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BretonSaga.
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Mentre la nave solcava le onde in direzione di Sumadea, Vanberk, appoggiato sul parapetto di prua, rileggeva la pergamena trovata negli archivi della fortezza di Vargjord: il testo era scolorito in molti punti e qualche ratto aveva sbocconcellato gli angoli della pelle ma quello che si riusciva ancora a leggere riportava un fatto che aveva stimolato il cuore d’avventuriero del fabbro. Era un riassunto della corrispondenza tra l’isola ed una comunità di Nord migrati nell’infinita giungla per creare una nuova comunità, lontana dalle ristrettezze del freddo e della pietra: dopo essersi stabiliti in una valle fertile e relativamente sicura avevano iniziato a lavorare il terreno per gettare le basi dell’agricoltura e, grazie a questo, avevano scoperto un filone di minerale ferroso rinominato Stjernernes, ”stellare” nel dialetto Nord, che sembrava possedere qualità meccaniche straordinarie. Il testo da quel punto in avanti diventava quasi indecifrabile ma si coglievano stralci di frasi che facevano riferimento alla grande ricchezza che il metallo portò loro, alla prosperità della città. Poi nulla. Aveva cercato, assieme ai custodi del sapere, altre notizie su questa fantomatica città ma senza particolare fortuna: avevano solo recuperato il nome della valle, Permata, e che quel documento risaliva ancora agli albori dell’epoca dei villaggi Ninja, più di 300 anni prima.
- Una città misteriosa ed un metallo dalle straordinarie capacità, che nessuno sente nominare da secoli, riscoperti grazie ad uno scivolone ed uno scaffale rotto. Il Fato è davvero dotato di grande umorismo! - Riavvolse il rotolo e lo rimise nella custodia di legno, per proteggerlo da ulteriori danni, ed andò a parlare col capitano per capire quanto mancava a Sumadea. – Entro domattina saremo a destinazione, giovane guerriero. Non temere, la mia ciurma conosce bene queste acque e i suoi pericoli ma per quanto riguarda la tua richiesta di accompagnatori... beh nessuno di loro intende seguirti nel mare verde. Ultimamente si sentono un sacco di voci riguardo...- e prese una pausa per sputare oltre il parapetto - un drago che minaccia la foresta e le sue tribù! Solo un pazzo andrebbe ad esplorare quelle terre in questo momento! Fidati di un vecchio e torna indietro prima di farti male: sei troppo giovane per morire dietro una pergamena buona solo come cibo per ratti. -
Vanberk non batté ciglio e si limitò a ringraziare il capitano per i consigli e la preoccupazione nei suoi confronti ma nulla gli avrebbe impedito di cercare quella città. “Neppure il drago… nonostante tutto…” Il giorno successivo sbarcarono nella città di Somara e subito il fabbro si mise alla ricerca di una guida in grado di portarlo nelle profondità della giungla, alla ricerca della valle Permata. Ma nessuno sembrava interessato a rischiare la vita seguendo una leggenda: in ogni ritrovo che visitò quel giorno tutte le guide rifiutarono il lavoro e nessuno dei locali, di solito pronti a tutto per guadagnare qualche moneta extra, accettò di accompagnarlo. Finalmente, nel tardo pomeriggio, un anziana signora gli indicò un negozio il cui proprietario, a detta della donna, non si sarebbe tirato indietro di fronte ad una simile richiesta. Il fabbro ringraziò e corse velocemente verso il luogo indicatogli, un negozio dove si vendevano pellami e altri oggetti ricavati dalla caccia: l’interno del negozio era fresco e odorava di sangue ma non si sentiva minacciato dall’atmosfera del luogo. Qui avrebbe trovato un aiuto finalmente! Dietro il bancone, la schiena di un uomo, intento a sbrigare i suoi doveri. – Salve! Mi hanno detto che siete disposto ad accompagnare chiunque nelle parti più sperdute della giungla. Siete disposto a farmi da guida verso la valle Permata? -. -
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Edited by -ShadowHunter- - 16/1/2017, 21:44. -
BretonSaga.
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Una voce giovane, e relativamente seccata, rispose alla sua domanda ma non come aveva immaginato - Diavolo Phil hai finito di rompere, dammi ancora 10 minuti e il tuo lavoro è fatto - e un ragazzo dalla pelle abbronzata, con le braccia coperte di sangue apparve dall'oscurità. A ben guardare aveva appena valicato una porta che Vanberk non aveva notato nella penombra della stanza ma l'impatto iniziale era stato comunque piuttosto impressionante tanto che il fabbro aveva fatto innavertitamente qualche passo indietro, insicuro sul da farsi: fortunatamente l'insanguinata figura si scusò subito per l'inconveniente - Oh mi scusi, pensavo fosse quel pianta grane di Phil, le porgo le mie più sentite scuse! - Poi lo fissò, con gli occhi più neri e profondi che vesse mai visto, scrutandolo con attenzione, colpito da qualcosa sul suo volto - Come ha potuto procurarsi ferite del genere sul volto? Non ho mai visto un rapace in grado di fare un tale scempio. Dev'essere stato enorme. La prego mi racconti un attimo di questa sua avventura, sempre se ha tempo. Poi potremmo vedere anche di ciò che le serviva. - In effetti le vistose cicatrici che deturpavano il volto di Vanberk erano una caratteristica che spesso attirava gli sguardi delle persone che incrociava ma lui non gli dava molto peso: non gli avevano mai dato fastidio e il fatto di portarle sul viso aiutava a dimenticare il suo doloroso primo scontro reale, fuori dalle sale di addestramento della fortezza. Ma non significa che non gli piacesse vantarsi della loro storia: nella cultura di Vaygrjord i racconti bellici e le imprese eroiche erano un caposaldo della letteratura e ogni maschio aveva un innata abilità a gonfiare anche gli avvenimenti più semplici (dove con semplice di solito si intendava l'aver ucciso lupi delle nevi grossi come cavalli da guerra). Perciò non si offese per la curiosità dello strano ragazzo e, piazzando una mano sul fianco mentre l'altra scorreva sul bordo di una delle cicatrici, si preparò a raccontare la storia. Prese fiato e - Mi perdoni, quando vedo qualcosa che mi affascina, perdo sempre un attimo il contatto dalla realtà. Io sono Shervarash, e se vuole farmi la cortesia di aspettarmi 10 minuti finisco un attimo un lavoro e mi dò una ripulita. - lo interruppe il ragazzo, sparendo velocemente nella stanza da cui era venuto. Con un profondo sospiro rilasciò l'aria accumulata, sorridendo. Quel ragazzo aveva l'energia di uno Sghirath, le velocissime creature arbicole che vivevano in numerose colonie nei pochi alberi della sua isola: decise di aspettarlo esaminando la merce del negozio. Ogni pelle ed oggetto lì venduto erano stati lavorati con una buona mano, segno che il ragazzo era svelto con le mani quanto con la lingua. "Spero sia una guida altrettanto valida". Nella stanza accanto, sopra un tavolo, vi erano i resti di un predatore della foresta e la pelliccia venne rimossa con pochi colpi di coltello per poi esser stesa per asciugarsi dall'umido. Vide un arco ed una faretra appoggiati al muro, probabilmente le armi del ragazzo: questo, una volta concluso il lavoro, gli chiese - Dovete venire da lontano, sicuramente sarete affamato e stanco. Vista la mia scortesia di poco permettemi di portavi a mangiare un boccone al Giaguaro Nero. Li potremmo parlare senza problemi, e se vorrete ascolterò con interesse della creatura che vi ha causato tali cicatrici. - Vanberk non potè che accettare, allargando le braccia con un sorriso di sconfitta: quel ragazzo era davvero un fulmine inarrestabile.
Arrivati alla locanda seguì la sua guida al tavolo e dopo aver ordinato, decise di raccontare la storia dietro alle cicatrici - Bene Sheravash non credo che voi abbiata mai sentito parlare di Griforsi. Sono creature della mia terra natale, feroci ed estremamente territoriali... - narrò la sua avventura con dovizia di particolari, esagerando le parti di combattimento, mimando col corpo le pose e i colpi sia suoi che della creaure. Andò avanti a lungo, alzando la voce verso il finale, per aggiungere pathos - ... così la creature, ferita mortalmente, con un ultimo balzò carico di rabbia ferale, mi colpì al volto con i suoi temibili artigli. Caddi a terra, la vista oscurata dal mio stesso sangue, e su di me il cadavere del griforso. Sarei morto lì, per le ferite o per il freddo pungente, se non avessi usato la stessa saliva della creatura a mio vantaggio! Ma ero solo quindi dovetti farmi forza e rialzarmi! Depredai il corpo della bestia della sue magnifiche ali, certamente più leggere dell'intero corpo come trofeo da riportare a casa. Camminai con quel glorioso peso in uno stato di incoscenza per diverse ore, finchè non raggiunsi le porte della roccaforte, Lì mi prestarono soccorso e qualche giorno dopo ero già in piedi, con un mantello nuovo, decorato con quelle piume! Ora, per via del clima caldo di questa terra non ho portato con me suddetto mantello, ma queste bellezze non mi abbandonano mai e sono una prova più sicura della mia battaglia! Ahahaha! - e concluse il monologo, tracannando il boccale di birra che gli avevano portato mentre parlava. Nel frattempo diversi astanti, che per forza avevano udito il racconto del Nord, mostrano il lro apprezzamento per la storia, con risate ed applausi. Asciugatosi la bocca si rivolse al ragazzo - Allora piaciuta la mia storia? Spero abbia risposto alle tue domande - sghignazzò, fiero del suo siparietto. Ma ora doveva pensare alla sua missione - Bene ragazzo, tornando a noi: ho bisogno di raggiungere la valle Permata in poco tempo, coinvolgendo il numero minor di persone possibile. Sono alla ricerca di una vecchia rovina che potrebbe contenere - e qui abbassò il tono di voce, avvicinandosi al ragazzo, per evitare che qualche orecchio lungo sentisse troppo - importanti informazioni su una ricchezza mineraria. Se decidi di venire con me sappi che dovrai tenere questa cosa il più segrete possibile, chiaro? Fallo e sarai ben ricompensato. Allora: ci stai? - concluse, tendendo la mano al cacciatore della foresta. -
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Edited by -ShadowHunter- - 11/1/2017, 22:49. -
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Il ragazzo di fronte a lui era rimasto estasiato dal suo racconto ed in effetti quella versione del racconto suonava molto più precisa e strutturata del solito: a forza di ripetere e ripetere aveva purgato la storia di ogni elemento superfluo, stabilito il ritmo e l'intonazione. Ad un osservatore esterno poteva sembrare uno spreco di tempo ma nell' isola di Vaygrjord i racconti erano uno elemento fondamentale della vita comune e tanto erano più lunghi e pieni di particolari, più erano apprezzati. Vanberk si fece un rapido appunto mentale al riguardo prima di tornare a concentrarsi sul suo interlocutore: il giovane gli stava esponendo i pericoli della foresta - ... E la zona che tu vuoi esplorare è una tra le più pericolose ed abbandonate, in quanto in quella valle vive Ocelot. E' un giaguaro estremamente feroce e astuto, inoltre la sua stazza e statura sono fuori dal normale. Se la tua idea è quella di affrontarlo, beh lasciatelo dire è un idea folle, molti avventurieri venuti da fuori hanno fatto una brutta fine perché non avevano idea davvero di chi o cosa fosse e non conoscevano nemmeno il terreno su cui poggiavno i piedi. Se sei ancora fermamente deciso ad andare in quella remota valle, ti farò da guida e se avremmo fortuna Ocelot ci lascerà passare senza dover combattere. Inoltre è da molto che nessuno si reca in quella valle quindi se c'è davvero quello che cerchi là, sarà complicato da trovare visto che oramai la natura fa da padrona. -.
I pensieri del fabbro corsero immediatamente alla sua precedente visita a Sumadea: la difficile avanzata nel mare verde con Darina, Hakka, Roman e Kesha; il combattimento contro il mostruoso Bellower, la sfida mortale contro i misteriosi mercenari e... L'Ombra Di Fuoco. Innavertitamente le sue gambe tremarono mentre il drago bruciava Roman a morte, mentre scappava tra gli alberi portando con sè i feriti...
Improvvisamente si rese conto che il silenzio tra lui e il ragazzo si era prolungato eccessivamente. Svuotò il boccale con un unica sorsata e con ampio sorriso rispose alla sua guida - Non temere! Ho già visitato le foreste di Sumadea e so quanto pericolosa può diventare la Natura. Per quanto questo Ocelot sarebbe una storia ancora migliore del Griforso, non sono venuto fin qui per cacciare, ma per scoprire se la città esiste ancora! Se sei d'accordo partire domattina poco dopo il sorgere del sole, con provviste sufficienti per una settimana ed un mulo forte e testardo per trasportarle. Se hai qualche consiglio da darmi, non esitare! Ma prima di andare avanti... - disse porgendo la mano destra al giovane - il mio name è Vanberk, figlio di Thyggor, fabbro e avventuriero. Felice di lavorare con te... - e lasciò la frase in sospeno, in attesa della risposta.. -
-ShadowHunter-.
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Edited by -ShadowHunter- - 21/1/2017, 14:51. -
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La sua proposta di usare degli animali da soma non riscontrò il successo sperato: il ragazzo gli spiegò per filo e per segno i pro e contro del trascinarsi una animale recalcitrante come il mulo nella pericolosa foresta. Poter trasportare materiali e provviste in più non giustificava la lentezza e la perdita d'anonimato causati dall'animale e quindi, a malincuore, Vanberk dovette cedere di fronte alla logica del cacciatore. Ma, d'altra parte, era soddisfatto che dimostrasse un buon cervello: quello era decisamente più importante per il buon esito della spedizione. Sorseggiò la birra mentre ascoltava il ragazzo continuare nella sua descrizione della foresta: avrebbe incontrato un ambiente differente da quello affrontato qualche mese prima nella folle ricerca del Drago ma nel suo bagaglio aveva già preparato abiti e strumenti adatti ad ogni situazione. Annui col capo quando la guida gli consigliò di acquistare delle pozioni prima della partenza "Non potrò fare affidamento che su noi due e non credo che il mio compagno abbia capacità guaritive... meglio prevenire che curare, no?". Finalmente, alla fine del discorso, apprese il nome del suo interlocutore -Vanberk figlio di Thyggor, io sono Shervarash discepolo di Raskel, arciere e cacciatore. Il piacere è tutto mio.-. Dopo essersi presentato potè finalmente dedicarsi alla sua cena, lasciando al fabbro il tempo per ragionare su quanto detto finora. Vanberk studiò Sheravash: il suo discorso dimostrava competenza e sicurezza e fisicamente si vedeva subito che era un abitante della foresta, alla pari con le creature feroci. Era l'uomo che faceva al caso suo per quella folle ricerca: di fatto non aveva alcuna idea se la fantomatica città aveva resistito all'usura del tempo o dei razziatori. Ma doveva scoprire la verità su quel fantomatico metallo raro, a tutti i costi.
Conclusa la cena, accettò l'invito di Sheravash a dormire da lui: la casa coincideva col negozio dove si erano incontrati ma la stanza offertagli era pulita e comoda. Dopo averlo ringraziato nuovamente per l'ospitalità, crollò nel giaciglio: la stanchezza cumulata durante il viaggio e mai mitigata dalle dormite nei carri della carovana lo fece addormentare velocemente, completamente vestito. Il mattino dopo riuscì ad alzarsi solo grazie alle insistenze del cacciatore, con suo grande imbarazzo: dovevano ancora iniziare il pericoloso viaggio e rischiava di passare per un indolente pigro. Si preparò velocemente, controllando che arma, armatura e zaino fossero pronti al viaggio. Mentre attraversavano il villaggio comprò da un venditore ambulante la colazione per entrambi: la zuppa calda, con germogli di piante esotiche e carne, era decisamente piccante ma aiutò il fabbro a riprendersi del tutto dal torpore del sonno. Acquistò due bottigliette in terracotta, contenenti degli estratti vegetali in grado di alleviare il dolore e sterilizzare le ferite, e le ripose con attenzione nella scarsella che portava alla cintura. In poco tempo giunsero al limitare del villaggio e di fronte a loro si apriva il sentiero principale: l'avrebbero seguito per mezza giornata, a detta di Sheravash, prima di abbandonare le strade conosciute ed addentrarsi nel amre verde ed infinito. Guardò il cacciatore e si avviò, fischiettando una canzone tradizionale del suo popolo, cercando di non pensare alla sua precedente esperienza nella giungla "Il drago ha la tana per lontano da qui e se mi parrà soltanto di cogliere il suo richiamo, scaverò una fossa ben profonda e mi barricherò lì per almeno un ora. Non voglio tornare indietro a mani vuote, dopo tutta la fatica compiuta!".
La giornata proseguì lentamente, segnata dalle pause per bere e mangiare, e dalle chiacchere leggere tra lui e Sheravash. Ma appena giunsero al crocevia dove avrebbero lasciato la strada, l'atmosfera cambiò radicalmente. Continuarono ad avanzare, ora a metà della velocità finora tenuta, i sensi tesi al limite per ogni rumore pericoloso, le mani pronte a correre alle armi. La sera scese improvvisamente su di loro, spingendoli ad accamparsi tra le radici di un immenso albero: mentre Sheravash controllava i dintorni Vanberk scavo una buca per il fuoco, profonda così da nasconderne il riverbero, e lo accese con l'acciarino e pietra focaia. La vista del piccolo sole, così familiare, lo aiutò a rilassarsi un poco, mentre attendeva il ritorno della sua guida. - Forse questa volta esco dalla foresta senza mostri rabbiosi alle mie calcagna - mormorò sorridendo tra sè e sè.. -
-ShadowHunter-.
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La tensione lo stava lentamente logorando: più a lungo aspettava la sua guida, più si ritrovava a pensare alla dissaventura con il drago. Non aveva nessuna intenzione di parlarne con Sheravash ma ogni ombra gli ricordava le scurissime scaglie del mostro ed ogni urlo animalesco, per quanto lontano, lo faceva sobbalzare sul posto. "Diavolo quella dannata lucertola mi ha lasciato un terribile ricordo! Pensavo di essermi oramai alle spalle quell'inferno ma a quanto pare mi sbagliavo..." improvvisamente si rese conto di sudar freddo, a causa della forte tensione emotiva. Bevve un grosso sorso d'acqua da una delle borracce di pelle che pendevano dal suo zaino, cercando di riassumere il controllo. Fortunatamente non dovette attendere ancora a lungo il ritorno del cacciatore, che si presentò con un coniglio appena ucciso, la loro cena. Il cacciatore si occupò di scuoiare la creatura mentre alla cottura ci pensò il fabbro: in poco tempo l'odore della carne cotta risvegliò l'appetito di entrambi e ben presto del piccolo mammifero rimasero soltanto pelle ed ossa, minuziosamente spolpate. Mentre riposavano il cacciatore gli chiese precisamente cosa l'aveva spinto a viaggiare in quei luoghi così remoti e abbandonati: Vanberk si prese un attimo, ponderando se era necessario dire la verità, e quanta di essa, a Sheravash. Finora si era rivelato utile e professionale ma non poteva ancora certo affermare di conoscerlo del tutto: il segreto dello Stjernernes aveva un forte valore militare per la Resistenza e farsi uccidere da un cacciatore era ssolutamente fuori discussione. Decise quindi di raccontare una mezza verità e una mezza bugia - Sono incappato qualche settimana fa in un antica pergamena contenuta in ancora più antichi archivi nascosti nelle rovine di una fortezza Vargrjord delle prime ere (e questa era una perifrasi molto complicata per non citare espressamente la Fortezza). Da quel poco che sono riuscito a decifrare grazie ai miei studi (bugia: se non fosse stato per l'ordine del Libro, a guardia dell'archivio, non avrebbe cavato un orso dalla tana con quella vecchissima pergamena) si narra di un antica città fondata dai mie antenati in questa foresta. Voglio riscoprirla e capire la storia di questo insedimanto così lontano da tutto ciò che noi Nord ritieniamo fondamentale: il Mare!-. Sperando di aver soddisfatto la curiosità del cacciatore, continuarono a discutere del più e del meno, prima di assegnare i turni di guardia per la notte. Sheravash si allontanò per qualche tempo dall'accampamento con corda e legna, forse per allestire qualche trappola contro visitatori notturni indesiderati e questo rassicurò decisamente il fabbro Nord: lì la notte riluceva di centinaia di occhi luminosi tra le oscure piante, innervosendolo. Che avesse sviluppato una fobia per la foresta? Poco importa, doveva arrivare a quella città, paura o no!
La notte trascorse serenamente e allo spuntare del Carro Dorato ripresero la marcia. Mentre procedevano sicuri tra le fronde, Vanberk percepì qualcosa di strano: provava una sensazione di disagio continua, come se mille uomini armati lo fissassero in ogni istante, ad ogni passo. Il torregginate guerriero non era abbastanza abile da accorgersi dei numerosi animali che seguivano il loro cammino, ma ne percepiva la silenziosa guardia. Poi un lamento esplose nel silenzio: la potenza con cui venne espresso gli fece pensare ad un Bellower ma il tono era più acuto, diverso dal rombo gutturale della creatura cornuta. E, al risuonare di quel grido, la tensione che li circondava si spezzò e Vanberk vide i movimenti di decine di creature, arbicole e non, che fuggivano al sicuro. Ma da cosa?! Fu Sheravash a rispondere alla sua silenziosa domanda - Perdonami, so che la tua missione è importante e mi hai assoldato come guida per portarti alla città. Ma voglio vederci chiaro in questa storia, Ocelot è molto più di un semplice animale per me, e l'urlo di poco prima non mi fa presagire nulla di buono. Per cui Vanberk, figlio di Thyggor, ti chiedo di deviare dalla nostra strada per assicuraci che Ocelot stia bene e non gli sia successo nulla. In quanto capo della spedizione però tocca a te decidere e io mi adatterò alla tua scelta, qualunque essa sia, ma sappi che se devieremo dalla via andare da Ocelot potrai già considerato pagato tutte le spese del mio ingaggio. -
La serietà del viso e il tono colpirono Vanberk: il ragazzo era sinceramente preoccupato per quella fantomatica creatura, ma lui? A lui poco interessava in realtà, il suo scopo era un altro, ma se qualcosa doveva aver ferito una creatura così potente poteva essere... La stessa sensazione di paura che subdolamente da due giorni gli sussurava di neri orrori gli bloccò il corpo. Non voleva rischiare la vita inutilmente per una creatura di una foresta così lontana da casa sua, per nulla! Prese fiato per rispondere al giovane che la missione aveva la priorità ma in quel momento un campanello tintillò dolcemente. Confuso da un suono così fuori posto, il fabbro sì voltò a destra e a sinistra, in cerca della fonte di quel suono, senza trovare niente. Però si accorse che la paura si era dissolta nel nulla, come neve al sole: guardò il cacciatore con espressione disorientata e di nuovo udì lo stesso suono, poco prima di aprir bocca. Ora però si propagava in un eco continuo, allontanandosi nella stessa direzione dalla quale l'urlo di ocelot era arrivato. Incantato, il fabbro mosse dei passi seguendo la cascata di suoni prima di voltarsi verso il giovane - Andiamo.-
Si sentiva strano.
Edited by BretonSaga - 7/2/2017, 11:14. -
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Edited by -ShadowHunter- - 20/2/2017, 21:16. -
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Tutto intorno a lui risuonava incessantemente: da quei primi timidi tintinnii che avevano attirato la sua ttenzione, ora ogni singola foglia, pianta, albero e fiore produceva una propria nota, come un enorme orchestra. La melodia inebriava Vanberk ma più di tutto quello scampanellio iniziale continuava a stuzzicarlo, a muoversi sempre più velocemente verso la sorgente: il terreno scappava sotto i suoi piedi, lo sguardo caparbiamente fisso in avanti mentre sfrecciava tra la giungla, evitando rami bassi e radici nascoste dal verde. Non sapeva cosa lo stava chiamando ma doveva raggiungerlo, il più velocemente possibile.
Poi, improvvisamente, impattò contro le mani e la voce di Sheravash -Non capisco bene cosa ti sia preso per farti partire così a scatto, ma ti ringrazio del favore che mi stai facendo, e questo non verrà dimenticato. Ora che ci siamo avvicinati di molto e siamo in una zona pericolosa, però permettimi di riprendere il mio posto di guida. Così non correremo il rischio di farci amazzare dalla foresta...-. Il fabbro guardò con stupore prima il ragazzo, poi l'ambiente circostante: gli alberi avevano ceduto il passo ad una vegetazione rampicante e malsana, il terreno ora una palude ignota e pericolosa. Ma sopratutto il Suono si era mutato: incredulo spaziò con lo sguardo in ongi dove, ma niente di quello che vedeva gli era d'aiuto "No aspetta... come poteva esserci una melodia simile qui?! Cosa sta accadendo?! Che sia stato punto da qualche insetto nocivo, oppure la preda che ho mangiato era infetta o..." eppure, per quanto ragionasse, nessuna conclusione logica era in grado di rispondere alle sue domande. Decise di lasciar perdere e concentrarsi sull'immediato: si focalizzò nuovamente su Sheravash, che mostrava grande preoccupazione e rabbia in volto ma, perso com'era nei suoi ragionamenti, non l'aveva ascoltato con attenzione. Si accorse solo ora di quanto si erano avvicinati al fantomatico Ocelot e alla causa dei terrificanti lamenti: a qualche decina di metri un piccolo accampamento sorgeva su una sponda asciutta della palude, con tre tende ed un enorme gabbia di ferro, che imprigionava l'enorme felino. Le dimensioni della creatura stupirono vanberk: era almeno due volte un maschio adulto di lupo delle nevi, con zampe larghe come coperchi di botti. Anche da quella distanza erano visibili le ferite che aveva riportato al seguito dello scontro con i cacciatori. Ma Sheravash era di tutt'altra opinione su quei tre invasori -Me la pagherete bastardi, mi prenderò il vostro scalpo- lo sentì mormorare, livido d'odio. Poi si rivolse a lui, con un accorata richiesta d'aiuto, che Vanberk ascoltò con mezzo orecchio, troppo preso ad analizzare il terreno di scontro. Già perchè avrebbe liberato la creatura: non sapeva perchè ma sapeva di doverlo fare, nonostante il pericolo e la sua missione. Sentiva una forza primordiale spingerlo ad agire così, identica a quella percepita mentre si curava il volto con la saliva del griforso: chiamatelo intuito, istinto, richiamo del sangue. Lui avrebbe salvato Ocelot. Decise quindi di rispondere al cacciatore, che trepidante attendeva la sua risposta - Per essere cresciuto nella foresta, parli ed argomenti come il più esperto degli ambasciatori: ma in situazioni simili bastano parole semplici, che già grande è l'obiettivo. Vuoi il mio aiuto? L'avresti anche se non richiesto, Guardiano della foresta. Seguirò il tuo piano, in modo che l'Ombra degli Alberi torni sano e salvo al suo trono. Perchè questo è ære til arten, rispetto per la natura. Riposiamo dunque, in attesa del manto protettore della Notte.-.
Di nuovo, pensieri estranei e parole antiche, mente la mente di Vanberk lavorava febbrilmente su due realtà, estraniandolo da quel luogo. Cosa stava succedendo?. -
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Edited by -ShadowHunter- - 30/5/2017, 22:34. -
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CITAZIONELa parte del combattimento verrà solamente descritta, in quanto al momento per mancanza di tempo e capacità non verrà affrontata. Anche se lo fosse non verrebbe sviscerata in maniera corretta e quindi risulterebbe solo come una cosa frettolosa e mal fatta.-
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BretonSaga.
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La notte animò la foresta con nuove e numerose forme di vita: mentre la Dama Dorata si abbassava sul profilo dell'orizzonte, luminosi insetti dai colori sgargianti si levarono in volo dalle foglie e dagli alberi mentre il sottobosco veniva attraversato da decine di animali, prede e predatori impegnati nella corsa per la vita. E, seduto sulle radici di un enorme albero a lui sconosciuto, Vanberk attendeva il ritorno di Sheravash: quest'ultimo si era allontanato per recuperare i materiali necessari alla liberazione di Ocelot, mentre il fabbro era rimasto a guardia dell'accampamento nemico. I rumori della foresta, così alieni e spaventosi all'inizio di quel viaggio, non sortivano più lo stesso effetto: sentire il fiorire della vita era un piacevole sottofondo mentre progettava come proteggere sè stesso e la sua formidabile guida e salvare il gigantesco felino. Aveva già ricontrollato la solidità delle sue protezioni e saggiato i fili della sua arma, decidendo di non correggere con la cote le minime imperfezioni createsi: temeva che il suono metallicco dell'affilatura avrebbe attirato l'attenzione dei tre bracconieri.
Quindi aspettava fiducioso il ritorno del cacciatore.
Che apparve improvvisamente accanto a lui, stringendo in mano un variopinto mazzo di erbe e fiori della foresta. Il suo piano era semplice ed efficace: limitare la vista dei nemici con una coprtura di fumo e approfittare della confusione per liberare Ocelot, prima di affrontarli. Era un piano "diverso" da quello escogitato da Vanberk, che prevedeva una carica frontale supportata dall'arco di Sheravash ma, effettivamente, l'idea della guida era più adatta al luogo e alla situazione. "Sei troppo lontano da Vaygrjord per fare come sei abituato." pensò e accettò il piano, preparandosi a scattare dopo che la cortina di fumo avrebbe coperto la visuale. Silenzio. Poi la corda dell'arco di Sheravash cantò, mandando una freccia rivestita d'erbe ad impattare con precisione sul falò acceso dai nemici. Il boato che ne scaturì sorprese il fabbro, ma senza perdere troppo tempo corse fuori dalla protezione degli alberi, l'arma, potenziata dalle arti del vento, stretta tra le mani. Avanzò con la stessa determinazione di un mammoth delle nevi e sfrecciò tra gli avversari, ancora stupiti dall'esplosione: mentre si avvicinava alla gabbia, il ragazzo del deserto cercò di fermarlo ma il fabbrò si limitò a spintonarlo, gettandolo a qualche metro di distanza. A pochi passi dalla gabbia alzò l'arma e, sfruttando la forza della corsa, abbattè la testa d'ascia sul grosso lucchetto della gabbia. Il tintinnio metallico risuonò cristallino per l'accampamento ma il blocco resistette all'impatto! Infastidito Vanberk ruotò l'arma a mezz'aria, abbattendo il martello stavolta. Un rumore gracchiante! Di nuovo il fabbro colpì il lucchetto, che finalmente cadde in pezzi al suolo. Ocelot, che aveva fissato con occhi pieni d'odio l'arrivo rocambolesco di quel nuovo umano, mostrò una genuina espressione di sorpresa quando la porta venne spalancata di fronte a lui. Ferito, ma non domato, scivolò come acqua fuori dalla gabbia, stiracchiandosi mentre dalla sua gola un rombo, come il tuono dei cieli, riempiva l'accampamento. Non guardava Vanberk ma le tre figure che l'avevano imprigionato, ancora confuse e stordite dal fumo e dal gigantesco uomo che aveva attraversato il loro accampamento come una valanga. Poteva avere la sua vendetta!
Vanberk guardò con un misto di paura e rispetto la gigantesca figura che uscì dalla gabbia che decise, fortunatamente, di non assalirlo. Si voltò dunque verso i tre bracconieri che, alla vista di Ocelot, si preparavano ad un altro scontro. Ma stavolta avrebbero dovuto combattere anche contro di lui e Sheravash, ancora nascosto tra gli alberi. Per avvantaggiarsi, il fabbro si affrettò verso il ragazzo che aveva buttato a terra, col giusto tempismo per colpirlo al fianco con l'azza: l'impatto lo rispedì a terra e dal suono emesso al momento del colpo, il fabbro sapeva di aver rotto, o quantomeno incrinato, le sue costole. Un successivo colpo sulla schiena stroncò il respiro del ragazzo, mettendolo definitivamente fuori gioco. Ma, per finire il raagazzo, aveva lasciato tempo agli altri due nemici di organizzarsi. Toccava all'arciere ora ma Vanberk era certo che il suo compagno avrebbe agito al meglio. -
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Edited by -ShadowHunter- - 22/10/2017, 23:04.