Vanberk

pg di BretonSaga

(Questa è un azza... che ammazza!)

Nome: Vanberk
Luogo di Nascita: Arcipelago di Vaygr

Descrizione Fisica: Un uomo alto 1,90 cm (ma porta tacchi da 5 negli stivali! Non ditelo a nessuno!), dal fisico robusto e muscoloso, con lunghi capelli rossi e una barba corta che incornicia il volto. Ha degli occhi scuri e tante piccole ferite su braccia e mani. Se non indossa la sua amata armatura indossa tuniche colorate e decorate con ricche passamenerie e gioielli in metalli preziosi e gemme rare

Descrizione Psicologica: Vanberk può sembrare una persona seria, sempre impegnata a lavorare nella sua fucina ma in realtà è molto socievole e spesso lo si trova a ridere e cantare nelle sale della fortezza di Vaygrjord. Questa allegria si trasforma in attenta analisi con gli estranei e in odio contro gli imperiali, anche se Vanberk non attaccherebbe mai un bambino, un donna o chiunque sia in difficoltà, di qualsiasi nazione esso sia. Di tanto in tanto tende ad astrarsi dalla realtà e quando accade si blocca in qualsiasi posizione e luogo e fintanto che le sue riflessione non sono concluse nulla lo turba. Ama le gemme preziose e i minerali rari

Background: Vaygrjord, l’isola del ghiaccio e sangue, roccaforte inespugnabile e ultima sede della resistenza nordica contro l’Impero. In cima ad una parete a strapiombo sul mare al calare del sole, lontano dalla folla, seduto su di un vecchio masso ricoperto di licheni, stava il giovane Vanberk. Stretto nel suo mantello grigio, sedeva con la schiena rigida e lo sguardo fisso sulle infinite onde che correvano metri e metri sotto di lui. In mano teneva un fagotto di grosse dimensioni, stretto al petto come se fosse il più prezioso tesoro del mondo. Ad un certo punto sussultò, ritornando alla realtà, e aprì l’involucro: al suo interno un vecchio elmo decorato con scene di lotta tra guerrieri e animali ma lucido come appena uscito dalle mani del fabbro. L’elmo di suo padre Thyggor. Vanberk si alzò e si diresse nella sua fucina, dove lavorava al servizio della resistenza. Qui si svolgevano tutte le fasi della produzione: il ragazzo si faceva consegnare direttamente il materiale dalle miniera, in modo da poter supervisionare personalmente tutte le fasi di lavorazione, non solo alla battitura e forgiatura. Tutto quello che usciva dalle sue mani doveva essere perfetto, altrimenti veniva rigettato nella fornace per essere ricreato in forme meno nobili, come ganci, chiodi e via discorrendo. Ma quello non era il caso del vecchio elmo: questi avrebbe avuto una nuova vita, per continuare la missione del suo defunto proprietario. Mentre la notte avanzava Vanberk mise l’elmo a scaldare nelle braci e mentre iniziava a pompare aria coi mantici per alzare il calore lasciò navigare nuovamente la mente. Viaggiò indietro nel tempo quando i fuggitivi che avevano tentato l’assedio alla capitale dell’Impero tornarono indietro solo su due drakkar portando con sé quel elmo, e lo consegnarono nelle mani di sua madre, Elana. Lei non crollò a piangere come le deboli donnette del continente: rimase stoica, con l’elmo in mano trattenendo il dolore , mentre quegli uomini le raccontavano di come fossero riusciti a scappare solo grazie al sacrificio di mio padre, che rimase indietro per bloccare le truppe nemiche il più a lungo possibile. E che il suo ultimo pensiero fosse stato per l’adorata moglie e suo figlio. Mentre Vanberk iniziò a martellare l’elmo incandescente con pochi colpi ben portati, rimuginò sulla saggezza della madre, che l’aveva portato su quel isola fredda ed inospitale, portando con sé tutto il necessario piuttosto che inginocchiarsi alle truppe imperiali. Qui avevano potuto iniziare una nuova vita con certi privilegi grazie alla nomea di Thyggor, il cui vigore guerriero era rispettato da molte tribù. Ma Vanberk non aveva intenzione di rimanere all’ombra del padre: nei cinque anni successivi aveva lavorato per i vari fabbri dell’isola e aveva rubato loro tutto il sapere e i trucchi del mestiere, per poi aprire a soli 23 anni la sua attività. Qui aveva fatto sfoggio della sua abilità e pian piano tutti i guerrieri della roccaforte si erano presentati alla sua porta, per una riparazione o una commissione. Ora Vanberk aveva 28 anni, un fisico robusto e muscoloso, modellato dalle infinite ore di lavoro, e un volto serio come quello di un anziano, incorniciato da lunghi capelli rossi e una barba che copriva il volto, accorciata più dal fuoco che dal rasoio. Le ore passavano e lentamente l’elmo assunse una forma squadrata. Quando il fabbro fu soddisfatto dalla sua forma scaldò un ultima volta l’elmo assieme ad una testa d’arma formata da una ascia e una lancia. Quando entrambi furono quasi al calor bianco li estrasse rapidamente e li fuse assieme con un martello pneumatico, saldandoli per sempre assieme. Ora l’elmo formava una testa di martello riccamente decorata e l’arma assemblata, un azza, fu subito innestata. Il giovane agitò l’arma un paio di volte e la calò con forza su una piastra metallica lasciata sul tavolo li accanto. Il colpo non solo incrinò l’armatura ma fece saltare anche un piede del tavolo. Soddisfatto il giovane l’avvolse in un spesso telo di feltro e lo ripose in uno stanzino, dove un armatura metallica riposava su un manichino. “Ora sono pronto” disse a sé stesso sorridendo “per vendicarti, padre”.
“E se io non volessi?”. Una voce femminile fece saltare il giovane sul posto, facendolo sbattere sul soffitto di legno. Dolorante si girò con una rispostaccia sulla lingua ma quando vide sua madre Elana guardarlo sorridente la ricacciò indietro. “Madre, cosa fate fuori dal letto? La mezzanotte è passata da ore e dovreste riposare!” “Riposare mentre tu martelli? Sarebbe più facile dormire nel mezzo di una battaglia, tesoro” rispose ridendo la donna “ A quanto pare hai completato il tuo equipaggiamento e ora vorresti salpare con gli altri guerrieri per cercare il tuo onore e la vendetta contro l’Impero, vero?” Il ragazzo non rispose, tenendo lo sguardo fisso sui piedi. Aveva intenzione di parlarne con sua madre ma solo quando sarebbe stato pronto. “Tesoro, sapevo da tempo di questo tuo progetto, nonostante cercassi di nascondermelo” “Davvero?!” “ Certo mio caro, lo sai che quando lavori non ti accorgi di nulla intorno a te e in questi ultimi mesi ti ho osservato lavorare ad ogni pezzo dell’armatura e ancora oggi mentre trasformavi l’elmo di papà” “Scusa non…” “ No, non scusarti, hai fatto bene! Tuo padre sarebbe orgoglioso del tuo ottimo lavoro. Ma se hai intenzione di andare in battaglia non ti basterà un lavoro ben fatto ma….” “Ma madre!” esclamò il giovane “ mi avete pur insegnato l’arte dei fulmini! Mi alleno con costanza e posso usarla bene come chi si allena nelle sale dei guerrieri!” “No, no mio caro” rispose la donna prendendo le mani callose del figlio nelle sue “ciò di cui hai bisogno è un cuore forte come il tuo acciaio e generoso come quello di tuo padre: perciò prima che io ti possa lasciar partire sulle navi voglio che tu mi dimostri il tuo valore: va a caccia nell’entroterra e riportami un segno delle tua abilità”
L’entro terra! Il giovane si adombrò perché sapeva bene cosa si nascondeva poco oltre le luci delle sentinelle della fortezza: creature selvatiche aggressive e affamate, spiriti furiosi e tante leggende che sin da subito si raccontavano ai bambini per incutere loro terrore. Ma non sarebbero bastati a fermarlo, assolutamente! Strinse le mani della madre e disse “Ti dimostrerò che sono il figlio di mio padre!” E recuperato l’equipaggiamento andò a cambiarsi nella sua stanza: l’armatura calzava come una seconda pelle e l’azza era leggera e salda nella sua mano. Dopo avere indossato delle pellicce per contrastare il freddo uscì dalla costruzione ma ancora una volta la mano della madre lo trattenne. “Non ora sciocco” disse severa “la prova è già difficile di per sé senza che tu ti getti a capofitto nel buio! Ora fila a riposare e domani potrai partire!”
Vanberk ritornò nella sua piccola stanza ma prima di togliersi l’armatura si guardò nello specchio che usava per radersi: l’immagine che vide era quella di un guerriero forte e terrificante, come suo padre. Il giovane si svestì, riponendo con cura armatura e vestiti e crollò con un tonfo nel letto, sognando scontro gloriosi, bottini leggendari e fama perpetua ed infine suo padre che lo abbracciava commosso.