Misaki Aomori

Dopo le vicende affrontate durante la caccia al Draco Sanguinis, la ragazza si prese un pò di tempo per riflettere. C'erano una miriade di domande che le brulicavano in testa, e altrettante possibili rispsote. Cioè, qua si stava parlando di piegare il tessuto spazio-temporale a proprio piacimento. Infrangere le leggi della fisica per andare oltre, sciogliendo letteralmente la realtà per poi riplasmarla a proprio piacimento. Che bene poteva mai portare all'umanità un potere del genere? E chi ne sarebbe stato degno?

Sbuffò sotto il cappuccio scuro. Chiaramente non avere delle risposte universali a quei quesiti, sarebbe stato troppo facile così. Svoltò il vicolo, infilandosi su uno degli stradoni principali di Naegora. Come di consueto, il numero di persone era esorbitante. C'era chi si spostava per andare a lavoro, chi faceva compere nelle numerose bancherelle poste ai lati e chi ordinava il pranzo in uno dei tanti locali affacciato sullo splendore della città. Il sole era alto nel cielo, la ragazza si chiuse ancora di più nll'oscurità del pesante mantello. Lì si sentiva tranquila, protetta. Guizzò fra la folla, schivando un barbone che faceva l'elemosina. Non le erano mai piaciuti quei tipi che, piuttosto che rimboccarsi le maniche e sputare un pò di sangue, preferivano appellarsi alla pietà altrui. Era un tipo di vivere "alla giornata", senza alcun obiettivo se non sopravvivere. E lei era stanca di sopravvivere.

Fece un centinaio di metri per poi buttarsi in uno degli edifici sulla destra, il portone spesso era posto sotto una grossa insegna appesa alla buona: "Il Salice Rovente". Chiuse di fretta l'ingresso, come se fosse seguita da qualcuno. La penombra che regnava all'interno della sala la calmò, mentre quei quattro clienti abituali si votlarono per cercare di capire il motivo di tanta fretta. Misaki si schiarì la gola, portando il pugno vicino alla bocca come per scusarsi della pessima figura. Nel mentre si diresse verso uno dei tavoli in fondo, nel posto meno illuminato e più privato che una locanda potesse offrire. Il barista non tardò ad arrivare, la ragazza ordinò una caraffa di Birra di Ghisal. Le vecchie abitudini erano dure a morire.

Nella sicurezza di quel posto poco illuminato, fece scivolare indietro il cappuccio, scoprendo il viso pallido. Numerose ciocche di capelli color cremisi le ricaddero in avanti, coprendo gli occhi chiari. Sbuffò, portando la mano al polso sinistro per raggiugnere un elestico in tessuto. Lo fece scivolare fuori, portandolo fra i denti. Poi raccolse l'enrome chioma, frangia soprattutto, creando una specie di palla dalle dimensioni considerevoli sulla testa. La fermò con l'elastico, facendo un apio di giri e controllando che il tutto non "esplodesse" di lì a poco. Dopodichè estrasse alcune pergamene dalla borsa che portava sotto il mantello, insieme a un boccetto di inchiosto e una penna di piuma d'oca. Agitò il flacone, rendondone utilizzabile il contenuto. Cominciò a scrivere i suoi pensieri e tutto quello che era successo nell'ultima missione. Teneva un registro molto dettagliato di tutte le sue avventure, nel caso le servisse un dettaglio in particolare.

Trascorse così un paio di ore, rimuginando sulla strana pietra e cercando di arrivare a qualche conclusione. Intanto la locanda si era svuotata, era rimasta solo un'altra persona al bancone che rideva e scherzava col proprietario. Misaki non dava peso ai due, era troppo presa dalle proprie congetture anche solo per accorgersi che era calato il silenzio. Quando scostò lo sguardo, un omone alto e ben piazzato era di fianco a lei, piegato in avanti che scrutava con interesse i fogli appena scribacchiati. La ragazza istintivamente pose una mano su di essi, fissando con aria interrogativa il tipo. Questi sorrise, scusandosi del gesto. Incredibilmente il suo viso, nonostante fosse provato da numerose cicatrici, era incredibilmente dolce, quasi benigno. Emana un'aura di serenità, ispiriava insomma molta fiducia. L'altro chiese se poteva avere il piacere di sedersi solo per qualche minuto, e stranamente l'adepta acconsentì. Non dopo averci pensato un momento, sia chiaro, ma comunque si trattò di un gesto inconsueto per lei.

L'uomo diceva di chiamarsi Efialte, proveniva da un piccolo villaggio sperduto nella parte nord di Ephiora, poco sopra Chomandu. Era un mercante ed aveva girato in lungo e in largo per tutta Kalendor, creando una vasta rete di contatti di tutti i generi. Misaki annuì, cercando di capire dove l'interlocutore volesse andare a parare. Quest'ultimo, quasi leggendole nel pensiero, estrasse dalla bisacca che portava a tracolla un pezzo di pergamena stropicciato. Doveva aver avuto un bel pò di tempo viste le sue condizioni. Sul foglio c'era scritto chiaro e tondo "Cercasi persona per perlustrare le rovine del Tempio di Xiaimen. E' sparito un ragazzo e quasliasi indizio utile sarà largamente ricompensato". La ragazza prese in mano la richiesta, cercando di spiegare a Efialte che lei non era un mercenario. Quell'altro la guardò con aria interrogativa, chiedendole il perchè. Lei fece spallucce. In effetti non ci aveva mai pensato. O meglio, non aveva mai avuto il tempo di pensarci.

L'omaccione le spiegò che il ragazzo disperso era un il figlio di un amico e che, anche se erano passati mesi dalla sua scomparsa, la famiglia non aveva perso le speranze. Qualsiasi cosa sarebbe stata utile, anche solo per piangere l'amato defunto. Misaki era ancora perplessa. Dopotutto andare a caccia di indizi di un ragazzino svanito nel nulla non era fra i suoi piani. Il grosso, però, insistette: nessuno aveva ancora accettato l'incarico, e di persone ne aveva interrogate parecchie. Le chiese pure di diventare una mercenaria, facendole un elenco dei benefici che avrebbe potuto trarre da tale "status": un bonus sul denaro che serviva per ingaggiarla, oltre a una maggiore possibilità di accedere a missioni più complesse una volta maturata una certa fama.

L'adepta rimuginò fra se e se, accettando infine l'incarico. Efialte sembrò più che felice della cosa, tanto da saltare in piedi e abbracciarla con vigore senza curarsi del piccolo tavolino che c'era fra i due. Senza parlare dell'inchiostro. Lasciamo perdere.

Il mercante avrebbe sparso di lì a poco la voce che c'era una nuova mercenaria nel giro, e Misaki si sarebbe diretta subito ad Ephiora. Era tanto che non ci tornava e, anche se era per lavoro, le sarebbe piaciuto rivedere un paesaggio familiare. I due si congedarono, stringendosi la mano. L'omaccione uscì dalla porta tutto contento, lasciando quell'altra nella tanto amata penombra. Si sgranchì le gambe e il collo, preparandosi a partire. Nons arebbe stata la prima missione che affrontava, ma il suo primo incarico nel nuovo "lavoro".