Il suono delle cascate é ormai scomparso, rimpiazzato dal costante fruscio delle onde. Onde leggere, che si imbattono sulla chiglia della nave bluastra, ancora piú ipnotica ora che ha spiegato le vele, anch'esse blu.
E' una imbarcazione rozza e forse inutile in senso militare, ma di sicuro si mimetizza bene, nel blu dell'oceano. Se avesse le vele piú basse sarebbe un'ottima nave pirata per fare imboscate nel maltempo.
I monaci non hanno proferito una parola dalla partenza. Apparentemente si tratta di un traghetto regolare, dove i monaci svolgono una vita di servizio e meditazione, vivendo dalle generose donazioni dei passeggeri.
Sono rispettati in modo universale dai naviganti in quanto imbarcazione sacra, ma si sá, il mare é una bestia imprevedibile.
Ezichi spiegó a Einar che la nave non é mai stata affondata per sei decenni, l'unica a potersi vantare di un tale record.
Forse é davvero protetta dagli dei... non c'é un singolo armamento su questo vascello.Tre avventurieri siedono poco distante da lui, osservando l'orizzonte. Non parlano per ora, forse ammutoliti dalla bellezza della zona.
Uno dei monaci sembra aver finito le sue mansioni e va a sedersi appoggiando le spalle all'albero maestro, posando un calice dorato a terra, sopra un piccolo cuscino viola.
Con un piccolo utensile di legno, da due colpi secchi al calice, che fa un suono melodico simile a quello di una piccola campana.
Poi strofina l'utensile sui bordi del calice, facendolo risuonare sempre di piú, in un suono dolce e rilassante.
Gli altri monaci sembrano porre un fine alle loro mansioni, e si siedono in un cerchio, silenziosi, chiudendo gli occhi.
Einar é allibito da quanto vede. Non una vedetta, nessuno di guardia. Niente. Meditano.
Sessant'anni senza affondare, eh?Eppure, non c'é altro che silenzio. L'imbarcazione procede da sola, dondolando un po' tra le onde. Gli avventurieri stavano per cominciare forse a parlare tra di loro, ma stupiti da questo rituale silenzioso forse pensano che sia meglio mantenersi in silenzio.
Einar, senza neanche pensarci, cammina lentamente verso l'altro lato dell'imbarcazione, e si ferma sull'orlo della prua.
Scorge l'orizzonte, non vede nulla.
Decide poi di tornare verso l'albero maestro e, ignorando i monaci, si arrampica fino a raggiungere il punto dove normalmente sarebbe la piattaforma di vedetta. Non c'é niente su cui sostenersi se non una piccola trave laterale dove ci sta a malapena una gamba, ma basterá.
Per un paio d'ore, il Varyag sta di vedetta, finché i monaci non smettono di meditare e tornano alle loro mansioni. Comunque, nessuno va di vedetta.
Einar scende e si stende, cercando di liberarsi dei dolori muscolari accumulati da quella dolorosa posizione.
Prima ancora di accorgersene, tra il suono del mare e il silenzio della ciurma, finisce per addormentarsi.
Un suono di campana lo sveglia. Si rialza, osserva l'orizzonte, e vede terra. La riconosce, é Florentia. E' stato in zona in passato, su una Drakkhar.
Il primo scalo.