Posts written by Gh0st

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    CITAZIONE (Mad4Opps @ 9/3/2018, 01:53) 
    Davmorn Malygos
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    Autogestita
    Passato Futuro

    Prendo

    Valutato

    Edited by Gh0st - 9/3/2018, 13:38
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    Segreti
    Anni addietro, qualche ora prima che Rain e Scaar si incontrassero per l'ultima volta e poco prima che Rain quasi uccise l'unico amico che per tanti anni lo aveva sempre accompagnato, il ragazzo si era ritrovato a passeggiare, da solo, tra le rovine della città di cui era stato unico sovrano.
    Era stato un periodo assurdo della sua vita e mai, da piccolo, lo aveva anche solo sfiorato l'idea di fare il politico o di capeggiare qualche cosa.
    Era finito in quella situazione per delle circostanze a metà tra il casuale e l'assurdo ma ben presto si era reso conto di essere l'unica persona a poter capeggiare una nazione tanto sciagurata. Come lui, quel luogo era nato dalla cenere e arrancava per essere normale, per ritagliarsi un posto nel mondo facendo vedere a tutti gli altri il proprio valore.
    Quell'esperienza magnifica era stata il culmine della sua avventura picaresca che da bambino aveva perseguito con forte determinazione, ignaro del risultato che avrebbe portato.
    Poi, ad un certo punto, l'Impero si prese tutto. Il resto è storia, pensava Rain passeggiando tra gli archi diroccati e bagnati di pioggia.
    Il resto si studia nei libri, anche se alcuni sono proprio faziosi..
    Ammise a malincuore. Avevano dipinto quella città come un covo di briganti e ribelli impossibile da civilizzare e la loro resistenza era depennata da ogni possibile manuale scolastico.
    Era come se tutte quelle battaglie e tutti quei tentativi di salvare la popolazione che lui e Scaar avevano tentato non fossero, semplicemente, mai esistiti.
    Erano andate ben diversamente le cose, ma Rain era stanco di ricordarle ancora una volta. Aveva e avrebbe avuto tutta la vita, tutte le notti, tutti i giorni per pensare e ripensare a cosa fosse andato storto e come lui avrebbe potuto scongiurare la catastrofe.
    Quello che aveva provato a stabilire ad Ame, questo il nome dell'antica città ormai ridotta a macerie, era qualcosa di umile ma funzionale. Si intendeva poco o nulla di finanze e molto di guerra, poco di funzionari e tanto di persone. Radunò intorno a sé un consiglio di fidati: uomini onesti e un minimo dotti, e prese insieme a loro gran parte delle decisioni amministrative della nazione.
    Per quanto riguardava quelle belliche, invece, decideva da solo. Scaar era un guerriero formidabile e oltre lui Rain vantava anche altri eccellenti soldati, ma con pochi ebbe l'onore di condividere decisioni fondamentali. Questo, almeno, fino a che Ame non entrò in guerra con l'Impero.
    Lì Rain creò un suo concilio di guerra formato da quattro capi, due dei quali lui stesso e Scaar, con cui si consultava regolarmente. Tutto, ovviamente, si rivelò inutile nonostante l'ottima organizzazione e l'irraggiungibile motivazione di cui il suo piccolo esercito disponeva.
    Più che un sovrano era una sorta di sindaco e in città molti, non tutti, lo conoscevano anche solo di vista.
    Il periodo a governo di Ame fu uno dei momenti in cui Rain, allora appena sopra i vent'anni, conobbe più persone. A volte, non sapendo che fare, usciva insieme ad Helen a caso e finiva ospite di qualche locale o di qualche abitante che voleva fare una chiacchierata con lui.
    Realizzò come ad Ame gran parte della gente non ne poteva più di essere sotto l'egida di una grande potenza e volesse solo condurre una vita normale e onesta. Questo, fino alla fine, fu quello che Rain cercò di ottenere.
    In quel periodo diventò sempre più spigliato nel parlare e nel raccontare, ma la giocosità e l'infantilità che ogni tanto lo contraddistinguevano sparirono per sempre per non comparire mai più. Divenne un uomo, in qualche modo, sempre attento a quello che succede intorno a lui e sempre volenteroso nel capirlo. Beveva, mangiava, giocava a dama con soldati e uomini incontrati ovunque e in quel momento si sentiva leader, sentiva che tutto era sotto il suo controllo ottenuto con sangue e delusioni.
    Quando Rain e i suoi ultimi collaboratori sopravvissuti guidarono la fuga dei civili di Ame, non incrociò neanche uno sguardo che lo supportava e si affidava a lui. Tutti avevano facce disperate, erano certi che la fine fosse ormai imminente e le speranze che riponevano in Rain, umile uomo che aveva commesso errori come aveva avuto anche buone idee, erano nulle.
    Sentiva la gente urlare, bambini piangere e madri arraffare quante più cose possibile dalle proprie case prima di unirsi ai gruppi di profughi che piano piano, secondo le sue direttive, abbandonavano a turni la città per dirigersi lontano.
    Avrebbe voluto svegliarsi da quell'incubo, Rain, ma non ci riuscì. Dirigeva e dava ordini a caso mentre gli tremavano le gambe non tanto per cosa stesse succedendo, tanto per il fatto che da quell'evento non si sarebbe potuto mai più tornare indietro.
    Mai.
    Ancora adesso, a distanza di anni, allo spadaccino batteva forte il cuore pensando a quei tragici, terribili momenti. Si ricordava di particolari casuali come l'odore della pioggia, le urla dei bambini, lo sguardo severo di una ragazzina. Avrà avuto forse sette o otto anni e non indossava nient'altro che un vestitino un tempo bianco e in quel momento fradicio di pioggia. A differenza degli altri bambini lei non piangeva, ma anzi si ergeva, statuaria e sola, nel mezzo del primo gruppo di profughi. Quel primo trancio della popolazione ad evacuare la città fu, secondo indicazioni di Rain stesso, formato da donne e bambini ed era scortato da quello che rimaneva dei suoi migliori soldati.
    Svart, uno dei quattro capi del consiglio di guerra e guerriero abile ma criptico, avrebbe dovuto portare quel gruppo di persone più a sud possibile, idealmente a Shal'aria o ad Arcadia, per poi cercare un asilo.
    Anche Helen, amata di Rain, faceva parte di quel gruppo. Proprio per salutare lei, infatti, il ragazzo si era avvicinato al contingente e aveva notato quella bambina dallo sguardo gelido e dagli occhi meravigliosi.
    Non gli chiese 'ce la faremo?' o 'cosa succederà ora?' come tutti gli altri, disperati, gli chiedevano strappandosi i capelli. Lei era seria, fiduciosa, immobile.
    Baciò Helen con labbra tremanti e distratte mentre la bambina si avvicinò a loro.
    Dove sono i tuoi genitori?
    Helen chiese tempestivamente, subito apprensiva ed empatica verso ogni bambino e ragazzino.
    La bambina, per tutta risposta, fece no con la testa.
    I due, purtroppo, capirono l'amara risposta. Rain era mortificato, umiliato, devastato da quel responso tanto loquace.
    Tutto, tutto quanto era colpa sua.
    Verrai con me allora, contenta?
    Helen le prese la mano.
    Come ti chiami?
    La bambina li guardò.
    Mi chiamo come il cielo.


    ***



    Che storia assurda, Scaar. Risparmia le energie invece di vaneggiare, piuttosto.
    Il corpo dell'amico, nonostante il digiuno, era ingombrante e scomodo da trasportare. Fino a un certo punto lo trasportò da solo, poi incrociò Yazh, il quale aveva avuto ordine di aspettare a qualche centinaio di metri l'uscita di Rain dal rifugio dei criminali.
    Prendilo dall'altra spalla. Lo porteremo nel magazzino di Ioi.
    Ordinò.
    Ho già avvertito tutti, ci stanno aspettando.
    Rain sorrise, finalmente tornato sé stesso dopo quella strana performance nella grotta.
    Stasera riuscirai a dormire con lo stomaco pieno, Scaar, pensa un po'.

    ***



    I due nascosero Scaar nel magazzino di uno dei collaboratori di Rain, tale Ioi, il quale era un anziano e ricco commerciante. Non potendo combattere ma supportando con discrezione la causa del ragazzo, aveva fornito inizialmente un aiuto economico per l'importante missione segreta attualmente in atto dai collaboratori di Rain a Neagora, poi un paio di suoi vecchi locali in disuso.
    Uno di questi era un vecchio magazzino che Rain e gli altri usavano come punto di incontro per parlare e discutere sul da farsi. L'arredamento era praticamente nullo: un grosso tavolo al centro con qualche sedia intorno, un vecchio divano coperto da un telo e qualche cassa di cianfrusaglie.
    Scaar venne depositato sul divano polveroso che alla sua schiena sarebbe probabilmente sembrato il più comodo dei letti.
    Ad aspettarlo lì, c'erano tre o quattro persone di cui Scaar avrebbe potuto a malapena scorgere le fattezze a causa del suo stato confusionale e catatonico.
    Rain, nello svolgersi degli eventi, non sapeva cosa pensare. Il fatto che Scaar fosse vivo era di per sé una buona notizia, ma la perenne follia dell'amico e la condizione in cui versava adesso erano per lui un peso incredibile, soprattutto tenendo conto dei modesti mezzi che il ragazzo aveva radunato ad Haven.
    Insomma, che ha detto?
    Yazh era curioso. Si tolse il cappuccio e si avvicinò allo strano soggetto.
    Scaar avrebbe sentito un vociare indistinto, volti sconosciuti in un posto sconosciuto.
    Non sei stato per nulla chiaro. Ti hanno fatto un incantesimo di controllo quelli dell'Impero? E come speri che possa aiutarti io da qui?
    Rain chiese senza troppa affettività. La faccenda, come temeva, sarebbe diventata incredibilmente problematica.
    Forse non sa che siamo ad Haven.
    Aggiunse un'altra voce.
    Lo sa, lo sa.
    Siamo troppi, qui dentro.
    A queste parole calò il silenzio. Rain, il baccano, proprio non lo sopportava e questo i suoi nuovi aiutanti avrebbero dovuto impararlo prestissimo.
    Esco io?
    Vai a comprare un po' di roba da mangiare. Prendi del latte innanzitutto: se si mette a mangiare adesso dopo giorni di digiuno vomiterà tutto. Meglio iniziare gradualmente.
    Va bene Rain, vado e torno.
    La figura uscì e nella stanza, per qualche secondo, calò nuovamente il silenzio. Tutti si allontanarono da Scaar tranne Rain, che invece gli si avvicinò ancora di più.
    Il ragazzo sbuffò, pensieroso.
    Scaar.
    Che ruolo avrebbe potuto giocare, dopo tutto questo tempo, quell'uomo con cui aveva condiviso così tanto?
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    Segreti
    Tutto il corpo di Rain ebbe un sussulto quando Scaar pronunciò il suo nome. Lo riconobbe immediatamente, pensò il ragazzo, non era uno dei suoi vaneggiamenti.
    Il nome che l'amico continuò a ripetere, quell'Hataris dal suono così esotico e stravagante, non suscitò invece alcun interesse in lui. La donna a capo dei Luna Rossa entrò, scortata, con la solita ostentata sicurezza che a Rain dava tanto fastidio.
    Il ritrovamento di Scaar fu totalmente scioccante e inaspettato per il ragazzo, il quale si prese alcuni silenziosi istanti per riflettere sul da farsi.
    Confessare la verità alla donna era fuori discussione, come anche il lasciar Scaar morire lì, appeso come un prosciutto. Poteva unire l'utile e il dilettevole prendendosi il meglio da quella situazione e rifletté sul da farsi.
    Lo conosco, certamente.
    Iniziò. Osservò i capelli corvini dell'amico, le cicatrici sul suo corpo enorme ma sempre dall'aspetto tumefatto e decomposto. Quante delle ferite di cui ora portava il segno erano state inflitte quando lui era presente? Aveva di fronte a sé la cosa che più al mondo si avvicinava a un amico e questa situazione, creduta ormai impossibile e persa per sempre, riempì Rain di una strana forma di commovente nostalgia.
    Era di Ame, ma dopo l'invasione dell'Impero è voluto andare contro alle mie direttive per improvvisare un colpo di stato. Ero certo di averlo ucciso con le mie stesse mani ormai secoli fa.
    Si grattò la barba, meditabondo.
    Ora forse capisco a quale gioco stava giocando. Voleva creare scompiglio per facilitare l'invasione dell'Impero mentre io organizzavo la difesa e l'evacuazione.
    Lurida feccia.

    Commentò alla fine con un'espressione contrita e disgustata.
    Guardò la ragazza, orgogliosa di tale trofeo umano, e ancora una volta le sembrò sciocca e troppo giovane per mettersi in certi affari.
    Puoi tirarlo giù? Mi piacerebbe guardarlo in faccia.
    Le guardie guardarono il loro capo; quella annuì e fece calare piano le catene che tenevano legato il prigioniero.
    Non poteva immaginare, Rain, come diavolo potesse un essere umano rimanere in quella posizione per più di un qualche ora. Sperò che l'idiozia e la follia del suo vecchio compagno non tornassero all'improvviso in quel momento a rovinare tutto.
    Il corpo cadde, come morto, e le braccia probabilmente lacerate finalmente si abbassarono. Il ragazzo si avvicinò a ciò che rimaneva dell'amico.
    Signor Rain, la avverto: è un individuo pericoloso.
    Fece un sorriso a mezza bocca di tutta risposta, poi si rivolse alla ragazza.
    Mi sarebbe utile come prigioniero. La sua testimonianza, se mai ce ne fornirà una, potrebbe essere preziosissima alla nostra causa.
    Sperò che parlare al plurale potesse in qualche modo far sentire Gwen parte di qualcosa di più grande e più importante.
    Ovviamente, mi servirebbe vivo.
    Rain prese la testa china di Scaar e la schiacciò leggermente a terra tenendolo per i capelli.
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    Segreti
    La ragazza, ovviamente, non era in grado di capire.
    Rain non mise in dubbio che ci avesse provato anche, a capirlo si intende, ma comunque non fu sufficiente. Lei si aspettava una risposta ferma, carica di determinazione e di voglia di rivalsa, di odio e di vendetta. Quello che ascoltò, invece, era il discorso di un uomo adulto che aveva speso anni a pensare e a meditare.
    L'attenzione del ragazzo fu però subito catturata dalle ultime parole dell'interlocutrice. Un ex ninja passato agli imperiali era una cosa ben rara e i pensieri del ragazzo andarono lontano fino a diventare poco plausibili e realistici.
    Interessante, mi piacerebbe parlare con lui.
    Disse infine, cercando di mantenersi il più imparziale possibile.
    La ragazza se ne andò, lasciandolo solo al tavolo con i suoi pensieri.
    Decise di non fermarsi lì un minuto di più, pagò da bere e se ne andò. Yazh, annoiato e assonnato dalla sua missione rivelatasi assolutamente inutile e priva di azione, uscì dopo una decina di minuti dal Torvo Beone per non destare sospetti.
    Rain tornò nella sua stanza di albergo camminando piano e guardando per terra, pensieroso. L'incontro non lo aveva scosso né gli aveva fornito alcun tipo di informazione utile ma forse nel futuro immediato qualcosa sarebbe stato valevole di attenzione.
    Avere sotto di lui la Nuvola Rossa, inoltre, era un'idea che non gli metteva alcun brivido. Persone in più a cui dire cosa fare, quello sì, ma che tipo di persone?


    ***



    Il covo dei Nuvola Rossa era situato vicino alla scogliera, a qualche chilometro dal porto. Quando, tornato da Helen, Rain avrebbe descritto il luogo, le uniche parole che gli sarebbero sembrate riassuntive sarebbero state solo: "è proprio un rifugio per briganti".
    Andò lì da solo, non tranquillo ma fiducioso, venendo accolto e guidato da uno dei membri della banda. Era un tipo tarchiato sulla cinquantina che per tutto il tempo fissò Rain con sguardo stralunato e inebetito fino a rendersi quasi ridicolo.
    Gli mostrò il covo come se fosse una casa che Rain stesse per acquistare e ne elogiò le proprietà architettoniche: antico di costruzione, ben nascosto da sguardi indiscreti, molte sale a disposizione per tenere merce e prigionieri..
    Vogliamo andare da questo famigerato ex ninja che avete catturato?
    Si risolse poi a dire il ragazzo. La richiesta venne ben presto accolta e fu portato in uno scuro corridoio dalle pareti diroccate e sull'orlo del crollo.
    E' da molto tempo che lo teniamo prigioniero. Non ne vuole sapere di morire: è come se fosse fatto di qualche cosa di non umano..
    A quelle parole entrambe le sopracciglia di Rain si alzarono, ma il ragazzo riuscì a reprimere ogni possibile commento e diede la sua approvazione annuendo.
    Altri uomini giravano armati per i corridoi e alcuni di essi si unirono a loro, come a scortarli.
    Quando aprirono la porta della cella, Rain rimase pietrificato.
    Scaar, suo unico e vecchio amico in tutto quel mondo cangiante e mutevole, era al centro della stanza e appeso al soffitto tramite robuste catene. La prima cosa che Rain pensò è che ci fosse una sorta di somiglianza incredibile tra il prigioniero e il suo antico compagno, ma aguzzando la vista e avvicinandosi non poté che constatare come fossero in realtà la stessa, incredibile persona.
    Scaar era stato trafitto in maniera mortale da Rain, almeno due o tre anni prima, dopo averlo attirato in un'imboscata imperiale a cui lo spadaccino era sfuggito senza troppe difficoltà. Ricordava chiaramente la sensazione che provò quando il suo osso penetrò nel collo di Scaar per almeno una decina di centimetri.
    Nessuno sarebbe potuto sopravvivere a un simile attacco, ma se quel qualcuno esisteva non poteva che essere proprio Scaar. Lo aveva sognato molte volte, infinite a dirla tutta, e ogni volta lo uccideva di nuovo come in un ciclo infinito.
    Il suo cervello aveva inscenato la morte di quell'uomo così tante volte che Rain per un attimo non riuscì a credere di essere nel mondo reale e ebbe l'impulso di farsi uscire di nuovo un osso dal palmo per ucciderlo nuovamente.
    Non disse nulla e cercò di non tradirsi commettendo errori emotivi. Assurdo, comunque, che la figlia di un mukenin di Ame non avesse riconosciuto in quello strano individuo il vecchio braccio destro di Rain.
    Ma a questa e a molte altre domande, probabilmente, la risposta sarebbe arrivata tra non molto.
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    benve
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    Segreti
    La proposta fu leggermente deludente.
    Quando Helen venne tirata in ballo per l'ennesima volta, quando nuovamente una persona sconosciuta la nominava pur di attirare l'attenzione di Rain, il ragazzo diventava furioso. Il primo impulso che ebbe fu quello di alzarsi e andarsene per evitare di compiere gesti sconsiderati, poi però riuscì a calmarsi ed emise un lungo sbuffo col naso per far uscire ogni tipo di rabbia che gli stava montando in quel momento.
    La ragazza stava tentando in ogni modo di tenersi a galla da sola nel mare di impotenza in cui aveva da sempre nuotato, ma nello stesso momento voleva che Rain le gettasse un salvagente. Contemporaneamente però aspirava ad un obbiettivo ben lontano: la conquista di Kalendor.
    Il ragazzo sorrise come avrebbe sorriso a un bambino dai sogni troppo utopistici.
    Avrebbe voluto riderle in faccia, ma oltre a non giovare a nessuno quell'azione avrebbe solo reso tutto più teso. Cercò quindi di far capire a quella ragazza come andava quello che rimaneva del mondo.
    Sei veramente un'ingenua.
    Disse. Troppe cose avrebbe dovuto dirle e troppe cose lei avrebbe dovuto sapere. Semplicemente non c'era né tempo né occasione.
    Yazh, dall'altra parte del Torvo Beone, ordinò un dolce della casa.
    Kalendor non può essere riconquistata perché Kalendor non VUOLE essere riconquistata.
    Iniziò, cercando di non scomporsi.
    Non ci sono guerre, non ci sono grandi signori della guerre che comandano interi villaggi, non ci sono preoccupazioni per chi è assoggettato. L'Impero ha vinto, ragazza, e ci sta insegnando come va scritta la storia.
    Disse 'ragazza' perché non era sicuro che la donna si fosse effettivamente presentata.
    Quello che dovrebbe essere Il Messia sta facendo quello che per millenni gente come noi non è riuscita a fare, lo capisci? Siamo in un mondo in cui se nasci ad Ephiora puoi raggiungere Shal'aria o Vaygjord senza che nessuno ti dica nulla. Non ci sono confini, non ci sono razze: nessuno conta nulla perché ci è stato dato un libero arbitrio completamente onnipotente e inefficiente al tempo stesso.
    Quel discorso, nella sua testa, lo aveva ripetuto migliaia di volte e ammetterlo fu per Rain come una coltellata.
    Neanche io posso fare nulla, capisci? Neanche io ho il potere di cambiare in nessun modo il corso della storia. Posso unirmi a voi e giocare a fare il capo dei ribelli incappucciati, ma nulla cambierà.
    Si prese un attimo: i suoi occhi erano spalancati e la sua mente concentrata su ogni parola, su ogni ricordo.
    Noi rinnegati o voi criminali saremmo paradossalmente l'unico elemento mortifero all'interno di questo sistema. Noi siamo l'unica cosa che può creare prurito sulla pelle di Dio, disturbando l'umanità e ricordandole quanto esistano persone cattive per il solo gusto di farlo.
    I tempi erano finiti, questo Rain lo sapeva. Erano finiti per fare tante, troppe cose e voleva che più persone possibili lo capissero. Lui lo aveva realizzato, ormai anni prima, nel suo finto esilio tra le montagne.
    Il tempo per fare progetti di conquista, per inseguire ideali utopistici di giustizia e uguaglianza era finito semplicemente perché ogni obbiettivo era già stato raggiunto dall'Impero.
    Lui non poteva più rendersi protagonista della parte più buia, piovosa e rinnegata del mondo. Doveva accettare quello che era successo intorno a lui, ma nel farlo doveva avere degli scopi molto chiari.
    Ma non credere che questo voglia dire arrendersi a ciò che un'entità superiore ha architettato per noi, questo no.
    Aggiunse poi, abbassando la voce e rendendola profonda e solenne.
    Quello che io ho intenzione di fare è comprendere la radice del corso delle cose e restituirla a tutti. Comprendere come la storia sia andata in questo modo e fare in modo che non si ripeta mai più.
    Ciò che ho già iniziato e che a Neagora già sta succedendo ora è l'inizio di qualcosa che per le persone medie e insignificanti passerà inosservato ma che toglierà all'Impero la possibilità di decidere a priori la vita di ognuno di noi.
    E il tutto senza modificare la scacchiera del continente.

    Finita l'ultima frase un'ombra di un ghigno, enigmatico e incomprensibile, si dipinse sul volto serio e pallido del ragazzo.
    Poi Rain si ricompose.
    Questo è quello che sto facendo. Se volete continuare con le vostre truffe e i vostri raggiri fatelo, ma poi non incantate qualche ingenuo con sogni di giustizia e gloria perché sarete stati voi gli unici a renderli impossibili.
    Il dolce di Yazh, una fetta di torta della casa, arrivo al suo tavolo. Il ragazzo ringraziò, poi posò un sacchetto di monete, troppo pieno vista la frugalità della cena, nella mano del cameriere.
    Se invece è la matrice del mondo che volete comprendere e cambiare, la scelta è vostra. Nessuno mi è indispensabile.
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    Segreti
    Rain era seduto ad un tavolo, occupato solo da lui, sorseggiando qualcosa da bere non troppo alcolico. La situazione non gli andava a genio e non ne era per nulla entusiasta, ma comunque aveva dato la sua disponibilità per l'incontro e ormai doveva andare fino in fondo riguardo quella faccenda.
    Il Torvo Beone, locale piuttosto tranquillo, era quella sera frequentato da ogni tipo di avventore. Rain sbuffò e posò lo sguardo su uno di essi.
    Dall'aspetto non poteva che essere un assassino o un mercenario: il suo volto era coperto e i suoi abiti larghi nascondevano probabilmente lame e armi di ogni sorta. Lo sguardo dell'uomo, che nascondeva dei capelli neri e una pelle liscia e levigata, guardava distrattamente il suo tavolo su cui la cameriera aveva appena appoggiato un piatto di verdure grigliate.
    Trovandosi di fronte alla necessità di scoprirsi parte del volto per dover mangiare, lo strano individuo abbassò il tessuto che gli copriva la bocca e iniziò a mangiare lentamente quell'umile pasto.
    Si rivelò essere un ragazzo sbarbato certamente più giovane di Rain, dai lineamenti fini e leggermente femminei.
    Lo spadaccino venne ridestato da quella sua osservazione da una voce femminile che poi si rivelò essere la persona che stava aspettando.
    Rain non sapeva veramente cosa pensare e non fu né sorpreso né deluso dall'appena scoperta identità del suo interlocutore. Tutta quella storia lo stava un po' annoiando e non vedeva l'ora di arrivare dritto al punto.
    Il ragazzo, sorseggiando la sua bevanda, batté tre volte il medio sul tavolo con la mano destra.
    L'assassino, dall'altra parte della taverna, osservò il messaggio in codice di Rain e continuò a mangiare con calma le sue verdure. Nessun problema, per ora.
    Rain si sera presentato da solo, come accordato, all'appuntamento, ma si era portato uno dei suoi collaboratori per coprirgli le spalle. Yazh era un assassino discreto, giovane ma entusiasta, che si era messo a fianco di Rain e di alcuni suoi più esperti collaboratori. Se lo era portato con sé sia per testare le sue capacità e la sua fedeltà, sia per effettivamente avere una spalla in più in caso la situazione fosse rapidamente degenerata.
    Non mi aspetto nulla da questo incontro, ma lasciami dire che i tuoi modi non sono in grado di ispirarmi particolarmente fiducia. Prima mi fai fermare da quello strano tipo che parla di Dihadori, poi ti presenti avendomi fornito un'identità diversa.
    Iniziò calmo Rain.
    Guardò negli occhi la donna: era attraente e giovane, ma qualcosa in lei non andava. Sembrava eccessivamente sicura di sé e questo a Rain proprio non piaceva.
    Arriva dritta al punto, per favore. I tempi in cui i criminali mi facevano offerte pensavo fossero finiti per sempre.
    Voleva cercare di sembrare il più possibile sulle sue e il più possibile con la situazione in mano. Era arrivato fino a quel punto e ora voleva sentire cosa diavolo volesse da lui un'ex associazione criminale di mukenin o ciò che ne restava.
    Lo sguardo di Rain si posò sul tavolo, unto e legnoso, per poi rialzarsi e osservare la ragazza.
    Yazh, nel frattempo, continuava distrattamente a mangiare piano a qualche tavolo di distanza.

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    Ce l'aveva fatta a parlare chiaro, finalmente.
    Avrebbe potuto esordire con quella frase appena incontrato Rain, quel tizio, invece di doversi inventare quell'imbarazzante siparietto iniziale. Quel tono da finto duro, poi, era veramente fastidioso.
    Shiken. Quel nome non gli diceva quasi nulla ma Rain volle comunque andarci piano. C'erano un milione di possibili ragioni per cui un gruppo di criminali avrebbe voluto mettersi in contatto con lui, dopotutto. L'unica cosa da fare era, appunto, capire quale fosse la proposta.
    Se vuole, può venire a parlarmi di persona.
    L'unica cosa certa era che non aveva alcuna intenzione di farsi portare in un covo pieno di guerrieri sconosciuti nascosto chissà dove. Forse il capo di Luna Rossa, magari in cerca in vendetta verso Rain per qualche ragione che a lui sfuggiva, voleva tendergli una trappola.
    L'ipotesi gli parve remota, ma era meglio non correre nessun rischio.
    Incontrare poi di persona e in una zona neutrale quel tipo gli avrebbe fatto inoltre capire molto di più la gravità della situazione.
    Ho degli affari da sbrigare ora. Possiamo incontrarci domani sera al Torvo Beone verso mezzanotte. Sarò lì ad un qualche tavolo.
    Propose poi. La locanda era in una zona relativamente tranquilla e conosceva più di un frequentatore abituale del posto che, in caso di necessità, avrebbe potuto avvertirlo riguardo qualche situazione sospetta.
    Rain non attese la risposta, poi si girò.
    Se non è disposto a muoversi, allora temo che non ci sarà occasione di incontrarci.
    Si allontanò, in maniera lievemente scenica, da quello strano vicolo.
    Cosa pensi vogliano?
    Disse Helen qualche metro dopo.
    Rain strinse le spalle e abbozzò un sorriso per cercare di alleggerire l'atmosfera.
    Potrebbero volere qualsiasi cosa, non lo so. Meglio che tu non venga, comunque, non si sa mai.
    Chi ti ha detto che ci sarei voluta essere?
    Nessuno.
    Si affrettò ad aggiungere lui.
    Era così, per dire. Stai tranquilla comunque, su.
    Lei non si scompose. Rain si voltò e guardò indietro. La città, bluastra opaca, sembrava continuare la propria vita in maniera completamente indifferente.
    Forse sarebbe stato un incontro importantissimo, forse solamente una scocciatura. Lui era curioso, come sempre, ma qualcosa in lui si era smosso.
    I ricordi della sua vita passata, in qualche modo, continuavano a dargli inquietudine e angoscia.
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    Ma lo conosci questo? Non mi piace per niente.
    Bisbigliò Helen a Rain mentre questo immediatamente le fece un cenno per non aggiungere altro. Helen sbuffò e il ragazzo capì che avrebbe dovuto pagare in seguito la leggerezza con cui aveva osato azzittirla.
    Povero lui.
    Luna rossa?
    Borbottò Rain, fermandosi e girandosi nuovamente verso il tipo.
    Il suo cervello impiegò alcuni istanti per ricollegare i vari ricordi, ormai sparsi e indipendenti, fino a fargli ricordare di cosa si trattasse.
    Dihadori, andando ad Ame, aveva cercato di rendere la nazione un posto decente e quantomeno sicuro. Dopo la sua morte, Rain si trovò imbrigliato in un numero indefinito di operazioni e riforme di cui lui stesso ignorava il significato.
    In particolare, constatò poi con amarezza, Dihadori sembrava essersi affidato a gruppi di criminali per sgominare altri gruppi di criminali.
    La cosa perplesse non poco il ragazzo, il quale si trovò costretto dalle circostanze a prendere una decisione in merito. Lavarsi con acqua sporca gli sembrava un'idea veramente imbecille, ma secondo il suo ormai defunto maestro tra due mali occorreva scegliere quello minore.
    Per questo Luna Rossa, aggressivo gruppo di criminali che aveva base nei sobborghi della capitale, era stata assoldata per far fuori altri criminali. L'oggetto della persecuzione erano, più che altri gruppi di delinquenti, violenti movimenti politici che miravano nuovamente a cambiare il capo di stato.
    Luna Rossa riuscì nello sporco e ingrato compito di uccidere o far arrestare i capi di ogni movimento politico contrario, ma poi il destino di quei delinquenti sfuggì a Rain.
    Qualsiasi fosse stato l'accordo preso con Dihadori, non aveva mai più sentito parlare di loro. Che il capo di Ame avesse garantito per loro l'immunità? Oppure che avesse concesso loro una fuga da Ame o, ancor più scioccamente, un ruolo legale e onesto?
    Questo Rain, ormai divorato da mille altri pensieri, proprio non riuscì a ricordarselo.
    Avanzi di galera scelti da Dihadori per far fuori qualche oppositore politico, mi ricordo di voi.
    Il ragazzo era infastidito, cosa comunque strana visto il suo carattere spesso neutrale e mite.
    Il modo in cui il misterioso uomo si era fatto avanti e la scoperta della sua fazione originale lo avevano innervosito non poco. Rain decise di vedere cosa diavolo volessero da lui quelli della Luna Rossa. La decisione era in realtà un po' forzata e non trovò alcuna altra cosa migliore da fare.
    Conoscevano il suo nome, il suo cognome, dove si era nascosto e anche dove stava Helen. Non aveva paura di eventuali attacchi o ripercussioni, ma si chiedeva tutta quell'indagine a cosa fosse servita. Forse avevano bisogno di lui, o forse lui aveva bisogno di loro.
    In ogni caso, prese la parola.
    Senti, tralasciando il tuo un po' ridicolo esordio immagino tu voglia dirmi qualcosa.
    Cercò di essere il più distaccato e calmo possibile.
    Però, vedi, il tempo di Ame è passato e io ho altre cose a cui pensare. Quindi per favore: sii veloce e chiaro.
    Il discorso fu interrotto da un vociare indistinto in un vicolo lì vicino. C'era vita intorno a loro e c'era gente: questo voleva dire che, almeno in teoria, non si trattava di un agguato.
    Rain, ad ogni modo, teneva gli occhi aperti e le braccia pronte.
    Con una mano andò a cercare il fianco di Helen e la strinse un pochino a sé. La ragazza lasciò fare, anche se tutta la situazione la metteva alquanto a disagio.
    Allora?
  13. .
    Caccia

    Alla fine, in qualche modo, la strana scimmia cadde. L'attacco finale non fu quello di Rain, ormai frustrato e infastidito, ma quello della ragazza che fino ad allora aveva corso da tutte le parti facendo non si sa bene cosa.
    Quello che nei sogni di Rain era stato un duello, in pratica non fu altro che una confusa e sporca rissa in cui tutti, lui compreso, si erano dimostrati inetti e incompetenti.
    Lasciò la spada di ossa che impugnava nella mano sinistra e la fece cadere a terra, poi rinfoderò l'altra spada coperta di sangue.
    Era pieno di ferite e gli faceva male ovunque: era deluso, infastidito, arrabbiato.
    L'unica decisione che gli balenò in testa fu quella, dopo essersi ripreso un minuto, di sfoderare la spada e uccidere l'agonizzante scimmione lì su due piedi. Se qualcuno pensava che una scimmia antropomorfa potesse impietosire un uomo che aveva ucciso decine e centinaia di esseri umani era completamente fuori strada.
    Moltissimi anni prima, Rain, uccise anche una bambina. Fu quando era un ragazzo e si era trovato per qualche ragione a capo di un'intera nazione disperata e bagnata dalle lacrime. La uccise a sangue freddo, quando era inerme, subito dopo averci combattuto fino a rischiare la vita. Era esausto anche allora e anche allora era arrabbiato. Quella bambina posseduta e indemoniata aveva messo in pericolo Helen e l'incolumità di tutti: non restava altro da fare.
    Rain, allora, non si fermò neanche un attimo per pensarci e utilizzò una spada scura comprata poche settimane prima per decapitarla di netto con un fendente orizzontale.
    Il corpo di Lavie, nome della minuscola e tremenda creatura, fu seppellito in un giardino botanico fuori città. Il resto della bambina, invece, subì una sorte diversa: gli occhi le vennero cavati e studiati in laboratorio mentre il resto della testa venne mandato come regalo diplomatico nell'attuale Arcadia, terra d'origine di Lavie.
    Durante l'ascesa dell'Impero, quando tutto il mondo cercava invano di contrastare l'ascesa inesorabile di una potenza invincibile, Rain fece in tempo, durante l'evacuazione della città, a recuperare gli occhi sotto formaldeide di Lavie e a bruciarli insieme ad altre carte piene di dati inenarrabili.
    L'uccisione della bambina fece guadagnare a Rain un posto certo all'inferno e contemporaneamente settimane di incubi.
    Non si pentì mai del gesto, che anzi ancora adesso reputava essere stato giusto per tutti, ma più di tutto si pentiva di aver mentito ad Helen. Le disse che Lavie era ancora viva e che era stata rimandata a casa. La compagna di Rain, infatti, si era affezionata spasmodicamente a quella bambina e la trattò come una figlia durante la sua permanenza.
    Ogni volta che Helen la nominava, magari chiedendosi quanti anni avesse adesso se ancora si ricordasse di loro due, Rain sentiva una pugnalata al cuore. Troppo tempo era ormai passato da quel giorno e il ragazzo dovette accettare di portarsi quel tremendo segreto nella tomba, accompagnato dalla vergogna di aver mentito alla persona amata.
    Tornando alla scimmia, comunque, si può facilmente capire come quella non fosse altro che un forte e affascinante nemico per lo spadaccino. Ne aveva ammirato i lineamenti, il portamento, la straordinaria forza, ma nessuna forma di pietà umana poteva sperare di smuovere il suo cuore alla vista delle scimmiette uccise precedentemente.
    Non aveva commesso nessun crimine atroce ma anzi stava solo compiendo una missione che gli avevano assegnato.
    Gli esseri umani, d'altronde, sterminano animali innocenti da millenni per il solo gusto di farlo; loro invece avevano ucciso animali ostili e pericolosi.
    Fulminò Darina con lo sguardo e la voglia di ammazzare lo scimmione venne sostituita brevemente con quella di prendere a pugni la ragazza e anche gli altri due personaggi che la accompagnavano.
    Con quale autorità prendi una decisione simile?
    Chiese infine. Si sforzò il più possibile per assumere un tono di voce normale.
    Pensò ad Helen, agli anni in monastero, al suono del vento, alla sua infanzia violenta e burrascosa. Poi si calmò in un momento.
    Anzi: fate come volete, io non ho nulla da dire. Buona fortuna.
    Non valeva la pena, si disse, non valeva proprio. Troppo era successo quel giorno e mettersi a litigare era l'ultima delle sue preoccupazioni.
    Fece un cenno con la mano e, da solo, si avviò verso il monastero.
    Le gambe erano stanche e le ferite continuavano a grondare sangue. Il morso dello yeti in particolare sembrava essersi infettato in qualche maniera.
    Rain sbuffò, deluso ma un minimo grato per aver preso parte a quell'assurda missione.

    ***



    Costeggiò il ruscello vicino al quale avevano combattuto e giunse circa a quattro kilometri di distanza dal campo di battaglia. Posò a terra tutta la roba si svestì completamente.
    Nudo come un verme si gettò nell'acqua fredda del ruscello, la quale pulì il suo corpo insanguinato e stanco.
    Gettarsi in quel fiumiciattolo così pulito e incontaminato fu una delle cose più belle che Rain aveva fatto negli ultimi anni. Il vento sferzava la valle, impietoso, piegando l'erba e alzando l'acqua. Lui, però, resisteva eroico al freddo e alla natura e si godeva quell'unico attimo di spensieratezza che gli era casualmente capitato di vivere.
    Sorrise, Rain, sinceramente e vistosamente, mentre l'acqua lo sballottava leggermente e mentre le sue membra bollenti erano a contatto con l'acqua tanto ghiacciata e selvaggia.
    Le ferite smisero di fargli male e anche il vento sembrò calmarsi un pochino.
    La missione era stata un fallimento. Rain si era scoperto intorpidito e viziato dall'inattività, impulsivo e, soprattutto, solo.
    Aveva subito molte ferite, aveva subito la furia di tutte le scimmie più grosse del branco solo per vedere, infine, la missione sostanzialmente fallita a causa della decisione dei suoi compagni.
    A che pro risparmiare quel guerriero scimmia? I tre ragazzi immaginavano davvero che un gruppo di decine, anzi, centinaia di scimmie e gorilla potessero fare i bagagli e andare a vivere in un'altra nazione? Magari prendendo un traghetto o andandosene a cavallo? Che idiozia. Tutta quella battaglia e neanche erano riusciti a completare come si deve la missione.
    Il fenomeno delle scimmie senzienti, ad ogni modo, affascinava non poco il ragazzo. Aveva sentito di storie simili ma si ritenne fortunato ad averne vissuta una in prima persona.
    Devo vedere se la biblioteca del monastero ha qualche libro su animali di questo tipo.
    Si disse, uscendo dal ruscello. Si asciugò come poté e si rivestì completamente.
    Si sentiva fresco e rigenerato.
    Camminò nuovamente, tornando questa volta indietro verso la valle. Passeggiò piano, con molta calma e senza ansia di nessun tipo.
    Quando giunse nel luogo dove qualche ora prima aveva avuto luogo lo scontro, la scena fu bizzarra. Il guerriero scimmia era accasciato, praticamente moribondo, sul fianco un albero e circondato da molte altre scimmiette.
    Gli esemplari più piccoli, forse preoccupati, emettevano piccoli strilli interrogativi mentre una scimmia rossa guardava silenziosa il capobranco.
    Alla vista di Rain le scimmie più piccole scapparono via, altre si arrampicarono sugli alberi, altre ancora rimasero ferme, incerte sul da farsi.
    Il ragazzo volle aiutarle nel capire perché era giunto lì e, senza dire nulla, sfoderò la spada.



    CITAZIONE
    Voto master 2/5
    Tre mesi per una hunt aperta originariamente per fare un po' di gold ed exp tra una ruolata e l'altra.
    Ben presto si è trasformata in un'odissea simile a quelle masterate di NS che duravano 6 mesi se andava bene e 1-2 anni se andava male (o in una quest di mrxxx qualsiasi). La scadenza andava fissata sin dal primo post giusto per sicurezza, ma capisco la fiducia nell'umanità che ti contraddistingue. Dopo aver visto però che gli altri 3 utenti postavano a ritmi casuali e lentissimi andava subito preso un provvedimento (es. 48 ore massimo per post, poi si pngizza chi non ha postato). Quando è stato fatto, nel caso dell'ormai scomparso Monaco, era ormai troppo tardi e già erano passati turni durati a volte anche più di una settimana.
    Ci sono ancora post, nelle pagine precedenti e non solo nei 2 turni passati, con solamente le azioni scritte e per far scrivere anche solo le azioni per alcune occasioni abbiamo dovuto aspettare giorni e giorni.
    Si sa come sono i GDR by forum, se dai un dito si prendono un braccio e non lo fanno con cattiveria: scrivere un post curato richiede tempo e se l'entusiasmo per la missione cala poi la gente si scorda di postare. Sappiamo che è così, questa missione ne è stata la conferma. Ci serva di lezione sia a me che a te.
    Infine, quello che è successo nel topic strategia potevi gestirlo meglio, ma di questo forse è meglio che ne parliamo in privato.
    Senza il fattore ritardo ti avrei dato un classico 4/5: come master sei bravissimo e scrupoloso, non ti manca mai la fantasia e non so come fai a trovare sempre il tempo e l'entusiamo per ruolare. La mia valutazione negativa spero sia didattica. GG a tutti.
  14. .
    Segreti

    Le poche informazioni che Rain aveva accumulato nel corso della sua permanenza ad Haven erano assolutamente sconvolgenti.
    Quel poco che immaginava di sapere sull'Impero e sulla sua indagine era del tutto falso. Ci sarebbero voluti mesi, forse anni per riuscire a fare quello che il ragazzo aveva in mente.
    I vari indizi portavano a Neagora, terra in cui non aveva messo piede ormai da tempo immemore e che pareva essere culla di ogni possibile artificio meccanico e magico. Una terra incantata e prodigiosa: tutto il contrario di Haven.
    Un po' scoraggiato da questo e da mille altri dubbi che lo tartassavano, Rain stette alcune settimane come in balia del destino: vagava come un fantasma tra le strade fetide di Tortuga in cerca di un barlume che desse di nuovo vita ai suoi folli progetti.
    Mandò e pagò, non appena possibile, alcuni dei suoi collaboratori in missione. Erano quasi tutti ex shinobi pre-imperiali, ma oltre questo Rain sapeva ben poco di loro. A rigor di logica dovevano essere discreti combattenti, ma ancora nessuno di essi aveva conquistato la fiducia dello spadaccino.
    Non potendo però andare da solo in territorio imperiale. Rain fu costretto ugualmente a dare loro quell'incarico importantissimo.
    Il gruppo di guerrieri era partito cinque giorni prima in per Neagora sfruttando un losco e misterioso contatto conosciuto in una locanda a Tortuga.
    Con documenti e credenziali false, i tre avventurieri avrebbero dovuto rimanere a Neagora fino ad avere un quadro completo della situazione, per poi tornare ad Haven in qualche modo entro il mese successivo.
    Questa missione misteriosa e folle impensierì non poco Rain, il quale oltre a non fidarsi delle capacità dei suoi nuovi collaboratori, non si fidava nemmeno più delle proprie. Tutta quella faccenda sembrava un'epocale perdita di tempo e sanità mentale e costantemente aveva nostalgia dei piatti e apatici anni passati ad Ephiora nel completo anonimato.
    Così pensava mentre passeggiava a Yorke per andare a parlare con un altro dei suoi contatti per stabilire il da farsi al rientro del gruppo mandato in missione.
    Le parole che l'uomo pronunciò infastidirono moltissimo il ragazzo, più che impensierirlo. Che più di qualcuno ad Haven sapesse della sua esistenza ormai era cosa certa: forse ormai anche gli Imperiali che avevano appena catturato i suoi collaboratori sapevano di lui. Rain era già nervoso per conto suo e lo show che il tizio fece appena lo vide passare non aiutò a rischiarare l'atmosfera.
    Helen si fermò istintivamente e questo costrinse anche lui a fermarsi dopo qualche metro. Pensò a una risposta da dare, poi pensò brevemente a cosa avrebbe voluto sentirsi dire quel tizio.
    Non aveva fatto nessuna domanda e questo era piuttosto assurdo. Perché diavolo lo aveva scocciato?
    Complimenti.
    Disse a caso Rain guardando lo strano ceffo. L'ultima frase che l'uomo pronunciò provocò poi un'apoteosi di fastidio in Rain. Sembrava volersi vantare di aver scoperto la sua identità anche se non c'era assolutamente nulla di straordinario in questo.
    Un'arcadiana senza nome né passato era riuscita a trovarlo in mezzo ad Ephiora mentre tutto il mondo lo dava per morto: risalire a lui mentre cercava informazioni nel posto più losco del mondo non era affatto speciale.
    Si vede che sei uno tosto.
    Aggiunse infine ironicamente e senza alcun tipo di entusiasmo.
    Rain avrebbe poi preso per un braccio Helen e avrebbe ricominciato a camminare trascinando la ragazza, decisamente più incuriosita del compagno, nelle più borghesi strade della città.


    Edited by Gh0st - 10/1/2018, 19:36
  15. .
    Benve
1860 replies since 10/6/2010
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