ampliando il già presente sorriso.
    Aveva pensato, durante il viaggio, che forse nessuno negli ultimi anni aveva sorriso a Scaar o gli avesse chiesto qualcosa in maniera gentile. Si decise a pensare che la chiave di volta per capire il segreto di quello strano individuo forse era semplicemente trattarlo come la persona normale che, evidentemente, non era mai riuscito a essere.
    Era emozionata, all'inizio come adesso, nello svolgere quel compito. Sentiva che era ben più pericoloso di qualsiasi altra missione svolta fino a quel momento e si sentiva anche sotto gli occhi di Rain.
    Non poteva fallire sia per sua dignità personale sia per lui, che avrebbe sofferto un'ingente perdita dalla scomparsa di lei e di Scaar nello stesso momento. Era suo dovere far riuscire tutto e tornare vittoriosa. Doveva dimostrarsi brava.
    Il bastone le batteva sulla schiena e ciò le infondeva un senso di sicurezza. Il vento di Sumadea, invece, non molto.
     
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    Risposta secca, sorriso inquietante.

    Non perché avesse qualcosa di strano il suo sorriso di per sè, ma proprio perché letteralmente rendeva Scaar poco tranquillo. Tanto sapeva che faceva la carina per rimanere nelle grazie di Rain, non c'erano altre spiegazioni. Nessuno è mai stato così carino con lui e a lui andava bene così. Insomma, fisicamente avrebbe fatto ribbrezzo persino alla sua povera madre a questo punto e caratterialmente, era simpatico quanto una spilla nel cu-

    Comunque.

    Lei glissò sull'argomento, anche se non lo dava a vedere un minimo le aveva fatto effetto. Indizio. O forse no. Scaar ghignò, concentrandosi sull'ambiente circostante. Come procedere era ancora tutto da stabilire.

    Sai... Blu... Che nome ridicolo. Non è la prima volta che mi riduco tanto male. Quando succede, c'è solo un modo per riprendermi del tutto, ma se vogliamo continuare ad essere amici preferisco tu non lo veda. Scaar parlottava con voce roca e spensierata, le mani giunte sotto al mento mentre si sporgeva qualche centimetro in più, come in cerca di qualcosa.

    Il problema è che, quando mi sarò rimesso in sesto, l'incantesimo finirà. Mi sarà impossibile fornire altri dettagli sulla mia condizione né agire in alcun modo, apertamente o subdolamente, contro l'impero, quindi ascolta attentamente quello che sto per dirti. Si voltò verso la ragazza. Le possibilità erano due: o Rain gli aveva rifilato la prima pedina disponibile per toglierselo dalle scatole, o quella era il suo asso nella manica. Preferì credere non potesse essere altrimenti se non la seconda opzione, anche se ammise che con la prima si sarebbe divertito di più.





    XiY4JHu

    Devo pisciare. Va avanti tu.

    Uh. Ancora deja vu.

    D'accordo, ma non metterci molto. Quei cosi che hanno invaso le foreste di Arcadia potrebbero essere arrivati fin qui. Romohald ha detto di non andare in giro da soli.

    Sese, una pisciata devo fare, non mi vado mica a fare un pisolino.

    Vado allora.


    L'uomo infilò la spada nel fodero, lo scudo era appeso alle sue spalle. Si diresse verso alcuni cespugli alti intorno al metro, appartati all'ombra di una grossa roccia ricoperta di muschio. Era felice che il proprio giro di ronda stesse per terminare, la notte era stata incredibilmente lunga e snervante.

    Le storie dei mostri di Nasradeva che arrivavano da Arcadia avevano fatto andare tutti in paranoia. E ora i turni di ronda erano radoppiati e persino lui che era sempre riuscito ad imbrogliare sui turni e a non lavorare mai di notte, era rimasto invischiato.

    Fanculo quei fottuti mostri.

    Imprecò fra sè mentre tirava fuori quello che doveva tirare fuori e cercava di rilassarsi. La stava trattenendo da ore.

    Buonasera.

    AAAAh, CHI CAZZO...?

    Una mano nera si allungò in maniera inumana piantandosi sulla sua bocca e spingendolo contro la roccia retrostante. L'uomo fece per portare la mano alla spada ma una lama affilata gli infilzò il bicipite, provocando un urlo strozzato soffocato dalla mano che gli tappava la bocca.

    Shh, shh, shh. Facciamo presto, tranquillo.

    Disse una voce stranamente gongolante mentre un volto emergeva dalle ombre, piantandosi di fronte al viso terrorizzato dell'uomo.

    Ecco le regole: se urli, muori. Prova a fare anche uno starnuto: muori lo stesso. Fermo e drizza le orecchie. Intesi? Fai sì con la testa?

    L'uomo annuì. I suoi occhi spalancati dall'orrore erano più eloquenti di qualsiasi altro urlo. Ritrovarsi all'improvviso davanti il volto scavato e deturpato di Scaar in piena notte doveva fare quell'effetto.

    Bene. Ultima regola: prova a mentire e la conversazione finisce. E sei finito anche tu. Dunque...

    Scaar lasciò andare la mano che premeva la lama contro il bicipite dell'uomo e se la passò sui capelli. L'altra mano scivolò dalla bocca al collo dell'uomo, tenendolo premuto contro la pietra. L'uomo non osava muovere un muscolo.

    So quello che hai fatto, pensavi di farla franca ma come ben sai il crimine non paga mai abbastanza.

    Non so di cosa stai parl-


    La mano di Scaar guizzò di nuovo sulla bocca dell'uomo per zittirlo. Questa volta tappò anche il naso.

    Ah-ah-ah-ah. Forse sono stato poco chiaro prima? Inutile mentire con me.

    Le mani dell'uomo si sollevarono per stringere la mano di Scaar e sottrarsi da quella stretta soffocante, ma non riuscì a mettere sufficiente forza. Scaar lo fissò diritto negli occhi mentre i primi segni di soffocamente dipingevano il volto del poveretto.

    La mano ritornò al collo dopo interminabili secondi e l'uomo tossì violentemente, annaspando avidamente in cerca d'aria.

    Ultima possibilità. Conosco bene Romohald. Dimmi cosa è successo o io.. Scaar risollevò la lama con cui lo aveva infilzato prima e allora l'uomo fu scosso da un fremito.

    Va bene, va bene, questa merda non vale tutto questo. Romohald ha detto che nessuno lo avrebbe mai scoperto. Quei tizi non pagavano da mesi e sai come gestisce Romohald queste cose. Devi prendertela con lui però, cazzo! Io faccio solo quello che mi dicono.

    Scaar allontanò il viso e la mano dall'uomo, sorpreso. Oh. Allora sei davvero un criminale dopotutto...

    L'uomo che si stava massaggiando il collo si fermò di botto, con espressione stranita.

    Scusami, non potevo esserne sicuro quindi ho pensato di bluffare e spaventarti un po'. C'ho preso al primo colpo, che culo. Mi sarebbe dispiaciuto usare un povero innocente per questo...

    Ma si può sapere tu chi diavolo-


    Le parole gli morirono in gola mentre si sentiva improvvisamente senza fiato. Era come se l'aria gli si fosse prosciugata dai polmoni e le gambe fossero diventate improvvisamente incapaci di sorreggerlo.

    La vista gli si annebbiò poco dopo e l'ultima cosa che vide fu un bagliore balugginoso che si estendeva dal proprio corpo e andava a finire attorno a quello strano individuo.

    In breve tempo, il suo corpo senza vita si accasciò al suolo, ridotto ad uno scheletro esiccato.

    Scaar si erse in tutta la sua statuaria altezza di un metro e novanta, la schiena e le braccia di nuovo forti e rinvigorite, eccezion fatta per la piccola curvatura che gli incurvava leggermente le spalle.

    Si passò nuovamente una mano sui capelli umidi, tirandoseli all'indietro mentre guardava il malcapitato con espressione soddisfatta.

    A tutti serve un capro espriatorio prima o poi. Dispiace sia toccato a te bello.

    Iwan? Iwan cazzo, stai cagando in mezzo ai cespugli? Non ho tutta la notte!


    Scaar portò la mano al mento ritrovando un sorriso pericoloso.

    Naah, due avrebbero suscitato troppi sospetti.

    Ora che era di nuovo in forma, doveva solo rimettersi in contatto con i soldati imperiali.



    Edited by Ryuk* - 20/3/2018, 01:56
     
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    Più Rain aveva creduto di essere scampato a tutti i fantasmi del passato esiliandosi per anni, più questi erano tornati a tormentarlo.
    La sua apparizione ad Haven passò inosservata solamente per un breve periodo di tempo.
    Subito dopo, sempre più spesso la leggenda di un certo ex rivoluzionario ricercato che ora era tornato per spodestare l'Impero arrivò alle sue stesse orecchie.
    Non credere a queste cose, è finito il tempo delle ribellioni.
    Aveva detto Rain a un armaiolo con cui stava chiacchierando e a cui aveva affidato la propria spada per una ripulita.
    Più persone, proprio come il capo dei Luna Rossa, avevano cercato di entrare in contatto per lui per qualche scopo. Molti chiedevano aiuto e si rivolgevano a Rain come se lui stesse lì proprio per risolvere i problemi della gente o sistemare conti in sospeso.
    Qualcuno invece voleva vendicarsi di antichi torti e cercava pietosamente di catturarlo o di fargliela pagare in qualche modo. Questi episodi, quasi sempre finiti non nel modo più bello, stancavano molto Rain.
    Si sentiva spinto a forza nel passato, collegato a un tempo ormai remoto e obsoleto da cui voleva staccarsi ad ogni costo. Si era isolato e allenato per anni, aveva sconfitto, o quasi, i demoni interiori che alloggiavano nel suo cuore ma non quelli che invece tormentavano il resto del mondo.
    La guerra aveva lasciato cicatrici enormi ma anche ferite che nonostante i tanti anni non accennavano a guarire.
    Te l'ho portata, Rain: è proprio qui fuori.
    Yazh entrò nel lussuoso bar in cui il ragazzo stava bevendo e annunciò sottovoce questa notizia.
    Oh! Finalmente scopriremo cosa diavolo vuole questa tizia.
    Il vecchio Ioi, il quale era seduto al tavolo con Rain, alzò il calice e lo vuotò in un sorso.
    Tutti ti cercano! Chi è questa persona?
    Rain alzò le spalle e sorrise al suo mecenate e finanziatore.
    E' una ragazza che sta chiedendo di me da settimane qui ad Haven. Se prima in giro c'era giusto qualche voce su di me, a causa sua ormai sono sulla bocca di tutti.
    La faccio entrare allora, Signor Ioi?
    Yazh chiese educato. Si rivolse all'uomo e non a Rain poiché il bar in cui tutti e tre si trovavano era proprietà del vecchio aristocratico a cui tanto stava a cuore il loro progetto. Era una locale d'altri tempi, con pareti vellutate e divani enormi. L'aria era carica di incensi e i drink costosi provenienti da ogni luogo del continente scorrevano a fiumi nei bicchieri dei pochi ma spendaccioni clienti.
    Ma certo, ma certo. Una bella fanciulla sarà certamente a suo agio qui!
    Rain sorrise e diede ragione all'uomo. Non amava dover fingere supporto a ogni frase che quel tipo diceva ma per ora era assolutamente necessario. Inoltre, a conti fatti, si trattava di un ricco filantropo che non si era macchiato di crimini sporchi quanto molti altri suoi simili.
    E così Blu entrò. Non guardò niente del locale, né l'arredamento lussuosissimo né le dame di compagnia che intrattenevano quei due o tre clienti autoctoni. Con uno sguardo di pietra superò Yazh e camminò al tavolo di Rain come se nel suo cervello avesse avuto una mappa a dirle sempre dove quel ragazzo si trovasse esattamente.
    Lì per lì a Rain non fece nessun effetto anche solo per la velocità con cui la ragazza entrò in scena. Aveva degli abiti semplici e un po' logori e il bastone dietro la schiena la faceva assomigliare a uno strano viandante senza fissa dimora.
    Buonasera, Rain. Sicuramente non ti ricorderai di me ma io mi ricordo molto bene di te.
    Esordì, senza che nessuno le avesse chiesto nulla, con voce tremolante dall'emozione ma senza esitare. Era come se si fosse imparata quella presentazione a memoria e l'avesse ripetuta mille e mille volte.
    Sono Blu, una ex profuga di Ame salvata dal tuo piano di evacuazione di civili durante la guerra contro l'Impero.
    Il vecchio Ioi fece una strana espressione strabuzzò gli occhi tra il sorpreso e divertito. Rain, invece, rimase pietrificato.
    Voglio dirti che se sono viva è unicamente grazie a te e che mai potrò fare abbastanza per ripagare questo debito. Ho perso tutto quello che ho ma nei miei ricordi l'unico periodo felice della mia vita è stato quello ad Ame, sotto la tua guida.
    Ti ho cercato per tutta Kalendor...sapevo che non ti eri arreso.

    Per alcuni istanti calò uno strano silenzio e Rain venne colpito, come una fucilata, dal ricordo dell'evacuazione della città. In un attimo gli tornarono in mente i pianti dei bambini, le urla, le case in fiamme, la maledetta pioggia e quella strana bambina. Poteva mai essere lei?
    Gli occhi azzurri che lo scrutavano decisi e fiduciosi quel giorno erano identici a quelli che la ragazza aveva e che aveva in bella mostra in quel momento. Ma come poteva essere possibile? Come poteva il tempo essere andato avanti così tanto?
    Rain la guardò, esaminandone ogni dettaglio. Si rese conto, avendo paura dei pensieri successivi, che Blu era diventata una ragazza bellissima.
    Nonostante la distruzione e la morte, tra le macerie del mondo era potuto nascere un fiore tanto bello quanto delicato e se questo era stato possibile era, forse, anche grazie a lui.
    Allora forse qualcosa di buono, anzi, di meraviglioso, era riuscito a farlo in quel mondo così sfuggevole e freddo.
    Rain le guardò il vestito logoro e le gambe lisce che le si intravedevano, notò nuovamente il bastone usato allora come arma, le esaminò lo sguardo deciso che era rimasto esattamente identico a quando lo vide per la prima volta, ormai tanti anni prima.
    Siediti.
    Disse soltanto.
    Siediti, per favore.


    ***



    Scaar era chiaramente un individuo pericoloso e imprevedibile; forse proprio per questo lei era la persona migliore per affiancarlo. Proprio come Rain le aveva detto, il suo vecchio compagno sarebbe stato incline ad azioni sconsiderate, pericolose e attuate senza preavviso. Proprio questo accadde.
    Rain, d'altronde, aveva sempre ragione per Blu e questa rivelazione non la stupì affatto.
    Non c'era un piano ben definito e l'intera faccenda aveva ancora tantissimi interrogativi. Avanzò pian piano nella direzione in cui era andato Scaar e si chiese cosa diavolo avrebbe dovuto fare, nel frattempo.
    Respirò profondamente, come le avevano insegnato tanto tempo prima i monaci, e si calmò.
    Oltre ai tantissimi imperiali, mostri e animali di ogni genere che erano in agguato nei dintorni, Blu doveva stare attenta soprattutto a Scaar.
    Aveva tradito, infame e vigliacco, Rain e questo abbastanza per non potersi fidare di lui in nessun modo. Voleva prenderlo in maniera semplice, dandogli l'impressione di essere ancora parte di un progetto più grande. Magari si sarebbe affezionato a lei e si sarebbe comportato in maniera normale, o magari le avrebbe rivelato qualcosa di interessante. Magari avrebbe iniziato, dopo tutta una vita folle e violenta, a essere una persona normale.
    Blu era convinta che Scaar non fosse cattivo. Sembrava molto stupido e molto sofferente, ma non era malvagio. Era chiaro che nonostante la sua forza e il suo fare intimidatorio anche lui fosse vittima del vento del mondo che tutti scuote e sbatte a destra e a sinistra. Senza quello che aveva visto e passato magari ora avrebbe condotto una vita quasi normale, magari riuscirebbe a condurre un dialogo come le persone normodotate, magari sarebbe capace di gesti umani e belli. Magari.
    In lontananza sentì delle voci. Si spostò piano piano e si appiattì dietro un albero. La violenza poteva essere ritardata il più possibile, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto iniziare a combattere.
    Sperava solo contro i nemici giusti.
     
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    Signore, non so se mi è concesso dire quello che penso, ma non credo che lui...

    Esatto capitano. Non rientra nelle sue competenze esprimere giudizi riguardo la questione. Confido invece che si atterrà agli ordini, c'è già chi ha valutato ampiamente la situazione e si aspetta piena collaborazione.

    Il capitano imperiale si irrigidì e fece solo un cenno affermativo, non osando tornare sull'argomento.

    Il generale indugiò con lo sguardo su di lui, infastidito dalle riserve che non solo il capitano Reinham ma anche diversi tra i soldati continuavano a nutrire.

    Senza aggiungere altro, si mosse spaziando con lo sguardo tutto intorno verso l'unità di soldati presente. Scaar era in un angolo, braccia conserte e un'espressione poco rassicurante. Le sue mani e i suoi piedi erano chiusi in manette tali da consentirgli a malapena di camminare con passi molto corti.

    Scaar vieni qui. Sbottò il generale dopo aver raggiunto il centro della stanza. Aveva le mani unite di fronte al corpo e il mento e le spalle sollevate in una posa di superiorità.

    Il prigioniero roteò gli occhi di lato emettendo un sospiro che sarebbe parso quasi un ringhio soffocato. Tentò però di non dare soddisfazione a quel bastardo, quindi ingoiò la propria rabbia e si raddrizzò muovendosi con ostentata naturalezza nonostante i vincoli agli arti.

    Sostenne lo sguardo con il generale rivolgendogli un sorrisetto fintamente collaborativo, decorandolo con una punta di sarcasmo.

    Una volta a cinque passi dall'altro si fermò tradendo insofferenza e dondolando da un piede all'altro rimanendo in attesa. Era stato integrato nell'unità del generale che lo aveva accolto al suo risveglio la prima volta, tale Hartgard. Fu subito chiaro che quella storia del controllo mentale non se l'erano inventata e a quanto pare era costretto a stare al loro gioco. Tanto non gli sarebbe riuscito di scappare da lì, essendo incapacitato di qualsiasi atto violento contro gli imperiali.

    Generale Hartgard: Qualcosa mi dice, caro Scaar, che i miei uomini hanno paura di te.

    Sbottò Hartgard portando le mani dietro la schiena e prendendo a camminare al lato di Scaar, guardando di tanto in tanto uno a uno i soldati.

    Scaar non riuscì a nascondere un ebete sorriso di compiacimento, sghignazzando gongolante sotto i baffi.

    Scaar: Me? Buon dio, non riesco proprio a capire il perché...

    Il generale si soffermò su di lui con sguardo truce a causa della sua solita insolenza per poi dopo qualche secondo rabbonirsi improvvisamente, abbassando il capo mentre continuava a camminargli intorno.

    Generale Hartgard: Nemmeno io ne capisco il motivo. In fondo, non riusciresti ad alzare un dito contro di loro nemmeno se lo volessi, giusto?

    Gli arrivò gradualmente alle spalle, avvicinandosi al suo orecchio con superbia. Per essere uno stoccafisso figlio di puttana era alto, pensò Scaar. Nonostante il metro e novanta del prigioniero, il generale dovette chinarsi lievemente in avanti per avvicinare il proprio volto alla testa dell'altro.

    Generale Hartgard: Nemmeno contro di me. Disse con tono compiaciuto per poi repentinamente afferrare la propria spada riposta nel fodero e colpire violentemente Scaar alla nuca col pomello del manico.

    Il prigioniero portò le mani alla testa emettendo un gracchiante urlo e accartocciandosi al suolo. Scaar: Arg! Razza di bastardo! Cazzo!

    Il generale si ricompose dopo quell'azione, rimanendo erto sopra il prigioniero con tutta la propria boriosa arroganza.

    Generale Hartgard: Cosa c'è Scaar? Vorresti picchiarmi? Uccidermi?

    All'ennesimo suono di quella voce del cazzo Scaar non ci vide più. Si tirò in piedi tutto insieme, raddrizzandosi proprio di fronte al generale, spezzando le manette che gli costringevano le mani e sferrando un gancio portentoso. Degli strani filamenti tentacolosi comparvero dalla manica del braccio alzato, ricoprendo le nocche e fornendo uno spettacolo raccapricciante.

    Generale Hartgard: Tutto qui? Disse il generale senza battere ciglio. Il pugno tentacoloso di Scaar si fermò a una trentina di centimetri dalla faccia dell'imperiale, bloccando Scaar in una sorta di paralisi involontaria.

    Il volto del prigioniero era teso in un espressione carica d'odio, ma non gli sarebbe riuscito di fare altro.

    Tirò giù la mano rinunciando a quell'idea, scuotendola incredulo e frustrato. Non aveva ancora provato a fare qualcosa del genere prima di quel momento e la totalità dell'impedimento cui era soggetto lo lasciò completamente disarmato.

    *THUD*



    Con un altra terribile gomitata il generale lo colpì allo zigomo, gettandolo nuovamente a terra.

    Scaar nemmeno urlò stavolta, completamente annientato da quanto era appena accaduto.

    Il generale infierì nuovamente con un calcio violentissimo al volto del prigioniero che girò su se stesso scivolando sul pavimento e rimanendo immobile a terra.

    Infine Hartgard sfoderò la spada, poggiandone la punta sul collo dell'altro. Il suo volto era deformato dal disprezzo più totale, ma seppe darsi un contegno essendo di fronte ai suoi uomini.

    Generale Hartgard: Vi fa ancora paura questo verme!? La voce era lievemente provata dallo sforzo fatto, ma ritrasse poco dopo la spada rinfoderandola.

    Si sistemò il busto della corazza, quindi prese ad allontanarsi con decisione.

    Prima di varcare l'uscio, si voltò verso la propria unità con occhi infuocati, concludendo con voce alta e autoritaria.

    Generale Hartgard: Se volete provare voi stessi è tutto vostro. Ricordatevi che questo è lo stesso bastardo che ha ucciso decine dei nostri. Non voglio vedere nemmeno l'ombra del timore nei vostri occhi, solo disprezzo e pietà per quel figlio di puttana. Non è altro che uno strumento nelle mani del nostro imperatore, quando sarà servito al suo scopo riceverà la fine che merita!

    Il generale lasciò la stanza e tra i soldati c'era già qualcuno che si massaggiava le nocche, avvicinandosi ad un indifeso Scaar ancora immobile a terra.


    * * * * *



    Avamposto Imperiale a Sud di Sumadea

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    Scaar: Ve lo ripeto, sono un agente dell'impero. Ho solo bisogno di parlare con il capitano Reinham.

    Soldato: Ho detto fermo! Un altro passo e ti riduciamo ad un puntaspilli!


    Come se potesse servire a qualcosa.

    Scaar si rese immobile con le mani alzate e ben in vista. Cercava di portare pazienza, in fondo li addestravano così le loro pedine.

    Quattro o cinque soldati gli sbarravano la strada. Tre erano pronto a scoccargli contro. Probabilmente il suo aspetto fisico era troppo minaccioso perché loro potessero fidarsi di lui. Sempre la stessa storia, nonostante cinque anni al loro servizio.

    Un tempo godeva a vederli tutti su di giri quando lo incontravano e ancora di più quando venivano a sapere che avrebbero dovuto trattarlo come alleato. Ma questa volta aveva un obiettivo ben preciso e quella solita tiritera cominciava a dargli sui nervi.

    Scaar: Ragazzi andiamo non ho tutta la giornata. Mandate qualcuno da Reinham, ditegli che Scaar lo cerca. Ci risparmieremmo tutti inutili perdite di tempo...

    Cercò di sembrare il più innocuo e collaborativo possibile, sebbene gli si leggeva in faccia l'insofferenza che montava sempre più.

    Quello tra i soldati che sembrava prendere le decisioni rimase interdetto, cercando di capire cosa fare. Ad un certo punto si voltò verso uno degli arcieri più arretrati.

    Soldato: Fa come ha detto. Se sta mentendo, il capitano saprà cosa farne.







    Reinham: Scaar... che cosa ci fai qui?

    Chiese dubbioso il capitano da dietro un lungo tavolo con mappe e segnalini di piombo sopra di esso. Al suo fianco c'erano due collaboratori, il loro rango sembrava un pochino più elevato rispetto ai soldati semplici che lo avevano accolto. Scaar ebbe la sensazione di aver interrotto qualcosa. Era bastato sentire il suo nome per mettere Reinham sull'attenti, questo gli fece piacere.

    Il capitano, ora al comando dell'avamposto, dopo aver sentito di Scaar aveva comandato ai suoi uomini di scortarlo con estrema cautela fino da lui e di stare estremamente attenti. Tuttavia non aveva accennato ad eventuali misure precauzionali né alla possibilità di comportamento ostile. Per quanto ne sapeva, Scaar aveva fatto carriera e le alte cariche gli aveva affidato sempre maggiori responsabilità. Lo avrebbe trattato con riguardo fino a quando non avesse capito cosa aveva in mente, impresa quasi impossibile la maggior parte delle volte.

    Scaar: Ehilà capitano! Vedo che hai fatto carriera!

    Reinham picchiettava con l'indice sul tavolo. Lui e gli altri due erano in piedi dietro di questo con un'espressione per niente tranquilla.

    Reinham: Ho saputo lo stesso di te, a quanto pare...

    Disse l'altro, tradendo incertezza. Scaar era la persona più ambigua che avesse mai conosciuto e anche quando l'impero aveva cominciato a fidarsi di lui in seguito ai suoi successi e la buona condotta, aveva sempre avuto la sensazione che nascondesse qualcosa dentro di sè. Come un terribile fine recondito.

    Scaar sorrise con orgoglio alle parole del capitano.

    Scaar: Oh, niente di che. In fondo si tratta di saper leccare i culi giusti, dico bene?

    Affilò la propria domanda come insinuando qualcosa nei riguardi del capitano che sospirò insofferente e si chinò leggermente in avanti, posando le mani sul tavolo.

    Reinham: Temo di non aver ancora capito a cosa dobbiamo il piacere della tua visita, Scaar.

    Scaar: E' presto detto. Ho delle informazioni molto confidenziali che volevo condividere con te. Credo di doverti ancora un grosso favore, se non ricordo male, e io sono uno che detesta avere vecchi debiti e "conti in sospeso".

    Cercò di sembrare disinteressato mentre lo diceva ma per qualche motivo l'ultima parola aveva un retrogusto di minaccia. Reinham non sembrava convinto e sempre dopo aver pensato qualche secondo a come rispondergli, ribattè.

    Reinham: Io e i miei uomini siamo una sola cosa. Qualsiasi cosa tu abbia da dire puoi farlo apertamente.

    Scaar fissò gli altri due, per poi assumere un aria provocatoria rivolgendosi al capitano.

    Scaar: Dì un po' capitano, non ti sei stancato di essere relegato in questo posto sperduto in mezzo alla giungla, tra fango e zanzare? In fondo è passato tanto tempo da quel... incidente.

    Il capitano si irrigidì, sostennendo lo sguardo dell'altro. Le parole di Scaar sembrarono aver colpito il segno, difatti il capitano dopo aver guardato di sottecchi l'uomo alla propria sinistra sospirò nervosamente per poi raddrizzarsi.

    Reinham: Graham, Byron. Potete concederci qualche minuto da soli?


    Gli altri due si guardarono straniti ma non esitarono un solo secondo. Dopo aver dato cenno affermativo, si allontanarono prontamente dalla stanza, riservando qualche occhiata interrogatoria verso Scaar e portando con loro anche i soldati della scorta di Scaar.

    L'ultimo chiuse la porta dietro di sè e alla fine rimasero solo Scaar e Reinham nella stanza.

    Il capitano guardava Scaar con sospetto e apprensione. Era gongolante, come al solito. Sapeva di essere stato terribilmente manipolabile, per l'ennesima volta, ma proprio non aveva armi contro quel maledetto folle.

    Dopo lunghi istanti di silenzio in cui Scaar non accennava a parlare, Reinham si decise ad interrompere quello stallo.

    Reinham: Dunque? Cos'è che avresti da confidarmi di tanto importante da prenderti il disturbo di arrivare fin qui?


    Scaar sorrise pericolosamente, incrociando le braccia.

    Scaar: Rain Kaguya.


    Edited by Ryuk* - 30/3/2018, 10:23
     
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    Che strana notte
    Commentò Rain sovrappensiero. Le onde si infrangevano a ritmi regolari sulle scogliere davanti a loro. I piedi a penzoloni sul molo, le braccia dietro la testa mentre il ragazzo guardava le stelle come amava fare quando era piccolo.
    C'è poca luce proveniente dalla città, quindi si possono vedere meglio gli oggetti celesti.
    Sì.
    Disse Blu. Nella penombra della notte Rain avrebbe potuto vedere un imbarazzato sorriso sul volto di lei, ma non la stava guardando in quel momento.
    Mi fa strano stare vicina a te, ora. Dopo tutto il tempo che ho passato a cercarti, intendo...
    Aggiunse l'ultima frase di fretta non volendo che la prima fosse troppo strana e male interpretabile.
    Avresti potuto investire meglio il tuo tempo!
    Disse lui, poi si mise a ridere. Anche lei abbozzò una delicata risata.
    La tua storia è incredibile. Presto arriveranno tempi in cui avrò bisogno di persone abili vicine a me.
    Continuò poi più serio. L'atmosfera imbarazzante si allentò momentaneamente.
    Potrai contare su di me, Rain.
    Un altro sorriso. Rain era straordinariamente e miracolosamente sereno. Chiuse gli occhi mentre il vento gli scompigliava i capelli e portava alle sue narici l'odore di Blu mischiato a quello del mare.
    Non ho abbastanza dati importanti su di te al momento, però.
    In che senso?
    Rain, con un colpo di reni, si alzò. Blu, prima seduta accanto a lui, lo guardò perplessa. Le sue braccia si mossero in maniera innaturale, poi dai suoi palmi fuoriuscirono due spuntoni d'osso.
    Combatti un po' contro di me, voglio vedere come te la cavi.
    Blu fece un sorriso un po' stupito.
    Ma no, Rain. Non posso proprio. Magari contro qualcun'altro..
    Era ovvio che avrebbe risposto così, lo sapeva bene. Doveva usare le maniere forti.
    Allora fatti un bel bagno!
    Blu, seduta davanti a lui, si vide assestare sulla schiena un calcio frontale debolissimo ma che avrebbe dovuto, almeno in teoria, buttarla in acqua. Nonostante la scherzosità del gesto, Blu era così tra le nuvole che venne colta totalmente alla sprovvista.
    Con le braccia cercò di mantenersi in equilibrio, ma non ci riuscì e cadde in acqua goffamente.
    Rain si pentì quasi subito di quella bambinata ma contemporaneamente ne era divertito.
    Forse aveva esagerato? Alla fine era solo acqua, dai. Blu, però, non riemergeva.
    Tutto bene?
    Fece capolino dal molo e vide una massa scura giusto a pelo d'acqua. Nemmeno mezzo secondo dopo venne completamente investito da un proiettile di vento che lo colse completamente alla sprovvista. Venne sospinto indietro per svariati metri, poi riuscì a fermare la propria caduta e a riprendersi.
    Brava, era proprio brava.
    Blu riemerse totalmente zuppa e per la prima volta non accennava minimamente a fare un sorriso.
    Strinse forte il proprio bastone davanti a sé e si mise in una posa da combattimento che a Rain ricordava quella vista da un monaco nella lontana Ephiora.
    Lui si estrasse una spada dalla spalla e fece rientrare gli spuntoni d'osso, poi puntò la lama verso di lei, serio.

    ***




    Blu, invece, teneva il bastone ben puntato davanti a sé con una mano, mentre l'altra era giusto appoggiata verso tre quarti dell'asta, pronta per ogni evenienza a usare qualche magia.
    Buono, bestione, stai buono.
    Disse piano, ma le parole non fecero molto effetto sulla bestia.
    Blu si mantenne calma e cercò come sempre di capire cosa diavolo avrebbe dovuto fare.
    Forse capiti proprio al momento giusto, sai?
    La strana anaconda, sibilando, si avvicinò a Blu. Era un animale grosso ma nient'affatto goffo. Ad occhio si poteva benissimo ipotizzare che un suo rapidissimo attacco avrebbe potuto cogliere alla sprovvista qualsiasi tipo di guerriero.
    Blu, però, non aveva intenzione di finire attaccata né di ingaggiare un vero e proprio combattimento con la bestia delle paludi. Pensando alle azioni e alle parole di Scaar, decise che l'apparizione di quella creatura, con un po' di fortuna, avrebbe potuto aiutarli.
    Così pensando si allontanò il più possibile dalla bestia e iniziò a concentrare il chakra nelle braccia. Con grande naturalezza, scagliò alcune lame d'aria contro la bestia. Con un movimento repentino quella ne evitò una, per poi finire colpita superficialmente dalla seconda.
    Immediatamente emise un agghiacciante ruggito.
    Blu rimase per un secondo immobile, chiedendosi se effettivamente fosse stata una buona idea. Non ebbe tempo di pensarci perché alle sue spalle alcune voci allarmate di soldati imperiali giunsero alle sue orecchie, mentre davanti a lei la strana bestia stava caricando avanti tutta. Aveva pochi istanti per compiere l'azione e tutto si sarebbe dovuto svolgere con incredibile accuratezza.
    Aspettò ancora che la bestia si avvicinasse, poi iniziò a correre in direzione opposta. Non passarono che pochi istanti prima che tre soldati dell'Impero, armati di tutto punto, le vennero incontro.
    Che succede qui? Ma quello cos-
    Non appena Blu giunse vicina alle guardie, con un'ulteriore tecnica d'Aria fece un balzo in aria, letteralmente sparendo dal campo visivo di tutti i contendenti.
    Un soldato, sfoderata la spada, si avventò sulla bestia. Gli altri due batterono in ritirata.
    Scappa alla base! Le bestie sono tornate!
    Purtroppo quello non poté seguire il consiglio, poiché ascoltò le parole dei colleghi quando già l'anaconda era balzata su di lui, rapida e mortale. Le urla del soldato diventarono atroci quando, nell'esatto momento in cui atterrò a terra, altre tre o quattro bestie identiche alla precedente sbucarono dal nulla e si avventarono sulla preda, dilaniandola.
    Un'altra creatura ancora invece continuò l'inseguimento dei due soldati, diretti al campo base. Nel giro di un secondo la situazione aveva preso una piega assolutamente impossibile da prevedere, ma Blu questo lo aveva tenuto in conto.
    D'altronde stava facendo una missione con Scaar, quindi l'aggiunta di una o più incognite non costituiva un grande cambiamento.
    Fece il solito delicato e dolce sorriso, poi sistemò il bastone dietro la schiena e si sedette sull'alto albero dove si era appena nascosta.


    Edited by Gh0st - 1/4/2018, 21:48
     
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    Non riesco proprio a capire cosa si aspettavano da uno come lui.

    A me da i brividi...

    Uno schifoso assassino come lui non dovrebbe essere ancora in vita.



    L'unità in cui era stato integrato mormorava sempre più contro il "riabilitato", trovando nella sua presenza ben pochi benefici. E' vero, non aveva dato mai nessun problema, mai una scaramuccia, mai un colpo di testa. Tuttavia non aveva nemmeno mai alzato un dito per contribuire alla vita di campo o ancora meno durante le operazioni militari.

    Era da un paio di settimane che quella unità era stata mandata in perlustrazione verso le coste di Sumadea. Si vociferava che qualche monastero ad Anastea avesse dato rifugio ad una cellula terroristica di stampo ninja che utilizzava la vicinanza con il porto per raggiungere agilmente Florentia, Louyhong e persino Benthus.

    Marciavano nella giungla, accampandosi la notte come meglio potevano, contrastando di tanto in tanto l'assalto di qualche feroce bestia o adoperandosi con fatica per trasportare l'equipaggiamento attraverso il fitto della vegetazione. Zanzare, umidità e cattivo tempo incideva molto sul morale e sulla lucidità dei soldati e molto presto la frustrazione montante si sarebbe sfogata sulla pecora nera del gruppo, il delinquente rabbonito che si guardava bene da dare una mano a quelli che precedentemente erano suoi nemici.



    Notte fonda, lo stridore degli insetti notturni poteva risultare quasi assordante nel silenzio più totale che regnava nella foresta. Le tende erano stante montate in un esiguo spazio tra i tronchi del fitto della giungla, un baldacchino altissimo sovrastato dalle chiome scure degli foresta pluviale.

    Tre ombre si muovevano con passo felpato in mezzo al campo. Il metallo delle spade nelle loro mani scintillò una volta toccato dai pochi raggi lunari che riuscivano a raggiungere il sottobosco. Si allontanavano dalle tende convergendo verso il punto dove riposava l'unico presente nel campo ad aver deciso di dormire all'aperto.

    Erano ormai in piedi, circondando la figura ignara di quell'agguato. L'uomo nel mezzo voltò la testa verso le tende circostanti per assicurarsi che nessuno lo stesse guardando, quindi guardò il compagno alla propria destra scambiandosi con lui un cenno di intesa. I loro volti erano scuri, illuminati nei tratti somatici dalla flebile luce lunare. Le braccia si giunsero per sollevare la lunga spada con la punta rivolta verso il basso e prontamente calarono decise per infilzare la vittima dormiente a terra.

    *ZOCK!*


    Qualcosa si avvinghiò alla gambe dell'uomo poco prima che la spada raggiungesse il bersaglio, facendolo cadere irrimediabilmente a terra. Quello soffocò un grugnito a denti stretti per evitare di fare rumore mentre Scaar si alzava improvvisamente in piedi. Aveva avvertito quelle tre figure fin da quando avevano lasciato le loro tende, ma mai avrebbe immaginato che le loro intenzioni fossero quelle di assalirlo nel sonno per ucciderlo.

    Con quella mossa aveva neutralizzato la prima minaccia, ma era in inferiorità numerica e gli altri due erano abbastanza grossi da reggere il confronto con lui in forza. Lo afferrarono sotto le braccia, uno per braccio, costringendolo di nuovo a terra. In quella posizione Scaar non potè usare nessun appiglio per opporre forza sufficiente per liberarsi e vide l'uomo a terra rialzarsi prontamente iracondo e riprendere la spada per piantargliela sotto le costole.

    Scaar grugnì disperatamente, scalciando con i piedi e respingendo via quello lì. Spinto dall'adrenalina in circolo a causa del dolore che provava, riuscì a far forza col braccio destro, spingendo un assalitore contro l'altro e inducendoli ad allentare la presa. Grazie all'innaturale conformazione del suo corpo riuscì a sgusciare tra le braccia dei due, liberando gli arti e allontanandosi di poco.

    Il terzo ripartì alla carica, riuscendo a mettere a segno un fendente con la spada e ferendolo profontamente alla spalla. Scaar nemmeno urlò stavolta e si voltò verso di lui, facendo attenzione ai prossimi colpi. Quello con destrezza riuscì a far partire un altro fendente con tempi serratissimi ma Scaar oppose la mano alla spada che gli conficcò nelle carni ma se non altro finì irrimediabilmente bloccata.

    L'assalitore fece un'espressione schifata celata dal buio della notte e provò a strattonare un paio di volte l'arma che però veniva trattenuta da Scaar. Alla fine l'uomo lasciò la spada che rimase nel braccio di Scaar, mentre dalle tende un vociferare improvviso dell'accampamento preannunciò la fuoriuscita dei soldati ormai svegli.

    E' così che volete risolverla, eh? Uccidendomi nel sonno..

    Il tono della voce di Scaar erano sprezzante e derisorio. Sorrideva beffardo verso gli assalitori che ora erano stati colti in fragrante da tutto il resto dell'unità. Ora avrebbero dovuto rendere conto delle loro azioni, pensò, e lui avrebbe potuto ritornarsene a dormire in santa pace. Ormai si era rassegnato all'idea di reagire agli insulti, le percosse e ora quel tentativo di ucciderlo. Consapevole di non poter ribattere in alcun modo, si limitava a difendersi come meglio poteva e proseguire apaticamente con quell'insulsa vita.

    I nostri superiori potrebbero anche essere sicuri di poter trarre qualche vantaggio tenendoti in vita, ma noi non sopporteremo la tua orrenda vista una volta di più!

    Rispose quello che l'aveva assalito con la spada poco prima. Parlava con voce alta ma provata, guardando i suoi commilitioni ormai tutti fuori dalle tende.

    Non è giusto che un verme come te debba essere risparmiato! Hai ucciso due dei miei amici e chissà quanti altri innocenti!

    Udendo tra gli altri dilagare un mormorio di approvazione, quello si voltò verso la massa, parlando con ritrovato vigore.

    Io dico che è il momento di dire basta a questa assurdità! Tagliamogli la testa e facciamolo a pezzi, potremo dire che è stato divorato da qualche animale feroce! Facciamo giustizia per tutti quelli dei nostri che lui ha ucciso!

    Tra gli uomini si udirono parole di consenso e insulti verso Scaar. Inizialmente sorpreso di vedersi contro tutto l'accampamento, Scaar iniziò a pensare a come poteva uscirne. Aveva rinunciato all'idea di scappare via molto tempo prima. Gli imperiali non si preoccupavano molto di tenerlo sotto custodia, in fondo ridotto com'era anche se fosse scappato sarebbe stato semplicissimo ripescarlo. Era diventato innocuo per loro, un giocattolo alla loro mercè. Per cui il suo piano era quello di assecondarli almeno all'apparenza, fino a quando non avesse ottenuto informazioni sufficienti per capire come liberarsi da quella malìa.

    Questo invece era del tutto imprevisto. Finire ucciso da quei soldati non era poi la cosa peggiore che potesse capitargli. E forse non c'era davvero nulla che potesse fare per evitarlo. Scappare? Respingerli? Anche se ci fosse riuscito, era ormai stanco di quella storia. Se così doveva essere, allora l'avrebbe accolto come una liberazione.

    Avanti allora. Se avete le palle di spingervi a tanto, accomodatevi pure.

    Disse Scaar dopo una pausa di incertezza allargando le braccia. L'uomo, stranito da quella reazione, si lasciò guidare dal rancore e l'odio che serbava nel cuore, afferrando la spada di un commilitioni a lui prossimo e avvicinandosi a Scaar, gradualmente ma con determinazione.



    Cosa sta succedendo qui!

    Sopraggiunsero due unità a cavallo, provocando una reazione di sgomento nel gruppo di soldati che cominciò a disfarsi. L'unico che rimase in piedi dov'era era il soldato con la spada, ancora rivolto contro Scaar. Era teso in ogni suo muscolo, ma non osò proseguire nell'azione che stava per compiere.

    Il capitano a cavallo gradualmente li raggiunse, sopraggiungendo lestamente, accompagnato da un altro soldato a cavallo. Riservò un'occhiata severa all'accampamento che già si era sciolto, ma decise di soffermarsi sulle due figure in piedi l'una di fronte all'altra. Nessuna delle due parlava.

    Che cosa ha fatto?

    Chiese rivolto al proprio uomo, concludendo che Scaar avesse provocato qualche rissa o qualcosa del genere. Aveva sempre guardato sospettosamente quella sua parvenza di collaborazione e rimaneva comunque dell'opinione che quel delinquente sarebbe stato meglio rinchiuso in qualche segreta piuttosto che a piede libero e in mezzo ai propri uomini.

    Il soldato non rispose subito, tenendo lo sguardo basso. Il capitano aggrottò la fronte cercando di capire.

    Ti sono già cadute le palle?

    Insinuò velenoso Scaar che aveva già capito dove sarebbe andata a parare la situazione.

    BASTARDO!

    Il soldato ebbe un impeto rabbioso e si proiettò in avanti, trovando improvvisamente il coraggio di andare fino in fondo.

    Il capitano allarmato diede uno strattone al cavallo che lesto si frappose tra i due, investendo Scaar e gettandolo a terra.

    Harris, cosa credi di fare!?

    Tuonò il capitano sfoderando la spada ma solo in via precauzionale. Il soldato si irrigidì.

    Anche lei, capitano? Anche lei insiste nel proteggere quello schifoso assassino?

    Il capitano lo guardò stranito, non aspettandosi simili parole di insubordinazione. Tuttavia mantenne la calma, comprendendo i sentimenti dietro a quello sfogo.

    Fin quando fa parte degli ordini, certo. Hai qualche problema con questo, soldato?

    Il capitano Reinham era un uomo comprensivo e giusto, trattava i suoi uomini come pari e tendeva di rado a far leva sul proprio rango con loro. Tuttavia riconobbe la pericolosità di quel che stava accadendo e diventò duro e distante in quel momento, per il bene dei propri uomini.

    Harris esitò sentendo il proprio capitano rivolgersi a lui in quel modo, ma il profondo senso di ingiustizia e la frustrazione furono troppo forti per permettergli di desistere.

    Semplicemente non è giusto, capitano. Grehm, Vadart. Entrambi uccisi da quella feccia. Per quale motivo ora noi dovremmmo accettarlo come uno di noi? Per quale motivo è ancora vivo mentre loro...

    La voce gli si ruppe dalla rabbia e la commozione ma si impose di non mostrare la sua debolezza.

    Io dico al diavolo gli ordini! In fondo siamo solo noi in questa foresta del cazzo. Siamo i suoi uomini, capitano. So per certo che anche lei non è d'accordo con QUESTI ordini. Basterebbe una sua parola, capitano, a porre fine a questa ingiustiza. A fare giustizia per i nostri uccisi. E lei sa che non faremmo mai parola di questa notte con nessuno, ce lo porteremmo nella tomba.


    Harris gettò la spada, abbassandosi a terra per poggiarvi il ginocchio destro e portare una mano al petto.

    Io la seguirò qualunque decisione prenda, capitano. Ma ricordi che abbiamo degli obblighi verso coloro che hanno dato la vita per noi.

    Il soldato rimase in quella posizione, guardando fisso il proprio capitano col mento alto e lo sguardo deciso.

    Gradualmente gli altri soldati erano tornati ad accerchiare le tre figure, mormorando a bassa voce.

    Scaar osservò la scena rinunciando a rialzarsi dopo essere stato travolto. Tutto ciò era snervante, ascoltare altri che si sentivano in diritto di poter decidere della sua vita senza che lui potesse avere voce in capitolo. Purtroppo era quella la situazione per il momento e lui non potè che osservare in silenzio cosa sarebbe accaduto.

    Il capitano Reinham spostò lo sguardo dal soldato Harris verso tutti i suoi uomini. Lo guardavano fisso, aspettando la sua decisione.

    La pensate anche voi come Harris?

    Chiese. Tra i soldati calò un silenzio assoluto che per il capitano equivalse ad una risposta affermativa. Tornò a guardare il proprio uomo inginocchiato di fronte a lui, pensando a cosa rispondere.

    Sapeva che quell'impiastro avrebbe significato guai dal momento in cui il generale lo aveva affidato alla sua custodia, ma arrivare al punto di creare dissidenze tra i suoi uomini...

    Tu ti ritieni migliore degli assassini ninja, Harris?


    Il soldato, spiazzato da quella domanda, pensò di intuire cosa volesse dire il capitano. Per nulla in dubbio sul fatto che vendicare i suoi amici uccidendo quel bastardo potesse abbassarlo al suo livello, rispose senza esitazione.

    Si, signore. I ninja uccidevano per potere, per denaro o addirittura per divertimento. Sono meno di zero, ai miei occhi.

    Reinham accondiscese con un cenno, ascoltando la risposta.

    Eppure hanno prosperato e dominato questo continente per tantissimo tempo. Avevano valori e ideali. Avrebbero dato la propria vita per quello in cui credevano e per i propri amici. Sono cose che consideri degne di onore, non è così?

    Harris si fece incerto, non rispondendo alla domanda retorica.

    Il capitano alzò lo sguardo per parlare a tutti i propri uomini.

    E' quando poniamo la nostra giustizia al di sopra della giustizia comune che perdiamo l'occasione di dimostrarci migliori. Un solo ninja possedeva il potere di un esercito, ma avrebbe sempre finito per usare quell'immenso potere per far valere il proprio punto di vista.

    Guardò Harris infine.

    La nostra forza e il nostro onore risiede in questo. Sappiamo che fin quando rimaniamo uniti perseguendo un unico obiettivo, non esisterà male che potrà sopraffarci. Il nostro imperatore crede che quell'uomo può essere utile per un bene superiore, aiutandoci a schiacciare fino alle ultime tracce del male. Il nostro dovere è quello di eseguire gli ordini e perseguire la giustizia comune sopra la nostra, o non saremmo degni di portare questo stendardo con onore.

    Il soldato abbassò il capo, comprendendo la decisione del suo capitano. Eppure, non riusciva a trovare in quelle parole, per quanto vere, il sollievo dal peso che lo opprimeva.

    Sentendosi improvvisamente sopraffatto dall'amarezza, ritornò in piedi, battè forte il pugno al petto in segno di congedo e si voltò per dirigersi verso la propria tenda.

    Anche gli altri soldati, dopo essersi soffermati sul proprio capitano, cominciarono a tornare nelle proprie tende, fino a quando non rimase Reinham, l'altro uomo a cavallo e Scaar, ancora a terra.

    Sei ferito?

    Chiese il capitano, vincendo le remore che nutriva nei confronti di Scaar. Era una sua responsabilità anche la sua incolumità, specie se a minacciarla erano i suoi propri uomini.

    Scaar in risposta fece un sorriso storto e sollevò la mano menomata in precedenza dalla spada e la mostrò chiaramente al capitano mentre i filamente neri la ricucivano completamente.

    Reinham sembrò disturbato da quel gesto e si adoperò sulle redini per far virare il cavallo. Scaar sospirò.

    Immagino che dovrei ringraziarti.

    Commentò serio mentre ritornava in piedi.

    Reinham indugiò nell'allontanarsi ma non si voltò.

    Non mi interessa se hai ucciso un milione di persone o più. Il mio imperatore è fermamente convinto che tu possa essere utile alla giustizia dopo tutto il male che hai fatto. Forse per te tutto questo è solo uno stupido scherzo, ma i miei uomini credono fermamente in quello che fanno. Se anche solo uno di loro dovesse buttare la propria vita per causa tua, non ci saranno ordini che tengano, sono stato chiaro?

    La ramanzina non fu gradita da Scaar, ma si trovò a pensare che quel capitano era un tipo tosto, non come altri imperiali subdoli senza palle. Dopo una breve esitazione, portò la mano aperta alla fronte e irrigidendosi sull'attenti, esclamò.

    Signorsì, capitano signore!

    Il cavallo di Reinham nitrì rumorosamente al comando del capitano di partire, fino a quando Scaar si ritrovò nuovamente solo nel mezzo di quella radura.

    Per l'ennesima volta, la morte continuava a sfuggirgli.



    * * * * *





    ...e questo è quanto. Sono informazioni succose, non credi? Chiese Scaar con ghigno compiaciuto mentre si passava una mano sui lunghi capelli unti.

    Il capitano Reinham lo guardò a lungo e in silenzio. Quel che Scaar gli aveva rivelato non era qualcosa da sottovalutare. Un'informazione simile poteva essere di importanza vitale per l'impero, ammesso che quel folle avesse detto il vero. E in effetti quello squilibrato aveva ragione, con un'imbeccata simile si poteva facilmente finire nelle grazie dei piani alti e lui avrebbe potuto finalmente lasciare quella maledetta giungla.

    Ma tutto questo Scaar lo sapeva bene. Le probabilità che stesse facendo leva sui suoi desideri per manipolarlo erano estremamente elevate. Ormai lo conosceva abbastanza a lungo da capire il suo modo di operare. Doveva essere parte del suo retaggio ninja. Era ciò che gli aveva permesso di fare carriera nell'impero (persino più di lui), quella maniera subdola di architettare, ingannare e manipolare, facendo leva sulle debolezze altrui.

    Il suo aspetto lo rassomigliavano più ad un sempliciotto fuori di testa, il che era anche il suo punto di forza. Nessuno avrebbe mai dato credito a un tipo come lui, ed era per questo che risultava talmente bravo in quel che faceva.

    Reinham rimase in silenzio più di quanto avrebbe voluto, comunque. A questo punto Scaar si sarebbe reso conto della sua diffidenza. Mentre il capitano non voleva semplicemente declinare l'offerta dell'altro, ma capire cosa diavolo stava tramando questa volta.

    D'accordo Scaar, diciamo che ti credo. Rispose ad un certo punto, cercando di cogliere ogni reazione dell'altro.

    Tuttavia ho delle responsabilità a cui non posso sottrarmi. Non posso andarmene in giro a mio piacimento come fai tu. Devo rispondere di questo posto e dei miei uomini. Allontanarmi, anche se per seguire una pista importante, non è nelle mie possibilità.
    Cercò di esporre la situazione con ragionevolezza e credibilità. Voleva svelare il suo bluff. Cosa suggerisci tu?

    Incrociò le braccia, sguardo fisso sull'altro. Farlo parlare era un buon modo per cercare di capire dove voleva andare a parare.

    Scaar invece non si scompose minimamente di fronte all'obiezione dell'altro. Si scostò dal muro su cui si trovava per avvicinarsi alla scrivania dietro la quale il capitano era seduto. Quando vi fu vicino allungò le mani per poggiarle sul tavolo e protendersi verso il capitano.

    Non ci sarà bisogno di lasciare i tuoi preziosi doveri, mio caro capitano. Sai come si dice, se il monaco non può andare alla montagna...


    In quel momento si udì un ruggito ferale e spaventoso in lontananza, qualcosa di grosso e molto incazzato. Un brivido gelido percorse la schiena del capitano e non seppe decidere se fosse per via di quell'improvviso rumore o per l'espressione infida dipinta sul volto di Scaar.


    Edited by Ryuk* - 17/4/2018, 16:34
     
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    La setta itinerante si era stabilita tra quelle rovine da ormai più di un mese, ma la piccola Blu non sembrava aver subito cambiamenti da quando il gruppo di monaci l'aveva accolta tra loro.
    Gli uomini avevano notato da subito che la ragazzina era incredibilmente tenace e seria. La paura dell'ignoto le era sconosciuta e aveva accettato passivamente ma con determinazione il misterioso destino che le si era manifestato davanti. Voleva imparare a combattere, aveva detto, per cambiare questo mondo.
    La ragazza chiuse gli occhi e si concentrò su quello che la circondava. Sentì subito lo scorrere del ruscello vicino, il cinguettìo degli uccelli, il fruscìo del vento. I piedi le facevano male ma cercò di distrarsi il più possibile da ciò che il suo misero corpo debole provava.
    Lascia che la tua energia fluisca nell'ambiente circostante, sentiti leggera.
    Il maestro Yato era seduto a terra ad alcuni metri da lei, anch'esso a gambe incrociate e con le braccia in preghiera. Era un monaco giovane ma incredibilmente rispettato e amato per i suoi modi gentili e affabili. Per un motivo che Blu non conosceva aveva deciso di allontanarsi dal suo monastero con alcuni suoi fedeli fratelli per girare il mondo e comprenderne il misterioso funzionamento.
    Blu si concentrò ancora di più e respirò più piano, proprio come un altro dei monaci del gruppo le aveva consigliato per questi momenti di profonda meditazione. Cosa c'entrava la meditazione col combattimento? Questa era la prima domanda che la ragazzina aveva posto al maestro.
    C'entra tutto. Se sai domare la tua anima saprai domare anche quella degli avversari. Controlla il silenzio e controlla il caos.
    Il silenzio? Pensava Blu.
    C'era molto silenzio ad Ame anni prima, quando lei viveva lì. Il rumore della pioggia attenuava qualsiasi suono e lo rendeva bianco, omogeneo, sempre uguale agli altri.
    Chissà se anche Rain, ogni tanto, ricordava la pioggia. Chissà, a dirla tutta, se era ancora vivo.
    Nessun pensiero, Blu. Concentrati.
    Sbuffò impercettibilmente, infastidita dal fatto che il maestro Yato capisse sempre quando lei stava pensando a qualcosa.
    Ma come si fa a non pensare? C'è così tanto su cui riflettere!
    Provò a distanziarsi da quello che la circondava e immaginò, sempre rimanendo ad occhi chiusi, di volare sempre più in alto. Vedeva la roccia su cui era seduta, vedeva il maestro Yato, il bosco, le rovine di un'antica civiltà, i pappagallini che rapidi svolazzavano da una chioma all'altra.
    Vedeva le nuvole nel cielo, qualche montagna a chissà quante centinaia di chilometri di distanza, verso nord. Lì c'era l'Impero.
    Quella barriera invisibile la separava dal regno del terrore, dall'ignoto, dalla potenza che le aveva tolto tutto quanto. Lei, una delle prime cresciute completamente nel Nuovo Mondo creato dalla dittatura. E poi?
    Dalla parte opposta vedeva il mare, immenso e blu come lei. Per qualche ragione, sentiva che Rain era lì da qualche parte, nel mare. Come un pesce o come un'isola ricca di tesori in attesa di essere scoperta. L'unica persona ad averle dato speranza, l'unica ad essersi ribellata attivamente a ciò che stava succedendo. L'unico suo legame rimasto col vecchio mondo...
    Devi concentrarti, non viaggiare con la mente.
    Cercò di restringere la propria visione a quello che succedeva nelle sue immediate vicinanze. Ancora una volta il vento, l'odore di erba.
    Sarebbe stato un percorso lungo e difficile.
    Ma ce l'avrebbe fatta.



    ***





    Blu sorrise leggermente guardando ciò che stava succedendo intorno a lei. Non aveva più bisogno di concentrarsi profondamente per entrare in contatto con quello che la circondava.
    Si appoggiò con una mano al tronco dell'albero sulla quale si era messa. Dopo un paio di minuti si sentì un urlo agghiacciante provenire dall'accampamento; la ragazza non era sicura che fosse per via delle creature che aveva attirato lì o per Scaar.
    Forse era il caso di andare a vedere? Cautamente saltò giù dall'albero. Nessun movimento nei paraggi, il grosso del casino stava succedendo nell'avamposto imperiale.
    Si guardò circospetta intorno, poi piano piano si avvicinò, non sapendo però neanche lei esattamente cosa fare.


    Edited by Gh0st - 25/4/2018, 21:48
     
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    Reinham e Scaar procedevano rapidamente attraverso il lungo corridoio. Aveva già dato ordine di diffondere l'allarme di massima allerta, richiamato ogni singolo soldato di stanza all'avamposto per prepararsi a combattere. I primi rapporti menzionavano un assalto da parte della fauna locale, ma la conversazione con Scaar lasciava intendere che dietro c'era molto di più.

    Hanno del fegato per attaccarci frontalmente in questo modo... Commentò il biondo capitano senza nascondere il sospetto nel tono della sua voce.

    L'uomo è capace di cose incredibili se guidato dalla disperazione... Sghignazzò Scaar. Il suo tono gongolante fu la goccia che fece traboccare il vaso.

    Senza preavviso Reinham sfoderò la lunga spada e deviò la corsa contro Scaar, sbattendolo violentemente contro la parete. La lama della spada fu puntata alla guancia di quel maledetto mentre con un sibilo il giovane capitano intimò. Dimmi subito cosa diavolo stai architettando!

    Scaar trattenne un colpo di tosse per la botta ricevuta allo sterno ma non gli riuscì di far sparire il solito sorriso compiaciuto. Andiamo capitano... se ci fossi io dietro questo attacco non sarei certo qui con te non credi?

    La punta metallica affondò nella guancia, senza perforare ancora la pelle. Sei qui per farmi perdere tempo. Per ingannarci e distrarci mentre...

    Sai bene che non potrei farlo nemmeno se volessi. Disse un po' più serio Scaar assumendo un'espressione enigmatica. I due visi erano ad un palmo di distanza, il capitano che cercava guardando fisso negli occhi neri di quel pazzo di carpirne le vere intenzioni.

    Dopo un po' di tempo, il capitano chiese senza però allentare la presa. Come hai fatto a convincere Rain a venire fin qui...

    Scaar sorrise. Ve lo avevo già consegnato una volta, ricordi? Solo che voi siete riusciti a farvelo sfuggire. Sono molto bravo a sembrare uno di loro all'occorrenza.

    Il capitano lo guardò ancora per qualche secondo, poi allontanò la lama della spada dal suo viso senza riporla e mollò la presa su di lui. E' proprio questo che mi spaventa.



    * * * *




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    Le case incendiate illuminavano di un aura arancione le strade del villaggio mentre colonne di fumo e cenere sfumavano contro il cielo nero della notte. Nessuno faceva più caso a lui, avrebbe potuto tagliare la corda in qualsiasi momento. Stava seduto a distanza sotto un albero, dall'altra parte di un campo di zucche, ascoltando i rumori della battaglia in lontananza. Soppesava le conseguenze di una sua fuga, sarebbe stato fin troppo facile far perdere le proprie tracce mentre i soldati erano impegnati a combattere. Ma cosa avrebbe fatto poi?

    E' che l'impero era ovunque, oramai. Non c'era modo di sfuggirgli, specie se si è impossibilitato a combatterlo. Se avesse deciso di scappare, avrebbe dovuto rinchiudersi su qualche montagna come aveva fatto Rain per tanti anni. Solo che lui non era Rain e non avrebbe retto una settimana in mezzo al silenzio e il rigore di quei cazzo di monaci. No, doveva rimanere lì e far buon viso a cattivo gioco, il tempo di capire dove si trovasse quella sporca megera che gli aveva fatto questo e costringerla ad annullare il sortilegio.

    Fino ad allora, non avrebbe potuto far nulla per danneggiare gli imperiali, ma non avrebbe fatto di certo fatto niente per aiutarli. Questo non potevano costringerlo a farlo. Respirava il loro odio per lui ogni singolo giorno, persino il paziente e santo capitano Reinham lo tollerava a malapena. Non poteva dargli torto, si era reso una palla al piede incapace di fornire un seppur minimo supporto in battaglia.

    Non gliene fregava nulla. Li avrebbe ripagati con la loro stessa moneta, ritorcendo contro di loro la decisione di prenderlo per chissà quale tipo di vantaggio. Li avrebbe cucinati a fuoco lento, assaporando la loro frustazione.




    Sollevò lo sguardo e li vide dalla distanza, richiamato dalle urla. Un gruppo di contadini aveva superato le staccionate e si era dato alla fuga attraverso il campo di zucche. Erano un paio di famiglie, o una famiglia abbastanza numerosa. Due uomini, tre donne e tre bambini. I loro abiti erano infangati, le facce annerite dal fumo dell'incendio erano pallide sotto la fuliggine, contorte dal terrore.

    Si alzò in piedi quando notò i due dinosauri svicolare dalle case gettandosi all'inseguimento della povera famigliola. In groppa alle creature c'erano due selvaggi, armati di lancia e ricoperti di tatuaggi chiari e accessori ossei. Li avrebbero raggiunti, li avrebbero sterminati. I pugni e la mascella di Scaar si strinsero. La gente moriva ogni giorno non era poi chissà quale tragedia. Quella non era la sua battaglia, lui non doveva essere nemmeno lì. Si voltò di scatto, prendendo ad allontanarsi dall'albero.



    Una freccia sibilò nell'aria, colpendo una delle donne alle spalle. La poveretta crollò a terra urlando a squarciagola e il gruppo vacillò. Uno degli uomini spinse gli altri via, invitandoli a continuare la corsa mentre tornava indietro per assistere la donna ferita. Gli altri titubarono per qualche secondo ma il secondo uomo li trascinò praticamente via lasciando la coppia indietro, e intanto i selvaggi erano sempre più vicino.

    Una bambina, piangendo, si divincolò da quelli che aveva proseguito la corsa, tornando indietro verso i contadini a terra. Le urla e i pianti si mischiarono in un folle caos, sovrastato solo dai ruggiti occasionali delle creature ormai vicine. L'uomo, la donna e la bambina si voltarono, stringendosi l'un l'altro, sopraffatti dall'orrore della morte che li aveva raggiunti.


    Un tonfo sordo e una delle bestie sparì dal fianco dell'altra. Un pesante masso l'aveva travolta, spezzandone le ossa e proiettandola lontano assieme al suo cavaliere. Il dinosauro rimasto impennò ruggendo e il selvaggio su di esso si guardò attorno cercando di capire cosa fosse successo.

    Il raptor avvertì un movimento nell'oscurità alla propria sinistra ma non fu in grado di reagire prontamente. Un arto nero raggiunse il selvaggio, disarcionandolo e gettandolo a terra. La creatura ormai senza cavaliere assalì ferocemente l'ombra nera, balzandogli addosso per travolgerla a fauci spalancate, ma atterrò sull'asta appuntita di una lunga lancia, finendo a terra trafitto tra il collo e il petto.

    La famiglia era ancora terrorizzata e guardava la figura misteriosa avanzare verso il selvaggio a terra. Era un uomo che indossava un giaccone lungo e nero, aperto in modo da lasciar intravedere il petto nudo e pallido. Il suo volto incorniciato da lunghi capelli corvini e pallido persino dietro i riflessi infuocati dell'incendio in lontananza. Il selvaggio annaspò alla ricerca della propria lancia, strisciando all'indietro per sottrarsi da quella figura.

    Chi cazzo sei tu!?

    Scaar non rispose, il suo viso pietrificato in una smorfia di puro odio. Le guerre non cambiano mai...








    Il capitano sollevò la testa dalle proprie mani sentendo le nocche battere sugli stipiti della porta aperta. Scaar era in piedi sull'uscio, la sua solita espressione ebete sul volto. Reinham non era in vena delle sue cazzate, non quel giorno. Aggrottò la fronte in un'espressione di insofferenza, tornando ad abbassare la testa, tornando a massaggiarsi le tempie con entrambe le mani.

    Va via Scaar. Disse solo, secco ma quasi supplicante. Non voleva parlare con nessuno.

    Scaar esitò, senza però perdere quel sorriso beffardo. Non dovresti prendertela in questo modo, capitano. A tutti capita di sbagliare di tanto in tanto.

    Il biondo sospirò esasperato. Era troppo angosciato persino per arrabbiarsi. Sollevò la testa con occhi stanchi e chiese al limite dell'insofferenza. Scaar... cosa vuoi stavolta. Perché sei qui...

    Oh, ero venuto a salutarti. Vado via, a quanto pare mi trasferiscono. Disse con entusiasmo, incurante dello stato d'animo dell'altro.

    Ma Reinham non ne sarebbe risultato infastidito, era ormai abituato al comportamento socialmente incomprensibile di Scaar. Piuttosto provò sorpresa per quella notizia, lasciando perdere per un attimo l'autocommiserazione. Trasferito? Dove? Cioè... perché?

    Non lo so. Immagino abbia a che fare con gli avvenimenti dell'altra notte. Rispose con sufficienza Scaar, grattandosi la nuca incerto.

    Il capitano si rabbuiò. Ah sì, a proposito. Non ho avuto occasione di complimentarmi con te. Hai... hai fatto un ottimo lavoro con quei civili.

    I suoi complimenti erano sinceri ma non poteva far a meno di sentirsi annientato. Di lì a poche ore avrebbe dovuto incontrare una commissione d'inchiesta per gli avvenimenti legati al villaggio di Wilde. La perdita di civili e di soldati imperiali era stata troppo alta, l'impero non poteva permettersi di subire una simile sconfitta in silenzio. Qualcuno avrebbe dovuto pagare, a prescindere delle reali colpe, e quel qualcuno sarebbe stato lui. Avrebbe accettato di buon grado di essere accusato di negligenza a favore della reputazione imperiale di quelle terre, tuttavia venire disonorato per colpe che non aveva non lo lasciava ovviamente indifferente.

    Beffa che si univa al danno, di tutta quella terribile storia, l'unico ad esserne uscito elogiato era stata l'unica persona che dell'impero non gliene importava un cazzo. Uno che se non fosse stato per l'incatesimo di controllo mentale, avrebbe volentieri fatto a pezzi ogni singolo imperiale.

    No... adesso era ingiusto. Lo aveva visto con i suoi occhi salvare quei civili, annientare quei barbari. Scaar non era quello spietato assassino senz'anima che l'impero dipingeva. Dietro quella follia c'era un uomo, sfigurato dagli orrori di una vita difficile ma con ancora una traccia di umanità. Prendersela con lui non era giusto, avrebbe affrontato quel che lo aspettava a testa alta, per il bene dell'Impero.

    Non vi ci abituate. Commentò scherzosamente Scaar cercando di sdrammatizzare. Reinham riconobbe del calore in quella frase e l'ombra di un sorriso scacciò per un momento l'amarezza.

    Quando parti? Chiese poi il biondo sollevando lo sguardo per incrociare quello dell'altro.

    Entro il tramonto. Hanno portato un carro blindato, suppongo che qualche buona azione non basti per fargli cambiare idea su di me.

    Non puoi biasimarli, in fondo. Aggiunse il capitano alzandosi in piedi e protendendo un braccio verso Scaar. Buona fortuna per tutto.

    Disse infine, porgendogli la mano per salutarlo. Quell'uomo aveva ucciso decine di suoi compagni in passato, ma Reinham aveva il buon senso di riconoscere che in guerra nessuno era universalmente nel giusto o nel torto. Tanti ninja avevano fatto la stessa fine, per mano sua. Era questa la sua condanna, pensò. Essere sempre fottutamente ragionevole. Qualche volta desiderava essere in grado di essere ottuso e sempliciotto, come Scaar.

    No, non come Scaar. Quell'aspetto folle nascondeva più di quanto l'altro volesse dare a vedere, ormai lo aveva capito.

    Scaar osservò la mano del capitano leggermente spiazzato. Poi compì qualche passo verso l'interno della stanza, per stringergliela.

    Mi spiazzi, capitano. Credevo che alla fine saresti stato contento di liberarti di me. Gli rivolse con un sorriso storto sul volto.

    Il capitano sorrise a sua volta. Può darsi, Scaar. Può darsi... potremmo avere ideali e vite diverse, io e te. Ma alla fine siamo tutti e due vittime degli eventi e delle circostanze. Spero solo che tu possa trovare la tua strada, nonostante tutto.

    Scaar lo fissò con uno sguardo che il capitano non seppe decifrare e la stretta di mano si prolungò. Alla fine, improvvisamente pensieroso, l'ex ninja rispose. E lei capitano?

    Ma non disse altro, lasciò la mano e si voltò, sparendo improvvisamente attraverso l'uscio.

    Il silenzio inondò la stanza, assieme ad una spiacevole sensazione che all'epoca il capitano non aveva ancora riconosciuto.


    Edited by Ryuk* - 11/5/2018, 13:12
     
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