[ARENA] Ukon Rejus vs Einar Grimr

Coriaceo è il suo avversario. Nonostante l’ascia lo tramortisca, resta ancora in piedi e riesce persino a fargli schiantare la testa sullo scudo. Notevole da parte sua, degno di un varyag. Ma Ukon,come al solito, non da segni di pietà ne di tregua, nonostante davanti a se abbia uno dei pochi guerrieri superstiti della sua stessa stirpe. Anzi, tale rarità, lo spinge a dare il meglio di se stesso per far ribollire di orgoglio il sangue del pubblico, un pubblico che deve assolutamente comprendere quali siano le vere potenzialità del popolo a cui appartiene.

Eppure, prima di dargli il colpo di grazia, si ferma. Non è certo il parziale stordimento derivato dalla tremenda capocciata data allo scudo a bloccarlo, bensì sono le pungenti parole del capellone. Parole dure e veritiere che spingono il pelatone a riflettere. Dopo la Grande Guerra, si era rintanato per quasi un decennio tra le vette innevate della sua amata Vaygrjord, vivendo come eremita ai confini dalla società e disinteressandosi completamente delle sorti della sua terra natia mentre l’Impero pian piano vi si espandeva ed imponeva la sua cultura. Anche Ukon aveva permesso che tutto questo accedesse. Il popolo varyag durante questo lasso di tempo non aveva di certo perso il suo lato combattivo, ma sicuramente era divenuto meno sanguinario, modificando il suo atteggiamento ostile: al posto di continuare ad imbracciare le armi, aveva deciso di utilizzare un commercio aggressivo per cercare di opporsi agli invasori, conscio del fatto che una seconda guerra contro l’Impero sarebbe stata totalmente inutile ed inefficace. Per Ukon però questa scelta equivaleva ugualmente ad una sconfitta e ad un ammosciamento di quelle che erano le loro antiche origini e tradizioni le quali prevedevano una morte gloriosa sul campo di battaglia per raggiungere il Vahalla.

Stringe i pugni e digrigna i denti sentendosi ferito nell’orgoglio: aveva sempre giudicato colpevoli i suoi connazionali rei di aver permesso che tutto questo accadesse, ma nessuno lo aveva mai posto dinnanzi alle sue colpe. Il suo cuore viene pervaso dalla rabbia mentre alla mente gli ritornano in mente i volti dei valorosi compagni d’armi caduti al suo fianco, compagni che non è ancora riuscito a vendicare. Ed Einar ha ragione anche su un altro punto: da solo, non sarebbe mai riuscito a vendicarli. Ma a questa conclusione vi era già pervenuto quando aveva messo piede a Niethlung, vedendo le condizioni della città.

Aveva cominciato ad esibirsi come gladiatore oltre che per dare uno sfogo al proprio megalomane ego guerrafondaio, anche per trovare alleati o quanto meno per risvegliare le coscienze assopite dei popolani. Eppure sino ad ora non aveva ottenuto grandi risultati. Einar però è differente da tutti gli avversari che ha affrontato: gli somiglia tremendamente e sembra essere abbastanza sveglio da aver subito centrato il punto della situazione. Avrebbe volentieri fatto altre chiacchere con lui, ma prima, visto che aveva osato insinuare che avesse perso la sua mentalità barbara, decide di dargli una lezione di vita.

Un Varyag non si arrende mai! Un VERO varyag guarda in faccia alla Morte con la testa alzata sino alla fine! Con orgoglio! L’orgoglio che mi aspetto da te quando domani sera ti presenterai alla Locanda della Luna Cadente.

Nonostante si sia già arreso, Ukon protende verso di lui il braccio destro per scatenargli nel corpo un’implosione di energie. E' una mossa scorretta ed illecita rispetto al regolamento dell’arena, ma probabilmente nessuno si sarebbe accorto del terribile sortilegio. Sa che gli organizzatori gli avrebbero fornito soccorso immediato pertanto non c’era rischio che tirasse le cuoia. Nelle sue parole infatti c’era un esplicito invito ad incontrarsi in uno dei locali nei bassifondi di Niethlung, lontano da occhi indiscreti. E solo se avesse rifiutato allora avrebbe davvero corso il rischio di non riaprire più occhio: Ukon non è tipo da due di picche.