[SCONTRO] Subuza vs Kirian

Quel ladro era davvero un bel tipo. Appena rivenuto aveva immediatamente cercato il libro, quasi ne dipendesse la sua vita, e subito dopo si era messo a fare commenti acidi sulla misericordia che Kirian gli aveva mostrato. Forse avrebbe davvero dovuto lasciarlo li al suo destino. Non sarebbe stato da lui però agire in quel modo.
- Ho solo fatto quello che ritenevo giusto. - rispose il monaco, senza accennare a muoversi.
Esitò a dare voce ai suoi pensieri, dopotutto anche durante il loro scontro avevano provato a scambiarsi diverse opinioni, ma le parole di Kirian si erano scontrate contro un muro invisibile che sembrava non avere crepe o modi per aggirarlo. Avrebbe avuto senso ora cercare di riaprire un dialogo? Che avesse commesso un errore? No, non poteva dire di aver visto della luce in fondo all'animo di quell'uomo, ma non credeva nemmeno che fosse senza alcuna possibilità di redenzione.
- Voglio sapere il tuo nome. - disse infine alzandosi in piedi. - Sei una persona decisamente fuori dal comune e non dubito che tu possa essere in grado di comprendere i segreti dell'Alma Arcanis, ma temo gli scopi per cui potresti impiegare tale potere. -
Non avrebbe avuto senso cercare di convincerlo a desistere dalla sua ricerca, poiché era ovvio che quell'uomo fosse destinato a portare a compimento qualcosa di grandioso, anche se non era certo se per il bene o per il male.
Doveva lasciare che seguisse la sua strada e che, com'era successo quel giorno, commettesse degli errori che prima o poi gli aprissero gli occhi. Non era possibile sbagliare in eterno senza rendersi conto di essere in errore. In quello credeva fermamente Kirian.
- Ci incontreremo ancora, su questo non ho alcun dubbio. - scosse la testa. - E preferirei che il nostro prossimo incontro non fosse un duello, ma un semplice dialogo. Anche se dubito tu sia così ben disposto nei miei confronti. -
Rimase in attesa di una risposta da parte dell'uomo seduto a terra.

Kirian ascoltò attentamente le parole del ladro, senza però riuscire ad ottenere il suo nome, o qualche altra informazione in più sul suo conto. Ora salendo la scalinata che lo avrebbe riportato al monastero, rifletteva sulle ultime cose che quel furfante aveva detto. E per quanto non gli piacesse ammetterlo sapeva che aveva ragione.
Bruciare l'Alma Arcanis sarebbe stata sicuramente la scelta migliore, ma ne sarebbe stato capace? Non poteva certo discuterne con i maestri, che si sarebbero inorriditi davanti ad una proposta del genere. Inoltre se davvero avesse fatto sparire per sempre il libro, non sarebbe riuscito ad incontrare nuovamente quell'uomo e strapparlo dall'abisso in cui sembrava essersi volontariamente rifugiato.
Cercava di comprenderne le motivazioni, ma per quanto riuscisse ad intuire quali queste potessero essere, non riusciva a condividerne la visione. No. Bruciare il libro sarebbe stato davvero troppo, e non avrebbe permesso ad eventuali studenti di consultarlo.
Se l'avesse semplicemente copiato allora sarebbe sorto un nuovo problema, ovvero al presenza di due copie, e per quanto non credeva che ci fossero molti furfanti di quel calibro a piede libero per Kalendor, l'idea di attirare troppi sguardi curiosi sul monastero non gli andava a genio.
Quasi arrivato alla sommità della lunga scalinata Kirian si fermò, prendendosi qualche istante per contemplare la sagoma del grande edificio che si stagliava contro il cielo scuro. Ad est l'orizzonte cominciava a schiarirsi. Presto sarebbe arrivata l'alba.
Non sarebbe potuto rimanere per sempre in quel luogo, né avrebbe potuto garantire per sempre l'incolumità del testo. Un ladro era già riuscito ad introdursi una volta non visto, sarebbe certamente stato capace di farlo ancora. Tuttavia poteva fare qualcos'altro.
Riprese a salire gli ultimi gradini che lo avrebbero ricondotto al monastero, conscio che la decisione che aveva appena preso nella sua mente sarebbe stata irrevocabile, ma necessaria.

Qualche giorno dopo lo scontro tra il monaco e il furfante l'imponente edificio era in fermento. La notizia del furto e di come Kirian avesse inseguito e messo in fuga il ladro recuperando il testo si era sparsa a macchia d'olio regalandogli sguardi d'ammirazione da parte degli apprendisti e gratitudine da parte dei più anziani, tuttavia l'aria che si respirava ora all'interno del monastero era tutt'altro che felice.
Il grande monaco pelato si aggiustò la tunica e si mise il sacco contenente alcune razioni da viaggio in spalla. Avanzò verso l'imponente portone ora spalancato a testa alta, senza voltarsi a guardare le persone che gli stavano intorno.
Aveva affrontato una serie di lunghe discussioni con i maestri riguardo a quanto era accaduto la sera del furto. Seppur scettici all'inizio, avevano poi capitolato ascoltando le sue motivazioni e rendendosi conto che dopo quanto era successo non sarebbero più potuti rimanere in isolamento per sempre.
Stava lasciando il monastero, ma non era triste perché aveva una missione da compiere.
"Il bene di tutti prima del proprio." si disse mentre cominciava a scendere la grande scalinata che lo avrebbe condotto ai piedi della montagna.
Kalendor ora aveva bisogno di vedere la luce più che mai, e lui sarebbe stato l'emissario del bene in un mondo in cui l'oscurità sembrava essere sempre più presente.
Quando, parecchie ore dopo, giunse allo spiazzo in cui qualche notte prima si era scontrato con il furfante decise di fermarsi a riposare. Sul terreno c'erano ancora i segni della battaglia, dove lui aveva richiamato a sé il potere della natura per arrestare l'avversario.
Estrasse dalla sacca un pezzo di carne secca e se lo mise in bocca. Il suo striminzito bagaglio era composto principalmente da provviste, ma anche da una semplice matita e due libri: uno con la copertina di cuoio nero ed alcune incisioni argentate, l'altro rilegato in modo più semplice. Afferrò il secondo.
Tutte le pagine erano bianche, ma non lo sarebbero state ancora per molto.
Esitò per qualche istante, poi afferrò la matita e cominciò a scrivere:

"Cara Rifah..."