[AUTOGESTITA] Il Declino: Atto I

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    CITAZIONE
    Luoghi della vicenda: Shal'Aira,Mare del sud-est

    Il Declino: Atto I


    L’imponente vascello proseguiva imperterrito nel mare; il giovane ragazzo era partito da Haven il giorno prima, passandone gran parte in coperta a causa di una forte pioggia. Gli venne difficile persino prendere sonno, tanti erano gli scossoni delle agitate onde e il rombo dei grigi tuoni: il giorno seguente fu tutta un’altra storia.
    Davmorn guardava la lontana costa sul ponte, mentre l’imbarcazione scivolava nelle calme acque fino a raggiungere il porto della desertica ragione.

    Non era la prima volta che si era spinto fin lì, era anzi una tappa fissa per tutta l’organizzazione dell’est: il viaggio era settimanale e diviso, una volta a testa per tutti i membri portanti, con cadenza di un tragitto ogni due mesi per individuo. Spike era un vecchio contatto di cui si erano perse le tracce da un pò, aveva scoperto un suo nuovo giro di contrabbando di sostanze ora che si era stabilizzato a Shal’aira, a cui si era unito assicurando un proficuo guadagno.
    Nathiel si stava ingrossando nel giro delle armi, il giovane aveva perso un pò di fiducia nei suoi confronti; aveva pagato per pedinarlo un paio di guardie dei Pilck, scoprendo che le sue visite al “Duca” erano sempre più frequenti. C’erano tante cose architettate alle sue spalle di cui non sapeva, per ora egli si limitava a quella che credeva una visita come tante: l’uomo in comune fra i due gruppi lo attendeva come suo solito.

    Carnagione mulatta e corporatura robusta, Nil vestiva con un’armatura d’avventuriero verde e sandali neri. Le sue visibili armi erano le spade ricurve nella fondina, ma il Malygos non si aspettava una minaccia dall’uomo che fino allora era stato un semplice tramite.
    Imboccarono la stessa stradina di sempre: il ricettatore Spike aveva ripulito con l’aiuto del suo braccio armato Marcus una maestosa grotta da infime bestie. Da allora egli si era stabilito lì, dove studiava e produceva direttamente la materia prima da piazzare. Al termine della città, mentre percorrevano la strada non battuta, il locale iniziò a parlare del più e del meno cercando di mantenere l’atmosfera meno noiosa.
    Dopo un paio di banali domande su Haven, l’argomento si spostò su domande più vaghe, alcune personali

    E dimmi un pò, che ne pensi di Shal’aira?
    Non c’è male, anche se.. levandosi il cappuccio e tirandosi il colletto del mantello, come per prendere aria:come diamine fate con ‘sto caldo.
    Ti piacerà ti piacerà.. hai famiglia?

    si insospettì, aggiungendo un ulteriore secondo alla risposta: gli unici a sapere il nome e l’ubicazione di sua madre erano i suoi tre amici di infanzia rimasti, era sicuro che mai e poi mai l’avrebbero tradito.
    No.. perché? mentre calava le mani vicino alla cinta:
    Peccato, sarebbe piaciuta anche a loro questa tomba..Sei fuori dai giochi Davmorn! con rapidità estrasse una sola delle spade ricurve, menando due fendenti all’uomo di fianco a sé.

    Iniziò la fase della vita in cui, a sue spese, il giovane Malygos realizzò che nell’ambiente in cui era cresciuto erano poche le amicizie, molti di più falsi rapporti di rispetto e collaborazioni. Ora che non vi erano più nemici nell’organizzazione, l’uomo d’onore che l’aveva ideata si ritrovava vittima di un complotto da parte dei suoi stessi soci.
    Estrasse prontamente le armi, l’atteggiamento invadente dell’uomo già lo aveva insospettito da un po: non fu abbastanza abbastanza svelto però da evitare l’effetto sorpresa, era in fondo pur sempre un umano..

    Incrociò la spada con uno dei coltelli sperando invano di poterla bloccare: scivolò sulla superficie della lama, colpendolo al braccio sinistro e facendogli cadere il coltello a terra. Un secondo fendente circolare atto a decapitare venne schivato agilmente; si piegò sulle ginocchia osservando la lucente arma bianca tagliare l’aria sopra la sua testa.
    Nel panico del combattimento devi pensare velocemente, specialmente se è un uno contro uno: menò una coltellata all’altezza del viso, aprendo un taglio sul mento.
    La prossima sciabolata non sarebbe tardata, motivo per cui con tutte le forze lo caricò con una sonora testata alla bocca dello stomaco. Dopo averlo colpito, con una mano gli bloccò l’arto con cui reggeva l’arma e con l’altra gli afferrò il bicipite femorale, facendogli perdere definitivamente l’equilibrio.
    Non era abbastanza portato in lotta a terra da sottrarsi alla caduta a sua volta, ma fu abbastanza prode da riuscire a fargli cadere l’arma. Non serviva in fondo essere una cintura nera di proiezioni, una volta che sei finito a terra.. Sei morto! serpeggiò a denti stretti, a cavalcioni sul disarmato avversario.

    Si prese due pugni sul viso, ma tanta era l’adrenalina che gli parve nemmeno di sentirli: la sua vita era troppo importante, se falliva pochi secondi fa ora era lui quello a terra in letto di morte. Contrattaccò con un colpo a mò di gorilla dritto in mezzo al naso, facendo cadere senza alcuna tecnica ma con tutta la forza l’arto sul viso: avendo perso il coltello nel momento d’azione, optò per la più spietata delle opzioni.
    Sfruttando il temporaneo stordimento di Nil, lo strinse con forza al collo con entrambe le sue mani, senza mai lasciare la presa. Osservava con rabbia quello sguardo, non più furtivo e pieno di sé ma colmo di sofferenza; le sfere oculari saltavano fuori dalle orbite, implorando una pietà che non avrebbero mai ricevuto.
    Il colorito della pelle cambiò, gli arti sbracciavano cercando di liberarsi ripetutamente, perdendo via via sempre più forza per poi cadere al suolo.
    Ancora furioso, si alzò da terra riprendendo subito le due armi e guardandosi intorno: l’unico testimone dell’omicidio era l’arido deserto.

    Vogliono farmi fuori eh..la vedremo..
    Continuò per un improvvisato sentiero con le armi sguainate e pronto a prendere vite; accecato dalla rabbia finì per perdersi nell’ostile, naturale labirinto.

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    Il Declino: Atto I


    Un cocente sole di più di quaranta gradi batteva sulle dune.
    Un vento arido tirava dal mare in quella landa dimenticata da dio, chilometri e chilometri di nulla difficilmente distinguibili l’un l’altro. Il nostro Malygos non indossava il suo solito mantello nero con cappuccio, anzi una canotta nera e dei pantaloni grigi ricoprivano il suo corpo a faccia in giù in una sabbiosa dolina. Vistosi e numerosi graffi sanguinanti sulla schiena ed il braccio; poco lontano da lui una enorme pozza di sangue, letto di morte di un massiccio felino.

    Aveva girato senza un pizzico di senso dell’orientamento per chissà quante miglia. Nell’unico momento di sosta e riposo, dovuto alla mancanza di acqua, ecco qui che un felino gli si fiondò addosso scaturendo un sanguinoso combattimento. Le sue lame avevano avuto la meglio ad un duro prezzo: le emorragie combinate alle energie spese gli fecero perdere i sensi, distante chissà quanto dalla civiltà. Così muore un povero cretino, pensereste voi, che non riesce a trovare nemmeno una guida onesta nell’ostica regione di Shal’aira, eppure Davmorn non morì quest’oggi. Forse gli accadde qualcosa di peggio della morte.


    Non vi erano tracce di sogni, nel sonno forzatogli dal suo umano sistema, in corto circuito per calore, dolore e spossatezza. Riaprì gli occhi di scatto intontito, con la faccia piena di sabbia non capiva cosa stesse cadendo: nemmeno il tempo di due secondi e sentì, attaccato a lui: *clic*.
    Un marchingegno di metallo si strinse attorno al suo collo, alzandolo da terra come un gattino preso dalla collottola e rimettendolo sui due piedi. Nemmeno riuscì a lamentarsi del dolore, tanto gli premeva quel collare sul pomo d’adamo, tantomeno riusciva a vedere in viso un figuro che lo osservava di lato concentrato.
    Può andare.. mettilo con gli altri

    Strattonato dall’aggeggio, non potè far a meno di seguire le volontà del controllore: diede un ultimo sguardo alla carcassa che si era lasciato dietro, probabilmente la più grande bestia che avesse mai sconfitto in un uno contro uno. Venne messo dinanzi ad una gabbia con una dozzina di persone dentro: nell’istante in cui venne aperta da uno sgherro l’entrata, il collare si ritrasse con il clic ed una pedata sulla schiena lo fece atterrare lì dentro.
    Un viaggio lunghissimo lo attendeva ed il Malygos, che a quest’ora affogava nel panico trattenendolo visivamente a stento, osservò dal primo istante un modo per fuggire e chi diavolo lo avesse preso.

    Da i fori con le sbarre riusciva ad osservare l’uomo che guidava la carovana di cammelli: un turbante bianco arrotolato sul suo capo contro il cocente sole, la pelle scura e due armi bianche ricurve equipaggiate. Riuscì anche a vedere l’oggetto con cui lo avevano bloccato prima: un curioso bastone con una punta di metallo alla curva, che all’occorrenza si modificava in un collare a distanza.
    Si guardò intorno, notando con dispiacere di essere osservato da gran parte dei prigionieri: la sua carnagione era più chiara di tutti quanti, forse per questo molti lo guardavano sospettosi.
    Idioti pensò, distogliendo lo sguardo in un momento di lucidità: Siamo sulla stessa barca
    Dalla costituzione dei presenti, intuiva facilmente che i catturati erano tutti quanti dei combattenti: probabilmente era stato rapito proprio per essersi dimostrato forte, uccidendo la creatura.
    Finirà mai la cronaca nera di questa vita?salvarsela facendo qualcosa e rischiarla nuovamente per averlo fatto? bisbigliò come un folle senza speranza, mentre si stringeva il cuoio capelluto fra le mani. L’unica sua possibilità era il non essere stato perquisito, aveva ancora due pugnali nelle tasche: sarebbero bastati per arrampicarsi dalla fossa scavata nelle sabbie mobili?
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    Il Declino: Atto I


    Il viaggio proseguiva lentamente, ad ogni duna la rudimentale gabbia cedeva alla gravità sbalzando l’umano carico come un dosso. Il vento era estremamente caldo, nessuna creatura ostacolò il breve tragitto della carovana. In meno di un’oretta si trovavano in una piccola cittadina, la visione del mare fu la lieve fiammella nel timorato animo del ragazzo: l’idea di abbandonare quell’ostile regione, seppure in catene, era un passo avanti.
    Fino a quel momento terribili ansie lo avevano colto, mescolate a istintivi piani di vendetta nei confronti di chi l’aveva tradito: ora era un altro momento, era conscio di dover apparire calmo.

    Il rudimentale accesso della gabbia venne aperto; Davmorn incominciò velocemente a strisciare nella direzione, essendo il soffitto malsanamente basso. Per quanto volesse massacrare tutto e tutti, doveva starsene buono ed attendere il suo momento, abbassando la testa e obbedendo agli ordini.
    Nella sua breve strisciata lo schiavista, evidentemente spazientito, afferrò il prigioniero più vicino con le forzute braccia estraendolo letteralmente dalla gabbia, gettandolo a terra come una moneta.
    Alla fine era ciò che erano per lui e i suoi soci, grossi ammassi di monete viventi.
    A sua volta il Malygos venne preso bersaglio, non oppose resistenza e atterrò con il pieno viso sulla sabbia a sua volta, senza pronunciar parola.
    Si rialzò da terra mentre osservava quasi tutto il “carico” ormai fuori dalle sbarre, ma ancora in prigionia: due figure gli si avvicinarono dalle spalle, attirando la sua attenzione.

    Erano gli uomini del tipo col turbante, uno di loro probabilmente era quello che lo aveva reputato idoneo alla cattura. Con aria tosta, uno dei due estrasse un paio di manette dal fianco: proprio quando stava per bloccargli i polsi fino a chissà quando, l’altro lo placcò col braccio all’altezza del petto.
    Levati il mantello. diretto e coinciso, con uno sguardo che presagiva ben poca pazienza ed esigeva una rapida risposta. In una frazione di secondo gli arrivò un afflusso di sangue al cervello, il cuore sembrava pompargli all’impazzata nella gola: tutta la farsa fino ad ora era stato inutile, ciò che lo rendeva diverso dagli altri schiavi erano le armi che nascondeva nella fondina.

    Calò le mani con apparente tranquillità, proprio mentre stava per rivelare i pugnali un grido alle sue spalle lo allertò: vide lo sguardo fisso dello sgherro spostarsi dai suoi occhi verso la sua sinistra, spalancandosi per un attimo. Entrambi estrassero le loro armi, partendo in direzione della rissa scaturita.
    Per quanto sotto shock fosse dalla tensione, non era abbastanza stupido da pensare di potercela fare come il resto del gruppo. E’ la mia occasione! pensò, si voltò di scatto verso il combattimento dando le spalle all’uomo che guidava i cammelli, unico non coinvolto che poteva osservarlo.

    Con un rapida occhiata vide un gruppetto degli schiavi picchiare senza sosta sull’uomo in turbante, accerchiandolo in tutte le direzioni, i due interrogatori correvano a spade sguainate verso il gruppo.
    Con estrema rapidità calò le mani ad X nel mantello, afferrando le giunture della fondina con quanta forza avesse e staccandole dalla cintura.
    Questa è una delle situazioni in cui sono contento, non solo di non utilizzare una spada, ma di avere un pugnale di qualità così bassa.. con lama e dimensioni pressappoco piccole: se lì infilò furtivamente entrambi nelle nella biancheria intima, unica l’unica opzione disponibile.
    Giusto in tempo per osservare la disfatta del tentativo di ribellione; il gruppo di uomini prodi e coraggiosi era pur sempre disarmato, la coppia di spade piombò sul campo di battaglia trionfando in partenza.

    Il Malygos veniva da dove veniva, di risse ne aveva viste di qualsiasi tipo fin da quando era piccolo. Riteneva che il combattimento testa a testa fra un uomo e l’altro fosse l’unico scontro onorevole, non si era mai tirato indietro dalla difesa di un amico o degli affari tuttavia, ed era proprio lì che aveva compreso il succo delle azzuffate: non si capisce un cazzo.
    Se ci stai in mezzo meni indistintamente, accecato dall’adrenalina talmente tanto da non vedere un cavolo oltre che la sagoma a puntini indistinti da colpire: se sei un semplice spettatore, vedi un’accozzaglia di colpi da tutte le parti, impossibili da cogliere a pieno per il tuo cervello.
    Capisci solo quando la maggior parte dei combattenti fugge o, come in questo caso, finisce a terra dissanguata.

    Stolti.. pensò mentre se ne stava sulle sue, da finto bravo scolaro abbassava la testa e si toglieva mantello e cappuccio rispondendo agli ordini. Era dispiaciuto della morte degli uomini che cercavano libertà, ma era stato abbastanza previdente da calcolare precedentemente il numero di nemici. Senza contare che quattro degli schiavi erano rimasti terrorizzati in disparte, alcuni non ancora usciti dalla gabbia.

    Espirava furente, con le narici allargate ed il collo tirato da legamenti in evidenza. Rimise lentamente l’arma bianca nella fondina, estraendo una frusta: mentre l’altro uomo aiutava il capo che aveva subito qualche colpo, lui si dedicò alle buon vecchie cattive maniere.
    ..Muovetevi…ho detto muovetevi cazzo! menò frustate laterali senza limiti, obbligando i schiavi lì vicino ad una disposizione in fila.
    Realizzando la falla nella loro sicurezza, tutti quanto gli schiavisti aumentarono lo stato di allerta: dalle spalle il guidatore di cammelli gli menò un paio di colpi di corda sulla schiena, ricongiungendolo con tutto il resto del gruppo.
    Iniziò la camminata a passo veloce, con la nuca china contro il battente sole ed una costante sensazione di fastidio dai coltelli nascosti alla vista: con la coda dell’occhio osservò il mantello che si lasciava dietro, in mezzo alla sabbia..
    Un semplice indumento che lo aveva accompagnato, dal giorno del primo attentato alla sua vita fino a quel momento, celando la sua identità e proteggendolo dalle intemperie.

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    Il Declino: Atto I


    Frustrati dal futile tentativo di ribellione, ma ancor di più per la merce uccisa ed i soldi persi, si sfogarono lacerando le loro schiene con più colpi. Il tragitto fu breve, quella tostissima corda era pur sempre meglio di un’arma bianca, eppure verificò sulla sua pelle. Era umiliante subire ognuno di quei colpi, che piano piano laceravano la pelle, sancendo il dominio sul corpo del povero umano.
    Pregava nella fortuna, unica dea in cui credeva, un’occasione per darsela a gambe il prima possibile.
    Scendendo una piccola duna eccoli lì, a pochi passi dal mare nel mezzo di una piazzola: un vistoso pozzo al centro di essa, qualche locale e bottega qui e là arricchivano, ma non c’erano civili di alcun tipo. Le serrande erano tutte quante sbarrate, terrorizzati gli schiavi osservavano i loro compratori: carnagione pallida, vestiti in logore giacche nere. Se ciò non bastava, i visi rigati da cicatrici e tatuaggi su ogni parte della pelle rivelavano l’identità dell’equipaggio pirata.

    Ci fu una breve discussioni fra i capi dei due gruppi, riguardanti il prezzo e la quantità di mercanzia mancante. Sperava che quella diatriba scoppiasse in un combattimento, ma i due furono abbastanza svegli da mantenere i toni spavaldi, senza alzar troppo la voce l’un l’altro.
    In seguito all’accordo eseguito, vennero obbligati ad attraversare la banchina e salire a bordo: mentre la nave salpava dal porto, osservava in distanza quei bastardi schiavisti, bramando sentimenti negativi.

    Avete due secondi per mettervi in fila.. tuonò la voce del capitano alle sue spalle, facendolo unire in fretta e furia ai suoi compagni di sventura. Era l’ultimo della fila, ma l’uomo scrutò rapidamente tutti e quattro gli uomini prima di lui, arrivandogli subito dinanzi: alzò lo sguardo incrociandolo con il malvivente.
    Una vistoso squarcio rigava lo zigomo sinistro, capelli rossi unti e crespi sembravano attaccati a forza sotto quel copricapo da corsaro: gli si piazzò dinanzi come un portone, rivelando la sua massa muscolare di gran lunga più sviluppata e l’altezza di quasi dieci centimetri in più.

    Strano trovare uno come te in mezzo a queste scimmie! digrignò i denti in una risata schizzata, mostrando denti anneriti da dio solo sa quanto rum e droghe; la battuta razzista provocò una risata di tutti gli altri membri dell’equipaggio. Calò la mano lungo il fianco estraendo una fiala contenente alcolici, facendosi un prolungato sorso; appena terminata fissò nuovamente il ragazzo. L’aria si faceva pesante, nulla di buono lo aspettava da lì a poco e l’aveva realizzato il povero Davmorn.
    Ti senti unico, piccoletto? interruppe la risata di scatto, menandogli a tradimento una ginocchiata alla bocca dello stomaco: si piegò rimanendo senza fiato, rimanendo scoperto ad un terribile montante che lo fece capitombolare a terra.

    Percepiva il sangue macchiargli i denti, sgorgando dal frenulo sopra di essi spappolato dal colpo: mai in tutta la sua vita aveva preso una sveglia del genere, questo era un colpo degno di una lottatrice come Nia. Gli mise un piede sul petto, spezzandogli il respiro ancora una volta
    Io dico che sei il solito ragazzino di Aldaresia, che lascia studi e tutto per fare l’avventuriero. Dico che te ne pentirai.. vai giù in cucina, quella puttanella di tua madre ti avrà insegnato a cucinare o soddisfare i clienti come lei no?
    Altro giro di risate per tutti i pirati, mentre dopo una finale pedata sulla schiena il Malygos scendeva le scalette, rimanendo in silenzio affogando nella rabbia per le accuse subite.
    Un altro membro del gruppo criminale lo attendeva nella stanza: un ometto dalla faccia molto anonima, basso alto circa un metro e sessanta. Era vestito come tutti gli altri, nonostante la sua presenza dietro ai fornelli, ma l’igiene non sembrava essere importante per un pirata stereotipato, no?
    Tu, feccia! Mettiti il grembiule lì e prepara lo spuntino, se non vuoi che ti buchi la pancia! quel nanetto sembrava il meno minaccioso di tutti, eppure i suoi modi sancivano l’opposto. Sentendolo brontolare tese l’orecchio, cercando di udire quello che poteva
    .. almente, mi rompevo i ..su e giù tra cuci… fu tutto quello che udì, ma riuscì a ricollegare il tutto capendo che il tipo era in principio mozzo e secondariamente cuoco.
    Non che lui avesse particolari abilità in cucina poi, sapeva solamente preparare i tipici piatti poveri: si accingeva ad indossare il grembiule da cuoco, coprendosi con il bancone e assicurandosi così che nessuno vedesse il misterioso rigonfiamento delle mutande.
    Pazienta Dav.. pazienta..
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    Da produttore di sostanze illecite a cuoco schiavizzato.
    Di male in peggio trascorreva la cronaca nera del giovane Davmorn, necessitante di una anche flebile luce. Trascorrevano lente le ore in cui era avvolto, da pensieri di gran lunga più veloci del suo tagliuzzare verdure: tranciava in numerosi pezzettini con la lama da cucina, aspirando alla vendetta.
    Ancora gli bruciava per le offese subite dal capitano, ma ancor più gli urtava realizzare solo in catene e confinato nel nulla, l’essenza della sua vita.
    Si poteva chiamare vita la sua? Un instabile tirare a campare immerso in paura e questioni d’onore, con prezzi così alti da farti diventare paranoico: lui Dardan e Leon avevano speso il loro modesto capitale, comprando abitazioni alle loro famiglie.

    A quale costo? Rimanere in prima linea nell’azione, dove soprattutto da un paio di settimane a questa parte, fischiavano pallettoni e abbondavano coltellate.
    Qualcosa si stava muovendo e l’inconfutabile prova ne era il tentativo d’esecuzione nei suoi confronti, catapultandolo così un’altra volta nel caos di sopravvivenza odierna.
    Pensava che svolgendo delle avventure fuori da Haven sarebbe cambiato poco, tuttavia nei suoi brevi ritorni per trafficare fino a Shal’aira, era arrivato gradualmente a comprendere che non poteva svolgere ambe due le cose.
    Non riusciva a dare ovviamente il 100% in nessuna delle altre, principalmente perché l’assenza sul terreno comportava essere meno informati e reattivi.
    Era complice ancheil fatto che Tortuga stava cambiando vertiginosamente. Quando era piccolo giocava in una discarica a cielo aperto, quando era un ragazzo la stessa zona proliferava di gente grazie a lui: le cose cambiavano in quella città, anche abbastanza in fretta ma.. non solo per te.
    La nuova generazione si faceva sentire, così come i vecchi incapaci di abbandonare volontariamente la loro influenza.. qualcosa di veramente grosso bolliva nel pentolone, mischiando schieramenti ed alleanze in una polveriera carica.
    Era davvero il caso di ritrovarcisi in mezzo nel momento dell’esplosione?

    Assicurandosi di non essere visto, sputò più volte nell’acqua da bollire con la quale preparò una zuppa di verdure. Parte dei pirati scesero sottocoperta, comandando il povero chef di servirli.
    Mestolo dopo mestolo nelle ciotole, pensava a quante volte a corto di monete aveva cucinato quella brodaglia: completamente insipida senza sale, allungata più e più volte con acqua di pozzo per aumentare la durata. Rabbrividiva al solo pensiero; cercò di distrarsi preparando delle costolette per il resto dell’equipaggio.
    Durante la cottura, più volte gli venne richiesto di prendere dalla dispensa ingombranti barili: tutto quell’alcool aumentò il chiasso e diminuì l’attenzione. Un momento giusto per sfilare a sua volta qualche pezzo di carne, morsicandolo guardingo sotto al bancone, mentre fingeva di cercare spezie, impedendosi il digiuno.

    Buffo l’umano e le sue reazioni, quando non mangi da talmente tanto da faticare a reggerti in piedi tutto ciò che ingurgiti sembra oro colato, per quanto poco possa essere.
    La sete era il vero problema, ancora si sentiva le aride molecole di deserto nella gola: con un gesto, chiese da dietro il bancone se potesse avere un pò dell’intruglio alcolico.

    Ma guardate, ne vuole un pò! tuonò il capitano nel tavolo, alzandosi e svuotando un intero boccale addosso a Davmorn. AHAHAHAHAH risata di gruppo per tutto l’equipaggio criminale ormai al completo. L’ironia da prima elementare probabilmente era ciò che accumunava tutti i pericolosi soggetti..
    Vattene sottocoperta con gli altri subito, misero schiavo! gli inveì contro: si tolse subito la sporca uniforme, con il sottofondo di quei maledetti che se la sghignazzavano. Ridete ridete, pensò, godrò doppiamente ad aprirvi la gola. Superò il tavolo con gli sfottò e sputi verso i suoi piedi che accompagnavano, per venire solo ad una certa bloccato
    FERMO!

    Un membro dell’equipaggio che aveva intravisto al suo “acquisto” lo fermava con forza, con la mano sul petto e lo sguardo torvo fisso. Si voltò verso il capitano, cercando di mascherare l’ansia e cercando di apparire un sempliciotto: non poteva essere, no? non potevano aver capito che era armato, giusto?
    Il malvivente arrivò nella postazione da cuoco, calando una mano dietro al bancone ed estraendo l’affilata lama, utilizzata precedentemente per il taglio di ortaggi.
    Vedete? Qualcuno è proprio propenso a stare a pecoroni come la sua famiglia allora.. fece molta più fatica a nascondere furia dopo quest’altro insulto.

    Con una faccia senza apparenti emozioni visibili, continuava a scrutare l’interlocutore che si spostava nuovamente verso il tavolo. A differenza del piccoletto Oscar!!.. afferrò dalle spalle uno degli schiavi che puliva per terra, tirandoselo a te.
    Il Malygos scrutò quel ragazzetto, apparentemente anche più giovane di lui e con gli occhi coperti da una frangia nera: non era con loro nel deserto, quindi chissà da quanto tempo era un servo di questa imbarcazione. questo stronzetto pensava che non controllavamo il coltello eh! ahahah-ah-ah

    Rallentò via via la sua inquietante risata, incominciando a dare lievi schiaffi sul suo viso: i primi due sembravano quasi quelli fra amici per scherzare, al terzo partì uno schiocco che rimbombò sulle pareti legnose. Dopo il quarto colpo cessò definitivamente la risata, afferrando dai capelli l’inerte schiavo e sbattendogli il pieno viso sul tavolo due volte.
    Una volta a terra tutti i criminali si alzarono, unendosi alla rissa tanti su uno: un piacere primitivo per bestie primitive, un intelletto limitato a primordiali istinti di violenza.
    Aveva combattuto esseri alti come castelli e larghi come cancelli, eppure mai aveva visto qualcuno crudele come alcuni dei suoi simili.
    Scioccato ed impotente nel pestaggio ai danni del ragazzetto, si avviò in fretta verso il riposo con i suoi “colleghi”

    Scese delle ulteriori scale, trovandosi di fronte ad una porta dal legno muffito: era evidente che quella fosse la stanza degli schiavi, il sudiciume si percepiva nell’area di una zona della nave lasciata a se stessa da chissà quanto. Entrò nell’angusta stanza, intravedendo alcune facce note già viste in tragitto nel deserto: c’era una singola fiaccola che lasciava in penombra gran parte dell’area, dal soffitto sgocciolava irregolarmente liquido. La visione macabra terminava con la triste realizzazione che non vi erano letti, solo sottile cartone su durissimo legno: si mise adagio, per quanto potesse, su uno dei giacigli liberi.
    Il mal di mare era impossibile non percepirlo, essendo sdraiato sulla mobile superficie, allo stesso tempo oltre allo sgocciolio che lo irritava, anche i colpi di tosse erano costanti nella stanza. Dal fondo di essa, un uomo era inginocchiato affianco alla parete in condizioni pessime, la pelle madida di sudore era visibile anche nella semi-oscurità così come le bacinelle affianco a lui, colme di tutte le sue escrezioni.
    Le condizioni sanitarie della stanza erano a dir poco pessime, ma dopo quella devastante battaglia a Beralta ed un giorno di schiavitù, non poteva opporsi nemmeno volendo alle necessità fisiche.

    Si tolse la maglietta e se la avvolse coprendo naso e bocca, si avvicinò poi al malato attingendo alle sue capacità elementali e versò nell’unico secchio vuoto abbastanza acqua da riempirlo. Non attese ringraziamenti e si dileguò, guardandosi intorno specialmente adesso che aveva abituato i suoi verdi occhi alla penombra: osservò degli altri secchielli nella parte opposta della stanza.

    Erano ben lontani dall’infetto ma le loro dimensioni erano motivate.. erano i secchi comuni di tutti gli altri!
    Molto disgustato arrivò nell’angoletto, calandosi le brache e tenendosi con le ginocchia piegate sopra quell’angoletto: in quel momento di pensiero si era dimenticato delle lame, che aveva tolto dai pantaloni e messe in mano.
    Fu così che, nel bel mezzo delle sue funzioni fisiologiche, si guardò intorno notando lo schiavo più vicino a lui osservarlo: alquanto disturbante, ma non potè permettersi di inveire. Aveva capito che lo schiavo non guardava lui, ma guardava le fondine che reggeva.
    Non volendo che gli altri nella stanza venissero a sapere di ciò, fece quello che più gli venne istintivo: porse l’indice teso sulle sue labbra chiuse sbarrando le palpebre.
    Ne avrebbe parlato, ma non era questo il momento; decisamente. Fece ciò che doveva e dopo ore di contorsionismo per trovare la posizione meno scomoda, curò la ferita sul viso e crollò nel sonno: Oscar non tornò, probabilmente il suo oltraggio gli era costato uno straordinario sul ponte.
    - - -
    I raggi di sole filtravano nella stanza, una secchiata d’acqua gelida lo tramortì: si mise seduto in preda al panico, completamente intontito teneva aperte a fatica le pupille. L’unica cosa che vedeva era la figura nera associata ad uno dei pirati, motivo per cui si rialzò velocemente dal suo giaciglio.
    Nel momento della conta notò più volte gli occhi del prigioniero che aveva visto le sue armi, costantemente fissi su di lui; gli lanciò un’occhiata adesso che c’era luce.
    Era uno degli uomini presi in ostaggio assieme a lui, fino a quel momento rimastogli indifferente: narici larga e carnagione scura, le muscolose braccia straripavano nelle strette maniche.
    Ora cominciava a vedere nitido, notò che accanto a lui c’erano ben due dei criminali a tenerlo d’occhio: la sua apparenza era quasi minacciosa, ma il buon Davmorn incominciava a percepire i suoi intenti.

    Ad ogni modo il gruppo venne condotto a lavoro, rendendo impossibile il dialogo fra loro: fortunatamente non era l’ultimo in fila, sentì le frustate menate alla sua schiena per puro malsano divertimento. Nella seconda scalinata incrociarono il ragazzetto che aveva tentato di rubare il coltello da cucina: un’occhio era gonfio e violaceo, serrato forzatamente dai colpi subiti, il naso era pieno di vistosi tagli e le labbra tumefatte. Si prese qualche schiaffone nella discesa, mentre impotente il Malygos saliva velocemente quelle scale, sperando di non venire assegnato a qualcosa di terribile.
    Eccolo lì nuovamente in una fila orizzontale con gli altri detenuti, sopra una barca dispersa in mare aperto verso chissà dove

    Oh.. che c’è?? metà intimidatorio e metà interrogativo, si rivolse a qualcuno alla sua sinistra; sbirciando vide il malato pallido in viso che faticava a reggersi in piedi. Quel poveretto non mangiava da chissà quanto e, per quanta acqua avesse ricevuto da Dav, non bastava a compensare la disidratazione.
    Il capitano si avvicinò a lui constatando la sua impossibilità nel lavoro. Ci saranno dei medici qui a bordo? si domandò quasi scioccamente il ragazzo: il tipo fece un cenno con la testa e la mano sinistra ad uno dei suoi sgherri, che si avvicinò calmamente afferrandolo per i capelli. Con un grido sanguinario estrasse un’arma bianca falciforme, tranciando di netto il collo dall’alto in basso.

    Trattenne la testa per i capelli mentre il corpo senza vita cadeva rovinosamente; con prodezza teatrale la lanciò in mare come fosse una palla di cuoio. I sadici membri esultarono, incominciava a capire che prima di loro sicuramente c’erano stati mooolti altri schiavi: un cervello malato complica le cose e soprattutto i piani.
    Devo scappare il prima possibile Voi! gettate a mare questo schifo, pulite e andate giù in cucina. si diresse poi al massiccio schiavoTu! Spiega le vele e lucida questo legno più della pelle tua! si mostrò nuovamente razzista sputandogli addosso.
    Davmorn percepì il respiro affannato per un istante dell’uomo; gli si leggeva negli occhi che voleva pestare come un gorilla da un momento all’altro tutti quanti. Eppure, era stato abbastanza sveglio da non tentare la ribellione nella carovana.. chissà, magari poteva davvero aiutarlo nella fuga.

    Si trovò gli occhi dell’ufficiale ed il suo dito puntati contro Tu vai sopra ad aiutare il mozzo.. e sbrigati pure! sfogò l’adrenalina in corpo con una rapida frustata sulla tibia del giovane, facendolo ballare sulle punte per un attimo.
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    Quel bastardo e i suoi erano davvero insensibili, criminali così crudeli da non essere accettati nemmeno dagli altri fuorilegge, probabilmente. Furfanti che nemmeno lo facevano per le ricchezze ma tanto per sottomettere e mostrarsi superiori, fino al giorno di venire mangiati da uno squalo più grande.
    Percorse rapidamente il percorso fino all’albero maestro, guardandosi intorno notò solo ora che parte della superficie era abbozzata e scheggiata: in generale le intemperie avevano non solo scalfito tutta la nave, un bel pò rovinata. Poteva supporre che i loro tragitti riguardassero per lo più il mare del sud-est, lì dove la superficie era ondosa ed instabile. Si aggrappò con i quattro arti sulla lunga ascesa costituita di corde: non lo faceva da parecchi anni, ma riuscì a farlo molto velocemente lo stesso. In fondo l’unica differenza era la dimensione del suo corpo, ora che era ormai cresciuto.
    Potete immaginare il fastidio dello sballottare delle fondine, su e giù per il proprio pacco: sacrifici indispensabili, specialmente ora che sapeva il controllo dei banditi sulle armi a bordo.

    Una volta scalato si ritrovò nella piattaforma rotonda ma alquanto stretta, il “piccolo ma brutale” mozzo gli diede il benvenuto con un’occhiata minacciosa.

    Sistema tutti questi fili..roba,quà. E muoviti, feccia! non nascondeva la sua ignoranza parlando, tpico di tutti i malviventi che conosceva eccetto Dardan, Leon e lui stesso: coincidenze? Realizzava solo ora vittima di sfortunati eventi che gli unici in cui poteva unicamente riporre fiducia erano loro, sempre stati lì per lui e viceversa.
    Il turno andava avanti, avanti quanto? Il ragazzo non lo realizzava, aveva visto il sole spostarsi di un bel po all’orizzonte ma non aveva idea dell’orario.
    La fronte grondava di sudore, il Malygos voleva terribilmente levarsi la maglietta ma temeva di attirare attenzione sui suoi pantaloni così. Sfruttò ad ogni modo la sua abilità per carpire acqua dall’oceano poco alla volta, concentrando chakra e levando così le particelle di sale.
    Quella che non beveva dai suoi palmi, se la passava sulla testa evitando l’insolazione dal cocente e sommo picchiatore nel cielo.

    Anche se aveva completato il suo incarico cercava di metterci più tempo del dovuto, rimanendo a guardare e sistemare nodi che non richiedevano di essere stretti, anche se ciò comportava stare parzialmente in equilibrio nel vuoto: le enormi vele bianche sporche si agitavano contro il vento, contrastando nel suo tetro luogo di prigionia.
    Ad un certo punto lo sentì borbottare alle sue spalle Capo! Pecorelle a poche miglia! gridò mentre riponeva nella cintura il telescopio, voltandosi poi verso la.. Feccia! era divenuto il suo marchio di fabbrica ormai.. faticava a cedere alla tentazione di bucarlo da testa a piedi ogni volta che dava fiato a quella fogna. Io vado giù e TU vieni con me e senza fare domande così fu.

    Una volta sceso incrociò nuovamente lo sguardo con l’energumeno shalariano, mentre egli si dirigeva a sostituirli sulla postazione elevata. Seguì l’individuo fin dentro la dispensa, dov’egli spostò un armadietto scorrevole e rivelò una porta nascosta Se ti troviamo qua dentro in qualsias’altro momento io ti taglio le mani e te le faccio ingoiare dandogli l’ennesima occhiataccia mentre aprì rivelando la santa barbara della rovinata barca.
    Quello che non era speso nella riparazioni, oltre che in schiavi, veniva decisamente speso negli armamenti da battaglia: c’erano solamente due cannoni ma di dimensioni notevoli.

    Rispose agli ordini aprendo i portelli, facendo entrare luce nella stanza e liberando il campo di tiro: mentre il nano armeggiava col congegno Davmorn notò, accatastate al muro, oltre che numerose casse di palle di cannone un pò di scialuppe di salvataggio.
    Quindi è qui che sarà.. non sapeva ancora quando ne dove, ma ogni cosa che faceva ora aveva un senso: accumulare quante più informazioni sulla nave possibili.
    Prepara una cassetta, subito! con la voce più acuta, facendo intendere di volere una cosa veloce: l’alchimista sollevò la “cassetta” dal notevole pesò affidandosi alle muscolose braccia, temporaneamente intorpidite dallo sforzo. Flettendosi sulle ginocchia ne afferrò una sollevandola ed infilandola nel foro.
    Dopo una decina di secondi vide l’altro vascello in linea di tiro:
    Questo è perché non sono bravo in cucina! si tappò d’istinto le orecchie BOOM, osservando il possente rinculo sballottare l’arma e l’enorme sfera di metallo proiettata nell’aria: stappò giusto in tempo per sentirne il pesantissimo impatto, mentre vedeva i pirati a bordo proiettarsi all’arrembaggio verso la preda della rapina navale vecchio stile.

    Beccarono dei poveracci che probabilmente si godevano l’oceano, nel momento e nella zona più sbagliati. Venne costretto ad uscire in modo scortese dal mozzo, che si approcciava a bacchettare gli schiavi in cucina ritenuti non abbastanza produttivi: starsene fermi in un angoletto avrebbe portato solo attenzioni indesiderate, salì le scale tranquillamente ricominciando a scalare l’albero maestro. Ci aveva preso la mano, ormai nemmeno tenne lo sguardo fisso sul punto da afferrare: lanciò anche qualche occhiata furtiva ad alcuni nuovi schiavi che venivano trasportati a bordo. C’erano anche due donne nel gruppo, accolte da fischi e schiamazzi da individui della peggior specie che già le spogliavano con gli occhi.
    Una volta arrivato sulla piattaforma si ritrovò solo con l’energumeno, finalmente liberi al dialogo

    Quando..? tuonò il vocione, saltando subito al sodo. Non lo so.. son troppi e troppo organizzati. ci fu un momento di silenzio e breve riflessione.
    Nascoste nella dispensa ci sono le scialuppe, ma controllano la porta sempre.
    Si puo fà, ma non c’avrò tempo di avvisarti. Stai pronto se non vuo’ restar qua sopra

    Il periodo di prigionia lo teneva sotto stress, rendendo i suoi consigli scontrosi e il suo slang Tortughese ancor più rozzo.
    Il nanetto stette intere ore sottocoperta, tant’è che Davmorn già immaginava le terribili sevizie inferte ai schiavi mentre passava il tragitto scrutando l’orizzonte: all’orizzonte si prospettava brutto tempo.
    Nel giro di meno di mezz’ora gli si asciugò tutto il sudore addosso, una brezza incominciò a soffiare forte contro la nave e il sole venne ricoperto da cupi nuvoloni.
    Assieme alle prime gocce che cadevano, quasi gli scivolarono lacrime lungo il viso, ricordando le malinconiche traghettate sotto “Il Divino Pianto”, così definito dai fedeli monoteisti di Haven.

    La pioggia era leggera, l’unico fastidio era la sua discesa resa orizzontale dal vento: si passò di male in peggio quando i nuvoloni oscurarono completamente tutto. Una saetta veloce come la luce impattò sulla superficie acquatica a più di 200 m di distanza: si sentì il cuore in gola alla visione dell’improvviso lampo, calmandosi paradossalmente assieme al rimbombo prolungato del tuono.
    Una tempesta, donne a bordo.. uno spiraglio di speranza avvampò nel timorato animo: il Malygos estrasse le lami dalla biancheria e le mise lungo i fianchi, per poi cimentarsi nella discesa dell’albero maestro, con il vispo cervello calcolante stratagemmi.
    Sul ponte rischiò di scivolare su un affossamento colmo di acqua piovana, lasciandosi scappare un’imprecazione: c’erano un paio di schiavi sul ponte e due uomini accanto al timone, il resto dell’equipaggio era al riparo dalle intemperie.
    Una volta scese le scalinate si trovò davanti alla cucina, il cui bancone era completamente macchiato di sangue qua e là; la maggior parte dei balordi stava al tavolino tirando carte e blaterando. Uno di loro lo puntò subito, alzando il mento mentre lo fissava come a chiedersi cosa ci facesse lì.
    Per il ragazzo era facile mentire, la sua freddezza lo faceva stare calmo nel mentre, guadagnano inevitabilmente credibilità:

    Mi hanno detto di venire a pulire sottocoperta
    Era ora.. se la bevve, distolse il torvo sguardo riprendendo a giocare con i suoi compagni. L’alchimista trovò senza fatica straccio, scopa e secchio d’acqua, mettendosi così a lavoro.
    Si impegnò per smacchiare le pozze di sangue sul legno ma, per il resto, eseguì un lavoro tutto sommato approssimativo: il vero intento era capire dove fossero i membri mancanti, origliando i giocatori d’azzardo

    E anche ‘sti 50 vanno a me!
    Questo figlio di puttana doveva pure stare al turno di sopra, al posto di Kiran..
    E io ringrazio quel coglione che si gioca anche i turni di guardia!

    Momento di ilarità al tavolo, ma era proprio quando credevano di essere rilassati che offrivano tutte le informazioni: il Malygos stava con lo sguardo concentrato sullo sporco suolo, ma le orecchie erano ben tese per ottenere ciò che gli serviva.
    Un altra mano.. questo bastardo mi ha levato tutto il mese! sbroccò, tirando un pugno a martello sul tavolo scaturendo numerosi tintinnii metallici dell’oro. Breve attimo di silenzio
    E il capo si sta pure facendo quelle due, manco la soddisfazione di … iniziò una lunga lista di aggettivi poco graziosi e si lasciò andare alla misoginia più assurda. Tutti lo assecondarono, lasciando le carte coperte ed iniziando a guardarsi in faccia l’un l’altro: nel momento di distrazione piano piano il giovane ritornò verso il ponte.
    Un piano frullava nell’imperterrito animo; si muoveva sulla bagnata superficie legnosa sotto il nuovo intervallo di pioggia: quanto sarebbe durata stavolta?

    Nell’oscurità Dav scalava rapidamente le corde, rallentandosi una volta alla sommità e presentandosi ai sorpresi occhi del mozzo ancora una volta
    Ancora qui? Non mi serve il tuo aiuto, vattene prima che ti frust.. Mi hanno mandato qui da sotto, hanno visto dall’oblò una nave ai fianchi! disse interrompendolo, tuonando con le parole cercando di evidenziare l’immaginaria gravità della cosa.
    Se la bevve. Dove?? mettendosi una mano sul fradicio cappello e posizionando il binocolo, rivolto di spalle.

    Lo schiavo calò la mano al fianco, estraendo l’arma allertò il mozzo ma era ormai troppo tardi. Prima che potesse emettere un respiro, con la mano sinistra gli tappò la bocca e con l’altra lo bucò più volte alla gola: dopo tre coltellate il corpo gli si accasciò addosso, senza la forza nemmeno di dimenarsi.
    Mani sporche di sangue ed un animo infuocato che, al contrario di esse, non poteva essere lavato via dalle multiple gocce. L’animo di un giovane guerriero che ne aveva viste troppe per la sua età e.. questo era solo l’inizio.
    Un sopravvissuto alla guerra della strada, dove i poveri si scontrano come cani in gabbia ed i rapporti durano poco: lo sapeva bene lui, che aveva assassinato il suo stesso padre ed una lacrima tatuata sul suo viso lo dimostrava.
    Alzò lo sguardo udendo l’ultimo respiro annaspato del cadavere; doveva tirarsi fuori dal fango e non era la prima volta. L’adrenalina iniziava a spargersi nel suo sistema mentre afferrava quel nanetto dalle gambe e lo appoggiava su parte della superficie di legno: il buio ed il temporale celavano costantemente i suoi movimenti.
    E’ da stamattina che ci penso, da quando questo stronzo mi sputava addosso ordini...

    Il cadavere si rivelò il vero stratagemma: lo appoggiò finché, per forza di gravità, lentamente il corpo scivolò in caduta libera. Ora! il tempo volava e sicuramente, non esisteva una clessidra così minuta da calcolare il tempo di atterraggio della salma senza vita.
    Come un felino spiccò un balzo dalla postazione, porgendo l’arma equipaggiata dinanzi a lui cercando di incrociarsi con le possenti vele.

    Un piano a dir poco folle, mai e poi mai si sarebbe dovuto ridurre a questo; stava di fatto che quell’ammasso di corde non gli avrebbe permesso di scendere, non prima che tutti i pirati arrivassero sul ponte almeno.
    La lama si ficcò incominciando a sgarrare in basso tutta la bianca superficie, il Malygos non calcolò l’enorme velocità che aveva guadagnato nell’improvvisata discesa.
    Il possente tonfo del defunto mozzo riecheggiò sulla superficie, seguito dopo pochi secondi dal maldestro atterraggio dell’alchimista. Gli scappò un lamento di dolore, sentiva la pianta del piede completamente intorpidita ed il ginocchio dolorante
    FERMATI SUBITO! gli gridò la guardia al timone da un bel pò di metri di distanza: non adesso.. pensò, il dolore non poteva impedirgli proprio adesso la fuga.
    Corse stringendo i denti verso la banchina e, come un volatile che spiccava verso la libertà, Davmorn abbandonò la nave con uno scenico salto.

    La porta si spalancò, molteplici passi battevano sulla legnosa superficie e schiamazzi fendevano sotto la pioggia.
    Non ci voglio credere..
    Chi cazzo è stato???
    La guardia che lo aveva visto saltare giù dalla vela si affacciò verso il fianco della mare, notando nulla oltre che la legnosa superficie.
    Quello che stava in cucina ieri..è talmente gelato in acqua che quel figlio di puttana già sta sul fondo paralizzato!

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    E invece quel figlio di buona donna, abbastanza furbo da improvvisare la fuga, non era stato così idiota. La sua esperienza in mare già gli aveva fatto testare le glaciali temperature nel mare aperto del sud: non appena finì sotto la superficie incominciò a sbracciare con forza, attingendo al massimo della sua capacità elementale e raggiungendo nuovamente l’imbarcazione. Impugnando entrambi i pugnali come punteruoli, incominciò a scalare verticalmente il legno nascosto da indiscreti sguardi.

    Incominciava a sentirsi più tranquillo, gli sarebbe bastato raggiungere l’altro fianco della nave ed arrivare alle scialuppe, molto vicine in linea d’aria. Doveva solo sfruttare il caos generato da un omicidio a bordo e muoversi in tempo; ora che ci pensava non aveva calcolato la sicurezza all’interno della sala dei cannoni, ma ormai era troppo tardi no? In caso di intoppi avrebbe impugnato i pugnali fino alle brutte.. alle brutte amen, sarebbe morto invano, non che potesse farci altro.
    Era semplicemente un uomo, come tale aspirava alla libertà. Ormai aveva talmente tanto le palle di piene di essere in schiavitù, da preferire una morte in combattimento ad essa. Perché elaborare un piano o aspettare il momento giusto, vi chiederete a questo punto? Perché se c’era anche un minimo spiraglio, una probabilità su mille di uscirne vivi, era un obbligo provarci per il ragazzo.

    Come un granchio che piantava le zampe nella sabbia, Davmorn infilava le lame creando buchi grandi il minimo da sostenerlo: andava a rilento, ma l’impatto con l’acqua gelida era stato sufficiente a fargli dimenticare l’opzione nuoto. Cambiando lato della nave osservò i portelli chiusi delle postazione di tiro non troppo lontani, tuttavia qualcos’altro attirò la sua attenzione: gemiti e urla provenienti da una finestra sotto di lui.
    Cercando di far più piano si sforzò, scendendo leggermente e piantando pian piano i coltelli, fino a posizionarsi a fianco ad essa. Non appena sbirciò, la prima visione fu il nudo didietro del capitano che lo fece inorridire: i fianchi in movimento spiegavano il resto e quelle grida.. significavano che quelle poverette erano incatenate e costrette alla violenza.

    Non aveva tempo, ma tutti i piani elaborati dalla fredda mente cedettero in un solo istante
    Scese ancor più posizionandosi accanto alla finestra: contò fino a due secondi e trattenendo il respiro, si arrampicò sulla superficie di essa il più silenziosamente possibile.
    Incominciò a muoversi come un gatto, sfruttando la sua innata capacità furtiva mentre avanzava con le ginocchia flesse, preparandosi al silenzioso omicidio.
    Si alzò arrivato a distanza corpo e corpo, con tanta forza da far scricchiolare un’asse sotto di lui: invece di tappare la mano, menò un fendente orizzontale con ambo due le lame alla carotide.
    Il sangue schizzò sui corpi delle donne, legate da bracciali di ferro e costrette in una posizione chinata: d’istinto cercò di tapparsi le ferite, ma all’assassino alle sue spalle bastò piazzare un piede dietro al suo per fargli perdere l’equilibrio.

    Come un giudizio divino, piombò nuovamente sul pirata con le ginocchia flesse: iniziò a bucargli l’addome con rapidità, una, due, cinque volte. Nessun delitto richiedeva un cuore d’acciaio quanto una pugnalata. Con l’esperienza di una vita difficile, nemmeno gli batteva più il cuore ogni volta che per difendersi sfregiava le carni dei malcapitati, ma percepiva qualcosa di strano in questo momento. Anzi, ogni volta che uccideva un nemico più forte o che gli aveva inflitto più angherie.. si lasciava andare alle emozioni; ogni volta che l’arma trapassava la pelle sentiva un colpo al cuore.
    Cosa percepiva adesso? Furia.
    L’ira incontenibile di un uomo costretto a subire per giorni, che dopo aver tenuto una maschera da uomo debole, se l’era strappata di dosso mostrando le pitture di guerra.

    Denso liquido rossastro lungo tutta la sua uniforme da schiavo, lasciò cadere a terra le armi e raccolse la chiave con cui liberò le donne, ancora in shock e lacrimanti. Nemmeno volendo in quel momento poteva osservare le loro forme, gli occhi erano sbarrati ma tutto ciò che osservava erano nitide forme.
    Sapete… combattere? chiese a denti stretti, fissando la porta con un fare spaventoso.
    Una delle due nemmeno rispose, si accasciò al suolo con la testa fra i biondi capelli annegando nella disperazione: la compativa, poteva solo immaginare l’offesa recata nei loro confronti e per questo le aveva vendicate senza pietà.
    L’altra si asciugava le guance, posando gli occhi sul giovane: mentre non la osservava aveva raccattato le armi del fu schifoso bastardo. Gli stava porgendo un famigerato moschetto di ridotte dimensioni
    Tienilo.. tu e senza chiedere nulla, le strappò dalle mani la frusta utilizzata quei giorni sulla sua schiena, mentre riponeva i coltelli nelle fondine.

    Alla visione dello strumento di dominazione ora fra le sue mani, perse la testa; si avvicinò alla porta e la aprì con forza. Uno sgherro si volto istantaneamente pensando di avere il suo capo davanti, il Malygos sfruttò quell’istante per proiettarsi in avanti suonandogli una testata in pieno viso, si piegò poi in basso sferrandogli un destro sui genitali: due semplici mosse che, in tutta la sua crescita, lo avevano salvato da brutti ceffi più alti e più grossi di lui. A quanto pare le vecchie maniere restano effettive: nell’istante in cui il criminale si piegò gridando per l’incredibile dolore, Davmorn prese la frusta alle estremità e la girò intorno al suo collo come una garrotta, soffocandolo insieme ai suoi tentativi di urla.
    Strinse i denti tirando verso su con tutta la forza, sentiva le braccia gonfie di vene e gli adduttori degli avambracci doloranti. Dopo qualche secondo che il corpo era ceduto smise di stringere, buttando noncurante la frusta a terra; ormai aveva attirato l’attenzione chiunque fosse sopra le scale. Era andato all’in, senza un piano ma colmo di coraggio incominciò a salirle, sfoggiando un terrificante grido da terra.

    Non appena mise piede nella stanza si ammutolì, realizzando di non avere attorno anima viva. Viva non a caso: veri e propri laghetti di sangue erano sparsi ovunque, il bancone ed i tavoli a soqquadro e numerosi cadaveri a terra di pirati.. ma anche di schiavi.
    Cosa cazzo è successo qui.. disse sconvolto guardandosi intorno: una rissa non poteva generare tutto quel sangue, esaminò con lo sguardo i corpi ricoperti da squarci che nessun uomo poteva infliggere.
    Un pò della furia in corpo si attenuò, sostituita dal terrore: senza pensarci due volte scattò verso la dispensa, anche lì vi erano dei corpi sbrindellati. Furiosamente picchiò sulla porta cercando di spingerla, realizzando che era già aperta: nessuno era all’interno della sala dei cannoni.. che l’altro schiavo fosse già fuggito, sottraendosi alla strage? Oppure..
    BANG
    Un pallettone di metallo fendette l’aria, troppo rapidamente per poter essere schivato dal giovane: venne colpito in piena schiena, venendo atterrato dalla forza dell’impatto. Si voltò dolorante, vedendo il pirata che prima giocava a carte dinanzi a lui, mentre arrabbiato si riposizionava eretto.
    Li hai…. li hai uccisi tutti tu-tu-tu… sei un mostro! gli occhi gonfi e l’aria completamente esasperata: nonostante tremasse come una foglia, gli anni da esperienza di fuciliere gli permisero la rapida ricarica ed un secondo colpo. Il pallettone trapassò la coscia del Malygos, facendolo capitombolare di gluteo sul suolo, mentre dispensava gridi di dolore. Quanto diamine bruciava? La munizione lo aveva trapassato da parte a parte, per un attimo sentì gli occhi appannarsi: doveva aver preso qualche tendine o qualche legamento, non si sentiva più la gamba.

    Alzò la testa fissando il nemico, sul punto di ucciderlo ma ancora preda del terrore: il giovane nemmeno realizzava che stava potenzialmente per morire, una sensazione strana lo pervase. Qualcosa cambiò da un istante all’altro in quella sala, sembrava decisamente più freddo e.. ancor più scuro.
    Alla destra del pirata alle sue spalle il buio si plasmò: dal nulla si materializzò il robusto corpo dello schiavo shalariano. Sembrava ancor più pompato muscolarmente, dei tatuaggi ad intarsio neri erano sparsi lungo il suo nudo tronco fino al viso, gli occhi completamente arrossati e una nube che lo avvolgeva dalla vita in giù. L’alchimista pensò di essere completamente impazzito, di avere le visioni in punto di morte.. e invece..
    Con un oscuro abbraccio, egli mosse la misteriosa cortina avvolgendoci il criminale: lo schiavo, o meglio, ciò che era diventato, si avvicinò alla sua giugulare e la morse, staccandogli la carne.

    Cosa diamine era diventato il tipo? C’erano leggende metropolitane che giravano su uomini dai denti aguzzi che bevevano sangue umano, ma in questo caso continuavano a confermarsi tali: questo oscuro mostro non si cibò dell’essere, il morso fu semplicemente aggressività allo stato puro susseguito da una scarica di pestoni e.. veri e propri graffi con le mani, avvolte da un’aura nera.

    Le macabre grida misero in panico Davmorn, che incominciò a trascinarsi velocemente verso le aperture dei portelli da fuoco. Una volta finito il pestaggio e lasciato un altro corpo maciullato, l’uomo si girò puntando i rossi tizzoni sui verdi occhi: non vi era nulla di umano che potesse leggere in quello sguardo, nulla. Il fumo incominciò a spargersi dal suo corpo, vagando piano piano nella stanza in sua direzione: con la gamba in quelle condizioni non era nemmeno un opzione, provare a resistere a quella bestia della natura.
    Alzò di scatto la mano destra attivando il meccanismo, i portelloni si aprirono rivelando la superficie acquatica: era pronto a trascinarsi un’ultima volta e lasciarsi cadere nell’abisso.
    Che tu sia dannato.. pensò mentre lo osservava impotente: la morte sarebbe stato il prezzo da pagare, per il suo aiuto alle povere donne e l’altruismo?
    Forse. Chiuse gli occhi aspettandosi un mortale pestaggio, realizzando in quel momento cos’era nella sua vita a renderlo diverso dagli altri sgherri da strada: l’empatia.

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    Quei secondi sembravano non passare mai, tanto che il ragazzo si decise ad aprire nuovamente gli occhi. L’uomo era in ginocchio dinanzi a lui, a distanza di meno di un metro: non un suono spezzava l’eterno silenzio, persino il suo respiro era impercettibile.
    Poi dopo uno strano espiro sputò a terra del sangue mentre la nube, quasi fosse dotata di propria volontà, si sottrasse dal corpo come un abito e svanì unendosi nuovamente all’oscurità nella stanza.

    Gli occhi esterrefatti di Davmorn, che ancora non riusciva a spiegarsi cosa diamine era successo. Era ancora paralizzato dal terrore, lo schiavo era privo di ematomi o tagli eppure sembrava estremamente malconcio.
    ..Cosa sei?
    Inclinò la testa nella sua direzione, continuando a formare quella che ormai era un’estesa pozza di sangue.
    Cosa mi hanno fatto diventare, è più esatto..
    Risposta vaga ma non troppo, il Malygos realizzò che qualsiasi demonica ed unica abilità avesse quel cristiano, non era in suo controllo. Si toccò i fori della ferita digrignando, incominciò ad utilizzare gran parte del chakra per rimettersi in sesto: un pò affaticato e con l’aiuto della parete si rimise in piedi, allontanandosi dall’unico compagno di prigionia.
    Dall’entrata si presentarono le due donne salvate prima, con qualche abito addosso: il ferito giovane rimase silenzioso, avendo perso l’unico pizzico di fiducia in quell’omicida. Superò le due e si diresse nella zona vicino la cucina: era partito senza portare alcun soldo in quanto erano stati consegnati al ricettatore pochi giorni prima, tuttavia un po di monete lo avrebbero aiutato nel reinserimento nella società. Un uomo vestito di stracci difficilmente otteneva accoglienza senza i, cosiddetti, “piccioli”. Dopo aver preso una modesta quantità di gold ritornò nella stanza, incrociando nuovamente lo sguardo con lo shalariano: una furia incontrollabile come luigenerava solamente guai, considerava il tipo come l’Arma di Haven: una bomba a scoppio a sorpresa, ci vuole poco a beccarsi le schegge anche essendo alleati.

    Silenziosamente trascinò la sua scialuppa di salvataggio per poi immergerla sulla superficie: presero tutti quanti direzioni diverse, le due ragazze erano sulla stessa imbarcazione e l’oscuro ragazzo senza nome in solitaria come Dav stesso.
    Fratello! gli tuonò mentre remava Meglio morire liberi che vivere in catene
    Fratello a chi? pensava fra se e se, vecchio pazzo, sei schiavo di te stesso altroché! Altri due minuti m’azzannavi anche a me pensò fissandolo dalla distanza. Alzò la mano sinistra facendogli un cenno con indice e medio, ricambiando giusto l’educazione del saluto.
    Guardando sulla destra incrociò lo sguardo con una delle ragazze che si allontanavano, anche loro senza nemmeno un saluto: la verità è che, ognuno per le sue ragioni, era troppo shockato per aprirsi a quelli che in fondo erano solo estranei. E da bravi estranei, ognuno di loro prendeva la propria strada, perdendosi di vista come puntini nell’esteso mare aperto.

    Si prese una leggera pausa fra una una remata e l’altra, inspirando profondamente l’aria di mare: il sole si alzava all’orizzonte sotto il canto dei gabbiani e il regolare andare delle basse onde. Un piccolissimo puntino nell’universo ma finalmente libero: libero dal declino dei valori umani stesso.
    Sarei come sono oggi.. se fossi nato qui.. guardando il pacifico moto acquatico, da lui sempre apprezzato: l’affollato ambiente di Tortuga lo faceva sentire oppresso, tanto che cercava sempre di trovarsi in una missione o su un’imbarcazione. Dopo questi sfortunati eventi di navi.. nemmeno a parlarne; chissà a quest’ora dove era arrivata la bagnarola dei pirati, senza una rotta stabile.
    L’orientamento gli diceva di continuare a remare ad est, ma la mancanza di una mappa fisica era un problema: non aveva la minima idea di dove si trovasse, dopo i giorni di tragitto sperava di stare nelle vicinanze del malfamato arcipelago.

    Si muoveva con i remi avanti ed indietro, le braccia ormai quasi addormentate dallo sforzo e nulla che cambiava attorno a lui: il sole si alzava, illuminando l’unico essere vivente in pieno mare.
    L’idea di morire di fame in mare dopo tutto ciò che aveva passato gli fece venire un brivido: concentrò una minima quantità di chakra rendendo dolce un pò di acqua richiamata sul suo palmo. Si sdraiò sulla scialuppa, lunga il giusto per contenere tutto il suo corpo disteso: appoggiò la mano sulla bocca dissetandosi, spostandosela poi sugli occhi per coprire i raggi solari.
    Spossato dai giorni precedenti e dalla botta di adrenalina di poche ore prima, il corpo crollò tutto d’un colpo sulla barca, destinata a seguire la corrente…

    [CONTINUA]

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    Base: 2

    Scrittura: 1
    Alti e bassi, più bassi che alti. Sei partito in modo davvero pessimo. Verbi che mutavano all'interno della stessa frase, virgole lanciate a casaccio, frasi da rileggere alcune volte per capirne il senso. Evidentemente non eri molto ispirato nelle prime parti, e nella seconda parte migliori anche se alcuni errori permangono (le virgole e alcuni verbi).
    Ti ho visto scrivere molto meglio, ad esempio al Raid e alla Grotta Nera. Per questo non mi sento di darti 2. Potevi rileggere con calma e sistemare/ampliare un po' prima di chiedere la valutazione (anche considerando che hai cominciato e finito nel giro di due tre giorni la role).
    Stai attento al lessico perché spesso ci sono termini un po'troppo "moderni" (telescopio ad esempio, in quell'epoca sarebbe stato definito cannocchiale) e rovinano l'immedesimazione nell'ambiente.

    Interpretazione: 2
    Su questo punto invece Dav spicca davvero. Mi piace un sacco il suo essere pratico e cauto, ma anche lasciarsi andare alle emozioni (dopotutto è umano). Complimenti, continua così perché è davvero un bel personaggio.

    Strategia: 0
    Impossibile da valutare.

    Davmorn: +5 Exp, 50 Gold (rubati sulla nave)
    Valutatore: +1 Exp, +100 Gold
     
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8 replies since 2/5/2018, 01:41   83 views
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