Jin Zakama

Erano passate due settimane da quando se n'era andato.
In quei lunghi quattordici giorni il giovane aveva viaggiato con le minime soste necessarie; con non poca fatica si era lasciato alle spalle i maestosi monti di Ephiora e aveva seguito i fiumi di Sumadea. Dove vi era l'acqua prima o poi si incontrava la civiltà: incrociò durante il tragitto più di un cacciatore, intento a rifocillarsi con lo scuoiato trofeo di guerra ancora sulle spalle.

Il Kazama non si era mai inoltrato oltre la sua regione, da piccolo aveva visitato i suoi parenti a Niethlung ma non la considerava come un'esperienza in quanto non la ricordava. Gran parte del viaggio la passò con il collo piegato all'insù e la bocca aperta dallo stupore: le vette fra cui erano cresciute erano tanto alti quanto ostili, tremende da tragittare e così imponenti da stagliarsi verso l'orizzonte coprendolo.
Non era abituato alla presenza di ossigeno puro, non rarefatto dalle altezze: percepiva il sangue pompare nel corpo ed il cuore battergli come fosse nuovo. La vegetazione, il canto degli uccelli in lontananza ed il sole fra i rami che riscaldava l'ambiente; le quiete terre di Ephiora erano la sua amata patria ma di certo non le rimpiangeva.
Per ora, Jin era ancora un semplice ragazzo. Con talento certo, ma una testa fin troppo piena di sé ed inconscia dei pericoli che dimoravano Kalendor: ben presto avrebbe imparato a temere ogni vibrazione delle fronde attorno a lui.
Non aveva conoscenze dei percorsi, fortunatamente seguendo il corso dell'acqua riuscì a raggiungere un centro urbano.

Aveva sempre sentito parlare male dell'inospitalità di quel popolo, eppure vedeva visi disponibili e cordiali: forse aveva camminato così tanto da finire ad Arcadia, senza accorgersene. Confermò la sua ipotesi quando in distanza scorse due uomini che, avvolti dalla detestata uniforme, pattugliavano la strada circostante. Non aveva problemi e non era pubblicamente schierato, in fondo nessuno lo conosceva, eppure trovava ribrezzo semplicemente nel passare affianco agli stessi uomini che cercavano di reclamare le sue terre con il sangue: trovò una locanda dove riposò la notte, finalmente passata nuovamente su un materasso.
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Si alzò parecchio tardi, in compenso aveva guadagnato tutte le energie spese nel tragitto. Un uomo nuovo alla scoperta di un mondo nuovo: si sentiva un pò come un sedicenne, nulla poteva fermare la sua volontà ora.
Si preparò e si diresse nell'arena cittadina, iniziando a combattere con l'idea di tirare su qualche quattrino: il primo avversario era un brocco, con nemmeno una decina di colpi ben assestati cadde a terra.
L'edificio impazzì, le grida rimbombavano ovunque: vedeva tanti piccoli volti che lo osservavano, chi esultando chi maledicendolo. Una sensazione unica che nessun racconto poteva far intendere: l'adrenalina non fece altro che fomentarlo ancor più.

Il secondo mostrò un pò più di resistenza per poi andare giù sotto un devastante gancio elettrico: l'ultimo era di gran lunga più allenato, tanto che Jin vinse solamente per il conteggio di colpi andati a segno.

Si passava un asciugamano sul sudato petto mentre un uomo medicava i lividi sul suo viso; una figura in giacca elegante e tuba lo raggiunse. Con anche troppa confidenza, gli appoggiò una mano sulla spalla dandogli una forte pacca: si voltò osservando quei denti ingialliti, in mezzo ai quali era incastrato un largo sigaro di tabacco.
Tieni questi giovane, te li sei meritati! infilandogli nella mano un sacchetto di monete da cento denari(1/8 degli 800 iniziali). Visti gli incontri portati a termine la somma era a dir poco irrisoria, una truffa legalizzata per farla breve: il Kazama dalla sua però era cresciuto in una comunità in cui denari non si utilizzavano, sostituiti da beni di scambio. Poche volte aveva visto qualche moneta in oro, tant'è che che vedendo il sacco pensò anzi di aver guadagnato una cifra esorbitante.
Ti vedo bello piazzato. dandogli un'altra pacca più forte, impattando sul deltoide con ancora una vena in evidenza per lo sforzo. Che ne diresti di un incarico per me, il grande Jeff? Ce ne sono altri da dove vengono!..

La sua gentilezza gli impediva di scrollarsi di dosso quel buffone, intimidendolo a brutto muso: sorrise imbarazzato ignorando le pacche, ribattendo. Ma sì dai.. fammi sistemare e ne parliamo!
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Ancora una volta in mezzo al verde, Jin proseguiva assieme ad un altro ragazzo. Erano partiti circa un'ora prima dall'arena, incaricati di svolgere una missione per conto del tipo: a quanto pare aveva perso molti soldi questa sera, molti dei turisti che venivano ad assistere dal sud non si erano presentati presumibilmente per problemi con il sentiero.
L'uomo vicino a lui reggeva una spada in una mano ed una torcia nell'altra, avanzando lentamente sotto le fronde: già da ora il Kazama percepiva un'atmosfera diversa, l'immersione nella vegetazione era tanto piacevole di giorno quanto tenebrosa la notte.
Si fermò tutto d'un tratto il tipo che illuminava, estraendo come una cartaccia una piccola mappa dalle tasche: Non capisco.. dovrebbe essere qui il luogo.. disse con tono interrogativo.

D'altro canto il giovane di Ephiora si guardava intorno. Dove si nascondono questi bastardi? pensando, logicamente, ad un gruppo di malviventi che si era piazzato tatticamente per rapinare i passanti. Il povero ed ingenuo ragazzo perse parte della sua spensieratezza permanente dopo questi terrificanti cinque secondi: qualcosa di vischioso ed appiccicoso urtò la pelle del braccio, al minimo contatto si ritrasse istantaneamente per poi guardarsi l'arto parzialmente macchiato. Un fruscio inquietante si udì proprio nella posizione in cui si trovava, intimorito gridò Che cazzo è?.
Dio maledica il momento in cui si domandò perché non risponde?. Alzò lo sguardo e vide la terribile scena: la torcia illuminava un possente aracnide che tirava con una corposa ragnatela il giovane a sé.
Ahh! Che schifo! Aiutami!! incrociò il terrificato sguardo del suo compare, nemmeno avevano avuto il tempo di presentarsi: con un veloce schiocco delle fauci, il ragno gigante gli staccò la testa dal collo e la ingurgitò con gutturali suoni.
Il corpo perse la sua forza e lasciò cadere il bastone infuocato, illuminando da sotto l'intero massiccio corpo dell'essere: si domandava a cosagli servissero sedici anni di allenamento dinanzi alle malefatte della natura.

Timoroso si posizionò in guardia, conscio di non volere una fuga con quel coso sopra la testa che lo inseguiva: il pensiero di venir attirato dalla ragnatela e poi mangiato lo fece deglutire con forza. Un fruscio, un movimento lo mise in allerta nel giusto momento: con un passetto a lato evitò prontamente una delle lunghe zampe, l'appuntita punta si conficcò nel terreno.
Prima regola del combattimento: aspetta il momento propizio e.. punisci. Jin si fece forza e tirò un diretto sinistro, per poi prendere la giusta distanza con un passetto e sferrare un potente calcio laterale a mò di spazzata. La tibia impattò contro la zampa frantumandola: la creatura produsse uno stridulo acutissimo, per poi dimenarsi e riuscire a colpirlo al petto con un'altro di quei pelosi e schifosissimi arti.

Strinse i denti cercando di ignorare il dolore, senza demordere contrattaccò con un altro calcio alto. Avete presente quello che si dice, che il cervello non smetta mai di elaborare pensieri? In quel momento la mente del futuro mercenario era l'unica eccezione mondiale probabilmente: l'angoscia del combattimento, il terrore dopo la morte del suo collaboratore e la voglia di sopravvivere lo tenevano con i piedi e la psiche a terra. In qualche modo un meccanismo di difesa si era attivato, bloccando i suoi ragionamenti e lasciando spazio all'impulsiva ed innata capacità di lotta.

Il calcio ad uncino fu fortissimo, l'aracnide ritrasse la zampa usata per colpire e dondolò pericolosamente sopra la sua testa: l'allargato e massiccio corpo aveva perso due punti su cui appoggiarsi, perdendo l'equilibrio della posizione predatoria.
Cercò di portarsi fuori dalla traiettoria di caduta scattando, con un balzo superò il cadavere dell'umano e si voltò nuovamente verso il suo nemico: una poco rassicurante sostanza bianca penzolò dalle sue bianche, la vomitevole consistenza cadde in pieno sulla torcia spegnendola.
Il buio totale avvolse l'area, una goccia di sudore si congelò sulla fronte del Kazama in quei brevi attimi che sembravano non finire mai. Sentiva i gorgogli e mostruosi suoni senza vedere nulla: chiuse gli occhi guidato da un qualcosa, la forza interiore di un vero guerriero scaturì dal nulla.
La creatura si mantenne completamente silenziosa mentre, come una palla di cannone, si lasciò andare su Jin cercando di travolgerlo e divorarlo: il minimo spostamento d'aria venne percepito dall'uomo, quasi come fosse dotato di sesto senso.

In un istante roteò il corpo, l'energia scaturita dalla rotazione dei piedi e del busto venne concentrata nel pugno destro.
YAH! diverse scintille scaturirono dall'arto, illuminando per un'istante l'oscuro ventre della bestia: le nocche impattarono su di esso frantumandolo completamente, la disgustosa creatura venne sbalzata di un paio di metri a distanza emettendo il suo rantolo di morte.

Il 22enne percorse a ritroso il percorso meditando su quanto questo viaggio, per quanto breve fosse, già lo avesse cambiato mostrandogli la vera faccia del mondo. Ciò che lo rendeva unico e particolare era proprio ciò che lo rendeva pericoloso, Jin realizzò che poteva fare qualcosa di meglio per la comunità che il picchiatore a pagamento, specialmente quando c'erano bestie di questo tipo che scorrazzavano libere alla ricerca di vite da togliere.